CRONICA  XXXV

Fabio Brotto

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bibliosofia.net  

 

LEGGI, LEGGI, LEGGI! L’atto del leggere aperto, del leggere costitutivamente disposto alla comprensione dell’altro mediata dal testo, è in sé stesso un atto pacifico. In quanto gratuito, non finalizzato all’affermazione di sé come invece è sempre in qualche misura l’atto dello scrivere,  è a questo spiritualmente superiore. Vi è, di contro, un leggere chiuso, che può essere anche molto intenso, ma in cui il soggetto è tutto teso alla propria identità, singola o collettiva. Se l’identità è collettiva, l’atteggiamento che ne consegue è il conformismo. Questo leggere chiuso può apparire in tutta evidenza e banalità nelle immagini di una scuola coranica di stampo islamista, ma trova molteplici forme di realizzazione anche nell’autoaffermato pluralismo di una società come la nostra, la cui ideologia è unica, pervasiva e monodirezionale. Il fatto che sia un’ideologia flaccida non significa che sia innocente. Un demone flaccido è pur sempre un demone, come ci ha fatto ben capire Conrad, e non dei migliori…

La chiusura e l’apertura sono disposizioni che si formano nella prima fase della vita, e sono sempre indotte da fattori ambientali, e dipendono dall’incontro dei giovani con persone-modello, chiuse o aperte. Qui sarebbe decisiva la scuola, nella quale dovrebbero operare moltissimi maestri di apertura, spiritualmente dotati, capaci di indicare una via. Ma il Sistema Scolastico non ama, pare, persone del genere, e nei requisiti per l’insegnamento non compare mai l’apertura mentale, realtà invero palpabilissima, che si coglie in dieci minuti di conversazione, ma che non è misurabile, come tutto ciò che conta veramente e che esprime la natura relazionale del soggetto umano. E ciò che il S.S. non ama tende all’estinzione. Perciò nella nostra scuola è difficile oggi imbattersi in una persona dalla mente aperta (mentre vi sono molti che sono convinti di possederla, e sono invece mere espressioni del pensiero collettivo, che è un non-pensiero). È difficile incontrarla tra i docenti, impossibile tra i Dirigenti, cinghie di trasmissione del pensiero unico, che, se mai hanno il tempo e la voglia di leggere, possono accedere solo ad un leggere chiuso.

 

Che quel filone della grande cultura islamica che ha prodotto Averroè sia fondamentale per comprendere Guido Cavalcanti e Dante è risaputo, e non voglio insistervi. Anche Boccaccio peraltro, come dimostra il bel libro di A. Gagliardi Giovanni Boccaccio. Poeta Filosofo Averroista (Rubbettino, Cosenza 1999) ha il grande di Cordova, perseguitato dagli integralisti islamici del suo tempo, come interlocutore principale. Ma Averroè nel grande insieme della cultura islamica è periferico, e la sua importanza storica è stata più grande per l’Occidente che per l’Islam stesso. Le fedi religiose assunte in modo integrale nell’ordine sociale per tenerlo unito infine dividono e portano alla morte. La via della grande sapienza è l’unica che possa portare gli umani a superare le divisioni e il reciproco risentimento. Ma la via della grande sapienza, purtroppo, è accessibile soltanto a pochi. Ai molti restano le religioni, nelle loro varie forme, incluse le laiche. A questo proposito, mi piace citare un bel passo di Amos Oz, da Una storia di amore e di tenebra (Feltrinelli, Milano ) Il prof. Yosef Klausner con tutta la sua erudizione non è ancora giunto ad una visione veramente aperta e universale, perché è un erudito, non un sapiente: ma, anche se il suo riconoscimento del valore dell’altro passa ancora attraverso la negazione della sua alterità (Gesù non è dei loro, è uno dei nostri), egli appare sulla buona strada. La strada della buona lettura.

 

Lunghi anni dedicò lo zio Yosef alla redazione del suo libro su Gesù Nazareno, in cui sosteneva — suscitando lo scalpore tanto dei cristiani quanto degli ebrei— che Gesù era nato ebreo e morto ebreo, senza affatto l’intenzione di fondare una nuova religione. Anzi, di più: Gesù egli lo considerava come “seguace della dottri­na ebraica nel senso più pieno dell’espressione”. Ahad ha-Am pregò Klausner di espungere questa e altre frasi, sì da non suscita­re nel mondo ebraico uno scandalo tremendo, e in effetti la pub­blicazione del libro a Gerusalemme nel 1921 suscitò un gran fer­mento sia fra gli ebrei sia in ambiente cristiano: gli ortodossi accu­sarono Klausner di “essere stato corrotto a suon d’oro e argento dai missionari, per tributare tali onori a ‘quell’uomo’”, mentre i missionari anglicani a Gerusalemme dal canto loro chiesero all’ar­civescovo di sospendere dal sacerdozio il dottor Danby, il missio­nario che aveva tradotto in inglese Gesù Nazareno, un libro “intri­so del veleno dell’eresia, che presenta il Nostro Salvatore come una specie di rabbino riformato, un comune mortale, un ebreo in tutto e per tutto che non ha nulla a che fare con la Chiesa”. La fa­ma internazionale dello zio Yosef venne soprattutto da questo li­bro, e dal seguito che scrisse anni dopo, Da Gesù a Paolo.

