ICONOCLASTIA POSTMODERNA

Violenza scolastica

Dawn Perlmutter

 

traduzione dall'inglese di Fabio Brotto

brottof@libero.it

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Solitamente lo spazio sacro viene associato a chiese, sinagoghe e moschee, e si caratterizza come un'area nella quale i membri di una comunità si riuniscono per pratiche cultuali aventi come sfondo un sistema di credenze condiviso. E' qualitativamente diverso da uno spazio profano. I cortili delle scuole sono anch'essi terreni sacri, ove i membri di una comunità si riuniscono, si impegnano in attività altamente ritualizzate ed hanno un sistema di credenze condiviso. Quando degli studenti decidono di uccidere nell'ambito della scuola, le loro azioni non sono atti di violenza casuali ma acquistano significato di sacrilegio, blasfemia e dissacrazione. Si tratta di azioni iconoclastiche. Guardando agli omicidi che avvengono nell'ambito della scuola con l'ottica di una teoria dell'estetico e del rituale, dimostrerò che questi atti di violenza non sono né casuali né inspiegabili né illogici. Essi sono manifestazioni contemporanee di iconoclastia.

In questa piccola ricerca non ho avuto, sfortunatamente, carenza di materiale esemplificativo. Negli ultimi cinque anni ci sono stati nelle scuole [degli S. U. - nota del traduttore] più di una dozzina di sparatorie dall'esito mortale. In questa ricerca mi occuperò di tre diversi fatti recenti, ciascuno dei quali ha implicato l'uccisione di studenti e insegnanti da parte di adolescenti dagli undici ai sedici anni di età. Si tratta di eventi di cui si è molto parlato, per cui si potranno facilmente riconoscere i nomi delle città se non i nomi dei ragazzini. Il 24 marzo del 1988, a Jonesboro nell'Arkansas, l'undicenne Andrew Golden e il tredicenne Mitchell Johnson indossarono tute mimetiche, si impossessarono di un furgone, rubarono pistole e fucili, si appostarono nel bosco, suonarono un allarme antincendio, e quindi iniziarono ad aprire il fuoco sui loro compagni di scuola uccidendo quattro ragazze, un insegnante e ferendo dieci altre persone. Il 1 ottobre del 1997, a Pearl, Mississippi, il sedicenne Luke Woodham pugnalò a morte sua madre, andò a scuola e aprì il fuoco con un fucile uccidendo due suoi compagni di classe e ferendone sette. Il 1 dicembre 1997, a West Paducah nel Kentuky, il quattordicenne Michael Carneal aprì il fuoco con una pistola semiautomatica cal. 22 contro un gruppo di persone che a scuola stavano partecipando ad un incontro di preghiera, uccidendo tre ragazze e ferendone cinque, una delle quali resterà su una sedia a rotelle per il resto della vita.

A seguito delle indagini su questi fatti apparve evidente come ognuno degli adolescenti si percepisse come un emarginato, un solitario e un disadattato che la comunità scolastica evitava. Questo li aveva spinti a ritirarsi in loro propri mondi, in cui tentare di ottenere qualche senso di importanza. Alcuni di loro avevano trovato altri emarginati da cui avevano ottenuto reciproco supporto. Dal momento che erano ormai degli esclusi, questo aveva ispirato loro un fortissimo senso di lealtà l'un verso l'altro, un senso di lealtà destinato a rivelarsi mal diretto.

Mitchell Johnson non risiedeva da molto a Jonesboro e stava tentando disperatamente di inserirsi nell'ambiente, riuscendo solo a rendersi ridicolo agli occhi degli altri studenti per il suo tentativo di atteggiarsi a membro di una banda. Secondo diverse testimonianze la sua esplosione finale è da attribuire al rifiuto da parte di Candace Porter, una delle ragazze che furono ferite nella sparatoria. Candace, di cui Mitchell si era invaghito, gli aveva detto di non essere interessata a lui. Andrew Golden, il più giovane degli assassini, tra i suoi compagni di classe aveva fama di meschinità.

