Anna Carlevaris  /  Elettra Bedon

 

ANNA CARLEVARIS

anna.carlevaris@gmail.com

Anna Carlevaris is a lecturer in the Department of Fine Arts at Concordia University and at Dawson College, Montreal. Her writings on art have appeared in magazines such as C , Visio and Ciel Variable, and in exhibition catalogues such as Le Mois de la Photo à Montréal. She is also an independent exhibition curator and has organized art projects in Italy and Canada, some of which have included collaborations between visual artists and writers. She holds a Ph.D. in Art History (Concordia University). The topic of her dissertation was the public art of Italians in Montreal in the 1920s and 1930s.

Anna Carlevaris è professoresso alla facoltà di Arte dell’Università Concordia e alDawson College di Montreal. I suoi scritti sull’arte sono apparsi in riviste quali C , Visio e Ciel Variable, e catalogni di mostre quale Le Mois de la Photo à Montréal. È anche curatrice indipendente di mostre e ha organizzato progetti d’arte in Italia e in Canada, alcuni dei quali includevano la collaborazione di artisti figurativi e scrittori. Ha conseguito la laurea Ph.D. in Storia dell’Arte alla Concordia University di Montreal. La sua tesi conteneva una dissertazione sulla arte pubblica degli italiani negli anni 1920 e 1930 a Montreal.

 

 

Speaking to One Another

(segue sotto la versione italiana del testo)

 

 

A

 Canadian Studies conference at the University of Bologna in 1999 – that’s where I met Licia Canton.  I was there to present a paper on visual art and she was giving a presentation on Italian Canadian writers.  We share a desire to work with Italian Canadians in our respective fields. As a literary critic and the editor of several books and Accenti Magazine, she has provided Italian Canadian writers with many venues for literary expression. As an art historian, I have done the same for visual artists. We decided to join forces. 

Our first attempt at bringing artists and writers together took place at the Montreal conference of the Association of Italian Canadian Writers in 2000. The panel attempted to answer the many questions generated by our meeting in Bologna: How can visual artists and writers talk to each other about what they do? Do their formal vocabularies “translate”? How do we discuss the commonalities of the immigrant experience without losing sight of the creative process itself?

At the University of Udine, in May 2004, we presented The Word and Image Project, a work-in-progress.  Though similar in concept to the Montreal panel, the Udine event was more ambitious and more complicated to assemble. We invited writers and visual artists, in pairs, to produce (each individually) an original work. We began with thematic connections, but circumstances soon led us to imagine other types of correspondences: across time and generations, even communicating with the deceased.

I called painter Antonietta Grassi while she was in hospital. She had been there for some time because of a difficult pregnancy. She immediately said “yes” to the thought of painting again. I mentioned Mary di Michele’s Frida Kahlo poems as a starting point; Antonietta had a picture of Kahlo by her bedside. We agreed it was fortuitous timing.

Another happy coincidence was the pairing of François Morelli and Fulvio Caccia. Unbeknownst to me, they had collaborated in Vice Versa magazine in the early 1980s.  François would soon be going to France for an extended work stay and would visit Fulvio who lives near Paris.  Giuseppe Di Leo was a little hesitant when I invited him to work with poet Carmine Starnino – Joe was not a “poetry reader.” But after having read Carmine’s poetry, he called back, full of enthusiasm: “Yes – I know what he’s saying, I know what he means.”

Elettra Bedon didn’t need an introduction to Nick Palazzo ’s paintings. She only needed to put on paper what she already knew intuitively. She chose views of a bluegrey Montreal, the city Nick pictured from the isolation of his hospital room before he died.

Joseph Pivato and his daughter Juliana live thousands of miles apart: Joe in Edmonton where he teaches literature; Juliana in Montreal where she studies interdisciplinary art. What would they say to each other across the distance of geography and time? Were his arguments the same as hers?

Gisele Amantea was not sure h o w to participate in the project. I suggested she take her time and browse through the books I had given her. She found a poet who truly moved her – Florence Perrella – in Marisa De Franceschi ’s Pillars of Lace: The Anthology of Italian-Canadian Women Writers. “Is this all right” she asked , “even though the poet is no longer alive?”

