REALISMO E ALIENAZIONE NELLA TRILOGIA DI NINO RICCI *

Egidio Marchese

emarchese@primus.ca

 

La trilogia Lives of the saints / In a glass house / Where she has gone dello scrittore italo-canadese Nino Ricci (1959-) è la saga di una famiglia che da un paese del Molise, Valle del Sole, emigra in Canada: una vita divisa tra due patrie, piena di contrasti, rimpianti e contraddizioni.

 

America. How many dreams and fears and contradictions were tied up in that single word, a word which conjured up a world, like a name uttered at the down of creation, even while it broke another, the one of village and home and family. 1 (Lives 165)

 

Nel primo romanzo che si svolge in Italia, l'America appare come un sogno o mito ambivalente: il duro lavoro e i sacrifici dell'immigrante da una parte, e dall'altra le possibilità di libertà e di successo. 2  La vita in Canada si sviluppa nel secondo romanzo e nel terzo dove, oltre all'esperienza di un amore oscuro, tenero e impossibile, c'è anche l'esperienza di un ritorno in Italia pieno di nostalgia e di delusioni.

Vite dei santi ha inizio da un atto di adulterio, quello di Cristina, rimasta sola nel paese col figlioletto di sette anni Vittorio (voce narrante del romanzo) nella casa del padre, dopo che il marito era emigrato in America e in Canada. Quest'adulterio è un grande peccato, uno scandalo e anche una maledizione, perché mentre veniva consumato nella stalla, la donna fu morsa da un serpente, creatura malefica che crea "lu malocchiu" (Lives 88). Ma l'adulterio è nella stessa natura animalesca degli uomini e delle donne, secondo i proverbi: “Guard your women like your chickens […] or they'll make food for the neighbour’s table.” (Lives 144) E ancora: “A woman is like a goat: she'll eat anything she sees in front of her.” 3 (Lives 144)

Appare subito il realismo della narrativa, e ci si chiede: fino a che punto il realismo di Nino Ricci si accosta e si distacca al/dal classico neo-realismo italiano di oltre cinquant'anni fa? Esso è in parte simile nel primo romanzo; mentre nei successivi due romanzi si sviluppa un realismo psicologico della coscienza alienata dell'immigrante non solo, ma dell'uomo in generale nella cultura moderna. Realismo e alienazione sono le dimensioni e i temi fondamentali di questa trilogia.

In Vite dei santi si apprezza la verità della narrativa, la descrizione precisa e tagliente del carattere dei personaggi e della vita del paese, le metafore concise e le varie forme di espressioni pittoresche di atteggiamenti o gesti – "my grandfather turning suddenly to spit into the fire" (Lives 148) – e perfino del silenzio che diventa, si può dire, un silenzio loquace. 4  Il realismo si definisce subito nella precisa dimensione temporale e spaziale del racconto:

on a hot July day in the year 1960, in the village of Valle del Sole [...] which was not in a valley at all, but perched on the north face of Colle di Papa about three thousand feet above the valley floor. (Lives 1)

Si apre un realistico mondo primitivo, ove le donne vanno a lavare i panni al fiume, e il contadino con il mulo carico di fieno agita il pugno chiuso contro una Cinquecento, che sopraggiunge nella strada fatta per i muli, i carri e i greggi e non le macchine. Attraverso la porta aperta di una delle case più povere, si intravede un ampio antro diviso da una cortina, dove vivono insieme la famiglia di qua e gli animali dall'altra parte. Accostamenti e metafore di animali sono frequenti: Maria, moglie di Di Lucci, "was a stout woman with the thick-boned build of an ox." (Lives 10) Il nonno riceveva "a small pension that couldn’t keep a goat alive." (Lives 181) I ragazzi naturalmente badano al pascolo. Giuseppina parlava "shifting her weight from peg leg to peg leg, like a sheep on rocky ground." (Lives 46) Marta seduta "was as still as a stone, only her eyes moving, darting in their sockets as nervously as a bird’s." (Lives 44) Le donne "let their men run around like goats". (Lives 160) Il nonno aveva "thin bones that looked frail as a bird's." (Lives 180) E abbiamo visto sopra le donne galline e capre a proposito dell'adulterio. 5