Luke Woodham veniva preso in giro e considerato uno scemo occhialuto e grassoccio. Dichiarò: "Ho ucciso perché le persone come me sono trattate male ogni giorno"; "Il mondo mi ha trattato ingiustamente e non lo potevo più tollerare".(1) In una nota di cinque pagine scritte a mano che la polizia descrisse come un manifesto, egli scrisse: "Per tutta la mia vita sono stato deriso. Sempre bastonato, sempre detestato. Tu, società, puoi davvero condannarmi per quello che faccio?" (2) Si scoprì in seguito che la sua sparatoria era parte di una più ampia cospirazione, che coinvolgeva sette altri studenti aderenti al satanismo.

Michael Carneal era stato preso in giro dagli altri studenti perché era piuttosto piccolo, e veniva deriso con l'appellativo di checca. Il preside della sua scuola, Bill Bond, affermò che nei suoi temi Michael aveva mostrato "di prendersela col mondo proprio perché si sentiva debole e sempre rimproverato, ed era stato preso in giro per tutta la vita". (3) Rapporti successivi sostennero che egli era sconvolto perché aveva preso una cotta per una ragazza che non lo ricambiava. Nicole Hadley, lo sfortunato oggetto di questa cotta, fu la prima ad essere uccisa nella sparatoria. Sebbene lo scherno e la canzonatura non siano considerati comportamenti inusualmente crudeli tra i giovanissimi, lo psichiatra di Harvard James Gilligan spiega nel suo libro On violence come la vergogna costituisca un coerente substrato emozionale della violenza.

Il ruolo centrale della vergogna nella causazione della violenza è stato trascurato per due ragioni interconnesse. Anzitutto, perché l'enormità della violenza risultante è tanto sproporzionata alla banalità della causa che la innesca, che diventa quasi impossibile, per qualsiasi persona normale e razionale che opera secondo i criteri del senso comune, riconoscere che la causa ha realmente potuto scatenarla. In secondo luogo, perché una caratteristica della psicologia della vergogna, essenziale e tuttavia raramente notata, è la seguente: se vogliamo comprendere la natura dell'incidente che tipicamente provoca la vergogna più intensa, e di qui la violenza più estrema, dobbiamo riconoscere che è precisamente la banalità dell'incidente e rendere l'incidente stesso così vergognoso. Ed è l'intensità della vergogna, come ho detto, che conferisce all'incidente una tale potenzialità di violenza. (4)

Una volta che si sia compresa la logica della vergogna, queste azioni non possono più essere viste come casuali, inesplicabili o illogiche Ciò che le fa sembrare così inesplicabili è il fatto che la semplice canzonatura di un teenager con parole come checca o scemo, e il rifiuto di una cotta scolastica, possano provocare l'assassinio. Jack Katz nel suo libro intitolato Seductions of Crime afferma:

Per tutte queste esperienze di devianza è centrale un membro della famiglia delle emozioni morali: umiliazione, senso della giustizia, arroganza, derisione, cinismo, dissacrazione e vendetta. In ciascuno di questi, l'attrattiva che dimostra di essere il decisivo elemento di fascinazione è quella di una vittoria in una sfida personale ad un'esistenza morale - non materiale. Per l'assassino appassionato la sfida è quella di fuggire una situazione che è giunta ad un punto tale da apparirgli come inesorabilmente umiliante. Incapace di intravedere un modo per uscire, senza perdere il rispetto di sé, dalla situazione presente, verso un possibile riallacciamento di una relazione mondano-temporale, il futuro assassino salta alla possibilità di incarnare, attraverso la pratica del "giusto" massacro, una qualche forma eterna, universale del Bene. (5)

Il concetto, esposto dal dott. Katz, del massacro giusto esemplifica come questi adolescenti non pensino immediatamente di star facendo qualcosa di sbagliato. Inoltre, esso sposta l'atto di violenza entro una categoria morale che si addice agli atti di iconoclastia.

Sebbene possa non apparire ovvio, gli assassinii di Pearl, Mississippi, West Paducah, Kentucky, e Jonesboro in Arkansas si situano nell'estetico. Nel loro libro Cultural Criminology, Jeff Ferrell e Clinton Sanders descrivono come la partecipazione ad una subcultura criminale significhi partecipazione nel simbolismo e nello stile, l'ambiente estetico collettivo della criminalità.

