DUE LIBRI, UNA PAGINA (11)

Letture di Fabio Brotto

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C'è in Pensare per figure di Franco Rella (Edizioni Pendragon, Bologna 1999) un passo in cui mi sembra sfiorato un concetto base della Generative Anthropology. L'autore sta parlando di Freud.

Certo, l' "assassino" cerca di nascondere le tracce del suo delitto, o di seminare falsi indizi, o addirittura di togliere di mezzo l'investigatore. Ma le tracce di ciò che è stato storicamente represso affiorano continuamente, con tutta la loro forza e violenza. " Soltanto che non è facile riconoscerle", soltanto è necessario un lavoro critico per ricostruire la loro realtà materiale e, al contempo, il processo di repressione-distorsione cui esse sono state sottoposte. In questo Freud è senz'altro vicino alla " coscienza tragica" dei grandi romanzieri della crisi del Novecento. Si pensi a un vero e proprio romanzo di ricerca, un Untersuchungroman, come Il castello di Kafka, o Il processo in cui l'inchiesta finisce per colpevolizzare la vittima, nel confondere vittima e carnefici in un unico "spettacolo".

È così che Freud porta il suo attacco, anche se cauto e silenzioso, al cuore stesso della Kultur, nel cuore del meccanismo di rappresentazione: e cioè nel dominio ideologico sulla realtà, quel dominio che Hegel aveva definito " la divina potenza dell'intelletto", che è il linguaggio in quanto Aufhebung: il reale deve essere tolto per essere dominato. (p.43)

Il romanzo di Naghib Mahfuz il palazzo del desiderio ( Qasr al-Shawq, 1957, tradotto in italiano da B. Pirone e pubblicato da Tullio Pironti Editore, Napoli 1991) fa parte di una trilogia che presenta molti elementi di interesse. Uno è costituito dal personaggio del pater familias, il sayyed Ahmad, dipotico e amoroso insieme, incontinente erotomane e religioso, ripieno di senso dell'onore e infaticabile gozzovigliatore notturno. Molto simpatico. IL figlio Kamal, un giovane idealista, vuole iscriversi alla facoltà di magistero, il cui unico sbocco è l'insegnamento. Il sayyed Ahmad cerca di dissuaderlo con ogni argomento, e tra l'altro dice:

" È come ti dico io, ed è per questo che essa attira solo raramente alcuni figli di famiglie rispettabili. E poi, il mestiere di professore... Hai qualche idea del mestiere di professore, o quello che ne sai non va al di là di quello che mostri di sapere della scuola magistrale? È un mestiere misero che non gode il rispetto di nessuno. So fin troppo bene quello che si dice di queste cose. Tu, invece, sei uno sbarbatello, che non sa niente della vita. È un mestiere nel quale l'afandi si confonde con lo studente comune, un mestiere privo di ogni senso di grandezza e di gloria. Ho conosciuto notabili e funzionari rispettabili che hanno rifiutato, categoricamente, di maritare le figlie a un professore, per quanto grande ne fosse la posizione ".

Poi, dopo aver ruttato e sospirato a lungo:

" Fuād, il figlio di Gamīl el-Hamzāwī, quello al quale regalavi i tuoi vestiti lisi, si iscriverą alla Facoltà di Diritto. È un ragazzo intelligente, brillante, ma certamente non vanta una intelligenza superiore alla tua. Ho promesso a suo padre che lo aiuterò a fare fronte alle spese scolastiche, di modo che non abbia a sborsare nulla di tasca propria. Perché allora sostenere delle spese per i figli degli altri in scuole che si rispettino, mentre il mio proprio figlio deve imparare gratuitamente in una scuola da due soldi?! ".

Questo duro apprezzamento sul "professore e la sua missione" s'abbatté come un colpo a ciel sereno infastidendo molto Kamal.

Il mestiere di insegnante non è stato stimato mai e in nessun luogo, e mai lo sarà.

[9 gennaio 2002]