Note sparse nell'agenda 2006 (I)

Fabio Brotto

brottof@libero.it

 

Ripenso ai libri che mi hanno dato forma, che hanno orientato la mia vita. Il primo che mi viene in mente è Vino e pane di Ignazio Silone. Lo lessi a 18 anni. Mi ha insegnato che per essere pienamente umani bisogna scegliere, e saper pagare per le proprie scelte. Fino in fondo. Forse un libro non sarebbe bastato, e neanche tanti libri, a confermarmi in questo. Ho incontrato delle persone che hanno saputo scegliere. Ho cercato di fare come loro. Credo di aver pagato molto. Forse non ancora abbastanza.

 

Non credo che esista un cibo per ogni anima: ciascuna vuole i suoi, e ciò che per l'una è indigesto è salutifero per l'altra. Dipende dalla natura della singola anima.

 

Oggi primavera è nell'aria. Sole, brezza, graminacee, pollini, starnuti, tutti gli animali in amore, uomini compresi. In fondo ha ragione Teodor Axentovicz a mostrare, nel quadro che sto guardando, il carattere narcisistico di questa stagione. Ma…

 

Un altro grande libro per me fondativo è stato La condizione umana di André Malraux. Libro che mi ha insegnato che ciascun essere umano cerca un senso alla propria vita, e poiché lo cerca assoluto non lo trova mai.

 

Una passeggiata sugli argini erbosi di un placido fiume. Cosa c'è di più rilassante e di più filosofico? L'acqua che fluisce senza fine ci parla del corso delle cose, del nostro essere nel mondo come quella foglia lungo la corrente. Ma le piccole umili ballerine gialle, uccellini comuni e festevoli, ci aprono lo sguardo alla bellezza e alla grazia di ciò che vive una splendente fragile vita inconsapevole.

 

La vita come una partita a scacchi. Un'immagine antica. Ma con chi si gioca? Una possibile partita è quella tra l'uomo e la donna. O tra l'essere umano e la vita stessa?

O forse la vera partita è quella che gioca, a nome dell'umanità, il cavaliere del Settimo Sigillo? Quella partita che è sempre persa in partenza...  Tuttavia, io non so giocare a scacchi.

 

Siamo nell'età del ferro, e regna la confusione.

A Roma un milione di persone alla festa del primo maggio canta "Bella ciao", sotto la guida del comico Bisio. È una canzone partigiana di lotta armata e di sacrificio, e di morte. Verrebbe da chiedere a Bisio: "Tu che sei di sinistra, e quindi senza problemi ti prendi i soldi che Mediaset ti per Zelig, pensi di essere disposto a morire per la libertà? Combattendo, magari, contro quelli che ti danno i soldi, per far sì che l'Italia ne sia liberata?". Confusione.

E il primo maggio a Milano la super-manager della razza padrona Laura Brichetto alias Moratti festeggia (o vorrebbe festeggiare) insieme alla classe operaia? Confusione.

E il candidato della sinistra a sindaco di Milano - un prefetto - accusa la suddetta di essere una padrona non avente diritto alla festa. Un prefetto? Come se i prefetti avessero storicamente appoggiato le lotte dei lavoratori, e non il padronato. Confusione.

Ma la confusione di tutto, e anzitutto quella tra la politica e lo spettacolo, non è casuale. È un frutto dell'Italia che si rispecchia in Berlusconi, e la sinistra si limita a rispecchiarla di rimando. Riflesso di un riflesso. La differenza tra le due Italie è solo apparente. Esse sono con-fuse.

 

Un serpentello sull'asfalto, vicino al bordo della strada. Sto passeggiando, gli passo vicinissimo e lo guardo con attenzione. È immobile, tutto raggomitolato, ma ben vivo. Strano, è una giovanissima vipera berus, non ne avevo mai viste dalle mie parti, in pianura. Hai molti nemici in natura e tra gli umani, viperetta! Ti auguro una lunga vita felice. Che però non sarà tale per gli animaletti che mangerai dopo averli avvelenati. C'è da meditare, ragazzi...

 

"Io ho constatato tutto nei miei vani giorni" scrive l'Ecclesiaste. "C'è il giusto che perisce nonostante la sua giustizia e c'è il malvagio che è longevo nonostante la sua malvagità". Il processo a Previti è durato dieci anni, come la Guerra di Troia, ma qui non ci sarà nessun Omero.

 

Tutto passa. Qualcosa sempre ci manca. Siamo creature del Desiderio. E ci sembra di non aver agito quando avremmo dovuto.

 

Pare che papa Benedetto XVI abbia tuonato contro il carrierismo nella Chiesa. Il carrierismo è dovunque. Nella Chiesa, per principio evangelico non dovrebbe esistere. Non esisterebbe se la Chiesa fosse totalmente estranea alla logica mondana. Non lo è: se lo fosse, il papa non abiterebbe nei sontuosi palazzi vaticani ma in un'umile casetta. Esiste una carriera ecclesiastica. Il suo vertice è il soglio pontificio. Logico che i vescovi aspirino ad esso. E sorprendente che chi vi è giunto rimproveri gli altri.

 

La cifra della nostra epoca è l’instabilità. Investe tutti i sistemi e le forme di relazione: da quelli immensi come l'Umanità nel suo insieme e gli Stati, alle più piccole, come le famiglie e le coppie, e come le anime dei singoli, che sono anch’esse delle forme di relazione.