La struttura realistica del romanzo rimane tale anche quando sembra che si aprano degli "spaccati" di sogni e dimensioni meta-realistiche. Il bambino Vittorio in una giornata estiva di sole ardente cade in uno stato di indolenza e torpore con il libro di matematica davanti e "the whole world seemed wrapped in a warm, yellow dream [...] while a happy host of apples and numbers, freed from the thyranny of the book, danced in my head [quella del bambino narrante] in wild combination." (Lives 3,). Anche il sogno di libertà in America è bilanciato dalla dura esperienza reale dell'emigrante. Troviamo questo (oltre a dell'invidia) nell'atteggiamento delle ragazze del paese, quando un emigrante ritorna per prendere moglie. Le ragazze fanno di tutto per attirare la sua attenzione, per realizzare il loro "sogno di libertà" (Lives 168).  Ma quando viene scelta una, le altre si ritirano a bocca amara, minimizzando la loro delusione, "tutt' lu mond' è paes" (Lives 168) e poverette quelle che partono lasciando il conforto della famiglia, verso un destino incerto. Il distacco dalla realtà è semplicemente un'aberrazione, come la mente sbilanciata di Marta che "seemed to waver between nonsense and sudden lucidity [...] into her strange logic" (Lives 134).

Sono parte della realtà del paese le passioni della gente, la religione 6 e la politica, 7 il lavoro, 8 la superstizione, 9 le maldicenze e le invidie, 10 e anche la rabbia e la violenza, come quelle che trasparivano dagli sgorbi della scrittura nella busta delle lettere del marito di Cristina, che arrivavano dal Canada. Anche il padre di costui era stato un violento verso la moglie, "had caged her like a frightned animal within his anger and violence" (Lives 21). Ma ci sono anche sentimenti umani o sentimenti pii, come quelli della maestra strampalata che leggeva il libro Vite dei Santi al piccolo Vittorio. O sentimenti di familiarità nel modo d'interpellarsi col nome tronco: Marì, Cristì, Andò (Antonio): "Dai, Andò, per l'amore di Cristo" (Lives 10). Poi c'è  anche l'allegria e il divertimento nel paese, la festa di San Camillo e la festa della Madonna, la processione e poi la musica dell'orchestra che per l'occasione aveva portato nel paese anche la luce elettrica, e tutti erano fuori a divertirsi, a cantare e ballare la tarantella e "...Ehhhhhhh - vola vola vola!" (Lives 10).

Al centro del romanzo è la figura di Cristina, la moglie adultera, la madre affettuosa del piccolo Vittorio, la donna fiera e forte – “I had seen my mother pull hot bricks from the fireplace with her bare hands” (Lives 13) – orgogliosa e sfrontata, sarcastica e bella, che cade in disgrazia dinanzi a tutto il paese e dinanzi al proprio padre. Mentre Cristina fa il pane a casa si vedono le curve del suo corpo ben modellato, si muove altera come una regina a testa alta, come una svergognata, e suscita l'invidia e le critiche delle altre donne, che tuttavia aprono sottomesse un varco al suo passaggio. È ironica e talvolta sprezzante, ha uno spirito indipendente e spregiudicato. Esorta il figlio a studiare, che da grande sarebbe diventato papa; ma quando il bambino le dice che vuole diventare Gesù Cristo, gli risponde che questo non era più possibile: "It's too late for that. When the angel came your mother was already in bed with St. Joseph." (Lives 29). Bella educazione! "That’s how you speak to your son" (Lives 30), commenta il faccendiere del paese Di Lucci, sentenzioso.

Anche il padre, uomo rispettato, lu podestà” o sindaco del paese sempre rieletto per acclamazione, ora cade in disgrazia e si dimette. Ma Cristina è sempre altera e orgogliosa, "do' l'orgoglio sta, la serpe se ne va." (Lives 5). Tutti aspettano il momento da godere della sua resa, un atto di pentimento. Allora ella va in chiesa, indossando un abito attillato che mette in bella mostra la sua pancia. Questo soddisfa la gente, che torna a salutarla e molti a Natale vanno a farle visita a casa. Il padre si rode dentro, si gira e sputa sul fuoco, fa per abbracciare la nipotina che gli sfugge, alza il bicchiere di vino con la mano tremolante. Dice: "They came here […] to laugh at us." (Lives 148).

