DUE LIBRI, UNA PAGINA (110)

Letture di Fabio Brotto

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Bellissima edizione delle memorie di Giorgio Sfranze, col testo greco a fronte, splendidamente curata da Riccardo Maisano, questo Paleologo. Grandezza e caduta di Bisanzio, Sellerio 2008. Giorgio Sfranze ha vissuto al servizio della casata imperiale dei Paleologo gli ultimi anni di Bisanzio, in posizione di grande responsabilità diplomatica. Questo suo diario, questo commentario asciutto e tragico, si legge con un senso di stupefazione e di angoscia, come sempre quando si entra in contatto ravvicinato con uno spirito consapevole, e travolto dai tempi e dalla tragedia della storia. Sfranze, che ebbe una vita ricca di imprese e di sventure, tra le quali quella di un figlio quattordicenne fatto prigioniero e ucciso dal sultano di sua propria mano, finì i suoi giorni poveramente in un monastero, dopo aver bevuto fino all’ultima goccia l’amaro calice.

Impossibile resistere (almeno per me) ad un incipit di questo genere:

Questo racconto delle mie sventure e di alcuni eventi accaduti durante la mia vita infelice è stato scritto da me, il misero Giorgio Sfranze, un tempo protovestiarita e ora monaco indegno col nome di Gregorio.
Meglio sarebbe per me se non fossi nato, o se fossi morto bambino! Ma poiché così non è stato, sappiate che nell’anno 6909 io nacqui, addì 30 d’agosto, martedì, e fui tenuto a battesimo dalla pia e santa monaca Tomaide, della quale al momento opportuno racconterò la vera storia (p. 51)

 

 

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Devo l’interesse per l’opera complessiva di Anthony Trollope, che mi ha portato a leggerne l’Autobiografia e alcuni romanzi, ad un capitolo del libro di Robert Polhemus Erotic Faith. Si tratta di un capitolo intitolato The Mirror of Desire: Anthony Trollope’s Phineas Finn / Phineas Redux (1869-74) (pp. 196 - 222). Le pagine di Polhemus mi hanno indicato in Trollope un fine analista della dinamica del desiderio, e dei rapporti tra eros, società e politica. Del resto Trollope, che vide da vicino la vita politica e parlamentare inglese, vi dedicò un ciclo di romanzi, detti i romanzi Palliser dal cognome di uno dei personaggi principali (con la sua consorte). In questo ciclo, e soprattutto nei due romanzi il cui protagonista è l’irlandese Phineas Finn, un giovane affascinante, ambizioso, e anche moralmente retto, si delineano perfettamente l’idea di Trollope romanziere che il romanzo in quanto tale debba sempre avere al suo centro l’amore, e il compenetrarsi di eros e politica in una unica sfera, peraltro sfaccettata, problematica e iridescente.

In Phineas Finn (Aegypan Press 2008) vediamo il giovane Finn lasciare il luogo natale e la quasi-fidanzata Mary, entrare nel Parlamento inglese interrompendo la sua carriera legale (e non prendendovi un soldo, perché nell’Inghilterra del tempo il parlamentare non percepisce nulla), emergere e farsi apprezzare nel mondo politico e nei salotti che contano, innamorarsi prima della bella e intelligente Laura Standish, poi della bella e battagliera Violet Effingham, infine della bellissima e affascinante Marie Max Gosler. Tre donne belle, ovviamente - non l’ho ripetuto a caso - ma anche assai differenti tra loro, e tutte e tre dotate di forte personalità. Nel mondo vittoriano di Trollope, in cui si stanno ponendo lentamente le basi dell’emancipazione femminile, queste tre donne sono tre diverse figure dell’emergere della donna come soggetto di desiderio, come protagonista tendenzialmente attivo della vita sociale e di relazione, e come attrice con un progetto di vita proprio. Come accade in tutti i grandi autori, poi, anche in Trollope i personaggi acquistano un’autonomia che li porta ad azioni il cui significato oltrepassa quello che l’autore intenderebbe attribuire loro, e a raggiungere un senso che all’autore stesso può sfuggire. Così, è evidente come Mary Flood Jones, la quasi-fidanzata dell’inizio, cui infine Phineas ritorna, e che sposa, la quale oltre ad essere carina non è di per sé nulla, solo dedizione all’amato e volontà di annullarsi in lui, questa vergine vittoriana cui Trollope guarda inizialmente con la massima simpatia, di fronte alle tre altre appare un mero vuoto, uno specchio per il narcisismo maschile e null’altro. Infatti nella memoria del lettore si spegne subito, mentre le altre rimangono, perché non sono puri specchi dell’eros maschile, ma sono a loro volta creature che guardano e desiderano.

