TUTUCH (Uccello tuono), di Rita Melillo

A colloquio con gli Aborigeni del Canada *

Egidio Marchese


emarchese@primus.ca

 

            Tutuch (Uccello Tuono) [Editrice Mephite srl., Atripalda (Av.), 2004.] di Rita Melillo, docente di filosofia presso l'Università Federico II di Napoli, è uno studio antropologico sugli Indiani aborigeni del Canada. È particolarmente rilevante non solo per lo studio degli aborigeni, ma anche per la metodologia seguita dalla Melillo, di una antropologia fenomenologica appropriata a una società multi-etnica come quella canadese. (Linda Hutcheon, The Multicultural Debates: Reception of Other Solitudes, in Italian Canadiana, vol. 8, 1992 e Antonio D'Alfonso, In Italics. In Defense of Ethnicity, Guernica, Toronto, 1996.)

Dalla filosofia teoretica la Melillo è passata a studi di filosofia applicata, come l'antropologia in questo volume, ch’è frutto di numerosi e prolungati viaggi in Canada, di incontri e interviste con membri delle First Nations e tribù degli Ojibway, dei Mohawk, dei Seneca, dei Tuscarora, dei Micmac, degli Algonchini, dei Cree, ecc. in varie riserve a Montreal, Oka, Brantford, Toronto, Thunder Bay, Quebec, fino agli Inuit più a nord. Le Nations degli Indiani del Nord America hanno diversità di lingua, usi e costumi, ma tutte hanno in comune una "ricchissima spiritualità." (8).

Tutuch (Uccello Tuono) si divide in due parti. La prima (pp.11-121) contiene la digressione sulla cultura degli Indiani, preceduta - dopo una breve presentazione e premessa - da una Introduzione (pp.11-40), ch'è un saggio di filosofia fenomenologica dal titolo "Un'analisi contrastiva dell'alterità." La seconda parte del volume (pp.123-251) contiene il corpo delle Interviste e una ricca bibliografia.

Il concetto di epoché è un principio originale della filosofia fenomenologica di Husserl, adottato dalla Melillo. Questo principio consentirebbe una conoscenza non inficiata da pregiudizi - quelli che conducono all'incomprensione dell'alterità, all'intolleranza e al razzismo. La concezione  fenomenologica prospetta una nuova relazione tra il soggetto e l'oggetto della conoscenza. Non più il rapporto della filosofia naturalista né quello dello psicologismo brentaniano. Si postula una coscienza trascendentale (noesi) che carpisce le "essenze" (eidos) di un pre-esistente oggetto (hyle). L'oggetto fenomenologico iletico (di essenze) appare dinanzi alla coscienza rivelando le sue essenze e il suo significato. La relazione tra soggetto e oggetto è una correlazione "intenzionale." La coscienza come "intenzionalità" è intuizione ("eidetica") di essenze. Una grave difficoltà da superare è che nel processo gnoseologico il contenuto di precedenti acquisizioni nella coscienza interferisce viziando di pregiudizi le nuove conoscenze. Sui pregiudizi della nostra cultura, la Melillo cita (p.34) Claude Lévi-Strauss:

‹‹L'atteggiamento più antico, che probabilmente poggia su fondamenti psicologici solidi, poiché tende a riapparire in ognuno di noi quando siamo posti in una situazione inattesa, consiste nel ripudiare puramente e semplicemente le forme - morali, religiose, sociali, estetiche - che sono più lontane da quelle cui ci identifichiamo. “Abitudini di selvaggi”, “Da noi non si fa così”, “Non si dovrebbe permettere questo”, ecc., sono altrettante reazioni grossolane che esprimono lo stesso fremito, la stessa repulsione, di fronte a modi di vivere, di pensare o di credere che ci sono estranei.›› (Claude Lévi-Strauss, Razza e storia e altri studi di antropologia, 3.za ed a cura di P. Caruso, Einaudi, Torino, 1997, pp.104-105).

Con la epoché di Husserl, viene attuata "la messa tra parentesi" del contenuto della nostra cultura, una sospensione del giudizio: "L'antropologo non può uscire dalla propria cultura, ma può soltanto sospenderla. Eppure, questo il metodo da seguire, se lo scopo dell'antropologia è quello di cogliere il senso originario del vissuto di una etnia." (31)

Nel saggio introduttivo Un'analisi contrastiva dell'alterità, la Melillo tratta i seguenti temi: "Il centro come posto dell'uomo nel mondo. Coscienza di sé e tempo delle origini. L'incontro con l'altro. Per un'antropologia fenomenologica." Ogni etnia e ogni uomo ha la propria cultura, che definisce la sua centralità nel mondo, la propria identità e ubi consistam, senza cui ognuno diventa alienato.

La differenza tra la cultura occidentale e quella degli Indiani, secondo la Melillo, è che mentre la prima è una cultura razionale individualista ed egocentrica (discendente dal logos greco), con l'uomo che domina sulla natura; quella degli aborigeni Indiani è invece una cultura mitico-rituale, poco soggettiva o personale, dove l'uomo è dominato dalle forze spirituali della natura.

Per una migliore conoscenza della cultura mitico-rituale, bisogna fare delle ulteriori precisazioni sulla filosofia fenomenologica. La filosofia originale di Husserl detta classica, si è andata sviluppando da Husserl a Scheler, a Hartmann e altri, fino a D. A. Conci, di cui la Melillo è allieva. La nuova fenomenologia è detta radicale. In essa la novità  consiste in un maggior rilievo e autonomia accordati all'oggetto della conoscenza (hyle o oggetto iletico) rispetto alla coscienza soggettiva (noesi o coscienza noetica). La Melillo, concordando col Conci, scrive: "la realtà (che non è l'opaca materia) è tutta manifestazione di intelligenze e volontà estranee all'uomo [...] È questa la tipica postura rivelativa." (17). La cultura mitico-rituale della natura spiritualizzata propria degli Indiani era presente anche all'origine della cultura occidentale, al tempo della mitologia greca.

