IL CAPRO
ESPIATORIO MODERNO
Comprendere
il principio democratico contemporaneo (1)
Nicholas Charney
Traduzione dall'inglese di Fabio Brotto
Genesi di una nuova teoretica
Mi
sembra davvero pertinente iniziare con una spiegazione delle basi della nuova
teoretica che questo intervento delinea. La sua genesi
si trova nella confluenza del mio contatto con la teoria del capro espiatorio
di René Girard e della successiva intensa riflessione su di essa,
delle teorie combinate di Cowan e Beck,
e dei contributi di Ken Wilber.
Il mio contatto con queste nuove idee ha determinato subito una sfida a
concezioni preesistenti della democrazia e ha agito come un catalizzatore,
mettendo in movimento il processo del mio pensiero. Il mio pensiero ha
interagito con l'ipotesi di Fukuyama della fine della storia, che ora sembra superata (e che è stata
corretta), e con la mia riflessione personale sulla dialettica di Hegel: in nessun modo potevo accettare che il processo
dialettico della storia fosse finito, e non ero l'ultimo uomo di Fukuyama. Fukuyama ipotizzava che
la fine della Guerra Fredda significasse il punto terminale dell'evoluzione
ideologica del genere umano in relazione alla forma
finale di governo umano—il trionfo della democrazia liberale occidentale. Egli argomentava che "mentre le forme di governo precedenti
erano caratterizzate da gravi difetti e irrazionalità che conducevano al loro
collasso finale, si può sostenere che la democrazia liberale sia libera
da queste fondamentali contraddizioni interne... e che l'ideale della
democrazia liberale non possa essere migliorato" (Fukuyama,
La Fine della Storia e l'Ultimo Uomo,
XI). Fukuyama ammette di
essersi in qualche modo sbagliato nella sua tesi iniziale, e di conseguenza la
sua posizione modificata è decisamente più concisa.
Egli nota l'erosione dell'ideale della democrazia liberale sotto l'infinita
pressione del progresso scientifico (e specificamente della biotecnologia),
richiamando un'attenzione specifica sul fatto che "la minaccia più significativa posta dalla biotecnologia contemporanea è la
possibilità che essa alteri la natura umana e quindi ci conduca in uno stadio
'post-umano' della storia" (Fukuyama, Our Posthuman Future
7). Nonostante la sua correzione, la sua tesi
originaria ha ancora un profondo effetto su come la storia continua a svolgersi
nel presente. Tuttavia, mentre Fukuyama comprende la
necessità di correggere la sua tesi (come è reso
evidente dall'introduzione di un nuovo stadio "post-umano" nella
storia, a causa della pressione ormai onnipresente della biotecnologia), la sua
correzione è lungi dall'essere del tutto accurata. Mentre Fukuyama
solleva delle legittime preoccupazioni circa le conseguenze delle biotecnologie
future, la sua soluzione, ovvero un'accresciuta regolamentazione
nel campo della biotecnologia, è soltanto una soluzione temporanea che è
indicativa di un problema più vasto. L'ammissione da parte di Fukuyama che le democrazie liberali potrebbero non essere
adatte a controllare effettivamente le biotecnologie emergenti
segnala che in realtà potrebbero esistere delle contraddizioni fondamentali,
che minano la legittimità del sistema stesso e che potrebbero renderlo
suscettibile di quel processo dialettico storico che vedrebbe emergere la sua
antitesi, dando luogo ad una nuova sintesi.
Fukuyama identifica giustamente il fatto che
l'ideale democratico è vulnerabile a cambiamenti nelle concezioni dell'umanità
e di ciò che noi intendiamo essere umano, affermando che "la natura umana
dà forma e limiti ai tipi di regimi politici possibili, così una tecnologia
abbastanza potente da conferire una nuova forma a ciò che noi siamo potrebbe
avere delle conseguenze negative per la democrazia liberale e per la natura
stessa della politica" (Fukuyama, Our Posthuman Future
7). Tuttavia, egli concentra erroneamente tutta la sua attenzione su come noi potremmo alterare quelle concezioni attraverso una
definizione strettamente scientifica della tecnologia, ma questi concetti
essenziali sono egualmente vulnerabili a cambiamenti nelle tecnologie sociali. Fukuyama stesso riconosce che "la forma delle
istituzioni designate a costituire nuove regole è una questione molto
aperta" (Fukuyama, Our Posthuman Future 12).