Anche nell’incertezza che deriva dall’instabilità, tuttavia, si può trovare almeno una traccia di pienezza e di felicità possibile.

 

La volatilità è il carattere essenziale delle relazioni che fioriscono sull'internet. Sorprende un po', ma non tanto, che i milioni di messaggi che corrono continuamente, intrecciandosi in vario modo, rivelino un rifiuto di questa stessa volatilità. I fugaci contatti aspirano alla solidità, alla permanenza. E sono quasi sempre delusi. Il mezzo ha generato infinite attese, e ne vive: se ne nutre e le alimenta. Il Desiderio è il motore della nostra società.

 

Mi ricordo bambino di sette anni a Venezia, tanto tempo fa, dopo aver visto una donna rischiare di cadere perché uno dei suoi tacchi a spillo si era infilato nella connessura tra due pietre d'Istria, chiedere alla mamma: "Perché le donne portano scarpe così scomode?"

"Per essere più belle".

"Ma non mi sembrano più belle. Non riescono neanche a correre con quelle scarpe. Mi sembrano sceme".

"Capirai quando sarai diventato grande".

Devo ancora arrivarci.

 

Continuamente il nostro Sistema, fondato sulla TV, produce mostri, e li trasforma in capri espiatori. Abbiamo sempre bisogno, infatti, di scaricare su qualcuno la violenza che ci abita, e il Sistema di cui siamo parte lo sa e soddisfa il nostro bisogno: per questo, in verità, lo abbiamo creato. Vanna Marchi e sua figlia Stefania sono brutte, e questo facilita molto la loro identificazione come streghe. Non sorprende, quindi, come molte persone - per lo più donne - si siano fatte sedurre da loro. In un mondo dell'immagine in cui impera il culto della bellezza, la bruttezza di maghi e teleimbonitori di entrambi i sessi può apparire a molti come rassicurante e attraente.

 

In questo mese, per curiosità antropologica, ho visitato tanti blog, quelli che singole persone si costruiscono. Il loro tratto comune mi sembra la lotta, più o meno disperata, contro la solitudine. Ci sono persone, ad esempio, che il non ricevere messaggi rende depresse. Dal canto mio, ho ben conosciuto una solitudine anche radicale e profondissima quando ero ragazzo. Pure, è avvenuto proprio nella solitudine più estrema (ad esempio quando a 17 anni mi sono perduto in montagna in una tormenta di neve) che mi si rivelasse la sovrumana e terribile, e nello stesso tempo consolatrice, bellezza del mondo. C'è un limite superato il quale gli spiriti elevati aprono lo sguardo sull'essere. E lo vedono sospeso sul nulla.

 

Sono solito giudicare i governi guardando il ministro dell'Istruzione. Osservo ora la foto del neoministro della P.I. Giuseppe Fioroni, e un brivido corre lungo la mia schiena. Ormai pare che gli unici ministri che debbono essere davvero competenti nel loro campo siano quelli dell'economia. Della pubblica istruzione si può occupare chiunque. È evidente quanto l'educazione dei giovani italiani sia ritenuta importante: nessun personaggio politico di rilievo vuole occuparsene.

 

Osservo un mio allievo partire sgommando sull'auto del padre. Ha appena preso la patente e deve dimostrare a compagni e compagne che lui è un vero uomo, un giovane maschio che di notte tornerà dalle discoteche facendo fischiare le ruote in curva, e sfiorando con sicurezza quei platani su cui molti coetanei si schiantano ogni sabato sera. Il giovane maschio ha ricevuto la sua iniziazione, e ogni iniziazione comporta un venire a contatto con la morte. Tutti coloro che pensano di poter far cessare le "stragi del sabato sera" con campagne di educazione stradale sono degli sciocchi o degli illusi, tanto quanto quelli che pensano di distogliere i giovani dal fumo con campagne di educazione alla salute.

 

Il calcio mi è sovranamente indifferente. L'ultima partita che ho visto è stata la finale dei Mondiali del 1982. Le partite mi annoiano a morte. Ma mi interessa il fenomeno economico-politico e ampiamente antropologico che esso rappresenta. Qui troviamo, ritualizzate, tutte le componenti dello spirito maschile (nel mondo del calcio le donne hanno un ruolo inessenziale, del tutto marginale: se venissero espulse dagli stadi e dai bar il meccanismo funzionerebbe perfettamente). Scontro con un gruppo avverso, vittoria o sconfitta, conquista di un bottino, inimicizie e alleanze, ecc. ecc. E anche inganni, cavalli di troia, imprese scellerate. La Guerra per eccellenza, quella di Troia, non è solo eroi che si battono a viso aperto e lealmente, è anche Ulisse che bara. Nel calcio ci sono i Moggi. Si sa che gli sport di squadra non sono altro che una guerra simbolica. I maschi hanno bisogno di battersi, e se non possono farlo fisicamente lo fanno simbolicamente. Ma il simbolo tende sempre a incarnarsi nuovamente ed ecco gli ultrà e le loro guerresche imprese e devastazioni. Non sono "fuori dello spirito del gioco". Ne fanno parte.