 Of course! When artists and poets begin speaking to each other, it doesn’t matter from where they speak or how low their voices are, or if all is understood. The encounter is made – that’s important. A new project is born.  Along the way, friendships are formed and a new appreciation for the literary and artistic wealth is harboured within our community.

 

______________________________________________________________________________________

(versione italiana del testo)

 

Parlando gli uni agli altri

( traduzione di Elettra Bedon )

nessuno@videotron.ca

 

U

n congresso di Studi canadesi all’università di Bologna nel 1999 – ecco dove ho incontrato Licia Canton. Io dovevo fare una relazione sull’arte visiva, lei sugli scrittori italocanadesi. Abbiamo in comune il desiderio di lavorare con gli italocanadesi nei nostri campi rispettivi. Come critico letterario e curatore di diversi libri, oltre che della rivista Accenti, lei ha offerto agli scrittori italocanadesi molte occasioni di esprimersi. Come storica dell’arte, io ho fatto la stessa cosa con gli artisti. Abbiamo deciso di unire le nostre forze.

Il nostro primo tentativo di riunire scrittori e artisti è avvenuto nel 2000, a Montreal, in occasione del congresso dell’Associazione degli scrittori italocanadesi. Abbiamo tentato di rispondere alle molte domande sorte al nostro incontro di Bologna: come possono artisti e scrittori parlare gli uni agli altri di ciò che fanno? Il loro vocabolario specifico può essere “tradotto”? Come discutere i punti comuni dell’esperienza di emigrazione senza perdere di vista il procedimento stesso?

All’università di Udine, nel maggio 2004, abbiamo presentato “The Word and Image Project”, un lavoro in corso. Benché concettualmente simile alla discussione di Montreal, l’evento di Udine era più ambizioso, e più difficile da realizzare. Abbiamo invitato scrittori e artisti, a due a due, a produrre (ciascuno individualmente) un lavoro originale. Abbiamo iniziato con collegamenti tematici, ma le circostanze ci hanno presto portato a immaginare altri tipi di corrispondenze: attraverso il tempo e le generazioni, persino una comunicazione con persone già morte.

Ho parlato alla pittrice Antonietta Grassi mentre si trovava in ospedale da qualche tempo, per una gravidanza difficile. Lei  ha detto immediatamente “sì” all’idea di dipingere di nuovo. Ho suggerito le poesie su Frida Kahlo di Mary di Michele come punto di partenza. Antonietta aveva una foto della Kahlo vicino al letto: una fortuita coincidenza.

Un’altra felice coincidenza è stato l’accoppiamento François Morelli e  Fulvio Caccia. Senza che io lo sapessi, avevano collaborato alla rivista Vice Versa nei primi anni ’80. François doveva andare poco dopo in Francia per un lungo periodo di lavoro ; sarebbe andato a trovare Fulvio che abita vicino a Parigi.

Giuseppe Di Leo ha esitato un po’ quando l’ho invitato a lavorare con il poeta Carmine Starnino – Joe non era un “lettore di poesia”. Ma dopo aver letto  le poesie di Carmine mi ha richiamato, pieno di entusiasmo: “Sì, so che cosa sta dicendo. So che cosa vuol dire”.

A Elettra Bedon non è stato necessario parlare dei quadri di Nick Palazzo: ha dovuto solo mettere su carta ciò che sapeva già intuitivamente. Lei ha scelto delle vedute di una Montreal blu-grigia, la città che Nick ha dipinto nell’isolamento della camera di ospedale prima di morire.

Joseph Pivato e sua figlia Juliana abitano a migliaia di chilometri di distanza: Joe ad Edmonton, dove insegna letteratura, Juliana a Montreal, dove studia arte interdisciplinare. Che cosa si sarebbero detti attraverso la distanza geografica e del tempo? I temi di lui erano gli stessi di quelli di lei?

Gisèle Amantea non era sicura sul come partecipare al progetto. Le ho suggerito di pensarci con calma, sfogliando il libro che le avevo dato. Ha trovato una poetessa che l’ha veramente commossa – Florence Perrella – nel libro Pillars of Lace: The Anthology of Italian Canadian Women Writers curato da Marisa De Franceschi. “Può andar bene”, mi ha chiesto, “anche se la poetessa non è più vivente?”.