I membri di una subcultura criminale apprendono e negoziano motivi, tendenze, razionalizzazioni e attitudini; sviluppano elaborate convenzioni di linguaggio, aspetto e presentazione di sé; e facendo così partecipano, in misura variabile, di una subcultura, un modo di vita collettivo. A loro volta queste subculture, che spesso sono intrise di intensa emozionalità, determinano i modi in cui i loro membri giungono a comprendersi e a valutarsi. Una partecipazione intima ad uno stile di vita collettivo dimostra e dispiega, a sé stessi e agli altri, qualità personali che rendono degni di appartenenza, di accettazione, e di una potenziale acquisizione di importanza. In gran parte, il significato, l'azione, l'identità e lo status subculturali sono organizzati intorno allo stile, attorno all'estetica condivisa dai membri delle subculture. (6)

Le emozioni di vergogna e alienazione sperimentate da ciascuno di questi giovanissimi li portarono ad abbracciare stili alternativi. L'aspetto significativo è che l'estetica con cui questi adolescenti scelsero di identificarsi consisteva invariabilmente di una violenza che serviva a instillare un senso di forza che doveva far loro guadagnare il rispetto dei coetanei.

Andrew Golden comparve sulla copertina di diversi settimanali in tenuta da caccia con armi in pugno. Andrew si trovava bene nell'ambiente della caccia, aveva frequentato campi paramilitari e a sei anni aveva ricevuto un fucile da Babbo Natale. "Portava sempre indumenti mimetici e parlava di caccia e di fucilate", dice un vicino di casa (7). Andrew era già irretito in un'estetica violenta che incarnava una forza di cui il tredicenne Mitchell era alla ricerca. Mitchell, che disperatamente stava tentando di ottenere un radicamento nell'ambiente, cominciò ad essere ossessionato dalle bande. Suo cugino affermò: " Diceva che avrebbe dato qualsiasi cosa per entrare in una banda, avrebbe ucciso chiunque per essere in una banda". Compagni di scuola a Jonesboro dicono che Mitchell cominciò a indossare cose rosse per significare la sua appartenenza ai Bloods, un inganno che essi finsero di non vedere. Un fallito, avevano concluso molti di loro (8). Mitchell stava tentando di identificarsi con i Bloods, tentando di essere preso come una seria minaccia, qualcuno che doveva incutere rispetto, finendo invece per sembrare ai suoi coetanei ancor più ridicolo. Quando una superficiale identificazione con una banda non ebbe successo nel recuperare il rispetto, Mitchell incontrò Andrew e immediatamente adottò lo stile della caccia.

Michael Carneal agì da solo, sebbene lo sceriffo che condusse l'inchiesta fosse così sconcertato dalle modalità del crimine da sospettare il coinvolgimento di un'altra persona. Egli non aveva attivamente adottato un altro stile, e in verità proprio questo rappresentò un elemento di confusione per questo caso particolare, il fatto che Michael fosse così insignificante e comune. Tuttavia, la sua voglia di richiamare l'attenzione su di sé era evidente nelle marachelle in classe e nel suo tentare seriamente di impressionare gli altri studenti. La sparatoria ebbe inizio proprio a seguito del suo tentativo di impressionare gli altri studenti esibendo armi da lui rubate. Dichiarò: "Non avevo progettato di sparare ad alcuno, ma solo volevo esibire le armi. Tutti mi avrebbero chiamato e sarebbero venuti a casa mia, o io sarei andato a casa loro. Sarei stato famoso." (9) Quando si recò a scuola e tirò fuori le armi vicino al circolo di preghiera, provò un fortissimo disappunto non ricevendo i complimenti che si attendeva. Sfortunatamente, nel Kentucky le armi sono tanto comuni che i ragazzi non ne furono impressionati. Michael disse che quando aprì il fuoco stava tentando di fare in modo che la gente lo notasse. Dichiarò: "Avevo le armi, le portai a scuola e gliele mostrai, e ancora continuavano ad ignorarmi ".(10) Alla fine Michael Carneal ce la fece ad attirare la loro attenzione. L'omicidio fu il risultato del fallimento dei tentativi di trovare uno stile estetico in grado di impressionare i coetanei.