Dopo
aver molto riflettuto, sono giunto alla conclusione
che le teorie precedentemente citate, che sembrano prive di connessione, quando
siano integrate possono avere delle significative implicazioni per la
comprensione della migliorabilità dell'ideale
democratico: o più giustamente del suo trascendimento (dal momento che una
volta evoluto non sarà più l'ideale democratico ma un ideale nuovo). Dunque questo mio intervento è un tentativo: di creare una
sinergia in quello che può essere considerato un raggruppamento di teorie
disparate, e, nel far questo, di scoprire o forse di liberare l'antitesi
democratica che potrebbe vedere la creazione finale di una nuova sintesi. Come
tale, esso riconosce il processo storico e l'importanza di una dialettica del
progresso ((Wilber, Integral Psychology 150) mentre sfida il concetto
hegeliano secondo cui la nascita del moderno stato democratico segna
l'affermarsi di cittadini liberi ed eguali ((Fukuyama,
Our Posthuman Future
45). Sfortunatamente, le prospettive di un'antitesi democratica emergente sono al momento oscure: il nuovo lavoro che si fa in quest'area
viene generalmente tenuto fuori dai programmi accademici, almeno secondo la mia
esperienza. In verità, abbiamo raggiunto una fase in cui la maggioranza della
gente rifiuta di prendere in considerazione o (cosa forse ancor più
preoccupante) manca del livello di auto-consapevolezza
perfino per tentare di prendere in considerazione delle alternative alla
democrazia vigente. Tuttavia, il mio intervento non è per niente un tentativo
abilmente mascherato di difendere un'alternativa alla
democrazia tentata in passato, quale il marxismo. Questo vuol spingere ad un
pensiero trascendente: esso cerca di motivare le persone alla scoperta di nuove
e innovative strategie di governo. Un accademico di cui ho grande stima, quando
gli ho esposto la mia idea, ha descritto la mia impresa paragonandola a quella
di un ingegnere impegnato in una demolizione, che piazza una carica ben
calibrata nel suolo, col risultato finale di far affiorare petrolio greggio di alto valore. La teoria contenuta in questo
intervento intende togliere di mezzo quello che fino a questo momento è
stato in grado di bloccare il venire alla luce di nuove idee. Se sviluppata appropriatamente, essa dovrebbe consentire
l'emergere di qualcosa che, benché grezzo, ha già un valore intrinseco, e
richiede di essere raffinato.
Il voto, il desiderio mimetico e la sua mediazione
Comprendere
l'evoluzione del suffragio alla luce delle teorie che ho richiamato ci servirà ad illuminare questo punto. Per dirla semplicemente,
la Spiral Dynamics ci
dice che sembra che l'evoluzione del suffragio, che segnala un cambiamento
nella visione del mondo predominante, sia emersa in modo tale da essere
profondamente connessa con i cambiamenti delle nostre condizioni di vita
fondamentali. Quindi si può affermare che le nostre
principali preoccupazioni diventano incongruenti con le nostre metafore
generali. Mettere in relazione questo con la nostra comprensione girardiana del
desiderio mimetico ci serve per rispondere meglio alla questione
dell'evoluzione del suffragio. Per esempio, se noi consideriamo il concetto
astratto di controllo sul governo come un oggetto di desiderio mimetico
(espresso come atto di voto), possiamo estrapolare che
l'io percepisce un altro che desidera potere sulla struttura di governo, il che
suggerisce all'io la desiderabilità di tale controllo. Di conseguenza l'io interiorizza il desiderio dell'altro. Sembra
che non vi sia alcuna distanza – fisica, spirituale o simbolica – almeno dentro
uno stato moderno, che sia sufficiente per la mediazione esterna di un tale
desiderio. Quindi la rivalità mimetica deve essere mediata internamente,
e questo mette in moto una catena di eventi che vede
l'io e l'altro diventare reciprocamente antagonisti e di conseguenza
inevitabilmente doppi. Ricordiamoci che la natura intensificativa della
duplicazione mimetica causa il fatto che ognuna delle
due parti accresce il desiderio del suo antagonista aumentando la sua
resistenza all'appropriazione dell'oggetto (in questo caso il diritto di voto),
e intanto afferma il proprio diritto sminuendo le pretese degli altri (Girard, Things Hidden 295).