Un giorno, zio Yosef mi disse più o meno così: “A scuola, mio caro, per certo t’insegneranno a provare disgusto per questo ebreo tragico e meraviglioso, sempre che non ti raccomandino fi­nanco di sputare mentre passi davanti a una sua immagine o a una sua croce. Quando sarai grande, mio caro, avrai spero la compiacenza di mettere sotto il naso infuriato dei tuoi mentori il Nuovo Testamento, sì da dimostrare loro che quest’uomo era carne della loro carne e sangue del loro sangue, nient’altro che ungiusto’ o un ‘taumaturgo’, era sì un sognatore, totalmente privo di prospet­tiva politica, e tuttavia gli andrebbe riconosciuto un posto nel pantheon dei grandi d’Israele, accanto a Baruch Spinoza, anche lui scomunicato e bandito, e anche lui degno di essere riammesso fra noi: da qui, da questa Gerusalemme che si rinnova, dovremmo levare la nostra voce e dire tanto a Gesù figlio di Giuseppe che a Baruch Spinoza: ‘Tu sei nostro fratello, tu sei nostro fratello’. Sap­pi dunque che quei loro detrattori non erano altro che ebrei del passato, dagli angusti orizzonti e dalla scarsa intelligenza, come i vermi nella rapa. E tu, mio caro, per non diventare, non sia mai, come uno di loro —leggi dunque dei buoni libri, leggi, leggi, leggi! (pp. 87-88)

 

 

PRESIDENTE. I sistemi politici occidentali sono molto complessi, e fortemente intrecciati con gli apparati di informazione, il complesso dei media, tanto che non si può tracciare una netta distinzione tra il politico e il mediatico. Anzi, tra la politica e lo spettacolo. Ne sono prova le trasmissioni televisive in cui si fa direttamente politica, come quella di Vespa, e l'impostazione sempre più vicina a quella di uno show che vanno assumendo i telegiornali. Ne è una prova anche lo School Day del 20 settembre. Quello in cui il Presidente Ciampi rivolge un discorso al mondo della scuola, e in particolare agli studenti. Che succede? Succede che di fronte a 1200 studenti, cui sono state imposte magliette gialle e cappellini blu, il Ministro Brichetto e il Presidente parlano, apparentemente (televisivamente) suscitando entusiasmo ed applausi. Poi, ecco che saltano fuori calciatori, cantanti ecc. Spettacolo. Ma anche, nel discorso del Presidente, un messaggio ai politici e alla Chiesa. La scuola è la scuola laica di uno stato laico, gli Italiani hanno sofferto come emigranti, ora devono accogliere gli immigranti. (Che cosa avranno capito quegli studenti? Degli altri che sono nelle scuole, questo si sa, che dei discorsi di Ministro e Presidente non gliene importa niente.  Il messaggio, del resto, non era per loro) Gli Italiani sono buoni, il Presidente è il più buono di tutti. L’arconte buono, l’oligarca dal cuore gentile. Infatti deve essere una specie di nonno della Nazione: la linea PertiniCiampi: più vecchio è meglio è. Deve essere il corrispondente laico del papa, in qualche modo. Agli Italiani, poi, interessano sempre e solo i buoni sentimenti di facciata, pochi sembrano interessati, per esempio, a conoscere quale sia il costo annuale complessivo della Presidenza della Repubblica. Infatti non lo conosce nessuno, nessuno sa cosa ha speso il Quirinale nel 2004, mentre gli Inglesi sanno cosa spende la Regina per i suoi cappellini. Da noi, del resto, la trasparenza riguarda solo lo stipendio dei lavoratori a reddito fisso, e neppure di tutti (i giornalisti, per esempio, non amano affatto la trasparenza in questo campo, fanno sciopero, impedendo l’uscita dei giornali, e i lettori non sanno quanti soldi chiedono alla controparte).Quanto ai problemi reali e ai drammi di chi deve far fronte alla situazione catastrofica della scuola italiana, nulla o quasi si dice in tali cerimonie.  Il luogo in cui si tengono è l'Altare della Patria, un luogo sacro. Là si celebra la Giornata della Scuola. I ragazzi vestiti come scemi festanti non lo sanno neppure che il luogo è sacro, e che nei luoghi sacri si celebrano sacrifici. Essi costituiscono la periferia della scena. Ogni scena umana presenta una periferia e un centro. Solitamente, chi occupa il centro è visibile a tutti e da loro conosciuto, mentre chi è alla periferia vede e conosce il soggetto centrale, ma non è visto e conosciuto da lui. Tutti vedono Ciampi, Ciampi non vede me. Il rapporto tra il centro e la periferia è per natura asimmetrico. Solo che uno si chiede: perché lì al centro sta Ciampi, e non io? Qual è la catena di cause che ha portato un uomo di banca nel centro sacro del Paese? Nessuno si chiede questo, ma in tale domanda apparentemente bizzarra c'è più verità che in tutte le disquisizioni politologiche e in tutte le discussioni sulla preferibilità del proporzionale o del maggioritario. A me pare estremamente significativo che il vertice del sistema politico sia occupato da un uomo della moneta, di ciò che media lo scambio universale delle merci e che ha remote ma fortissime radici religiose (si veda il saggio illuminante di Britton Johnston Moneta di Sangue: http://www.bibliosofia.net/files/Moneta_di_sangue.htm ) mentre il governo è nelle mani dell'uomo più ricco d'Italia. Se fossi uno sprovveduto, direi che questo ha a che fare con ciò che si soleva chiamare plutocrazia. O no?

