DUE LIBRI, UNA PAGINA (77)

Letture di Fabio Brotto

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Tutti quanti abbiamo un grosso potenziale impossibile da realizzare entro i confini necessari a tessere il tutto. Lavoro e matrimonio sono le nostre massime prigioni. Quando le chiedeva cosa non andava, e come faceva lui a capire se lei non gliene parlava, gli ribatteva che se solo le avesse dedicato un attimo di attenzione avrebbe capito da solo. Qualunque intimità, si sa, è un potenziale inferno. Alistair definiva il sesso con la moglie “scopata d’obbligo”. (pp. 16 - 17)

 

Questo è un passo di Adulterio & altri diversivi, (Adultery & Other Diversions, 1998, trad. it. di G. Granato, Adelphi, Milano 2000), di Tim Parks, scrittore intelligente e moralista nel senso autentico di indagatore dei costumi e degli atteggiamenti umani (e italiani). In realtà, il libro parla poco, e solo all’inizio, di adulterio, ma tocca molti temi, tra cui quello della traduzione da un’altra lingua, su cui Parks, che ha tradotto in inglese Calasso, scrive pagine deliziose. Nel testo, le note di vita quotidiana dell’autore (relazioni con i figli, passeggiate, episodi di vita universitaria) si intrecciano con riflessioni, considerazioni, spunti di pensiero. Dove appare la non-consistenza della cultura in cui viviamo immersi.

 

La nostra cultura ha un’avversione implacabile per la vecchiaia, che va molto al di là della sua bruttezza e dei suoi acciacchi, al di là del puro e semplice egoismo di chi non ha tempo per genitori al tramonto, al di là della comprensibile vanità decisa a contrastare la caduta dei capelli o a tirare su un seno cascante, al di là perfino della paura della morte. La gente, che sembra accettare l’idea di morire, non vuole saperne di invecchiare. Eppure il processo è ben avviato. Già bisogna stare attenti a quello che si mangia. Già ami le donne giovani senza innamorarti di nessuna in particolare. D’un tratto, l’appetito non è più parte integrante di me, oppure sì, ma è anche un potenziale nemico. Si sta verificando una scissione. Devo decidere da che parte stare? Che condotta seguire d’ora in avanti? Tuffarsi negli appetiti o rinunciare? Stabilirsi in “questo paese” o preparare la valigia nell’eventualità di una partenza? E per dove? Solcare i mari con Yeats e raggiungere “la città santa di Bisanzio”? Città d’arte e d’intelletto. D’oro battuto e d’oro a smalto. Che razza di viaggio sarebbe? Mantieniti giovane, non fa che ribadire la mia cultura. Guardati intorno. (pp. 96 – 97)

 

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La Canonica di Framley (Framley Parsonage, 1860, trad. it. di R. Cazzullo, Sellerio, Palermo 2006). Trovo che vi sia qualcosa di manzoniano nella scrittura di Trollope. Il sorriso lievemente ironico di chi conosce il mondo, e non è preda del risentimento (come sono molti narratori e poeti, ma non i grandi), e per questo può guardare con benevolenza agli umani, e alle loro colpe e debolezze.

Ma perché leggere un autore così lontano da noi per visione del mondo e tecnica di scrittura? Forse perché abbiamo nostalgia di un mondo perduto di sicurezze e ruoli definiti come quello vittoriano (che però covava una profonda inquietudine…). O forse perché v’è qualcosa di eterno nei cuori umani, e ogni grande scrittore sa portarlo alla luce.

Ci sono due coppie che dopo lunghe peripezie si sposano. La prima è formata da Lord Dumbello e dalla bellissima ma scipita Griselda. E questa è la morale della loro favola.

 

Poi, quando a Londra si aprì la stagione, tutti gli uomini cantarono a gola spiegata le sue lodi e Lord Dumbello si re­se conto di venir considerato uno degli uomini più saggi del tempo. Aveva sposato una donna che organizzava tutto per lui, non lo disturbava mai, non era detestata dalle altre don­ne e suscitava l’ammirazione di tutti gli uomini. Quanto al­la festa della ragione e all’incontro delle anime,  non è for­se il caso di chiedersi se tali incontri e feste siano davvero necessari tra marito e moglie? Quanti uomini possono af­fermare sinceramente di godere dell’unione coniugale delle anime o sostenere che le feste della ragione in seno al ma­trimonio siano di natura piacevole? Ma una bella donna se­duta a capo tavola, che sappia vestire, sedere e salire e scendere dalla carrozza – che non faccia sfigurare il marito con la propria ignoranza, non lo inquieti con la civetteria, non lo umilii con il talento – ah, che splendida cosa è! Per quello che mi riguarda, credo che Griselda Grantly fosse nata per diventare la moglie di un grande pari inglese. (pp. 661 - 662)

 

La seconda coppia è formata da Lord Lufton e dalla poco appariscente ma molto spiritosa e intelligente Lucy. E questa è la morale della loro favola.

 

Non prima di ottobre Lord Lufton realizzò il suo desiderio, ammesso che il godimento della felicità fosse una gioia più grande dell’attesa. Non voglio dire che la felicità del matrimonio sia come il frutto del mar morto – una mela che in bocca si tramuta in cenere amara. Tale finto sarcasmo suonerebbe assai falso. Ma non è forse vero che il boccone più grande della festa dell’amore è stato mangiato, che la sfumatura più fresca e bella del fiore è stata colta ed è sparita, quando la cerimonia si è compiuta ed è stato accordato il possesso legale? Nell’amore c’è un profumo, un’indefinibile delicatezza nel sa­pore che si dissolvono prima di lasciare la chiesa, che svani­scono con il nome di fanciulla, incompatibili con la solida si­curezza del rango di moglie. Amare la propria sposa ed esserne amati è il destino comune dell’uomo ed è un dovere a cui adem­piere sotto pena di sanzioni. Ma poter amare la gioventù e la bellezza che non ci appartengono - sapere di essere amati da una tenera creatura che ancora teme l’occhio del mondo co­me se il suo amore quasi fosse illecito - è mai possibile che un uomo sia felice quando un tale stato di attesa giunge al ter­mine? No; quando il marito lascia l’altare, ha già gustato i boc­concini più prelibati del banchetto. Sono in serbo per lui i ci­bi prosaici della vita coniugale: il manzo e lo sformato - o ma­gari solo pane e formaggio. Faccia attenzione che a rimanere non sia solo una crosta... o forse neanche quella. (pp. 63 - 64)

 

7 novembre 2006

 

DUE LIBRI, UNA PAGINA

 

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