 

Tutti gli uomini e le donne maturi hanno i loro fantasmi. Ci sono benevoli fantasmi dei tempi infantili, a volte un po' melanconici, ma più spesso ci sono i fantasmi degli anni della giovinezza, soprattutto quelli d'amore. Alcuni sanno slegarsene, molti ne rimangono prigionieri. La saggezza sta forse nel saper convivere con essi lasciando loro il minimo spazio.

 

Non farsi prendere da una visione idillica della Natura, come se fosse una immensa oasi di bene, dove solo l'uomo malvagio introduce violenza e dolore. Leggere sempre Leopardi, meditare sul suo giardino del male.

 

Le parole più belle sulla melanconia come condizione spirituale le ha scritte Immanuel Kant. Qui la melanconia non è altro che una cifra della saggezza:

«L’uomo di temperamento melanconico si cura poco di ciò che gli altri pensano buono o vero, egli si basa soltanto sul suo criterio di giudizio. Egli osserva con indifferenza il mutare delle mode e con disprezzo il loro cangiante splendore. Ha un alto sentimento della dignità della natura umana; ha stima di se stesso e ritiene ogni uomo una creatura degna di rispetto».

 

Gli italiani, che non leggono molto, sono anche generalmente molto ignoranti in materia di religione (compresi coloro che si professano credenti). La cosa è particolarmente evidente nel caso Codice da Vinci. Si può osservare, peraltro, che una storia analoga a quella narrata da Dan Brown riferita a personaggi islamici oggi non potrebbe circolare. Su questo è urgente una seria riflessione.

 

Sono davvero pochi i giovani interessati alla natura. Ne ho la riprova durante l'intervallo, quando passeggio all'esterno del mio liceo, sulla sponda del canale che rasenta il giardino. Ci sono centinaia di ragazzi intenti a chiacchierare, scherzare e messaggiarsi, e l'unico essere umano che contempla il nido della folaga in mezzo alle alghe, la gallinella d'acqua che passeggia con andatura dinoccolata tra le erbe e i tuffetti che si immergono a caccia di pesciolini, quell'unico essere umano sono io.

 

Se i mortali si guardassero da qualsiasi rapporto con la saggezza, la vecchiaia neppure ci sarebbe. La vita umana non è altro che un gioco della follia. Il cuore ha sempre ragione.

Il cuore ha sempre ragione è una aggiunta alle parole di Erasmo da Rotterdam manipolate da uno spot rivelatore. Non si può comprendere la nostra epoca se non si afferra il meccanismo che sta alla base della pubblicità. Il nostro sistema economico ha assoluto bisogno del Desiderio. La massa dei consumatori non deve limitarsi alla soddisfazione dei bisogni, essa deve desiderare. Ad esempio, deve desiderare vestiti alla moda, un'auto che faccia immagine, che significhi lo status sociale, ecc. Il sistema economico deve sollecitare in ogni modo il Desiderio, eventualmente deve farlo nascere, pena il suo stesso crollo. Ma il Desiderio è legato all'emozione, non alla ragione. La ragione mi dice che non mi serve un'automobile nuova, che la mia può servirmi altri quattro anni o più, che il mio vestito può essere indossato ancora, ecc. Ragione ed emozione sono spesso in conflitto. Il nostro sistema si schiera risolutamente per l'emozione, la televisione e ogni altro mass-medium promuove instancabilmente le emozioni. E anche il mondo dei blogger su Internet è un mondo tremendamente emotivo, e pochissimo razionale.

Ma vi sono emozioni di ogni tipo. Se non esiste un criterio di distinzione e di valutazione esterno alla sfera emotiva, che cosa mi spingerà a seguire l'impulso di un'emozione e a reprimerne invece un'altra? Sarà l'emozione più forte a prevalere? E se io dicessi che mi emoziona tremendamente indossare la nera uniforme di black-block e insieme agli altri compagni scagliarmi urlando contro gli scudi della polizia? Se mi emozionano le masse in fuga e il fischio dei candelotti fumogeni, se amo il brivido delle cariche? Mi dirai che la mia emozione è sbagliata, e che invece è giusta la tua, quella che provi tenendo in braccio un bambino appena nato? Io ti dirò: tienti la tua emozioncella di femmina imbelle, che io mi coltivo la mia di guerriero. Nella sfera emotiva non ci possono essere gerarchie. La distinzione tra emozioni buone e cattive è opera della ragione, che distingue il Bene e il Male.

Il nostro sistema contraddittoriamente incentiva l'emozione e combatte la ragione, e poi si lamenta quando si manifesta il frutto emotivo della violenza.

 

L'anima del filosofo anela alla libertà dalle passioni, soprattutto da quella illusoria dell'amore. L'anima romantica aspira invece alle catene, e le venera.