Luke Woodham apparteneva ad un più ampio gruppo di ragazzi che avevano abbracciato il satanismo. I suoi nuovi compagni, che facevano parte di un gruppo conosciuto come Kroth, che cercava di distruggere i suoi nemici e di praticare il culto satanico, spiegarono a Luke che "l'omicidio era un mezzo utilizzabile per conseguire i propositi e i fini di un sistema di credenze condiviso" (11). Il satanismo è un sistema di credenze particolarmente violento e altamente ritualizzato. Esso è intrinsecamente collegato all'ideologia cristiana, come rovesciamento dei suoi princìpi etici. Questo rovesciamento viene espresso simbolicamente tramite dei rituali che nella Bibbia sono proibiti esplicitamente, per esempio incesto, sacrificio, spargimento di sangue, preghiere a ritroso, scrittura invertita, ecc., finalizzati al potenziamento del devoto tramite la magia. Questo stile non poteva non risultare molto attraente per un ragazzo alienato che era stato deriso con l'appellativo di grasso scemo.

Il dottor Katz descrive l'attitudine che egli chiama del duro per mostrare come la forza non sia solo un atteggiamento adolescenziale ma uno stile di vita estetico completo. Egli spiega: "In molti ambienti giovanili l'essere cattivi, l'essere dei duri, o altrimenti pronti ad abbracciare simboli di devianza, è giudicato positivamente. (12) L'autore prosegue descrivendo tre livelli di aggressività intimidatoria e fornisce esempi del modo in cui nello stile e nell'estetica di varie bande di strada si manifestano diversi gradi di aggressività. Questo si può applicare al presente studio, in quanto ciascuno dei tentativi di essere dei duri - imitando le bande, entrando in un gruppo di adoratori di Satana, ed esprimendo deboli minacce - col suo fallimento ottenne solo di procurare agli adolescenti ulteriore umiliazione, che di conseguenza li forzò ad affermare tramite l'assassinio che essi dovevano essere presi sul serio. Secondo Katz,

Chi desidererebbe essere un duro deve coltivare negli altri la percezione di non poter toccare la sua sensibilità. Quegli adolescenti che vogliono conseguire una propria presenza che sia estranea e ostile nell'interazione devono andare più in là e partecipare ad un progetto collettivo, mirante alla realizzazione di un'estetica aliena. Ma la formazione di un'immagine dura e la pratica di una sensibilità aliena sono insufficienti ad assicurare che si sarà "cattivi". Coloro che vorrebbero essere cattivi sono sempre perseguiti da potenti nemici spirituali che ammorbidiscono le pose da duri e rovesciano le culture dell'alienazione attentamente bilanciate, facendoli apparire sciocchi, puerili e banali, minando così il loro potenziale di intimidazione. Per salvarti da imitatori non desiderati, devi mostrare che, diversamente dai bambini, non stai scherzando; diversamente dai gay, non stai giocando; diversamente dalla classe media modaiola, tu comprendi pienamente e abbracci il male che è proprio del tuo stile. Devi mostrare che fai sul serio. (13)

 Né Mitchell Johnson, che vestiva di rosso per dimostrare di essere membro di una banda, né Andrew Golden, che andava in giro in tuta militare armato di coltello, né Michael Carneal, che esibiva armi, né Luke Woodham, che aveva aderito ad una setta e minacciava, erano sufficientemente duri. C'è voluta la morte dei loro compagni di scuola per dimostrare che essi erano dei veri tipacci che facevano sul serio.