Arriva il giorno della partenza. È una giornata piovigginosa, la casa è vuota, il padre invalido a letto rimane presso la sorella, la gente del paese si raduna davanti la casa, immobile, silenziosa. È l'ora dell'addio. Ci si aspetta di tutto, la testa bassa o alta di Cristina, l'ira del padre infine placata o il suo continuo grave silenzio. Qualsiasi possibile reazione della gente. Ma quello che succede è una dolorosissima esplosione di dramma: si sente innalzarsi il grido della maledizione del padre. La donna si ritira affranta, esce col figlioletto e di fronte alla gente del paese sempre immobile e silenziosa, alza la testa e a sua volta lancia la sua maledizione al paese. La donna difende il suo diritto di scelta, il diritto alla sua libertà .

Fools! […] not one of you knows what it means to be free and to make a choice, and I pray to God that he wipes this town and all his stupidities off the face of the earth. (Lives 190).

Il "sogno di libertà" di Cristina si contrappone all'oppressione delle "stupid rules and superstitions" (190) del paese. Anche il padre condivide la stessa opposizione di Cristina, nonostante la maledica per questo. Al piccolo Vittorio il nonno lascia le sue medaglie conquistate in guerra e dice: "But now you're lucky to leave this country, because it's a place of Judases and cowards. That's what killed Mussolini. [...] All my life I've been surrounded by traitors and fools. Even my own daughter has betrayd me." (Lives 182).

Si precisa qui ancora il contenuto del "dream of freedom" in America, come libertà, dove Cristina e il piccolo Vittorio scappano via. E si precisa ancora qui la differenza dal mondo del neo-realismo, dove la libert à non era una fuga, ma la conquista di una lotta.

In conclusione, il realismo è dominante nel primo romanzo, simile in parte a quello del neo-realismo, da cui tuttavia si distacca per la mancanza dello spirito politico e morale di quello. L'opposizione di Cristina e del padre all'oppressione del paese è semplicemente una faccenda personale. Nel realismo di Levi, Vittorini, Silone, Pavese, Calvino, Jovine, Fenoglio, ecc. gli autori vivono nella realtà sociale del paese, impegnati a denunciarne l'oppressione e le ingiustizie. In Nino Ricci invece, nonostante la rappresentazione viva e concreta della realtà di Valle del Sole, quella realtà è pur come trasognata, vista in lontananza dallo scrittore emigrante, filtrata e ridotta nella memoria alla maniera di Proust, citato nel frontespizio:

The places we have known belong now only to the little world of space on which we map them for our own convenience. None of them was ever more than a thin slice, held between the contiguous impressions that composed our life at that time; the memory of a particular image is but regret for a particular moment; and houses, roads, avenue are as fuggitive, alas, as the years. 

Marcel Proust / Remembrance of Things Past (Lives V).

L'intimo sentimento dell'autore è il senso struggente di una realtà lontana che si perde e sparisce. Perciò all'inizio abbiamo questa descrizione: "[Valle del Sole] had no culinary specialties, no holy sites, no ancient ruins; forgotten and unsung, it was one of a hundred villages just like it flung across the Italian Appennines like scattered stones." (Lives 1). Un paese "forgotten and unsung [...] like scattered stones." Lo stesso intimo spirito di lontananza e di memoria che si affievolisce traspare spesso alla fine dei capitoli del romanzo, dove cose e personaggi si allontanano e svaniscono. 11

 

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Il tema fondamentale dei due ultimi romanzi della Trilogia è quello dell'alienazione, espressa anche nella frequentissima parola chiave awkwardness, un generale costante stato di disagio; mentre l'alienazione manca invece nel primo romanzo, dove il piccolo Vittorio viveva un rapporto di sicurezza accanto alla madre, nel familiare e realistico paese Valle del Sole.

Il tema dell'alienazione si delinea fin dall'inizio all'arrivo in Canada. Vittorio Innocenti, ragazzetto di sette anni, arriva solo, dopo la morte della madre sulla nave a seguito del parto. Col fagottino dell'infante in una cesta, Vittorio incontra in una terra straniera il padre che non conosceva, straniero anche lui ed estraneo a sé stesso. Appare un uomo tetro, rabbuiato, nella cui ombra avvolge il figlio. C'è tensione fra di loro. Il padre Mario ha un atteggiamento di disagio awkward verso l'infante, e nel treno alcuni estranei intervengono a occuparsi della piccina. Vittorio sente l'incomunicabilità col padre, che sarà la caratteristica del loro rapporto di alienazione.