Laura agli inizi della carriera di Phineas si pone come una sorta di mentore in gonnella, e lo spinge e lo guida. Lui se ne innamora, e le si propone apertamente, lei lo respinge perché non ha più nulla, avendo impegnato tutte le sue sostanze per salvare dalla rovina il riottoso e selvaggio fratello Lord Chiltern, e deve a sua volta cercare un matrimonio di salvezza economica con il rigoroso calvinista Kennedy. Pagherà poi questa sua scelta con una vita di angustie morali e di rimorso: il marito tenterà di annientarne la personalità, perché nella sua visione di assolutismo patriarcale la moglie è solo un’appendice del marito. Le tristi vicende matrimoniali di Lady Laura fanno da contrappunto ai successivi sviluppi della vita sentimentale di Phineas Finn.

Violet Effingham è una giovane ereditiera, brillante e piena di spirito, che piace moltissimo a Phineas, tanto che per lei entra in competizione col fratello di Laura, Lord Chiltern, giungendo addirittura ad un duello con lui, qualcosa che la società ormai condanna senza appello. Infine Laura lo respinge a sua volta, e non perché non le piaccia (Phineas piace a tutti, uomini e donne, è bello e simpatico), ma perché, ragionando - ne diffida un poco, anche perché si è già innamorato di un’altra, e quindi il suo amore le appare leggero, la sua personalità non abbastanza consistente. Infine si persuade di aver sempre amato il pericoloso, asociale e violento Chiltern, perché sicuramente lui ha sempre amato lei.

Marie Max Gosler è una giovane vedova ricchissima e totalmente libera e indipendente, una personalità fortissima, bramata da molti, e in particolare dal potentissimo Duca di Omnium, che lei respinge perché innamorata di Phineas. Dal quale verrà a sua volta respinta (in Phineas Finn, ma ritornerà in Phineas Redux) perché egli ha scelto l’insignificante Mary come sua sposa.

Si può notare come la tematica dell’eros e del matrimonio (congiunti in Trollope - nella società occidentale è dottrina comune che il matrimonio debba derivare da un innamoramento, e che se questo non c’è la relazione sia infelice necessariamente) evochi quella della rivalità. Per ognuna delle donne di cui in successione Phineas si innamora si dà un rivale. Due rivali hanno la meglio su Phineas, dell’ultimo, che dovrebbe essere il più temibile, è lui a trionfare, per poi rinunciare però al premio (donna bellissima, ricchissima e intelligentissima, che gli avrebbe permesso una piena realizzazione sociale e politica) e ridursi ad una vita periferica e modesta in Irlanda con la piccola Mary.

Ora, è chiaro come senza rivalità mimetica sia difficile che si generi storia romanzesca. Il romanzo per procedere e svilupparsi richiede rivalità e impedimento. Quando gli impedimenti sono superati e la rivalità sciolta in amicizia o superata in altro modo - con la sconfitta di uno dei rivali - il romanzo si spegne, muore. La vita con Mary Flood Jones non può essere che la fine della storia, l’annullamento del divenire nella piattezza dell’esser-sempre-uguale. Per questo Mary (in seguito) dovrà morire, e il vedovo Phineas potrà tornare nel mondo dell’azione romanzesca come Phineas Redux.

Una nota sul motivo per cui Finn lascia il Parlamento inglese e la vita politica. Il motivo è sempre attuale: Phineas si accorge che è impossibile mantenere la sua personale libertà di opinione e di azione, e quindi anche di voto in aula, e nello stesso tempo militare in uno schieramento, come è del resto inevitabile. La ragione di partito ti obbliga a votare per quello che indica il partito, non per quello che a te singolo pare giusto. Ma questo è eticamente insostenibile per Phineas, che quindi rassegna le dimissioni dall’importante (e retribuito) incarico di governo che era riuscito a conquistare.

 

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