MAGIA  E  MISERIA  DELL’ INDIA

IN  SALMAN  RUSHDIE  E  ROHINTON  MISTRY

 

Egidio Marchese

 

emarchese@primus.ca

 

 

Nel romanzo "Midnight's Children / I Figli della Mezzanotte" (1981) l'autore Salman Rushdie (1947-) vincitore del Booker Prize nel 1983 e del Booker of Bookers nel 1993, è come un mago che con la sua bacchetta magica tira fuori dal nulla o dalla reale storia dell'India un mondo di meraviglie ("the trick of filling in the gaps in my knowledge" - il trucco di riempire i vuoti della mia conoscenza). Spuntano così personaggi curiosi, eventi straordinari e drammatici, realtà variamente ambigue, realistiche e fantastiche - tanti fenomeni accompagnati da pensieri e sentimenti convincenti... o  poco convincenti.

 

Storicamente, nello sfondo abbiamo l'India al tempo dell'indipendenza e la divisione dal Pakistan nel 1947. Successivamente appaiono tumulti sociali per contrasti di lingua o di religione tra pakistani indiani musulmani indù e altri gruppi; segue la guerra dell'India con la Cina e più drammaticamente la guerra con il Pakistan del 1965 e del 1971; infine succede il regime autoritario di Indira Gandhi (non parente del grande Mahatma Gandhi) ovvero la mostruosa "Vedova", nella magica fantasia dell'autore.

 

Fantasticamente, in primo piano, abbiamo il protagonista Saleem Sinai, un personaggio comicamente brutto ma simpatico e anche amabile, e i membri della sua famiglia. Di questi all'inizio incontriamo il nonno dottore, che esamina una paziente (che poi sposerà) attraverso il buco su un lenzuolo sospeso fra i due per ragioni di decenza - una scoperta della realtà a frammenti. Poi appaiono saltimbanchi, maghi, mostri con molte teste, avvoltoi, scimmie, serpenti; un ghetto pieno di fachiri chiaroveggenti illusionisti etc. Si sviluppano intrighi, come lo scambio di due neonati (fra cui il protagonista) al momento della nascita. E abbiamo i 1001 nati nella mezzanotte del 15 agosto 1947, dotati in vario modo di poteri magici soprannaturali. Fra questi naturalmente emerge Saleem Sinai al centro della storia, capace di vedere nella mente e nel cuore della gente.

 

All'inizio, quando Saleem è ancora nel grembo della madre, un mago pronuncia una oscura e formidabile profezia sul nostro nascituro eroe. Egli sarà maschio, sarà mai più vecchio della sua madrepatria, né più vecchio né più giovane... Ci saranno due teste, ci saranno ginocchi e un naso, un naso e ginocchi... Biancheria da bucato lo nasconderà, voci lo guideranno! Amici lo mutileranno, sangue lo tradirà! ecc... e infine: "Avrà figli senza avere figli! Sarà vecchio prima di diventare vecchio! E morirà... prima di morire." Alla fine della profezia il mago stramazza per terra con la schiuma alla bocca. Per arrivare allo scioglimento degli enigmi della profezia, il lettore è forzato a leggere il romanzo fino alla fine.

 

Dicevamo che il romanzo ha parti convincenti... o poco convincenti. Ma nonostante ci siano tanti episodi che appaiono cuciti insieme con arbitrio in una trama frammentaria (come i frammenti della realtà visti dal nonno attraverso il buco nel lenzuolo), c'è una fondamentale organicità del romanzo e una fondamentale centralità ("lust-for-centrality" - lussuria di centralità) nella figura del protagonista, ch'è quegli che va scrivendo l'autobiografia che costituisce il romanzo. E poi, nonostante ci siano tanti pensieri dell'autore che possono sembrare gratuiti e solo apparentemente profondi ("life both excessively theological and barbarically cruel" - vita insieme eccessivamente teologica e barbaricamente crudele...), c'è in tutto il romanzo la ricerca di un  significato fondamentale delle cose e di uno scopo della vita. Le parole scopo (purpose) e ragione d'essere o significato sono frequenti nel romanzo ("my disperate need for meaning" - il mio disperato bisogno di significato), e se alla fine non si trova un significato, oltre a varie illusorie e ambigue possibilità, sarà proprio questo "niente" il risultato della ricerca. Più volte l'autore nota un "buco nero" al centro dei personaggi (nel nonno, in Joeseph D'Costa e nello stesso protagonista), un vuoto "buco nero" come una ultima conclusione, una realtà amara di totale disillusione. Alla fine infatti c'è la disperazione e l'annientamento ("annihilation e draining-out-of hopes") dei figli della mezzanotte, tutti sterilizzati e fatti fuori dalla tremenda Vedova.