Ci sono due fattori drammatici che concorrono all'alienazione che porterà al suicidio del padre, al tentato suicidio di Vittorio e all'allontanamento di Rita dalla famiglia. Da una parte c'è la presenza di Rita, frutto di adulterio, una indelebile vergogna che causa disagio e awkwardness nella famiglia. La fanciullina Gelsomina, che si occupa della piccina, dice a Vittorio: "It’s a bastard [...] My mother says your father should put her in an orphanage.” (Glass 10). E ancora: "Maybe your father's going to sell her to the gypsies." (Glass 37). Gelsomina prende in braccio la piccina quando piange, come in un poetico gioco di bambini: "Calmati, [...] Calmati!" (Glass 11), e la consola: "È niend', […] è niend', poveretta. È niend'." (Glass 19). Zia Teresa, la giovane sorella di Mario, arriva dall'Italia e si meraviglia che non fosse stato dato ancora un nome alla bambina: "You can’t treat her like an animal." (Glass 39). In seguito, la tensione nella famiglia esplode in una scena di violenza, quando il padre spara al cane della bambina che aveva ucciso delle galline. Rita abbraccia il cane ferito a terra, lo protegge col suo corpo. Il patrigno è fuori di sé, colpisce ripetutamente entrambi all'impazzata con la cinghia, come se volesse ucciderli. Poi la bambina viene adottata da una famiglia inglese. Vittorio va a visitarla di tanto di tanto, si trova in una situazione awkward di familiarità e di estraneità. Più tardi, entrambi studenti all'università a Toronto, si riavvicinano, ma un'attrazione amorosa tenera e incestuosa li sconvolge e li allontana nuovamente.

Il secondo fattore drammatico di alienazione è il mondo straniero in cui Vittorio viene a trovarsi. La fattoria del padre sembrava "remote and forgotten, like a place cut off from the world." (Glass 2).  I paesani vengono a far loro visita con i volti cupi come ad un funerale per la disgrazia e la vergogna della famiglia. Sembravano giunti non si sa da dove, come se la casa fosse isolata da un vasto burrone intorno. Di notte il piccolo Vittorio ha degli incubi, "feel a disorientation" e viene colto da "a sudden panic and terror" (Glass 3). Quando cresce e va a scuola incontra altri compagni e altra gente, soffre della barriera di una lingua sconosciuta, poi della diversità e anche delle crudeltà nei rapporti con gli altri, coetanei e adulti. Vive in una strana situazione di umiliazione, di imbarazzo, di awkwardness e confusione: I dunno / I don't know / Non so.

L'alienazione viene analizzata nell'animo dei personaggi in tantissime situazioni e sfumature: Vittorio si sentiva stranger, outsider, out of place, disconnected, unassimilable. Quando va dallo psichiatra dell'università passa per "narrows, labyrintine halls." (Where 134) La sua mente “was like an alien substance no longer matched to the world." (Where 117) Sentiva di vivere “in a sort of limbo without dimension, without future or past.” (Where 282) Sente panic, akwardness e un grande vuoto, "this emptiness at the centre of me." (Glass 129.) L'alienazione è carica di tensione. Spesso tensione di contrasti: Vittorio un giorno di fronte al pericolo di un incidente in macchina, aveva sentito "the terror and the hope" che il padre morisse. (Glass 156) Invitato in chiesa, esitava "still resisting and acquiescing." (Glass 136) Nella lotta di lavoro e sopravvivenza della famiglia, "we’d seemed caught in this tension between initiative and retreat." (Glass 190) Quando va a trovare Rita la madre adottiva sembrava "to want to repel me even as she led me in." (Glass 191) Trova la sorella in una awkward contraddizione di un corpo giovane intrappolato nel corpo controllato di una straniera. “Mrs. Amherst saw me out, still tense with the pressure of conceiling and disclosing.” (Glass 195)  Il pensiero di Rita vicino gli dà un senso di “disperate hope” (Where 304), ecc. Infine l'alienazione è intesa come incomunicabilità, particolarmente nel rapporto tra Vittorio e il padre. Vittorio (come forse tutti i figli) sentiva il suo attaccamento al padre, ma anche il desiderio “to have him approve now, an impossibility, of my need to escape him.” (Glass 253).

Il nuovo mondo dell'America, come citavamo sopra, distrugge il vecchio mondo, e l'emigrante non riesce più a vivere né nel nuovo né nel vecchio. Il ritorno di Vittorio in Italia è pieno di nostalgia e di delusione: "now that I’m here, I’m not sure any more where I feel more like a stranger." (Where 224)  In treno gli viene chiesto se fosse italiano, ed egli risponde "No. Canadese". Si sente di appartenere di più al Canada, da cui tuttavia fugge. Quando alla fine si laurea, sceglie di andare a insegnare in Nigeria, lontano dalla famiglia e dal padre, a cui si sente sempre estraneo.

