CHINATOWN  DI  VANCOUVER

Un magico e delicato mondo di Wayson Choy

 

Egidio Marchese

 

emarchese@primus.ca

 

 

The Jade Peony / La Peonia di Jada (Douglas & McIntyre Ltd, Vancouver,1995) di Wayson Choy (1939-) è la saga di una famiglia di immigrati cinesi in Canada. È un'altra opera del grande multiculturalismo canadese: come la Trilogia di Nino Ricci su una famiglia di immigrati italiani in Ontario; la Trilogia di Toronto dello scrittore di colore Austin Clarke su immigrati neri dei Caraibi; il romanzo No new land (Non una nuova terra) di M.G. Vassanji su immigrati indiani dell'Africa a Toronto; la saga di una delle tante famiglie di giapponesi internati in Canada durante l'ultima guerra mondiale, nel romanzo Obasan di Joy Kogawa; ecc.

 

Ne La Peonia di Jada, intorno a Chinatown di Vancouver si sentono i lamenti e l'affanno degli immigrati: "Alcune notti - narra Jook-Liang protagonista della prima parte del romanzo - mi sembrava di udire nei miei sogni i bisbigli dei vicini salire sopra i soffitti, voci di Ebrei, voci di Polacchi e di Italiani, che si fanno tutti strada a forza di spintoni per sopravvivere, tutte voci disperate come quelle dei cinesi."

 

Sono gli anni trenta e quaranta, gli anni della grande depressione e della guerra mondiale. La grande impresa nazionale della CNR, la costruzione della ferrovia attraverso il Canada fino al Pacifico, era ultimata. Molti immigrati erano rimasti senza lavoro, perduti nelle Montagne Rocciose dietro l'ultimo sogno vano della febbre dell'oro. Molti cinesi avevano sofferto in particolare della crudeltà di una legge del 1923 "Chinese Exclusion Act", che chiudeva l'immigrazione ai familiari dei cinesi già in Canada, abbandonati così alla loro solitudine e miseria. Infine la guerra aggravava le tribolazioni della comunità cinese, che si sentiva ora in contrasto qui con la comunità giapponese nemica, durante la guerra mondiale.

 

Ma la peculiare bellezza di La peonia di jada è che tutta la miseria e la disperazione di quegli anni è sublimata attraverso gli occhi dei bambini, che sono la voce narrante della storia. Così, indifferente alle tribolazioni dell'epoca, la bambina Jook-Liang di cinque anni è solo interessata a ballare. La nonna Pho-Pho le aveva fatto con un nastro di seta dei bei fiocchi nelle scarpette, ella sognava Shelley Temple e danzava il tip-tap. La crudeltà e l'innocenza si confondono, nei sogni e nei giochi infantili. Così, i fratellini di Jook- Liang giocano a tagliare la testa ai nemici con le loro sciabole di legno, in un gioco di propaganda politica fabbricato a Hong-Kong... Whack!... e le teste cadono. I nemici sono il Signore della Guerra della vecchia Cina, il Comunista e Tojo il Giapponese. Le loro immagini di cartone vengono sistemate sul tavolo della cucina e i bambini attaccano: Whack!... La nonna Pho-Pho si diverte a vedere giocare il nipotino ardito guerriero, e lo incita: Uccidi!

 

La poetica magia mitica della Cina e insieme la poetica magia dell'infanzia, sono il delicato mondo di questo romanzo di Wayson Choy.

 

Al centro emerge la nonna, la grande Vecchia, the Old One della grande Cina. Ella racconta ai nipotini le magie e i segreti del vecchio mondo: le forze del vento e dell'acqua che regolano la vita; la continua presenza di fantasmi, spiriti e demoni; le rivelazioni di segni misteriosi che bisogna sapere interpretare. Gli spiriti possono essere benigni o maligni, spesso non si riesce a distinguerli fino all'ultimo. Non bisogna mai mostrare tanta contentezza, per non suscitare la gelosia degli dei (come nell'antica Grecia: ftónos theón). Nelle piante (le radici o le foglie) e negli organi degli animali si trovano poteri straordinari di guarigione: la nonna era più esperta nella medicina delle piante, mentre la vicina di casa Mrs. Lim conosceva meglio il potere degli organi. La nonna era esperta anche nel ricamo,  la creazione di oggetti di decorazione, incisioni su pietre di giada magiche. Quando la bambina lavorava come schiava in Cina, serva in una casa di ricchi a cui era stata venduta, la Prima Concubina era molto esigente e crudele: "O impari o muori", e la piccola veniva anche frustata, come era d'uso coi bambini e gli animali. Aiiyaaiihh!, si lamentava la nonna, quei ricordi erano crampi al cuore. Così aveva imparato a lavorare con le dita veloci e accurate, lavori delicati e sempre più minuti, come esigeva la sua padrona: "più piccoli, più piccoli".