Così le parti divengono indistinguibili l'una dall'altra (Girard, Violence and the Sacred,
79): ora la questione diventa come si possa negare con
qualche legittimità il diritto di voto ad un antagonista mentre lo si
conferisce all'altro, se entrambe le parti sono completamente indistinguibili
l'una dall'altra. La conclusione logica di questo ragionamento è l'annullamento
di un eguale potere di voto ad entrambe le parti: così il suffragio viene espanso a includere altri individui. Naturalmente,
questo caso si può dare solo nel caso della presenza dello
Stato come terza parte. Una spiegazione del suffragio basata sul
desiderio mimetico potrebbe rispondere anche alla questione della bassa
affluenza alle urne e dell'apatia del votante. Molto semplicemente, una volta
che la capacità di controllare le strutture di governo (espressa nel contesto canadese dal voto trasferibile a un secondo
candidato) è applicata equamente, non è più un oggetto di desiderio, dal
momento che non c'è più resistenza alla sua acquisizione e di essa tutti si
possono facilmente appropriare.
Sfortunatamente,
data la natura del sistema democratico, l'istituzionalizzazione del suffragio
universale di per sé è insufficiente a impedire che la
rivalità mimetica si impossessi delle strutture di governo. All'interno del
sistema multipartitico canadese, una volta soddisfatta, la rivalità mimetica
tra individui intorno ad un concetto astratto di esercizio
del controllo sulle strutture di governo si sposta dalla indistinta azione del
votare e comincia ad abbracciare una parte maggiore della sostanza del voto. Il
punto diventa: una persona come dovrebbe votare? Tuttavia, la
maniera in cui uno vota non è dipendente solo dal processo di rivalità
mimetica: se lo fosse, noi dovremmo aspettarci di vedere una completa mancanza
di differenziazione tra i votanti e i loro voti. Non è evidentemente il
caso del Canada. Quello che modula il loro voto è una comprensione individuale
del mondo: il loro livello di consapevolezza (vMEME system) produce i suoi frutti. Mentre
il desiderio di esercitare un maggiore controllo su come il governo governa
(più del concetto astratto di voto) può essere spiegato come risultato
della mimesi, la visione individuale di come il governo dovrebbe governare
riguarda piuttosto la coscienza di ciascuno. Entro lo stile di governo basato
sul sistema maggioritario uninominale vigente in Canada, l'accrescimento del
proprio controllo sul sistema di governo al di là dell'atto
di voto può essere espresso solo come vittoria elettorale – o più precisamente
come allineamento del proprio voto col partito scelto per formare il governo.
Così la formazione del governo che sia più congruente
con la propria dinamica interna diventa un oggetto di desiderio mimetico.
Giunti
a questo punto, e sostenuti dalla nostra comprensione della Spiral Dynamics, possiamo
vedere che la probabilità che partiti politici si formino intorno a specifiche
visioni del mondo o combinazioni di memi è alta nell'ipotesi peggiore e altissima in quella migliore. Questo si può
evidenziare facilmente con una comparazione anche superficiale o casuale tra le
descrizioni dei valori meme e le comuni forme di comprensione dei maggiori
partiti federali. Il problema dei partiti politici basati su memi (visioni del
mondo) specifici è che nessuno dei loro memi di primo livello può apprezzare
pienamente l'esistenza degli altri memi: la relazione tra memi di primo livello
è intrinsecamente agonistica (Wilber, A Theory of Everything 12). Sotto gli auspici del principio
democratico quello che si manifesta come incapacità di apprezzarsi vicendevolmente
a causa della competizione per il controllo su come il
governo governa (o forse più correttamente, su quale governo potenziale è
attualizzato) rapidamente degrada in rivalità, generazione di doppi, e infine
latente violenza. Dal momento che tutti i partiti politici tentano di
appropriarsi dello stesso oggetto, e ciascun meme di
primo livello reagirà negativamente alla sfida, usando tutti i mezzi necessari
per difendere il suo modello concettuale del sistema sociale, il conflitto
sembra inevitabile (Wilber, A Theory of Everything
12). Come il processo del voto, la rivalità tra i partiti e i loro sostenitori
non può essere mediata esternamente; a differenza del semplice processo del
voto, ciascuno non può appropriarsi della
realizzazione del suo partito di governo preferito. In questo modo, entro il
sistema democratico canadese l'incapacità di
appropriarsi di ciò che equivale ad un più autentico controllo sul governo
diviene la base di rivalità mimetica e genesi di doppi, e ne conseguono
frustrazioni, conflitti e violenza latente.