La figura del padre è forse quella più oscura e drammatica del romanzo. È un uomo che lotta e si sacrifica per la famiglia da cui è tradito. Patisce le umiliazioni e attraverso molte disgrazie (come pure un incendio nella fattoria) riesce tuttavia ad ottenere un certo successo, 12  è rispettato dai paesani, 13  assicura il benessere a tutti i parenti. Nella sua solitudine alla fine, abbandonato anche dal figlio, si toglierà la vita.

C'è l'unità della famiglia e il suo smembramento (cfr nota 3). Da una parte arrivano dall'Italia la sorella e i fratelli con le loro famiglie e lavorano insieme nella fattoria, come nel proverbio verghiano di padron  'Ntoni prima citato: "Per menare il remo bisogna che le cinque dita s'aiutino l'un l'altro." D'altra parte c'è l'allontanamento del figlio Vittorio, di Rita ed infine il suicidio di Mario. C' è fedeltà e tradimento verso la famiglia da parte dei giovani, Dominic e Vittorio:

[Dominic] had finally [...] been quietly drawn back into the family, going to work full time on the farm [...] as if he'd compressed into a single chosen future the force of all the others he wouldn't have; and this, too, had come to pass as from some natural rhytm in the family I'd lost touch with, a silent cryptic molecular working I remained unassimilable in. (Glass 189)

Nella Trilogia di Nino Ricci, in fondo, l'alienazione non è solo quella contingente dell'emigrante, ma sembra quella esistenziale dell'uomo che traspare nel mondo moderno. A un certo punto c'è la descrizione della fattoria della famiglia diventata un complesso industriale in cui l'uomo appare sminuito.

We had built another two greenhouses on the farm [...] Together the group of them formed a space exhilarating in its vastness, with its long vistas of posts like colonnades, its network of wires and pipes and machines, its glint of metal and glass; and the farm now has the modern, efficient feel of a factory, of something that had dwarfed us, make us irrelevant, grown larger somehow than the sum of our individual histories. (Glass 188).

Quest'alienazione di industrialismo è una forma della crisi d'identità dell'individuo nella cultura moderna, come in questa trilogia. Il protagonista Vittorio, col suo senso di awkwardness, disconnectedness e inerzia (la sua paralizzante tensione di contrasti) è simile a tanti altri personaggi alienati, come Michele de Gli indifferenti di Moravia, che soffre anch’egli un senso di awkwardness o "intollerabile senso di disagio" (136), ed è ugualmente "angosciato", "indifferente" ed "inetto" per cui "gli pareva di vedersi: solo, miserabile, indifferente" (134), e "la propria inerzia gli incuteva spavento." (120). Oppure come Alfonso suicida di Una vita o Emilio di Senilità di Svevo, anch'egli angosciato, indifferente e inetto: "L'indifferenza che provo per tutto mi rattrista" (106), "si sentì sconsolatamente inerte, e ne provò un'angoscia dolorosa" (148), oppresso da "l'inerzia, il vuoto, la morte della fantasia e del desiderio." (168). O come tanti altri personaggi pirandelliani, come Mattia Pascal che aspirava alla libertà da ogni forma di falsa mascherata, ad una autenticità impossibile. O come Meursault in L'étranger di Camus, sempre indifferente a tutto, la cui frase più frequente è ça m'était égal: partire o restare, sposare Maria o non sposarla, se l'amava o non l'amava, essere amico di Raymond o no, andare a Parigi o restare ad Algeri, tutto era la stessa cosa (cfr. Marchese). O come gli stessi personaggi dei film dell'alienazione di Antonioni, distaccati dalla realtà, come quelli che giocavano a tennis con una immaginaria palla, o la protagonista de Il deserto rosso tentata, come il nostro Vittorio, dal suicidio.