 

Riguardo al famigerato programma di "Emergenza" del governo di Indira Gandhi (tanti cittadini scomparsi, forzate sterilizzazioni, ecc. ), ricordiamo l'altra altrettanto drammatica denuncia del canadese di origine indiana Rohinton Mistry nel romanzo A Fine Balance / Un perfetto equilibrio del 1995.

 

In conclusione, Midnight's Children è un romanzo affascinante, drammatico e anche ricco di spirito e umorismo ("we were all well-established as social inferiors" - eravamo tutti ben sistemati come socialmente inferiori), pieno di arguzia e perspicacia, insieme fantastico evasivo e realistico.

 

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Subito nelle primissime pagine di A fine balance / Un perfetto equilibrio (1995) del canadese di origine indiana Rohinton Mistry (1952-) abbiamo in nuce tutto il senso del romanzo: i protagonisti coi loro tratti essenziali, i temi e lo sfondo politico e sociale del paese, l'India degli anni 1975-1984.

 

In un treno affollato troviamo i due sarti, Ishvar DarjiOmprakash (Om), zio e nipote di quarantasei e diciassette anni, che vanno a incontrare una signora, Dina Dalal, con la speranza di trovare lavoro. Nello stesso treno i due incontrano un giovane studente, Maneck Kohlah, diretto anch'egli dalla signora Dina che offre, oltre al lavoro ai sarti, anche una camera in affitto per lui. Questi sono i quattro personaggi principali del romanzo.

 

La speranza e la paura sono il tema dominante enunciato già nel titolo del romanzo: Un perfetto equilibrio appunto tra speranza e paura. Un drammatico tema universale. I due sarti subito ci vengono presentati speranzosi e allegri, ridono e scherzano; ma sempre col timore latente di restare delusi e sconfitti. "Non c'è da preoccuparsi... Non ti  preoccupare... Ma non ti preoccupare..." si sente ripetere, e ancora: "Meno male che non è successo il contrario..." e ancora: "Speriamo di arrivare in tempo... Se qualcuno arriva lì prima di noi, siamo finiti di sicuro!"  La speranza (hope... hoping...) e i sogni dubbi o lontani si susseguono: "...un trionfale ritorno al villaggio rimaneva un sogno lontano." Agghiaccianti, poi, le parole: "Sorridi, Om ... molte ragazze ti staranno dietro. Ma non ti preoccupare, Om, io sceglierò una brava ragazza per te". Parole di una fatale tragica premonizione.

 

Il treno si ferma all'improvviso, bruscamente. Un suicidio nelle rotaie. Si apre così subito uno spaccato sulla situazione politica del paese, nei commenti dei viaggiatori: " Forse ha a che fare con l'Emergenza ... Omicidio, suicidio, assassinio Naxalite-terrorista, morte sotto la custodia della polizia". Si apre anche uno spaccato sulla misera situazione sociale del paese: "Rudimentali baracche sorgevano dietro il recinto della ferrovia, lungo un fossato in cui scorrevano fogne aperte", e c'è un senso penoso di gioia e disperazione nel seguito della descrizione: "Bambini giocavano con bastoni e pietre. Un cagnolino eccitato danzava intorno a loro, cercando di unirsi al gioco." (Una simile descrizione di bambini che giocano nelle fogne si ripeterà più avanti nel romanzo, quando Dina va nei miserabili sobborghi alla ricerca di due sarti da assumere). A causa della fermata del treno per via del suicidio, emergono tra i passeggeri umori di disumano cinismo: "Perché ognuno deve scegliere solo le rotaie della ferrovia per morire? ...  Nessun riguardo per gente come noi ... Cosa c'è di male con il veleno, gli alti edifici, i coltelli?" Ma c'erano anche  coloro che toccandosi la fronte o con le mani giunte, mormoravano: "Ram, Ram." / Dio, Dio.