 

Nell'affascinante mondo della nonna era cresciuto particolarmente vicino l'ultimo nipotino Seek-Jung. Stavano sempre insieme, andavano a cercare nei rifiuti per strada dei pezzetti di cocci o oggetti che poteva usare per le sue decorazioni. La famiglia era imbarazzata e allora le loro spedizioni avvenivano di nascosto in altre zone, un loro segreto. Poi si ritiravano in camera e lì la nonna faceva i suoi lavoretti con il piccolo accanto. C'è molta delicatezza nella prosa che descrive la finezza delle mani della nonna ("Her hands were magical / Le sue mani erano magiche"), i colori che amava, il colore dell'anima, in particolare una giada piccola come una monetina di colore bianco trasparente, con al centro i delicati riflessi di un colore rosa, e intorno un tenue rilievo dei petali di una peonia. 

 

La famiglia cinese Chen al centro del romanzo è composta di tre generazioni: la nonna Poh-Poh, il figlio Father (Padre) sposato con Stepmother (Matrigna), e quattro piccoli figli. Il romanzo nella sua struttura è diviso in tre parti, ciascuna sotto il nome di uno dei figli, che ne è protagonista e voce narrante.

 

Chinatown, in cui si svolge la vita della comunità, comprende l'Associazione Tong del Tempio, le classi di lingua mandarina nel sottosuolo della Chiesa Protestante, la scuola elementare, il centro ricreativo con la palestra, la sede del giornale Chinese Times dove lavorava il Padre, i ristoranti e caffè e vari negozi come quello di chincaglierie cinesi del Terzo Zio, o la lavanderia a secco e sartoria "Americana", dove di tanto in tanto s'intrattenevano a chiacchierare le donne coi bambini. Le abitazioni erano per lo più vecchie case o baracche con la stufa da riempire continuamente di legna, contro il freddo dell'inverno canadese. Ma a ottobre, anche col vento freddo, i giardini erano in fiore, mentre le cime delle montagne intorno a Vancouver erano coperte di neve.

 

La comunità cinese vive unita, anche per un'autodifesa degli immigranti  precariamente solo residenti stranieri (residents aliens) in Canada. C'è una forte morale della famiglia: il duro lavoro, la resistenza (never surrender, non arrendersi mai) e un profondo rispetto verso gli anziani. Ma molti si abbandonavano all'alcool ed al gioco d'azzardo, che è una forma della magia della fortuna. La magia è dappertutto. Una volta Mr. Lim decise di comprare una casupola fra le rocce svalutata, perché vi era morto ucciso il proprietario. La casa portava sfortuna, ma Mr. Lim diceva: "Può un povero permettersi una casa fortunata?" Un giorno, poi, mentre stava per andare a lavorare, vide il fantasma del precedente proprietario morto con il collo spezzato. Fece per tornare indietro, ma la moglie lo respinse: "Se non vai a lavorare, come facciamo a mangiare?" Al lavoro il povero Mr. Lim ebbe un incidente e morì. La moglie raccontava la tragedia piangendo: non aveva capito la magia del segno di premonizione.

 

Ci sono continui confronti tra la Cina e il Canada. La grande questione era sempre la stessa: essere cinese, essere canadese o essere... metà-metà! In generale si preferivano le maniere di vita canadese più semplici: simple better. Nella famiglia cinese c'era un complicato modo di interpellare i parenti, secondo le intricate discendenze. Poi ci sono numerosi dialetti cinesi. L'inglese invece è più pratico, s'interpellano le persone solo con Mister o Sir, e la lingua convoglia messaggi più chiari e semplici, come le insegne stradali. D'altra parte la lingua cinese sarebbe più duttile di sfumature e capace di esprimere coi diversi dialetti anche differenti strati sociali con più espressivi messaggi come il disprezzo o l'elogio.

 