Naturalmente! Quando artisti e poeti cominciano a parlarsi a vicenda, non è importante da dove parlano e quanto bassa sia la loro voce, o che tutto sia capito. L’incontro è avvenuto – questo è l’importante. Un nuovo progetto è nato. Nel tempo si formano delle amicizie, nasce nella comunità un nuovo apprezzamento per le ricchezze della letteratura e dell’arte .

 

­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­_____________________________________________________________________________________________

 

ELETTRA BEDON

nessuno@videotron.ca

Elettra Bedon, nata a Padova, dopo aver completato gli studi in Italia si è trasferita a Montréal (Canada) dove ha conseguito, presso l’Università Mc Gill, un Dottorato di Ricerca, approfondendo gli studi sulla letteratura in lingua veneta del ventesimo secolo.  Ha pubblicato, novelle e romanzi per ragazzi, poesie e saggi su poeti in lingua veneta. Ha curato la sezione Veneto in una antologia in inglese,  dedicata alla poesia nei dialetti dell’Italia settendrionale. Si veda sotto la bibliografia aggiornata  di Eletta Bedon*

Elettra Bedon was born in Padova, Italy, and has been living in Montreal since 1983. She holds a Ph.D. in Italian Literature from McGill University. She has published collections of poetry and essays as well as short stories and children’s novels. Her writing appears in numerous publications, including Viceversa, Moebius, XYZ, Arcade, Arts cinema letters, Imagine, Accenti and Descant. See below Elettra Bedon’s updated bibliography*

 

Luoghi di silenzio.  Ritorno a Padova  

“Luoghi di Silenzio” è stata inspirata dai quadri di Nick Palazzo. Si veda sopra Anna Carlevaris’ “Speaking to One Another.” / This poem was inspired by Nick Palazzo’s painting. See Anna Carlevaris’ “Speaking to One Another” above.

 

Luoghi di silenzio

la mano nervosa

decisa

preme il pennello sulla tela

si affretta a fissare l’idea

evita i dettagli

 

scrivevi ... I lost you, but I also lost myself ... I am here and you are there. Something is so wrong. Out of place. Awkward ... What is death? ... the absolute adventure ...

[scrivevi… ti ho perso, ma ho perso anche me stesso …Io sono qui e tu sei là. C’è qualcosa di sbagliato. Fuori posto… Che cos’è la morte? … Avventura definitiva …]

 

                                                                                 guardando in alto

                                                                                 dietro il muretto il cielo

                                                                                 grigio

                                                                                 segnato dai pali del telefono

 

                                                                                 sui fili

                                                                                 grossi uccelli appollaiati

                                                                                 gocce di catrame 1

 

scrivevi ... There is a question mark on the wall. I wonder why it is there. Or should I have said: the wall reflects rage? Like the floor, like the ceiling ...

[scrivevi ... C’è un punto interrogative sul muro. Mi domando perché ci sia.O dovrei dire: il muro riflette la rabbia? Come il pavimento, come il soffitto …]

 

della città, la notte

 

una via vuota di gente

la luce dei fari

sull’asfalto bagnato

la massa oscura delle case

 

più lontano

la guglia di una chiesa

appuntita

guida lo sguardo verso l’alto 2

 

scrivevi ... In the metro. Waiting to be led to the tunnel of darkness. With people and color. And the invisible God. Where the hell are we? ...

[ scrivevi ... Nel metrò. Aspettando di entrare nel buio del tunnel. Con la gente e i colori. Con Dio, invisibile. Dove diavolo siamo? …]

 

                                                                    la furia di vivere

                                                                                 non può fermare il tempo

 

                                                                                 il grido

                                                                                 muto

                                                                                 si spegne nel silenzio

 

scrivevi ... August. Sometime near the end of the month. 1990. A cool brisky night. The sun has already set and it’s only 7:30 ...

[scrivevi ...  Agosto. Verso la fine del mese. 1990. Una fresca notte eccitante. Il sole è già tramontato e sono solo le 7,30 …]

 

la stanza        la finestra

il terrazzo

la scala a chiocciola che sale

(spazi limitati)

e dietro, le case di fronte

scure

contro il cielo al tramonto

 

tu

angelo senza ali

passi nell’altra stanza * 3

 

 

* to die of AIDS = “passing in the other room”: a phrase coined in the AIDS Community Care Center in Montreal when Nick Palazzo was in the group.