 

La natura è il regno della forza. L'ho capito da bambino, quando durante le vacanze a Roncegno, in Valsugana, mentre vagavo sui prati a caccia di farfalle, mi sono imbattuto in uno sterminato brulichio di formiche. Sono rimasto a lungo ad osservarle. Stavano combattendo una battaglia micidiale. A migliaia, si massacravano. Ne sono rimasto sconvolto e affascinato. Poi, per molti anni ho dedicato parte del mio tempo allo studio del mondo degli insetti, osservando il comportamento di molte specie, e soprattutto delle formiche. E ho capito che in natura tutto è regolato dalla forza. Anche quell'uccellino che sta cantando sul ramo non lo fa per allietare se stesso o altri. Questo è il pensiero dell'umano poeta, un'illusione. La scienza ci spiega che quel canto non è altro che un'affermazione della propria potenza. L'uccellino che canta è un maschio che compete con gli altri maschi con la forza del canto, come i cervi maschi competono a colpi di corna. Il canto segna il territorio e attrae le femmine: come le cerve sono attirate dal maschio con le corna più grandi che sconfigge i rivali, così le femmine del cardellino o dell'usignolo si danno al maschio che con la maggior potenza del suo canto segnala la sua maggior forza. Ovunque tra gli animali i maschi e le femmine più forti prevalgono, imponendosi sugli altri, senza pietà. I sostenitori della sostanziale uguaglianza tra gli animali e gli umani dovrebbero riflettere anche su questo.

 

La notte ci attrae, e ci attrae il profondo delle acque. Occorre difendersi dai sogni, dalle illusioni e dai desideri che si affollano intorno a noi stringendoci d'assedio, tanto più pericolosamente quanto più avanziamo negli anni.

 

Sono un alieno. Mi sento radicalmente differente, membro di una piccola comunità emarginata. La comunità di quelli che raccolgono le foglie che dagli alberi dei propri giardini cadono sulla strada, ostruendo i tombini alla prima pioggia. Una comunità che ha usi e costumi diversi da quelli della maggioranza, che dice “deve pensarci il Comune”, e ad ogni allagamento protesta e non muove un dito, se non all’interno delle proprie mura. Sono un alieno. Noi alieni in Italia viviamo male, sempre a disagio. Noi quando passeggiamo in un giardino pubblico pensiamo “questo giardino è anche mio”, mentre gli Italiani pensano “non è mio, è del Comune”. Ma cosa significa comune?

 

Nessuna vera saggezza può essere raggiunta se non passando attraverso la conoscenza della vanità di tutte le cose. E questa conoscenza si può attingere soltanto mediante la sofferenza. Nel nostro mondo l'antica lezione è stata dimenticata.

 

Ci fu un tempo in cui l'immagine della Luna assente dal cielo, o dal mio cielo, mi riportava al sentimento di un bene perduto per sempre. Un tempo in cui scrivevo poesie come questa.

 

Il Grembo calmo e fertile di sogni

splende sull'alto mare forse

ma lunga qui l'oscura l'alta notte

copre e discopre marea di inesausti bisogni.

Sotto la prima acqua brulicano

miriadi invasate d'amore

e umani là stretti nell'ombra amano

ripetendo le audaci parole.

Io solo nato qui rimango solo

dileguata speranza d'Amore.

La novità di una ridente sera

in questo oscuramento l'ho perduta.

 

Ricordo di averla concepita una tarda sera sulla punta della Dogana (alla Salute) a Venezia, in aprile, contemplando le folle di esserini acquatici che danzavano nell'acqua alla luce dei lampioni.

 

Che la verità sia sempre soggettiva pare essere oggi una delle convinzioni più diffuse. Eppure, benché comoda, essa è difficilmente fondabile dal punto di vista logico. Infatti qualunque affermazione per reggersi necessita quantomeno di essere condivisa, richiede dunque l'intersoggettività. Se due concordano sull'idea che la verità è solo soggettiva, questo loro concordare li porta già oltre la pura soggettività.

Lo stesso linguaggio, a ben vedere, si regge sull'idea di vero e di falso oggettivi. Se qualcuno afferma che questa affermazione non è vera, presume comunque che noi abbiamo in comune l'idea del vero e del falso. Sempre di nuovo riflettere sulla sentenza: "Epimenide il Cretese dice che tutti i Cretesi sono bugiardi".

 

Dei giardini ho sempre sentito la malinconia della chiusura. Il giardino, per quanto grande, è un luogo chiuso, col quale l'amante degli spazi aperti avrà sempre un rapporto tormentato.

 

Non amo l'istituto della grazia. Mi pare un residuo arcaico, pre-democratico. Una prerogativa del sovrano rimasta, chissà perché, al Presidente (quasi che il potere avesse ancora bisogno di un'aura sacra: ma lo ha, certamente). In un Paese realmente democratico sovrana può essere solo la legge, uguale per tutti. Per un assassino comune ravvedutosi in carcere come per un uomo famoso, amico di molti potenti e amato dai mass-media.

 

Moltissimi romanzi oggi sono scritti in prima persona, hanno cioè un io narrante, come tanti loro predecessori dell’ultimo secolo, il secolo del caos: tanto meno certa appare la verità sopraindividuale, tanto più forte risuona, spesso confusa e confondente, la voce dell’io.

 

Il Grande Giocatore ci muove come pedine sulla sua scacchiera. A volte immagina mosse che poi non realizza. L'ho saputo nel 1981, in una piccola stazione di campagna, incontrando lo sguardo di una ragazza sconosciuta al finestrino di un treno che la portava via.

 

Una prateria alpina. Un ruscello. E nel ruscello due salmerini di fonte che nuotano nella corrente baciati dal sole. Non conosco molti spettacoli più belli di questo. E tuttavia nello stesso istante penso alle loro carni deliziose accompagnate da traminer aromatico. Non è semplice l'anima dell'uomo. Pure, una mensa imbandita può appartenere, a suo modo, al regno della bellezza.