I singoli studenti e i gruppi che rifiutarono gli adolescenti erano idolatrati da questi, e fu proprio ciò a rendere il rifiuto così devastante. L'idolatria è caratterizzata dalla venerazione di oggetti sacri. L'iconoclastia è la distruzione di oggetti sacri, onde l'uccisione di chi è oggetto di venerazione può essere considerata un atto di iconoclastia. Questa è stata ampiamente studiata in connessione con le condizioni sociali, politiche ed economiche, ma quella che è significativa per questo studio è l'attitudine psicologica che sta dietro alla distruzione delle immagini. Lo storico dell'arte David Freedberg esamina la teoria della risposta alle immagini da una prospettiva comportamentale e psicologica. Freedberg ha posto l'attenzione sui più impressionanti attacchi avvenuti nell'ultimo secolo contro oggetti molto conosciuti ed esposti pubblicamente, e ha stabilito che gli atti individuali di iconoclastia ci dicono molto circa l'interazione tra la gente e le immagini. Sebbene egli si riferisca ad attacchi ad immagini quali i dipinti, ci consente di comprendere bene quel che accade negli attacchi contro persone che sono venerate. Freedberg propone tre distinte motivazioni presenti nella distruzione di immagini. Egli identifica una prima motivazione all'iconoclastia definendola "come un atto di richiesta dell'attenzione, atto che di solito raggiunge il suo scopo." (14) Questo si può chiaramente riferire alle sparatorie nelle scuole superiori. Un'altra motivazione "evidentemente ha a che fare con la presa che una particolare immagine ha sull'immaginazione dell'individuo, e l'atto iconoclastico rappresenta un tentativo di rompere quella presa per privare l'immagine del suo potere."(15) Anche questa motivazione può essere estesa agli adolescenti, in quanto essi simultaneamente erano attratti dal gruppo e volevano privare gli altri del loro potere di prenderli in giro. La terza motivazione " caratterizza movimenti iconoclastici come quelli del sedicesimo secolo, ove si avvertiva sul piano più ampio che col danneggiare i simboli di un potere - il regime spagnolo o la chiesa cattolica - in qualche modo si sminuiva il potere stesso." (16) Anche questa motivazione è riportabile, in quanto i giovanissimi assassini hanno scelto il terreno scolastico che simboleggia un rifugio sicuro nella comunità, un luogo che per essi non è né sicuro né simbolo di comunità. Attaccando violentemente in pubblico i loro idoli, essi sminuiscono il potere della comunità di proteggere i propri membri preferiti e, se pur brevemente, godono di un senso di aumentata potenza. Della psicologia che sta dietro violenti attacchi iconoclastici contro dipinti Freedberg avanza una spiegazione che ci fornisce la possibilità di comprendere anche la psicologia di questi crimini violenti contro persone.

Si è già alluso in termini semiotici alla tendenza a fondere insieme l'immagine e il prototipo, come tutta la teoria dell'immagine, fin dai suoi primi passi, ha sempre esplicitamente o implicitamente riconosciuto. Noi veneriamo, adoriamo, ringraziamo, facciamo voti non all'immagine in sé, ma alla Vergine o al santo che essa rappresenta. Allo stesso tempo noi sappiamo che si tratta solo di un'immagine, fatta dalla mano dell'uomo, di una sostanza che non è carne. Quando su questa tensione si pone in essere una pressione critica, uomini e donne rompono le immagini, come per porre in chiaro che l'immagine non è vivente, non è un'incarnazione soprannaturale di una realtà vivente. Abbiamo paura di un'immagine che sembra essere viva, perché non può esserlo; così la gente può palesare la sua paura, o dimostrare padronanza delle conseguenze di un'elisione, rompendo o mutilando l'immagine; spezza l'unità apparente di segno e significato evidenziando la comune materialità del segno.(17)

Freedberg descrive una lotta di potere psicologica per distinguere tra l'animato e l'inanimato. Vi è un preciso rapporto con un altro fenomeno che sembra verificarsi in questi delitti: gli adolescenti esprimono costantemente la percezione che gli omicidi siano stati in qualche modo irreali, indicando che essi sembrano non comprendere le conseguenze delle proprie azioni. L'iconoclastia è una categoria ontologica nella quale si possono ricercare delle percezioni della realtà dello stesso genere. Su Andrew Golden e Mitchell Johnson un articolo di Newsweek riferisce che "è stato doppiamente impressionante il giorno dopo, quando tornarono ad essere due ragazzini spaventati, che piangendo nelle loro celle chiamavano la mamma, e infantilmente fraintendendo il significato della prigione chiedevano di poter avere a cena pizza anziché pollo."(18) Michael Carneal quando fu indotto a gettare l'arma esclamò "Per favore, uccidetemi. Per favore, uccidetemi" (19) non appena il senso delle sue azioni fece breccia in lui. In Luke Woodham e Michael Carneal il rammarico era intrecciato con sentimenti di ebbrezza per aver finalmente ricevuto attenzione e rispetto. Katz afferma: "Quando un individuo uccide in uno stato di furia moralistica, la sua prospettiva spesso ci sembra folle o incomprensibile, e, in verità, spesso sembra tale anche a lui poco dopo il delitto." (20) Non è una semplice coincidenza che reazioni analoghe si siano registrate in atti di iconoclastia. Nel 1975, dopo un'aggressione alla "Guardia notturna" di Rembrandt, la polizia dichiarò dell'assalitore : "non pensiamo che si renda conto di ciò che ha fatto. Tutti concordano sul fatto che era palesemente fuori di sé." (21) Lo stesso uomo, la domenica precedente la sua aggressione al dipinto, aveva annunciato durante una funzione religiosa che il giorno dopo egli sarebbe stato sulla prima pagina dei giornali. Michael Carneal diceva in giro che qualcosa sarebbe accaduto il lunedì, il che non fu preso sul serio perché lui aveva l'abitudine di esprimere vane minacce. Il giorno prima della sparatoria a Jonesboro, Mitchell aveva detto ad un amico: "Domani scoprirai se sei destinato a vivere o a morire."(22) Iconoclastia ed assassinio sono entrambi atti di richiesta di attenzione che mirano a ristabilire il rispetto distruggendo oggetti di adorazione.