[ morire di AIDS  = “passare nell’altra stanza”; una frase coniata nell’ AIDS Community Care Center di Montreal quando Nick Palazzo era nel gruppo].

_________________________________________________

Le Note seguenti indicano i titoli dei quadri che hanno ispirato le poesie:

1 Birds, 1987.

2 A Wet Day’s Drive, 1991.

3 Untitled, 1990.

 

 

Ritorno a Padova

(The English version to follow below)

 

L’aereo arriva a Venezia – aereoporto Marco Polo –verso le nove e trenta. Io sono di quelli che si svegliano presto al mattino, ma adesso è troppo presto, a Montreal sono le ore piccole. Seguendo il flusso dei passeggeri mi fermo al nastro trasportatore, afferro la mia valigia appena mi arriva davanti, la trascino (per fortuna ha le ruote ...) al botteghino dove compro il biglietto per l’autobus.

Sono cose che faccio quasi automaticamente, le ripeto ogni anno, pressapoco nello stesso periodo: fine aprile primi di maggio. Ci sono stati dei cambiamenti, ma graduali. L’aereoporto si è andato ingrandendo, è diventato più accogliente ed efficiente (finalmente i cartelli VIETATO FUMARE sono dappertutto, e il divieto è fatto rispettare). Dall’anno scorso si paga in euro, è più semplice, più simile al sistema canadese. (Ho messo in una scatoletta le monetine italiane che mi sono rimaste, non si sa mai, magari per i miei pronipoti avranno valore numismatico.)

L’autobus fa la spola tra l’aereoporto e Padova, passando da Piazzale Roma, a Venezia. Ad attenderlo, con me, ci sono diversi turisti; per ora mi sento quasi più a mio agio con il loro inglese e francese che con l’italiano degli impiegati dell’aereoporto. Ma presto mi riabituo, mi sento a casa. L’autista dell’autobus se la cava nel dare indicazioni in inglese, ma con i fa c c h i n i , con altri che passano sul marciapiede, parla in veneziano. Nel Veneto è così: per la strada, negli autobus, nei negozi, si sente parlare il dialetto locale; la gente è perfettamente bilingue, passa dall’italiano al dialetto, e viceversa, con naturalezza, a seconda dell’interlocutore e dell’occasione.

Il Marco Polo è a circa metà strada tra Treviso e Venezia, ed è verso quest’ultima città che l’autobus si dirige. A Montreal, quando sono partita, gli alberi del mio giardino mettevano appena le foglie: qui sono in pieno rigoglio. Passiamo per la campagna tutta verde; le case coloniche hanno volumi aggraziati, colori che vanno dal giallino al beige, persino la disposizione delle tegole rossiccie sui tetti sembra il lavoro di un paesaggista.

Quello che mi colpisce di più ogni volta che torno è la “misura”; forse non è così per chi ci abita, ma per me la dimensione ridotta di tutte le cose evoca uno spazio più umano, la possibilità di fermarsi per strada a chiacchierare, di spostarsi tranquillamente a piedi o in bicicletta, di passare più tempo con gli amici e meno sui mezzi di trasporto. (Dico “evoca” perché mi rendo conto che la fretta nordamericana ha già contagiato l’Europa, e l’Italia.)

L’autobus imbocca il ponte sulla laguna.  All’orizzonte si profilano le cupole di Venezia; a destra e a sinistra lo specchio d’acqua ha il colore del cielo, le ‘bricole’sembrano pedoni su una scacchiera. A Piazzale Roma tutti i turisti scendono, salgono invece i pendolari: studenti, gente d’affari. Quasi tutti hanno il telefonino, l’autobus si riempie di voci, di risatine, di esclamazioni.  La parlata molle della gente ha su di me un effetto ipnotico, non dormo ma non sono sveglia, sogno a occhi aperti.  Rivedo la parte di Padova che preferisco: le strade strette fiancheggiate dai portici, dove è ancora possibile trovare botteghe artigiane; i portoni di legno pesante che si aprono su androni bui, su scaloni incavati dall’uso. La chiesa di Santa Sofia, vecchia di più di mille anni. In periferia, l’argine lungo il Bacchiglione: sulle due sponde si può camminare per chilometri, incrociando ragazzi in bicicletta, cagnolini al guinzaglio, gente che si muove a passo lento godendosi il sole, che risponde sorridendo a chi gli sorride; la brezza che fa ondeggiare le erbe alte rosse di papaveri.