 

Prima o poi nella loro vita tutti incontrano il vuoto. Ma incontrarlo non vuol dire farne veramente l'esperienza, conoscerlo fino in fondo. Una delle sue forme è il vano amore. Uscirne è la resurrezione dell'anima.

 

Stamattina, mentre sorvegliavo gli studenti nel giardino della scuola, ecco arrivare a volo radente sull'acqua del canale una piccola anatra. Si posa sulla superficie del canale, che scorre lungo le mura di Treviso, e comincia a nuotare. Ogni tanto si tuffa sott'acqua. Riesco ad avvicinarmi a pochi metri. È una simpaticissima moretta tabaccata. Non ne avevo vista nessuna così da vicino. Mi ha dato gioia per tutta la giornata.

 

Uno dei primi uccellini che ho imparato a riconoscere da bambino è la cincia mora. Ne ho incontrate sempre. Qualcuna visita anche ora il mio giardino.

 

Ho un figlio di 8 anni autistico. Non parla, non gioca, non è in grado di relazionarsi agli altri. Comunicare con lui è difficilissimo. E quanto più studio il suo problema e imparo da libri e persone, tanto più mi appare meraviglioso e stupefacente il funzionamento della mente umana normale.

 

Del divenire di tutte le cose si può avere una consapevolezza dolorosa: tale è sempre stata la mia. La felicità non è nel tempo ma nella fuoriuscita da esso, sperimentabile anche in esperienze minime, come nella semplice contemplazione di un insetto, o di una goccia di rugiada tra le venature di una foglia.

 

Quante cetonie dorate vedevo da bambino a maggio! Meravigliosi coleotteri, attratti dal glicine che prorompeva da un giardino vicino a casa mia, a Venezia. Da anni non ne vedo più una. Scomparse, come altre creature che riempivano le mie giornate di un tempo lontano.

 

Qualsiasi gruppo umano è costituito da un Centro e da una Periferia. Al Centro stanno quelli che contano, perché il Centro è sempre sacro, alla periferia tutti gli altri, la maggioranza. Nella nostra società al Centro stanno quelli che sono visti da tutti, alla periferia quelli che non sono visti e conosciuti da tutti. Napolitano è visto da tutti, io solo da poche persone. Napolitano occupa il Centro, io sono alla periferia. Nella nostra società il Centro è mediato dalla Televisione. Tutti aspirano al Centro, ad essere visibili a tutti. Questo spiega l'importanza e la potenza della Televisione. E quelli che non hanno accesso al Centro, si affannano a diventare un centrino, magari facendosi un blog.

 

Ci fu un tempo in cui il mondo mi appariva come un succedersi di simulacri, di ingannevoli apparenze, e di dilettosi inganni che seducevano l'anima per poi dileguare.

 

L’amore è questione che concerne l’anima, argomenta il saggio Ibn Hazm nel suo testo fondamentale per l’erotologia occidentale, Il collare della colomba.  E continua scrivendo che talvolta “l’amore può sorgere per una data causa, e venir meno col venir meno di essa, di modo che chi ti ama per una data cosa ti volta le spalle quando quella finisce”. Poiché “Quando troviamo una cosa che è causa di sé medesima, ecco una cosa che non muore mai. Ma se la troviamo dovuta a un’altra cosa diversa da lei, ove ci venga a mancare ciò per cui quella nacque, anche quella vien meno”.

 

Poltrone di destra o poltrone di sinistra? Personalmente, non so se io sono di destra o di sinistra. Pare che in questo Paese saperlo sia importante. Forse sono di destra per alcuni aspetti e di sinistra per altri. Pare che in questo Paese sia molto importante il senso dell'appartenenza ad una Tribù, che ti porta ad identificarti con essa e a difenderla qualunque cosa faccia. Non fa per me. Io certamente sento molto la responsabilità del singolo nei confronti della collettività, un tipo di responsabilità che da noi non è molto diffusa, né a destra né a sinistra. E come non ho amato molto il governo Berlusconi, così, per altri motivi, non sto amando molto il governo Prodi. A cominciare dalle 102 poltrone.

 

Uno dei primi pesci che da bambino ho visto vivi nel loro ambiente naturale è stato il piccolissimo, coraggiosissimo e simpaticissimo spinarello. Non ne vedo da molti anni, sebbene Treviso sia ricca di acque che durante le mie passeggiate scruto con eterna curiosità. Temo che abbiano fatto la fine delle farfalle, delle lucciole e dei gamberi di fiume, travolti dai mutamenti ambientali che dagli anni Sessanta in poi sono stati tremendi.

 

C'è una musica seducente nella percezione del tempo che fugge.

 

Un referendum che riguarda 50 (cinquanta!) articoli di una costituzione è una follia. Sono 50 articoli diversi. La gente non ne sa nulla, e voterà per fede politica o ideologia, se voterà. Ma una follia più grande è nel fatto che uno dei padri dei 50 articoli è l'uomo che sto vedendo nella foto sul giornale, che quand'era ministro dell'Istruzione mostrò a tutti che non sapeva usare i congiuntivi.

 

Tra bellezza e violenza c'è una connessione originaria.

E io dai miei libri, ogni tanto, sento il richiamo di trombe di guerra lontane...

 

La superficie scintillante assolata desidero ora più di ogni cosa,

e il veloce balenare di aguglie frecce d'argento del mare.