La visione del mondo o Weltanschauung degli Indiani che emerge dallo studio, è quella di una cultura mitico-rituale della natura animata da spiriti, leggende, rivelazioni e magia, nonché gli aspetti sociali di una vita collettivistica. Anzicché lo spirito occidentale individualista e competitivo, prevale lo spirito della cooperazione. Non c'è la proprietà della terra e degli oggetti personali, come i vestiti o gli attrezzi di lavoro o di caccia, che sono tutti di uso comune. L'autore di un grave reato viene allontanato dalla comunità, ch’è come esporlo alla morte. C'è la monogamia, i bambini vengono accuditi anche dalle altre donne delle famiglie "estese" del clan. Gli uomini si occupano dei lavori più gravosi, come la caccia e la pesca o la difesa della comunità da animali o nemici. Gli anziani sono tenuti in altissimo rispetto. Sono loro che educano i giovani, tramandano le tradizioni, la loro storia, le leggende e anche le profezie, i segni e le rivelazioni, e i riti come la danza del sole, la danza propiziatrice della pioggia, ecc. Le donne sono anche matrone consiglieri del capo nelle decisioni importanti come la guerra, durante la quale sono loro ad occuparsi delle vettovaglie. Le donne sono tenute in alta stima anche perché generano la vita, che per gli Indiani è una cosa sacra in tutte le forme della natura.

L'uomo ha il dovere di custodire e rispettare la natura. Essa è la Madre Natura, con la Sorella Luna e il fratello Sole e altri esseri spirituali del mondo. Ogni animale e pianta viene riverita. C'è come un cantico delle creature. L'uomo non è superiore ad altre forme viventi, piante o animali, o elementi come la pioggia. Anche quando è costretto per la sopravvivenza ad uccidere nella caccia, egli prega lo Spirito della specie, il Grande Orso o il Grande Cervo e mormora preghiere di scuse e di ringraziamento all'animale che sta per uccidere.

Ci sono molti riferimenti che si possono fare da questo studio della Melillo alla letteratura canadese. Per esempio in Tay John di Howard O'Hagan [McClelland & Steward, Toronto, 1989.] la miseria della tribù degli Shaswaps è attribuita al fatto che un indiano non aveva rispettato l'animale ucciso a caccia, secondo il rito dovuto. Il futuro capo della tribù si ritira in una zona impervia per meditare nel digiuno e conoscere i segni del destino, rivelati da visioni della natura. In Beautiful Losers di Leonard Cohen [McClelland & Steward, Toronto, 1991] troviamo la figura dell'indiano zio di Catherine Tekakwitha, che si oppone all'intrusione della magia dei missionari cristiani, si rattrista a vedere la sua tribù scomparire (there would be no harvest!) (93), e invoca la clemenza del Grande Cervo.

La distruzione fisica e morale degli Indiani è un punto centrale della critica della Melillo. Anche nella storia recente gli Indiani hanno subito la violenza di una coercitiva assimilazione (come gli immigranti):

"La decisione dei bianchi era di voler fare di ogni indiano un cittadino degli Stati Uniti o del Canada, ma in realtà non abbiamo avuto né un indiano né un cittadino americano, e nemmeno un essere umano con una sua identità culturale da difendere e far rispettare. Questo è stato il danno più grave, perché sono stati colpiti nel cuore della loro cultura e sono stati considerati solo dei selvaggi da redimere o da annullare." (111).

La condizione degli Indiani in Canada è di molto migliorata negli ultimi decenni, riconosce la Melillo. Ora si promuovono programmi che mirano a ricuperare il loro retaggio, la lingua e cultura dei loro antenati. Un'attivista aborigena, Mary John, viene ascoltata e nel 1997 ha anche ricevuto l'alta onoreficenza della medaglia "The Order of Canada." I bianchi hanno da imparare dalla cultura degli Indiani, specie per il rispetto da tributare alla natura oggi tanto violentata e inquinata. E anche per lo spirito di cooperazione umana degli indiani, da cui la cultura occidentale è tanto lontana col suo aggressivo spirito di competizione. Perciò la Melillo, animata da spirito di umanità "indiana", ha questa dedica nel fontespizio del suo libro: "A tutti coloro che si adoperano per realizzare la cooperazione e la solidarietà sociale."

            In conclusione, nel volume Tutuch (Uccello Tuono) di Rita Melillo si nota, in primo luogo, un forte contrasto. La parte filosofica iniziale, breve e intelligente, ma pure complicata e talora personale secondo il Conci (8), potrebbe scoraggiare un lettore inesperto di filosofia. Invece la rimanente parte del libro è interessante per tutti e pure amena nella descrizione di usi, costumi, miti e leggende degli Indiani del Canada. Il libro inoltre è importante per il metodo fenomenologico indicato, con cui affrontare i gravi problemi moderni dello scontro globale di differenti etnie.

 

            (1 dicembre 2005)

 

LETTERATURA CANADESE E ALTRE CULTURE

 

BIBLIOSOFIA

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* Questa recensione sarà pubblicata nella rivista Italian Canadiana Volume 17, del Fank Iacobucci Centre dell’Università di Toronto.