 

Il giovane studente Maneck nel treno, alla notizia del suicidio nelle rotaie, pensò: "Un bel veloce modo di andarsene ... fin quanto il treno colpisce in pieno la persona". Anche questa un'agghiacciante tragica premonizione.

 

Tutto questo nelle prime quattro pagine del romanzo. Nelle successive più o meno settecentotrenta pagine si svolge la storia con un seguito di impressionanti personaggi minori, eventi, squarci e denunce di una realtà storica romanzata ma vera. Personaggi poveri diavoli disgraziati che lottano disperatamente per sopravvivere. Personaggi crudeli, carnefici spietati ed egoisti. Vittime tragiche, come gli accattoni "modificati" (bambini storpiati, accecati, per la bisogna dell'elemosina). Vittime di ingiustizie sociali, come gli "intoccabili" abominevoli appartenenti a caste sociali inferiori. Vittime come le figlie che sono un peso per la famiglia e spesso vengono uccise o finiscono loro stesse suicide. Vittime di conflitti etnici religiosi - musulmani, sikh e indù - trucidati. Vittime della polizia e del potere politico corrotti durante la legge di Emergenza del governo di Indira Gandhi che abolì i diritti civili dei cittadini, con conseguenti arresti arbitrari, torture e uccisioni. Vittime della politica governativa di sterilizzazione arbitraria e forzata dei cittadini. E così via. Noi lettori seguiamo trepidanti le vicende di questo romanzo, senza riuscire a staccarcene. La ricerca della giustizia sortisce un profondo pessimismo. Grottesca la descrizione del Palazzo o Tempio di Giustizia verso la fine del romanzo, con un nugolo di toghe nere di avvocati che stanno in agguato di nuovi clienti (anche loro hanno bisogno di vivere), e gridano o elencano in cartelli i loro servizi, fra cui "Contratti per la vendita di reni."

 

Alle vicende tragiche si alternano anche vicende farsesche, come quella di un sarto che si fa pagare per permettere ai nostri giovani Om e Manek di spiare attraverso una fessura le clienti che si cambiavano in un camerino o i pantaloni o la camicetta. Emerge la compassione e la forza e dignità di Dina Dalal, che lotta per la sua indipendenza dal fratello maschio padrone della famiglia. Si susseguono vicende di una commovente generosa amicizia, o di un commovente fiero senso di onore. Anche di questo troviamo l'annuncio nelle primissime pagine del romanzo, quando Ishvar mette più cibo nel piatto del nipote e dice: "Mangia, mangia! Il solo modo di salvare il mio onore è di farti ingrassare!"

("Eat, eat! Only way to save my honour is by fattening you!"). A volte dalla tragedia sorge all'improvviso un poco di luce e un riso, come il miracolo di un fiore che sboccia, e allora ci troviamo a sorridere anche noi con le lacrime agli occhi.

 

 

Bibliografia

 

- Salman Rushdie, Midnight children's / I figli della mezzanotte, (1981), Vintage Canada Edition, 1997 / Ed. It.  Mondadori, Oscar, 2003.

- Rohinton Mistry, A fine balance / Un perfetto equilibrio (1995), McClelland & Stewart Inc., Toronto, 1997 / Ed. It. Mondadori, Scrittori Italiani e stranieri, 2002. 

 

 

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