Violenza democratica, il moderno processo
del capro espiatorio
La
rivalità mimetica che ho menzionato è al centro del sistema democratico
canadese. Come in qualsiasi rivalità mimetica, questa rivalità assoggetta gli
antagonisti alla violenza sia della differenziazione che
dell'indifferenziazione: alla prima col trattare gli altri antagonisti e i loro
desideri come oggetti di cui ci si può e ci si dovrebbe appropriare; alla
seconda canalizzando i loro desideri verso lo stesso fine, e facendo pressione
su di loro forzandoli ad assumere la stessa posizione come partiti politici. Quanto più a lungo si consente a questa rivalità di
sostenersi, tanto più questi tipi di violenza si espandono, e insieme cresce la
necessità di una loro diffusione. Nel contesto
democratico canadese siamo stati in grado, mediante il meccanismo del rituale e
della proibizione (instaurato per via delle precedenti iterazioni del
meccanismo del capro espiatorio), di esercitare una misura di controllo sull'esplosione
della violenza. Abbiamo vietato agli individui di esercitare forme aperte di
violenza nel tentativo di mediare le loro rivalità (come è
evidenziato dal sistema giudiziario canadese), e sanzionato che solo la
violenza collettiva esercitata nell'atto di votare in elezioni regolarmente
programmate è un fine accettabile per la rivalità mimetica democratica. Così
abbiamo organizzato lo sfogo della violenza in un modo tale che non permette
alla sua rivalità mimetica centrale di crescere fino al punto in cui si degrada
pienamente nell'imprevedibile esplosione di una violenza reciproca di tutti
contro tutti. Scegliendo invece una struttura di
governo che periodicamente converte la violenza di tutti contro tutti nella violenza di tutti contro uno, in questo modo,
"le elezioni facilitano la partecipazione più o meno nel modo in cui si
può dire che le chiuse facilitano il flusso dell'acqua. Le elezioni dirigono il
coinvolgimento della massa in canali formali, rimuovendo così molti impedimenti
formali alla partecipazione, ma allo stesso tempo allontanandola da sviluppi
che potrebbero essere pericolosi per l'ordine politico costituito" (Ginsberg, The Captive Public 54). Questo tipo di conversione è
possibile soltanto perché anche alla più alta intensità mimetica vi sono
individui che possono essere differenziati gli uni
dagli altri. Se noi comprendiamo che "ciascun individuo ha la
disponibilità di ognuno di questi v.meme, le linee della tensione sociale vengono
ridisegnate: non più basate sul colore della pelle, la classe economica o
l'influenza politica, ma sul tipo di visione del mondo a partire da cui una
persona o gruppo di persone, clan, tribù, mercato, governo, sistema educativo o
nazione stanno operando" (Wilber, Integral Psychology 42).
In questo modo emerge una minoranza che viene
vittimizzata soltanto sulla base del fatto che i suoi membri si possono
differenziare nei termini della loro visione del mondo. Dal momento che il voto
è prescritto dalla struttura di governo, la violenza collettiva del voto è vista
come totalmente legittima e diventa il meccanismo che restaura l'edificio
sociale incrinato, sebbene solo a beneficio della maggioranza allineata (magari
solo accidentalmente) a spese della minoranza frammentata e così facilmente
vittimizzata (resa capro espiatorio).
