DUE LIBRI, UNA PAGINA (37)

Letture di Fabio Brotto

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Il libro di Armando Torno, La moralità della violenza (sottotitolo: Considerazioni sul male della storia, Mondadori, Milano 2003) mi ha attratto per il suo titolo, mi aspettavo qualcosa di succoso, del genere che ho gustato in Dag Tessore (http://www.bibliosofia.net/files/DUE_LIBRI_28.htm) . L'ho letto tutto durante un viaggio in treno Treviso-Milano, il che indica che trattasi di una lettura veloce. In realtà, la velocità della lettura non è dovuta tanto al fatto che sono undici capitoli per un totale di 116 pagine senza note (alla fine c'è un itinerario bibliografico), ma alla leggerezza dei vari capitoli (nel senso della poca sostanza che vi è contenuta). Il Torno salta di palo in frasca muovendosi tra migliaia di anni di storia, culture diversissime, tradizioni religiose, testi sacri e non sacri: finisce in un massacro. Un testo di queste dimensioni che affronti un tema così ponderoso qual è quello della violenza umana sarebbe giustificato solo dalla presenza di una grande idea. Ma questa non c'è. Gli autori che Torno cita e su cui si sofferma sono trattati sbrigativamente, manca un'idea centrale che regga il tutto. Alla fine della lettura ci si chiede cosa abbia voluto dirci l'autore: la risposta è che ha voluto spiegarci come violenza e umanità siano inscindibili, come l'umano non possa radicalmente separarsi dalla violenza che è in lui, come ogni etica debba in qualche modo strutturare la violenza. Grazie, non lo sapevamo. Adesso che il Torno ci ha illuminati, tutto ci si prospetta diverso. Libro inutile dunque, certo, come tanti. Forse utile a qualche lettore che non abbia mai sentito parlare di queste questioni, ce ne saranno sicuramente. Amara considerazione: libri come questo sono pubblicati da un grandissimo editore, libri di grandissimo spessore e scritti infinitamente meglio come Fra Dioniso e Cristo di Giuseppe Fornari (http://www.bibliosofia.net/files/DUE_LIBRI_10.htm) si debbono accontentare di un editore semisconosciuto. Do qui un saggio della prosa di Torno e del suo modo di procedere.

Nel nostro itinerario ci siamo soffermati brevemente sul mondo ebraico, cristiano, islamico e pagano con lo scopo di ricordare che la violenza è nelle nostre credenze religiose, mescolata anche a comportamenti non violenti, al desiderio di pace che resta sempre uno dei più alti dell'uomo. Non possiamo capirla o decifrarla attraverso questa via, né chiarirne tutti gli aspetti con cui ci condiziona. Riportando qualche versetto ho voluto far presente quanto sia complesso il problema e avvertire coloro che, colti da ottimismo, credono che la pace e la non violenza siano in una religione e non in un'altra e che le interpretazioni passate fossero frutto della mala fede. Questa non è una soluzione; assomiglia semmai all'applicazione del principio della mela di Biancaneve - mezza velenosa, mezza sana - alla realtà. La violenza non è di una parte e basta, ma incalza ognuno di noi.

 

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 Colui che dice "io" nel romanzo di Tahar Ben Jelloun Il libro del buio (Cette aveuglante absence de lumière, 2001, trad. italiana Y. Melaouah, Einaudi, Torino 2001) è una finzione dell'autore. Nessuno scrittore, credo, può riuscire ad identificarsi in modo convincente in un'esperienza di totale e prolungata disumanità (la detenzione dei prigionieri politici a Tazmamart in Marocco avviene in condizioni inenarrabili, più atroci di quelle di qualsiasi altro racconto, perfino della Kolyma di Šalamov - diciotto anni in una stretta cella sotterranea nel deserto al buio totale, con le guardie che attendono con ansia la morte dei prigionieri per poter tornare alla vita normale: si può immaginare qualcosa di peggio?) se non l'ha vissuta in prima persona, come Levi, Šalamov, Solženicyn, Herling, ecc. Il libro del buio rappresenta il punto massimo di avvicinamento letterario possibile alla negazione dell'umanità da parte degli umani, ma non investiga i moventi dei negatori, bensì la resistenza dell'anima nella vittima. Il prigioniero sopravvive come umano via negationis, rinunciando a tutto. Anzitutto alla luce che gli è tolta, poi all'odio per i carnefici - veleno che uccide - , infine persino al corpo. Ma non vi è rinuncia alla comunicazione, perché da una cella all'altra, nel buio, i prigionieri si parlano, e riescono in qualche modo a organizzare il tempo, lavorando con la memoria. I carnefici poi, nella loro bestialità, mantengono (a parte il kmandar) qualche elemento di umanità - sono in fondo islamici, non S.S. - come si vede nell'episodio a pag. 53.

Un giorno Fantass scomparve. Per due mesi non udimmo la sua voce roca, né il sibilo dei suoi sputi. Quando tornò, faticammo a riconoscerlo. Aprì ogni cella e chiese scusa. Riuscii a vedergli la faccia grazie alla lampada elettrica che teneva in mano e che dirigeva verso il proprio viso. Piangeva e diceva cose strane:

- Ti chiedo scusa, sono stato malvagio, terribilmente cattivo. Vi sputavo nel mangiare, ci buttavo dentro la sabbia. Vi odiavo perché mi avevano insegnato a odiare. Vi auguravo una morte lenta e dolorosa. Merito l'inferno per tutto il male che vi ho fatto. Dio mi ha punito. Mi ha portato via i miei due figli maggiori, morti sul colpo in un'auto nuova di zecca. Dio ha fatto giustizia. Non ho più niente da fare qui. Morirò anch'io. Per me è finita. Aiutatemi ad andarmene perdonandomi.

Fantass morì di lì a qualche mese, dopo uno sciopero della fame.

Anche un'altra guardia, Hmidouche, era molto cattiva. Zoppicava in seguito a una caduta. Quando vide cos'era successo al suo amico Fantass, ebbe paura e si mise anche lui a chiederci scusa! Le altre guardie non facevano commenti. Riducevano al minimo i rapporti con noi. Avevano paura di M'Fadel, il loro capo.

 

Questa è, a mio giudizio, la prova narrativa più convincente di Ben Jelloun, di cui apprezzo le grandi capacità mimetico-letterarie (Creatura di sabbia, col suo seguito Notte fatale, è un grande libro, e L'albergo dei poveri è un saggio di bravura ai limiti del virtuosismo - un virtuosismo che rappresenta il pericolo fondamentale per scrittori dotati come Ben Jelloun).

27 agosto 2003

DUE LIBRI