Non è solo il passare del tempo e la lontananza a far vacillare la memoria del vecchio mondo. Sembra che la realtà stessa sia inaccessibile e quindi irreale. Quando Vittorio torna in Italia trova delle discordanze tra le sue memorie e la realtà, come le affermazioni contrarie di Luciano o la foto di sua madre in cui non appare che piovesse quel giorno come lui ricordava. Pare dunque che ci siano delle diverse "possibilità di realtà", come dire: "così è se vi pare". Nel frontespizio di Vite dei santi abbiamo visto la citazione di Proust sulla memoria che manterrebbe solo dei frammenti di immagini del passato.  In Nino Ricci la memoria e l’immaginazione sono ricordo e illusione del passato, ma anche forza creativa di una nuova realtà.

Was there really a tree? Did it happen that way? [...] That was one way it could have happen. And the yes and the no, the precision things took on in the plain world, would not have mattered so much, only the story, that bit of hope. (Where, "prologo")

Quando alla fine il protagonista scrive la sua storia in un'isola della Nigeria e osserva sulla spiaggia nella notte illuminata dalla luna un grande falò dei pescatori, e poi tante barche che si inoltravano una dopo l'altra nel mare, non sa più se tutto fosse realtà o finzione, mentre ricorda quegli altri tanti falò che illuminavano la notte nella valle del suo paese lontano. In questa parte finale dell'opera che chiamiamo "epilogo" (Where 317-322), lo scrittore riprende il tema della realtà-sogno-memoria del "prologo". Si ribadisce che quello che più importa non è tanto la realtà dei fatti, ma la realtà del sentimento e dell'immaginazione: l'illusione e la speranza (fra le tante vite possibili) e quello che del passato rimane, le nostre irreali memorie. L’"epilogo" infine, nella forma di una sincera e struggene lirica, si riduce a questo: "to hold intact an illusion". (Where 317)

In conclusione, a volere "inquadrare" Nino Ricci nella storia letteraria, si può collocarlo tra i realisti, come abbiamo visto, e quegli autori che in vario modo trattano dell'alienazione: 14  da Moravia de Gli indifferenti, a Svevo di Una vita e Senilità, a Pirandello con la sua crisi d'identità come in Il fu Mattia Pascal, a Camus de L'étranger, finanche all'alienazione dei film di Antonioni. Ma è anche opportuno esaminare la situazione storica degli immigranti, per una maggiore comprensione della loro alienazione (cfr. Allodi; Migliore, "Punctuality”). In definitiva poi ha rilevanza sempre il motivo lirico dello scrittore nei suoi propri termini, come abbiamo cercato di mettere in luce, in relazione sia al realismo che all'alienazione.

 

 

Egidio Marchese

Collaboratore di Bibliosofia

http://www.bibliosofia.net/

 

1 Novembre 2005

 

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NOTE

 

1 Il mito dell'America è un importante tema del neorealismo italiano. L'America viene ri-scoperta da Vittorini, con le sue traduzioni e l'Americana del 1941, e anche da Pavese con le sue traduzioni e La luna e i falò del 1950, dove si legge: "In America [...] c'è di bello che sono tutti bastardi." (10) Ricordiamo i primi volumi del dopoguerra: Guido Piovene, De America del 1953; Mario Soldati, America primo amore del 1956; e poi Giosue Rimanelli, Tragica America del 1968.

2 Ancora la mitica e ambivalente idea dell'America, secondo la gente di Valle del Sole: "America had remained a mythical place, as if it there were two Americas, one which continued merely the mundane life which the paysants accepted as their lot, their fate, the daily grind of toil without respite, the other more a state of mind than a place, a paradise that shimmered just beneath the surface of the seen, one which even those who had been there, working their long hours, shoring up their meagre earnings, had never entered into, though it had loomed around them always as a possibility." (Lives 167-168). Altre opinioni sull’America ("Ah-merr-rica"). Secondo Maria: "The houses there were so warm [...] telephones in every room, per l'amore di Cristo, it's the law there, you have to have a telephone. And when will we see a telephone in Valle del Sole?" (Lives 168) Fabrizio dice che in America tutti vivevano in case di vetro: "in America everyone lived in houses of glass. 'When you're taking a bath anyone can come by and look at you. You can see all the women in their underwear. People look at each other all the time, over there, because nobody believes in God.'" (Lives 168-69). L'iracondo nonno Vittorio dice del figlio in Canada: "Do you think he's living like a king? I'll tell you where he's living - in a chicken coop! In a goddamned chicken coop, per l'amore di Cristo! " (Lives 22).