Detto
questo, potrebbe sembrare che ogni sistema di governo maggioritario perpetui la sua legittimità assicurando il coagularsi di un
gruppo più largo a spese di un terzo partito più piccolo e disperso: questa
funzionalità sacrificale occupa lo stesso spazio del principio di maggioranza –
in realtà essi sono sinonimi. Quindi possiamo vedere che il meccanismo del
capro espiatorio moderno, o quello che possiamo
semplicemente dire principio di maggioranza, serve per regolare la dissoluzione
delle istituzioni esistenti e la generazione di nuove. Sono queste nuove
istituzioni che a loro volta daranno origine a nuovi rituali e proibizioni che
cercheranno di creare o mantenere ordini culturali specifici (sistemi v.meme). Di
conseguenza, possiamo estrapolarne che i votanti non cercano di fare
attivamente di qualcuno un capro espiatorio. Essi cercano soltanto la
restaurazione (o la fondazione) di un ordine sociale che sia
congruente con la loro visione del mondo, rendendo la loro violenza difficile
da riconoscere e significativamente clandestina. Tuttavia, ad un'attenta
considerazione diventa chiaro che l'atto di votare ha implicazioni sia dirette che indirette. La conseguenza diretta del voto è
quella di privilegiare la visione del mondo del
partito per cui si è votato, mentre l'implicazione indiretta del voto è di
privare i restanti partiti e le loro visioni del mondo dello stesso privilegio.
Così mentre il voto potrebbe essere presentato come il
grande livellatore della disparità moderna, se si esamina la dualità della sua
natura si troverà che in realtà è vero l'opposto. Questo colpisce ancor più se
si pensa al processo di voto in sé, che ci rende ciechi alle strutture
mimetiche di violenza che lo guidano, allontanando la nostra attenzione dalle
strutture sottostanti e pervasive della violenza mimetica e legittimando
erroneamente una partecipazione dei cittadini nella rivalità che spera di
sopire, se non altro fino alla prossima elezione in programma. Per questo ci
possiamo riferire alla violenza democratica come a violenza latente, dal
momento che la terminologia correttamente si riferisce alla violenza che è
presente, o almeno potenziale, ma non necessariamente evidente o attiva; rendendo
la violenza democratica sia presente che accessibile nella mente inconscia ma
minando la nostra capacità di esprimerla o comprenderla coscientemente.
Inoltre, la violenza democratica è il risultato diretto della rivalità mimetica
centrale (la rivalità per l'appropriazione dell'autentico controllo sulle
strutture di governo): come tale possiamo vedere la
centralità della violenza latente entro la democrazia parlamentare canadese
contemporanea.
La
centralità della violenza latente e il livello a cui essa opera
è anche più evidente quando si considerano le circostanze particolari della
formazione di un governo nel sistema parlamentare canadese, e la
rappresentatività generale del sistema. Per prima cosa dobbiamo considerare che
nel sistema parlamentare canadese è possibile formare una maggioranza di
governo assicurandosi un misero 50% più 1 dei seggi disponibili alla Camera dei
Comuni (155
di 308); e in caso che non si raggiunga la maggioranza un governo può essere
formato se un singolo partito si assicura più seggi di qualsiasi altro partito
o volonterosa coalizione di partiti. In secondo luogo,
dobbiamo vedere che fattore rappresenti l'affluenza elettorale. Nelle ultime
elezioni canadesi l'affluenza è stata circa del 64,9%. In terzo luogo, se
guardiamo agli effettivi risultati elettorali il quadro
si offusca ulteriormente. Consideriamo le ultime elezioni federali, le
trentanovesime elezioni generali: il Partito Conservatore del Canada (CPC) ha ricevuto il 36,3% del voto popolare e di
conseguenza ha conquistato il 40,3% dei seggi alla Camera dei Comuni, e quindi
ha formato un governo di minoranza. Sarà interessante vedere come il CPC si adopererà per stare a
galla, dal momento che ora, prima della formazione di una qualche coalizione
legislativa permanente, la rappresentatività relativa del principale partito
scelto per guidare i Canadesi e quindi per formare una politica sensibile ai
memi è solo al 36,3% della popolazione canadese che ha diritto di voto. Se si
associa la statistica appena citata alla partecipazione elettorale (64,9%) il
risultato è che il governo rappresenta approssimativamente il 23,6% del totale
della popolazione canadese (mentre occupa solo il 40,3% dei seggi alla Camera),
rendendo il sistema parlamentare liberaldemocratico
canadese nella migliore ipotesi quasi irrilevante e nella peggiore molto
violento, dal momento che esso sopisce temporaneamente la rivalità centrale
consentendo il controllo sulle strutture di governo ad un numero ristretto di antagonisti e di conseguenza ricrea le condizioni per la
costante reiterazione della rivalità mimetica originaria. Assumere e analizzare
le statistiche citate ci consente di sondare meglio la capacità e l'estensione
con cui la violenza latente opera ed è strutturalmente inserita entro i confini
del sistema democratico. Dal momento che qualsiasi sistema di governo, compreso
il sistema parlamentare canadese, è atto a costruire strutture e rinforzare
visioni del mondo normative particolari durante il suo mandato politico
pubblico, dobbiamo considerare il fatto che coloro che
non sottoscrivono le visioni del mondo normative del partito di governo (in
Canada si tratta di uno stupefacente 76,4%) divengono vittime de facto della centralità della violenza
latente.