L’autobus lascia l’autostrada ed entra in città. Le strade in centro sono asfaltate, ma non sono molto più larghe di quelle più interne, acciottolate. Il traffico è intenso. Più in piccolo, ma è come essere sulla St.  Catherine, a Montreal.

Prendo un tassì, mi faccio portare a casa di mio padre.

Sì, ci sono molte cose notevoli da vedere, a Padova, ma le lascio ai turisti. Io, da domani, girerò a piedi, lentamente, evitando le vie centrali: ritroverò la mia Padova.

 

 

My Padua

 

The plane arrives at Venice – Marco Polo airport – around 9:30 a.m.

I usually am an early bird, but it’s really too early for me (wee hours in Montreal). Following the passengers I stop at the conveyor-belt. I catch my suitcase as soon as it arrives in front of me. I drag it (likely it has wheels ...) to the teller where I buy a bus ticket.

I do it, almost automatically, every year, usually in the same period: end of April, first days of May. Things have changed, but gradually. The airport has become larger, more efficient (the NO SMOKING signs are everywhere, now, and people got used to respect them). Since last year I pay in euro, it’s easier, it’s more similar to the Canadian system. (I put in a small box the Italian coins I still have. You never know, perhaps for my great-grandchildren they’ll have a numismatic value).

The bus I have to take plies between the airport and Padua, stopping in Venice, Piazzale Roma. Tourists are waiting with me; at first I feel more at ease with their English and French than with the airport employees’ Italian. But soon I get used to my mother tongue, I feel at home. The bus driver manages to give information in English, but with the porters, with people passing by, he speaks Venetian. It’s like that, in the Venetia: in the streets, in the buses, in the stores, everyone speaks the local dialect, everyone is perfectly bilingual, they shuttle from Italian to dialect and back without effort, according to who they’re talking to, according the occasion.

Marco Polo airport is half-way between Treviso and Venice; it’s towards this last town that it’s turning now. In Montreal, when I left, trees in my garden were putting forth the leaves; here they’re in full bloom. The bus goes through a green countryside; the farmhouses have graceful shapes, colors are soft (light yellow, light brown); even the arrangement of the tiles on the roofs seems a designer’s work.

What strikes me every time I come back it’s the size; perhaps it’s not like that for people living here, but for me the small scale of everything evokes a more humane space, the possibility to chat on the street, to move from place to place by walking, to spend more time with friends and less on cars, on public transit. (I say “evokes” because I realize that the North American hurry has already contaminated Europe, and Italy).

The bus enters the long bridge on the lagoon. Venice’s cupolas are outlined against the horizon; on either side, the sea has the color of the sky; the “bricole”1 are like pawns on a chess-board. At Piazzale Roma all the tourists leave, commuters get into the bus: students, business people. Almost everyone has a cell-phone, the bus is soon filling up with voices, laughters, exclamations. The people’s languid drawl has an hypnotic effect on me: I’m not sleeping, I’m not awake, I’m day-dreaming. I review the Padua I like best: narrow streets bordered with “portici2, where is still possible to find artisan shops; big heavy wooden front doors which open on dark entrance halls, on large staircases whose steps are time-worn. St. Sophia church, more than one-thousand years old. In the outskirts the Bacchiglione,’ dike: on both side you can go on for kilometers, meeting kids on bicycles, small dogs on leash, people walking slowly, smiling to your smile, enjoying the sun (the weeds, spotted red with poppies, wave in the breeze).

The bus leaves the highway, enters the town. Downtown main streets are asphalted, but not much larger than the inner cobbled ones. Traffic is heavy. On a smaller size, it’s like being on St. Catherine street, in Montreal.

I take a taxi to go to my father’s place.

Sure, there are many remarkable things to see, in Padua. I leave them to the tourists.

Starting tomorrow, I’ll walk around slowly, steering clear of main streets: I’ll find again my Padua.