 

Il modello dell'amore occidentale si forma col mito di Tristano e Isotta, e con quello parallelo di Lancillotto e Ginevra. Si tratta sempre di amore per la donna di un altro.  Esso non  può coesistere col matrimonio, è amore adulterino. Poiché tutto parte dall'identificazione di amore e desiderio. E non si può desiderare se non ciò che non si ha. Se i due si sposano, si hanno e non si desiderano più: la storia d'amore finisce. È un fondamento di tutta la cultura occidentale.

 

Nelle mie vene scorre sangue ladino. Forse per questo avverto in me una grande nostalgia del Regno dei Fanes. E tra tutti i Monti Pallidi quello che più amo è il Pelmo. Tra le sue rocce ho visto un tempo la mia prima aquila.

 

Una delle cose più tristi per me è lo sterminio delle farfalle, che è avvenuto negli anni Settanta con la diffusione senza freno dei pesticidi in agricoltura, e che rende le nostre campagne così povere. Mi capita raramente di incontrare una umile cavolaia, ma da molti anni non vedo uno splendente macaone, la più bella delle farfalle italiane insieme alla vanessa e all'antiope, visione così facile  negli anni della mia fanciullezza.

 

I pesticidi chimici hanno sterminato le lucciole. Le fonti di luce intellettuale nel mondo oggi sono piccole piccole.

 

Un umano non ha il diritto di sentirsi un agnellino innocente. Deve guardare in fondo agli occhi di un lupo e vedere se stesso.

L'ululato suscita ricordi ancestrali, ridesta pulsioni sopite...  Gli umani molto appresero dai lupi.

 

Non si può andare a caccia se il proprio cuore non è un guardian heart. La caccia fisica non è che la figura della caccia metafisica. Chi ha orecchie per intendere, intenda.

 

Le vite basse che costringono a esibire ombelico e reni sono oggetto di interminabili discussioni tra i genitori e gli insegnanti. Discussioni del tutto inutili. La moda non è un fatto razionale, ma mimetico, e come tale contrastabile solo da altri fatti mimetici, cioè da altre mode. La moda è poi anche quasi sempre sacrificale, costringe al sacrificio, o meglio fa dei suoi soggetti delle vittime sacrificali (che gioiosamente accettano). Essa è uno strumento di competizione, di rivalità e nello stesso tempo di identificazione. Personalmente, trovo orripilanti e per nulla seducenti sia le vite basse che i tacchi alti. Mi sembrano corrispondere a basse vite.

 

Stupisce lo stupore che si rinnova per la corruzione diffusa in Italia. Da noi non esiste una vera società civile. Come scriveva Leopardi nel Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl'Italiani (1824):

Il vincolo e il freno delle leggi e della forza pubblica, che sembra ora essere l’unico che rimanga alla società, è cosa da gran tempo riconosciuta per insufficientissima a ritenere dal male e molto più a stimolare al bene. Tutti sanno con Orazio, che le leggi senza i costumi non bastano, e da altra parte che i costumi dipendono e sono determinati e fondati principalmente e garantiti dalle opinioni. In questa universale dissoluzione dei principii sociali, in questo caos che veramente spaventa il cuor di un filosofo, e lo pone in gran forse circa il futuro destino delle società civili e in grande incertezza del come elle possano durare a sussistere in avvenire, le altre nazioni civili, cioè principalmente la Francia, l’Inghilterra e la Germania, hanno un principio conservatore della morale e quindi della società, che benché paia minimo, e quasi vile rispetto ai grandi principii morali e d’illusione che si sono perduti, pure è d’un grandissimo effetto. Questo principio è la società stessa.

 

Da quanto tempo non mi capita di prendere in mano un'aromia moschata, e sentirne il profumo...  Era uno dei coleotteri più comuni al tempo in cui li ricercavo, da bambino.

 

Gli umani sono l'unica specie per cui il pericolo maggiore non è rappresentato dalla natura esterna, ma dalla specie stessa.

 

Gli Italiani amano cullarsi nella falsa idea della propria bontà, che li renderebbe più umani degli altri popoli, e amati da tutti. Ma basterebbe pensare alla conquista militare dell'Etiopia in modo serio, e questa falsa idea, un vero e proprio mito, si sgonfierebbe. Siamo come gli altri. Nessun popolo è immune dalla violenza. Nemmeno noi. I soldati italiani (non caviamocela col dire che erano "soldati fascisti") il 20 maggio del 1937 nel monastero cristiano copto di Debrà Libanòs, trucidarono tutti quelli che trovarono in quel santo luogo, uomini donne e bambini in numero di oltre 2500. L'Italia democratica non ha mai chiesto scusa di questo crimine.

Ogni popolo, del resto, cerca di dimenticare il proprio passato sanguinoso e colpevole, scaricando tutto il peso della memoria del male sugli altri.

 

Forse la prostituzione non è solo umana, ma affonda le sue radici nel mondo animale. Qualche anno fa alcuni primatologi hanno fatto un’interessante scoperta. Gli scimpanzé vanno a caccia (i maschi soltanto - e per il fabbisogno proteico non avrebbero necessità di carne, ma il suo sapore piace molto a loro e anche alle femmine), e quando hanno catturato una preda - di solito una scimmietta - i maschi talvolta cedono pezzi di carne a qualche femmina in cambio di una prestazione sessuale. Un seme di prostituzione?