Il Mito
democratico e il nuovo Sacro
Nella
democrazia la violenza, come si è detto, è decisamente
più clandestina di quella esposta dall'analisi girardiana tradizionale. La
natura clandestina della violenza latente è inestricabilmente connessa con i
modi in cui la violenza è posta in atto, e quindi nascosta dal mito
democratico, un mito che erroneamente pone lo stato democratico come perfetta
incarnazione del governo moderno. Così, a dispetto della centralità della
violenza latente, la democrazia continua ad imporsi poiché il mythos della
democrazia è stato costruito in modo tale da attribuire valore ai suoi principi
essenziali celando nel contempo altri elementi operazionali ai quali questo
valore non si può attribuire affatto. Il mito, tuttavia, non è nulla più che la
reiterazione narrativa del meccanismo del capro espiatorio dalla prospettiva dei suoi beneficiari: o, secondo le parole di Girard, i miti
scaturiscono " ... da crisi sacrificali di cui sono la trasfigurazione
retrospettiva, la rilettura alla luce dell'ordine culturale sorto da tale crisi"
(La violenza e il sacro, p. 93). Nel
caso della democrazia parlamentare canadese contemporanea, dato che la
maggioranza formata beneficia direttamente del modo in cui è strutturato
il sistema di governo, la probabilità che essa lo cambi, o cambi il mito che
sta intorno alla sua legittimità, è nulla. Ogni tentativo di
operare in tal senso confliggerebbe direttamente con
la sua presunta legittimità che il sistema la ha conferito. Quindi abbiamo scoperto una barriera alla trascendenza del
sistema che è inerente al suo disegno. Questa barriera inerente ha solo
rafforzato la legittimità del mito democratico, aiutando la sua trasformazione
nel sacro. Girard accenna all'importanza di comprendere il sacro come cruciale
per la comprensione delle strutture, dal momento che il sacro "regna anche
sulla struttura, la genera, l'ordina, la sorveglia, la perpetua o invece la strapazza,
la decompone, la metamorfosa e la distrugge" (La violenza e il sacro, p. 316).
Esaminando
la struttura della democrazia parlamentare canadese contemporanea possiamo spiegare la presenza di elezioni regolari come
adempimento del primo compito del sacro – impedire alla rivalità mimetica di
crescere fino al punto di un'imprevedibile violenza e di un collasso sociale
completo e irreparabile. Inoltre qualcuno potrebbe sostenere che i termini prescritti
per i governi eletti sono l'evidenza del fatto che abbiamo trovato quello cui Girard si riferisce come distanza ottimale dal
sacro (La violenza e il sacro, p. 349),
dal momento che abbiamo eliminato l'imprevedibilità della rivalità mediante la
diffusione della nostra violenza costruttiva assoggettando la nostra gente e le
sue visioni del mondo alle elezioni. Il processo assicura che l'ordine sarà
ristabilito dopo la dissoluzione della situazione presente. La differenza
principale essendo che la scheda segreta ha evidentemente sostituito il
sacrificio pubblico come atto calcolato di violenza sanzionata che minimizza il
rischio della violenza reciproca.
1) Intervento al Colloquium on Violence and Religion
(COV&R), Saint Paul University, Ottawa, Canada, 31 maggio – 4 giugno 2006.