3 Sono comuni nella narrativa del realismo i proverbi popolari, come quelli sulla famiglia unita nei Malavoglia del Verga: “Per menare il remo bisogna che le cinque dita s'aiutino l'un l'altro;” “Gli uomini sono fatti come le dita della mano: il dito grosso deve far da dito grosso, e il dito piccolo deve far da dito piccolo.  (16). Questi proverbi si possono applicare anche a Vite dei Santi di Nino Ricci; ma in entrambi i casi la famiglia finirà smembrata (si veda Pivato).

4 Ci sono varie espressioni del silenzio: "an eerie silence fell over the street" (Lives 190); "my grandfather's lips remained sealed in stony silence" (Lives 86); "the captain bowed his head briefly in silent grace" (Lives 213); "a last silent kiss on my forehead" (Lives 179); "others retained a stony silence, stiff and awkward [...] in their mourning" (Lives 244); "we stood staring at the fire joined by the silent awareness of each other's presence" (Glass 104); ecc.

5 Tanti elementi del Neo-realismo di Primo Levi si trovano in Lives of the Saints di Nino Ricci, particolarmente le mescolanze con gli animali. In Cristo si è fermato a Eboli si vedono famiglie abitare in grotte: "Sul pavimento stavano sdraiati i cani, le pecore, la capre, i maiali. [...] e ci dormono tutti insieme, uomini, donne, bambini e bestie." (78) Abbondano personaggi animaleschi: "il podestà ride di un suo riso di gola, come una gallina" (23). Il dottor Milillo ha gli occhi "di un vecchio cane da caccia" (22) e odia i contadini che non pagano, "un odio di bestia feroce contro il povero gregge contadino." (25) "Al mio arrivo i ragazzi scapparono come passeri" (42). "Giulia ha "una animalesca passività" (133) contrapposta alla "maestosa animalità della Santarcangelese." (214). Troviamo i soliti personaggi del paese: il podestà, il prete, la maestra o maestro, e anche il segretario del fascio. C'è una tremenda "natura disperata" e una "umanità desolata" (76) e primitiva; lo scrittore si trova lX al confino, appunto per la sua ribellione politica: novità e originalità, questa, del neo-realismo.

6 Al paese si celebra la festa di San Camillo e della Madonna. Father Nick soprassiede alle cerimonie, insegna il catechismo e punisce gli scolari che non sanno rispondere alle domande sui dogmi quale la Trinità. La figura del prete è comune nella  narrativa del realismo, in Primo Levi troviamo Don Giuseppe Traiella, "un povero vecchio perseguitato e inasprito, una pecora nera e malata in un gregge di lupi" (43).

7 Il nonno era sindaco (“lu podestà") di Valle del Sole. Egli cita  Mussolini come una vittima. Cristina ricorda che i Fascisti somministravano ai nemici l'olio di ricino, una purga forzata. C'erano pochi comunisti, fra cui il vecchio pastore Angelo Dagnello detto "the Red."

8 Gli abitanti di Valle del Sole sono in maggioranza contadini o pastori, solo pochi possono permettersi di non lavorare, e verso costoro la gente ha deferenza: "Alfredo, an uncle of father Nick's, was respected in the town because he didn't work" (Lives 83). 

9 In Lives of Saints, come in altre opere del neo-realismo, c'è la superstizione, il malocchio e gli scongiuri come quelli praticati dal piccolo Vittorio, che decapita un gallo e ne sparge il sangue contro il malocchio della serpe che aveva morso la madre. Il tema della superstizione domina sia in Fontamara che in Vino e pane di Silone. Pure in Levi sono frequenti le magie dei filtri, il protagonista è messo in guardia: "Non accetti nulla da una donna. Né vino, né caffé, nulla da bere o da mangiare. Certamente ci metterebbero un filtro. Lei piacerà di sicuro alle donne di qui. Tutte le faranno dei filtri." (23).

10 "Invidia, envy, had been the root of all the paysants' troubles according to my grandfather" (Lives 49). Anche nelle buone annate i contadini si lamentano per non scatenare "the tremendous forces which envy stirred up, forces age-old and sacred, ones that found their incarnation in the evel eye. [...] its fickleness made it deadly and all-powerful, like fate itself, a force which knew no master, neither God nor the devil. (51). Contro the "evel eye" dell'invidia Giuseppina consiglia a Cristina di fare dei sortilegi e scongiuri: "you should at least make a cure." (54). Il tema dell’invidia è centrale anche in Silone. Per uno studio sull’argomento si veda: Migliore, Mal'uocchiu.