La nonna Poh-Poh considera tutta la famiglia interamente cinese, il padre tende ad un compromesso metà-metà: "Siamo anche canadesi". I giovani invece vogliono essere più moderni, preferiscono l'inglese, evitano di scrivere con il pennello. L'inglese e le lingue europee (il latino, il francese o il tedesco) "sono lingue scientifiche - dice Kiam al Padre - siamo ora in un mondo scientifico e logico." Alla scuola  elementare piena di ragazzi di tutte le nazionalità, c'è innanzitutto lo sforzo comune d'imparare l'inglese - incluse le parolacce. Così un ragazzo, rivolto alla maestra che lo aveva bistrattato, dice ai compagni: "I kill that bitch... I kill! / Io ammazzo quella troia... ammazzo!" L'assimilazione della cultura canadese, comunque, è inevitabile. I nipotini della nonna Poh-Poh giocano a fare Tarzan, Cita e Jane, oppure Tom Mix, e leggono i fumetti del Capitano Marvel. Mescolarsi con altri di altra nazionalità è naturale. Ma il Terzo Zio ammonisce Kiam di stare coi suoi, invece di ballare con una ragazza bianca. D'altra parte la nonna vede la nipotina come una buona a nulla (useless), intenta a ballare il tip-tap imitando Shelley Temple di cui era infatuata: "Aiiiiyaah! How one China girl be Shirlee Tem-po-lag?" / Come può una ragazza cinese essere Shirlee Tem-po-lag?

 

La magia della vecchia Cina e la magia dell'infanzia appaiono subito nella prima parte del romanzo. Una sera arriva a casa un vecchio amico della nonna. Bussano alla porta: Boom... Boom... Sarà un tuono, uno di quelli che spaccano la terra da cui escono i demoni, come racconta la nonna. Un altro racconto fantastico della nonna era quello di Monkey King, la Scimmia mandata per il mondo da Budda in missioni avventurose. Una volta Monkay riesce ad attraversare il fiume sfuggendo al Drago, che lanciava fiamme, sopra una gigantesca tartaruga insieme al suo amico Porcellino. Bussano di nuovo alla porta, era l'amico della nonna: "Aiiiiyah! Wonk Kimlein!" L'ospite era una figura spaventosa, ripiegata in due, anchilosata, col viso verso terra, appoggiata su due bastoni con i quali, spingi e tira, si strascicava avanti. Il suo viso, quando finalmente riuscì ad alzare un poco il capo da potersi vedere, era quello di un vecchio pieno di rughe con una fronte stretta e una bocca larga, un vecchio uomo-scimmia (Monkey Man). La piccola Liang non ebbe dubbi: lì davanti c'era proprio il suo eroe delle favole, Monkey King, travestito da vecchio! Divennero grandi amici, la bambina danzava il tip-tap per lui, e insieme andavano al cinema, a vedere i cartoni animati e i filmati della guerra, coi Giapponesi che invadevano la Cina. Alla fine Monkey Man parte, torna con la nave in Cina, con un grande carico di ossa di cinesi defunti che venivano riportate in patria, perché gli spiriti potessero finalmente riposare  in pace. Stupide ossa pensò la piccola Liang, che non aveva potuto fare per il suo amico lo spettacolo della danza di tip-tap.

 

Nella seconda parte del romanzo, con protagonista il secondo fratellino Jung-Sum, si parla della sua adozione nella famiglia e della sua crescita con vari episodi di tenera e anche drammatica intensità. Nella terza parte, infine, protagonista è il piccolo Seek-Jung (chiamato in inglese Sekky), che abbiamo già visto tanto attaccato alla nonna. Qui, forse più che in ogni altra parte del romanzo, viene rappresentata l'innocenza infantile che coesiste con la crudeltà del mondo. Precisamente c'è il progredire della guerra mondiale coi suoi orrori, l'avanzata dei Giapponesi in Cina e la tensione anche a Vancouver tra Chinatown e Little Tokyo, ossia il quartiere detto anche spregiativamente Japtown. Il piccolo Seek-Jung gioca a fare la guerra coi suoi giocattoli: gli aerei d'attacco Flying Tiger e Spitfire con disegnati i denti ai due lati, il favorito bombardiere Curtiss P-40, cinque carri armati modello Sherman e tanti soldatini. Il bambino sentiva penetrare dentro di sé l'odio e la rabbia che si respirava a Chinatown contro i nemici giapponesi. Egli è condotto dalla giovane Meiying di diciassette anni, sua vicina di casa, in un campo sportivo di Japtown, nel cuore della zona del nemico. La fanciulla cinese ed  un giovane giapponese erano innamorati, moderni Giulietta e Romeo di Vancouver in tempi di guerra. Il piccolo Sekky si trova nel campo di guerra nemico e ha l'impulso di lanciare a squarciagola il grido di Tarzan. Ma la storia dei due giovani innamorati finirà tragicamente.

 

In conclusione, The Jade peony di Wayson Choy è un'altra importante opera del grande multiculturalismo canadese. A differenza dell'opera di Ricci su una famiglia di immigrati italiani, di un realismo tradizionale e di alienazione; e a differenza dell'opera di Austin Clarcke su degli immigrati neri dei Caraibi, un mondo passionale, esuberante, umoristico e drammatico; l'opera di Wayson Choy è un affascinante mondo delicato, poetico e magico della mitica Cina e dell'infanzia.  

 

 

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