DUE LIBRI, UNA PAGINA (3)

Letture di Fabio Brotto

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Un re senza distrazioni (1947 - edito in Italia da Guanda nel 1997, trad. F.Bruno) è il romanzo più inquietante di Jean Giono, l'autore de L'ussaro sul tetto. La vicenda, ambientata in un villaggio montano negli anni '40 dell'Ottocento, è cupa e intricata, e narrata da più voci. Langlois, un poliziotto di provata esperienza, s'incarica di scoprire cosa sta dietro alcune misteriose sparizioni, e la caccia all'assassino innesca un processo che vede tre tappe fondamentali: uccisione del colpevole da parte di Langlois; caccia ad un grosso lupo, anch'esso ucciso da Langlois; attrazione del protagonista nel gorgo della crudeltà, nel senso più letterale: il fascino del cruor, il sangue che spiccia dalle ferite, e macchia il candido manto di neve, onnipresente nel libro. Giono si è ispirato alla sezione dei Pensieri di Pascal intitolata "Miseria e grandezza dell'uomo", in cui vi è un mirabile capitolo dedicato al divertissement. L'assassino del romanzo si rivela un re, in quanto uomo absolutus, chiamato a decidere di sé entro un vuoto metafisico. La noia come condizione esistenziale ha una cura sovrana: la violenza. La distrazione radicale è quella della caccia ad una vittima, della sua elezione gratuita e della sua esecuzione. Per Langlois, infine, uccidere un lupo od un uomo si manifesterà come la stessa cosa, poiché ogni vita, compresa la propria, ha un unico valore: zero. Il detective che scopre il serial killer in M.V. (Monsieur Voisin, ovvero Vicino), e lo elimina, scopre anche la vicinanza di tutti gli umani nella comune tendenza a curare l'assurdità della vita con la medicina del sangue versato.

La vita, la propria, come valore zero è l'esperienza di un personaggio ben diverso da Langlois, il quale dal canto suo ha vissuto e ha visto il mondo. E' una vita allo stato iniziale, larvale, quella asfissiata di Adrienne Mesurat, la protagonista dell'omonimo romanzo di Jiulien Green (1927 - ho letto la traduzione di A. Tofanelli, Corbaccio 1998), che non riesce a vivere una vita pienamente umana, cioè fondata su relazioni significative, su una reale comunicazione con altri esseri umani. Ennesimo romanzo di formazione fallita, in cui la frequentemente denunciata oppressione genitoriale non è quella solita di un padre sul figlio maschio, ma di un padre sulle due figlie. La maggiore è tisica, la minore, l'adolescente Adrienne, ha un pessimo non-rapporto anche con lei. La solitudine domina i tre personaggi che compongono la famiglia, in cui il vedovo abitudinario e compiaciuto della propria vita, Mesurat, impone un regime claustrale. Nessun altrove però, per Adrienne, nessun mondo di sogni e di evasione. Ella è un cuore arido, per cui è difficile provare pietà. Il suo graduale annientamento psicologico dipende anche dalle sue scelte, determinate da un vuoto interiore così assoluto che è difficile potervi accostare qualche altro personaggio femminile (che sia giovane e bello come lei) della letteratura occidentale. Un giorno il padre muore cadendo dalle scale. Adrienne non è senza colpa per questa morte. Ma non è questa la sua colpa originale. "Allevata da un padre che non viveva che per le proprie comodità, da una sorella che non pensava che alla propria malattia, s'era indurita assai presto" assumendo a sedici anni quella che sarebbe rimasta come la sua forma permanente. "Senza amiche, senza desiderio apparente di legarsi a qualcuno. […] Niente faceva presa su di lei, nulla temeva e nulla la interessava. La noia e una sorta di rassegnazione scontenta erano le sole cose che si leggevano nei suoi lineamenti". Priva anche di fede religiosa, Adrienne assomiglia ad una "monaca senza fede". E' una vita asfissiata. E' un romanzo asfissiante, al cui confronto Gli indifferenti di Moravia appaiono un divertente racconto di avventure. Tuttavia è un romanzo da leggere, che pone infine la seguente domanda: è forse la narrativa un succedaneo di processi vittimari reali? Se è così, esiste una tendenza degli scrittori a prediligere vittime giovani, e spesso giovani donne? E' lo scrittore un sacer-dote come aveva intuito Novalis, ovvero un operatore di sacrifici umani?

5 settembre 2001