11 Spesso alla fine di un capitolo di Lives of Saints cose e persone tendono a sparire: "the echo of his heels against the marble floor fading with him down the dim corridor." (25) "Finally I could no longer make out their forms in the darkness, only the last glowing ember od a soldier's cigarette." (35) "'Beh,' I heard Maria said as their voices faded," (48)  "and disappeared up the street, the echo of his footsteps quickly fading into the distant hum of the market." (66)  "Then at night [...] I'd hear my mother's quiet sobbing mingling with the sight of the wind like something inhuman, as if the air could no longer carry any human sound, all of them smothered into the earth by silence." (78)  "and disappeared finally in the darkening twilight." (176)  "and Valle del Sole had disappeared from view." (191)

12 Il contadino Mario in Canada rimane fedele alla sua origine, e ha anche un certo successo nella sua fattoria insieme ai familiari, come abbiamo visto (Glass, 188). Per uno studio della comunità agricola a Leamington (dove Nino Ricci è nato e cresciuto) si veda Temelini. Inoltre, riguardo alle donne che in In a Glass House lavoravano nell'impresa familiare agricola, o nelle fabbriche come Gelsomina, o nel supermercato di immigranti di successo Longo's Produce, come la Zia Teresa, rinviamo a Iacovetta.

13 Mario ha una sua vita sociale coi paesani, ed è anche membro direttivo del locale Club di immigranti italiani. Per le associazioni ricreative e culturali italo-canadesi si veda: Buranello and Lettieri; Molinaro.

14 Della vasta bibliografia sull'alienazione ci limitiamo a citare l'antologica con introduzione di Walter Kaufmann.

 

 

OPERE CITATE

 

Allodi, F. "The Italians in Toronto: Mental Health Problems of an Immigrant Community." In Social Deviance in Canada, ed. by W. E. Mann, Toronto, Copp Clark, 1971, 250-263.

Buranello, Robert and Michael Lettieri. "Italian Regional Organizations." In The Luminous Mosaic: Italian Cultural Organizations in Ontario, edited by Julius A. Molinaro & Maddalena Kuitunen. Toronto: Centro Scuola e Cultura Italiana, 1993, 149-169.

Iacovetta, Franca. "From Contadina to Worker: Southern Italian Immigrant Working Women in Toronto, 1947-62." In Looking Into My Sister's Eyes: Exploration in Women's History, edited by Jean Burnet. Toronto: Multicultural History Society of Ontario, 1986, 195-222.

Kaufmann, Walter.  Existentialism from Dostoevsky to Sartre. Cleveland and New York: Meridian Books, The World Publishing Co., 1962

Levi, Primo. Cristo si P fermato a Eboli. Milano: Mondadori, 1975.

Marchese, Egidio. Lo straniero di Albert Camus. http://www.bibliosofia.net/files/Camus.htm

Migliore, Sam.  Mal'uocchiu: Ambiguity, Evil Eye, and the Language of Distress. Toronto: University of Toronto Press, 1997.

-----.  "Punctuality, Pain and Time-orientation among Sicilian-Canadians." Social Sciences and Medicine 28:8 (1989), 851-859.

Molinaro, A. Julius. "The Casa d'Italia in Toronto: Historical Background (1873-1983)." Italian Canadiana, vol. 12 (1996) p. 37-47.

Moravia Alberto, Gli indifferenti. Milano: Bompiani, 1971.

Pavese, Cesare. La luna e i falò. Milano: Oscar Mondadori, 1973.

Pivato, Joe. "La famiglia smembrata nella storia e nella filmografia italo-canadese." Altreitalie 14 (1996), 28-38.

Ricci, Nino. Lives of the saints, (1990), Published by Cormorant Books, Toronto, 2002.

-----. In a glass house, McClelland & Stewart Inc., Toronto, 1997.

-----. Where she has gone, McClelland & Stewart Inc., Toronto, 1999.

Svevo, Italo. Senilità. Milano: Ed. D'Alloglio, 1971.

Temelini, Walter. "Study of an Agricultural Community: The Italians of Leamington," Italian Canadiana, vol. 3 (1987), 80-91.

Verga, Giovanni.  I Malavoglia, Milano: Ed. Scolastiche Mondadori, 1959.

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* Questo articolo sarà pubblicato prossimamente nella rivista Italian Canadiana Volume 18 del Fank Iacobucci Centre dell’Università di Toronto.

 

 

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