 

Osservando i miei studenti impegnati nelle prove di maturità (ma quale?), penso che l’Italia non possa dirsi fondata “sul lavoro”, in cui credono in pochi, poiché tutti gli Italiani nutrono in sé un’indefettibile, immarcescibile e invincibile fede in tre F: Fortuna, Furbizia (la propria), e Fesseria (degli altri).

 

In questi anni ho combattuto le mie battaglie per difendere la scuola italiana, e il mio liceo in particolare. Sono state tutte perdute. Ma forse al perdente è riservata una possibilità negata ai vincenti: una visione della realtà vera e amara.

 

Nulla è desiderabile di per se stesso. Naturali sono solo gli appetiti. Ma quel che sia bello e desiderabile ci viene insegnato. Dal desiderio degli altri apprendiamo il nostro. Anche il baciare sulla bocca l’essere amato non è un gesto naturale. Deve essere appreso attraverso le immagini di altri che si baciano.

 

Non dimenticherò mai l’estate del 1980, il campanile di Danta, nel verde Comelico, e la malinconia dei Brentoni al tramonto. Ogni montagna ha il suo tramonto, e anche ogni essere umano.

 

Nei miei anni giovanili ho visto cose che pochi altri umani hanno visto. Nel mondo piccolo. Come i carabi splendenti che uscivano di sotto le pietre, nel Parco dei Sogni a Lorenzago, nel 1960.

 

Ci fu il tempo delle illusioni. Un tempo breve. Sorse, come un sole freddo, la consapevolezza. Saturno, il mio astro, indicò la strada. L’ho seguita secondo quello che era scritto.

 

Sono tornato sui luoghi della mia prima infanzia. Campo S. Giacomo dall’Orio, a Venezia. Mi sono seduto su di una vecchia panchina. Le panchine hanno strani poteri: si impregnano dei pensieri dei vecchi pensionati, e te li trasmettono. Così, là seduto senti il fruscio dei giorni che passano, dileguandosi.

 

In questo pomeriggio, oppresso dal caldo, mi rinfresca il fiume di ricordi delle mie montagne. Per prime mi vengono in mente le selve del Lagorai in novembre. Là dove ho visto un tempo per la prima volta l’orma di un grande cervo.

 

Nelle vicinanze di casa mia vivono canore raganelle e rane esculente. Le acque sono pure e non vi sono piogge acide, evidentemente. Ho sempre amato le rane verdi (una volta le ho anche mangiate in una trattoria: buone fritte). Mi piace osservarle tra ninfee ed erba anatrina.

 

Non mi unirò al compianto per l’orso ucciso, che i media umanizzandolo hanno chiamato Bruno. Non sono tra coloro che soffrono di più per quella morte che per l’uccisione di un ragazzo di 15 anni da parte di un pesce. Viviamo in una cultura vittimaria, dove tutti oscillano tra la propria violenza (che negano o giustificano) e quella che rinfacciano agli altri (che ovviamente non giustificano). E dove tutti scelgono delle vittime con cui identificarsi, per poter accusare e maledire coloro che le rendono vittime. Io tendo a vedere le cose dal punto di vista delle pecore che Bruno ha massacrato.

 

Sensazione di non essere libero, di essere imprigionato… Il mondo scorre, la tua vita è stata giocata da qualcuno. Invochi e nessuno risponde. Forse, alla fine, comprendi…

 

Tra i miei primi ricordi ben definiti (avevo 5 anni nel 1956), alcuni soldatini della guerra civile americana. Durante le vacanze in Cadore, smarrii tra l’erba un ufficiale di cavalleria nordista su un cavallo bianco. Appresi allora, per la prima volta, il dolore della perdita per sempre. Appresi anche, in forma infantile ma duratura, il potere salvifico della memoria per sempre.

 

Ognuno dovrebbe avere il suo albero. Il mio è l’olmo. E per mia fortuna ne ho uno nel mio giardino, sotto la cui foltissima chioma mi riempio di calma forza vegetale. Lo chiamo Sherlock, Sherlock Olmo. Il suo tronco è ben poco liscio. Simile a certe persone ruvide e valorose.

 

Mi pare di ricordare che il primo pesce che ho pescato da bambino, da una dighetta del Lido di Venezia, fosse una bavosa (pesce che i Veneziani chiamano gatta). Un pesce il cui nome dice quanto sia spiacevole prenderlo in mano. Pure, molte se ne vedevano nuotare tra gli scogli, e abboccavano con tale voracità da costituire la preda principale delle partite di pesca infantili. Le madri solitamente non gradivano, invitavano a rimettere in acqua i poveri pescetti non commestibili. E loro talvolta mangiavano, vivi, dopo averli cosparsi di succo di limone che li faceva muovere come grandi vermi bianchi, i cannolicchi (in veneziano cape longhe o cape da deo) che i bagnini ogni tanto offrivano, portandoli in secchi di alluminio.

 

Fin da piccolissimo ho avvertito, all’inizio in forma incerta e nebulosa, che ogni cosa tende a mutare, e anche ogni persona è instabile e fluida. Forse l’ho intuito la prima volta che ho visto la mamma tornare dal parrucchiere coi capelli acconciati in un modo per me strano (sarà stato nel 1956). Più tardi, dopo aver sperimentato in più modi lo svanire delle cose più belle, il loro trasformarsi in altro, compresi che noi siamo ornamenti del nulla. E che senza il ricordo non ci sarebbe bellezza alcuna.