 

 

FUGA?. Mi imbatto in due colleghi, appena più anziani di me, che non vedo da tempo. Li conosco come insegnanti colti e motivati. Si parla per mezz’ora della scuola, di come sia degradata, ridotta a negazione della cultura, ad un mix burocrazia-barzelletta. Lamentazioni. Si parla della inadeguatezza culturale dei Dirigenti, alcuni dei quali sembrano combattere battaglie perdute con la lingua italiana, battaglie che forse avevano già perduto quand’erano studenti… Mi parlano di come sia difficile abbandonare l’insegnamento quando ci si è sentiti realizzati in esso, ma come sia inevitabile per salvarsi ciò che rimane dell’anima. Uno dei due mi dice: nella scuola di oggi la cultura del docente non ha alcun valore, contano altre cose. Gli rispondo che tutti lo sanno, e che si va avanti nella più totale ipocrisia. Vale del resto anche per l’università, dove sovente nei concorsi vengono eliminati proprio i migliori. I due mi dicono di essersi fatti fare il calcolo della pensione, potrebbero restare ancora qualche anno, ma chi glielo fa fare… Andranno in quiescenza. Da un lato li capisco, eccome. Dall’altro non so… sento un odore di codardia, che si spande nell’aria, che ristagna tra aule e corridoi. Del resto, nei momenti più critici, c’è sempre da scegliere tra la fuga o la morte sul campo. Chi può eleggere elegga. Mi viene in mente quel manga giapponese: “Segui il tuo sentiero, sei un guerriero”. Mi viene in mente Ben Sirach: “Se egli batte una falsa strada, lo lascerà andare e l’abbandonerà in balìa del suo destino” (Siracide 4, 22).

 

 

ANTENNE. Nella mia città, la gioiosa e amorosa Treviso, negli anni passati sono sorte ovunque le brutte antenne dei telefonini. Ora stanno sorgendo ovunque le ben più poderose ma sempre orride antenne della videotelefonia mobile. Il Piano Antenne del comune e dei Gestori ne prevede, pare, 120. Date le loro dimensioni, l’impatto sul lato estetico della città non è indifferente, ma pochi se ne curano. Qua e là sorge qualche comitato di cittadini che non vuole quell’antenna in quel posto, cioè vicino a casa propria (è come con le discariche e con gli impianti per il trattamento dei rifiuti: ciascuno vuole che se li prendano gli altri) temendo la nocività delle emissioni. Ben pochi parlano dell’imbruttimento (ulteriore) della città. Sorgono ad ogni angolo, spesso in luoghi poco adatti, addirittura in posizioni in cui un albero verrebbe abbattuto come ostacolo e pericolo per la circolazione. Sono diverse tra loro per forma e dimensione, e sono tutte grandi. Ma insomma, tutti gli Italiani hanno il diritto di videochiamata, e come si potrebbe ostacolare siffatto progresso. Nel frattempo ad ogni pioggia nella mia città si sta in ansia: frequenti sono infatti gli allagamenti, talvolta con gravi danni. Poiché i fossi negli anni scorsi sono stati interrati o ricoperti di cemento, ne è stata trascurata la manutenzione, così come molti tombini e condotte sono ostruiti. A queste problematiche non si pensa molto, non c’è giro di soldi sufficiente intorno ad esse. E il singolo cittadino, se vede un mucchietto di foglie sul tombino davanti all’uscio di casa, non muove un dito, aspetta l’intervento del Comune, che non avviene. Intanto si trastulla videochiamando, e guardando sullo schermino L’Isola dei Famosi, mentre il figlioletto liceale si fa trasmettere la versione di latino fatta da un compagno bendisposto, che in realtà l’ha presa giù da Internet. C’è materia per il sociologo, il politologo e l’antropologo.

 

 

3 ottobre 2005 A.D.

 

SCUOLA E NON SCUOLA