 

 

[1] Groups of poles that delimit the lagoon’s navigable parts

2 arcades

_______________________________________________________________________

Anna Carlevaris’ Speaking to One Another is published in Writing Beyond History, eds. Licia Canton, Delia De Santis and Venera Fazio. Montreal : Cusmano 2006, p.95-96. It is used in Bibliosofia by permission of the author and of WBH. / “ Parlando gli uni agli altri ” di Anna Carlevaris, tradotto da Elettra Bedon da Writing Beyond History, eds. Licia Canton, Delia De Santis and Venera Fazio. Montreal : Cusmano 2006, p.95-96., è online in Bibliosofia per gentile concessione dell’autore e del traduttore.

Elettra Bedon’  “Luoghi di Silenzio” e “Ritorno a Padova”are published in Writing Beyond History, eds. Licia Canton, Delia De Santis and Venera Fazio. Montreal : Cusmano 2006, p.34-35 e 36-38. “Ritorno a Padova,” with the title “My Padua  is also published in Accenti, Winter 2006. All pieces are online in Bibliosofia by permission of the author, WBH and Accenti. /  “Luoghi di Silenzio” e “Ritorno a Padova” di Elettra Bedon sono pubblicati in Writing Beyond History, a cura di Licia Canton, Delia De Santis and Venera Fazio. Montreal : Cusmano 2006, p.34-35 e 36-38. “Ritorno a Padova,” col titolo “My Padua” è pubblicato anche in Accenti, inverno 2006. Tutti i lavori sono online in Bibliosofia per concessione dell’autore, WBH e Accenti.

 

*Elettra Bedon’s Bibliography

Writing Beyond History, (An Anthology of Prose and Poetry), Cusmano, Montreal, 2006, pp.34-38.

Yoshua, Manni, San Cesario di Lecce, 2005.

Shaping History,(L’identità italo-canadese  nel Canada anglofono),Forum, Udine, 2005, pag. 163-167.

L’évangile en tableax, Mediaspaul, Montréal, 2005

Liber Miscellus Canadensis (poesia), Marsilio, Venezia, 2002

Dopo una vita vissuta (poesie), in The Dynamics of Cultural Exchange, Cusmano Communications, Montreal, 2002, pp. 141-146.

Veneto, in Dialect Poetry of Northern & Central Italy, LEGAS, Brooklyn, NY, 2001, pp.287-359.

Le mani saccadiche di Cesare Ruffato (saggio critico), in I quaderni di Hebenon, Torino, 2000, pp. 14 – 17.

Al di là della veste (saggio critico), Hebenon, Milano, 2000

Il filo di Arianna (letteratura del XX secolo in lingua veneta), Longo ed., Ravenna, 1999

L’angelo sulla terrazza (saggio critico), in Diverse linguE, n° 17/18, Udine, 1998, pp. 133-154.

Con altre parole (poesia), Montfort & Villeroy, Montréal, 1998

Voci di G. (saggio critico), in Diverse linguE , n° 17/18, Udine, 1998, pp. 51-60.

Storie di Eglia (narrativa), Montfort & Villeroy, Montréal, 1998

Mio zio l’investigatore (ragazzi), Montfort & Villeroy, Montréal, 1998

La riflessione poetica di Cesare Ruffato : una lettura strategica, in La Battana, Fiume-Rijeka, 1997, pp. 26-35.

Francesca : immagine esemplare del « declive » dell’etica, in i libri di Steve, n° 22, Modena, 1997, pp. 126-140.

Lingua d’origine (letture ed esercizi per l’insegnamento dell’italiano, VI elementare), Montfort & Villeroy, Montréal, 1992

Lingua d’origine (c.s. V elementare), Montfort & Villeroy, 1991

Vi racconto di Gesù (ragazzi), EMP, Padova, 1991

Lingua d’origine (c.s. IV elementare), Montfort & Villeroy, 1990

Lingua d’origine (c.s. III elementare), Montfort & Villeroy, 1989

Ma l’estate verrà ancora (ragazzi), La Scuola ed., Brescia, 1985

Saggi, racconti e poesie sulle riviste di Montréal  Viceversa, Moebius, XYZ, Arcade, Arts cinéma lettres, Imagine, Accenti e Descant di Toronto.

 

 

1 marzo 2007

 

LETTERATURA CANADESE E ALTRE CULTURE

 

BIBLIOSOFIA