 

La nostra visione del mondo si forma quando siamo bambini. Così, è importante, da grandi, riuscire a far rivivere nella propria mente le esperienze fondamentali dei primi anni. La mia visione del mondo si è formata in stretto rapporto con gli animali. Per lo più durante le vacanze: giugno al Lido di Venezia, luglio e agosto in montagna, settembre in campagna, a Zero Branco. A Venezia gli incontri con animali erano rari e preziosi. Una volta (sarà stato il 1958), il circo Krone venne a Venezia, e si installò in Campo San Polo. Passarono sotto casa mia, sul ponticello, cammelli ed elefanti. Che meraviglia! E la gente mormorava che quelli del circo andavano di notte per le calli e i campielli a caccia di gatti, da usare come cibo per i leoni e le tigri.

 

Lo schierarsi in politica - anche sulla pace e sulla guerra - non dipende dall’intelligenza e dal grado di cultura delle persone. Invece, si tende a pensare istintivamente che una persona colta e intelligente non possa “prendere quelle posizioni”, “votare per

quella gente là”. Ma come fa uno a votare per Berlusconi? Ma come si fa a votare per Prodi?
Tempo fa, ho sentito il Presidente del Brasile, Lula, dichiarare di essere stato convinto che la gente alfabetizzata non avrebbe mai votato per la destra, e di essere quindi poi rimasto sorpreso per la vittoria della stessa in Italia. Santo cielo! Pensare che se uno è intelligente e alfabetizzato debba essere per forza di sinistra, se quell’uno non è disonesto!
Da bambino, tra gli anni Cinquanta e Sessanta, mi resi conto che si poteva essere intelligenti e colti e comunisti (cioè post-stalinisti) così come democristiani e filoamericani. Per la verità, gli intelligenti e i colti tendevano più dalla parte di Kruscev che di Kennedy, in Italia. Ma tant’è. Siamo un Paese facile alle illusioni. Compresi che la cultura è una cosa, le scelte politiche un’altra. Compresi anche che è quasi impossibile che due parlino di politica, avendo posizioni diverse, senza scaldarsi e tendere a perdere il controllo. Anche se sono persone colte e civili. Il perché, tuttavia, l’ho capito da poco; il dio della politica è sempre Marte.

 

La mia educazione agli odori della natura è iniziata prestissimo. Nel 1957 era già in corso, quando, in un boschetto della Valsugana, vidi e presi in mano per la prima volta dei funghi. Erano finferli, giallo oro tra il verde, e quel meraviglioso miscuglio del loro profumo dolce-acidulo con quello del muschio, sotto i rami d’acacia, ha sempre un posto nella mia mente.

 

Un animaletto che mi colpì molto, nella vacanza del 1957, fu la limaccia. Una lumaca senza guscio che appare particolarmente indifesa. Soprattutto la varietà grigia screziata mi affascinava. Il mio fratellino, più birichino di me e meno interessato alla natura, gettava le limacce in mezzo alla strada asfaltata, e aspettava il passaggio di un’auto…

 

Da piccolo ero già un filosofo naturale. Ho sviluppato la capacità di attenzione fin dai miei primi anni. Per ore potevo contemplare un insetto come una piccola coccinella gialla.

L’attenzione è oggi una capacità che il Sistema cerca in ogni modo di scoraggiare. Ma io non appartengo a questo tempo. Ci abito soltanto.

 

Nelle mie notti ho sognato molti sogni. Come tutti. La maggior parte è svanita nell’alba. Alcuni erano più reali della realtà, e sono rimasti nella memoria, splendenti più del cielo, pegni di un mondo che non è questo mondo.

 

Una vecchia foto in bianco e nero. Luglio 1976. Trent’anni fa. E sembra adesso. Una capanna isolata sulle montagne del Trentino, e abbandonata. Una notte trascorsa con tre amici. Venticinque anni di età e molte cime da contemplare. Mi è capitato spesso di guardare lontano, verso orizzonti remoti. Le cime delle montagne sono luoghi teologici, quando vi è solitudine, e si sentono solo le voci della natura e quelle che salgono dal tuo profondo. Se si è in compagnia di amici eletti, quelli sono i luoghi della comunione. Quella volta, nel 1976, ho guardato lontano, troppo lontano.

 

C’è specchio e specchio. C’è lo specchio in cui si guarda la propria immagine invece di guardare il mondo, emblema della conoscenza sterile e autofaga. C’è lo specchio in cui vediamo noi stessi quali siamo, in cui qualcosa scruta l’anima e ci interroga: “Sei così tu davvero?”. E c’è lo specchio in cui l’universo si vuole rispecchiare e che ci chiede di offrirgli in dono.

Ho passato i mesi di luglio e agosto degli anni 1957, 1958 e 1959 a Roncegno, in Valsugana. Mesi fondamentali per la mia formazione. Ho imparato là, in quel tempo, ad amare i prati, i boschi, la vita degli animali e la vista delle montagne lontane, inattingibili e misteriose. Mi immaginavo, tra le loro pendici, valli remote e regni perduti. Come quelli che, in fondo all’anima, ricerco ancora.

 

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