Sebbene io non esamini qui le motivazioni di questi eventi che di solito vengono suggerite, ovvero influenza dei media, mancanza di guida da parte della famiglia e accesso alle armi, tuttavia nemmeno le escludo. Ciascuno di questi fattori fa parte della cultura americana e quindi contribuisce alle esplosioni di violenza che si stanno manifestando nei ragazzini. Se si trovano ancora delle difficoltà a pensare all'assassinio in termini religiosi, mi si consenta di concludere con qualche osservazione. Queste sparatorie si sono verificate in quella che si suole chiamare la fascia biblica degli Stati Uniti, hanno coinvolto un ragazzo che aveva cantato nel coro e altri che avevano ricevuto la cresima, l'obiettivo in uno degli eventi era costituito da un raduno di preghiera, nei rapporti è frequentemente citato il satanismo, e infine la violenza non è mai stata estranea alla religione. Quelle di cui abbiamo parlato non sono semplici manifestazioni di furore, sono invece esplosioni di indignazione morale scatenate dall'essere emarginati da una comunità che predica l'amore per il prossimo. Nell'ottica dell'iconoclastia contemporanea, non è sorprendente che il sacro terreno del cortile scolastico divenga un altare per atti sacrificali consistenti in carneficine giustificate.

NOTE

 

1 Geoffrey Cowley, Why Children Turn Violent (Newsweek Magazine, New York: Newsweek Inc., April 6, 1998) 25.

2 Teen-Agers Charged With Plotting to Kill in Satanic Campaign (New York Times Newspaper, Section: A, National Desk, The New York Times Company, October 17, 1996) 33.

3 Rick Bragg, Theories but No Answer in School Shooting (New York Times Newspaper, Section A, National Desk, The New York Times Company, December 4, 1997) 26.

4 James Gilligan, M.D., Violence, Our Deadly Epidemic and Its Causes (new York: G.P. Putnam's Sons, 1996) 133.

 

5 Jack Katz, Seductions of Crime, Moral and Sensual Attractions in Doing Evil (New York: Basic Books, A Division of Harper Collins Publishers, 1988) 9.

6 Jeff Ferrell and Clinton R. Sanders Cultural Criminology (Boston: Northeastern University Press, 1995) 4-5.

7 Nadya Labi, The Hunter and The Choirboy (Time Magazine, New York: Time Inc., April 6, 1998) 31.

8 Labi 30.

9 Jonak Blank, The Kid no one noticed (U.S. News & World report, Vol. 125, October 12, 1998) 27.

10 Blank 27.

11 Teen-Agers Charged With Plotting to Kill in Satanic Campaign (New York Times Newspaper, Section: A, National Desk, The New York Times Company, October 17, 1996) 33.

12 Katz 80.

13 Katz 99.

14 David Freedberg, Iconoclasts and their motives (Montclair, New Jersey: Abner Schram, 1985) 25.

15 Freedberg 25.

16 Freedberg 25.

17 Freedberg 33, 35.

18 T. Trent Gegax, Jerry Adler and Daniel Pederson, The Boys Behind the Ambush (Newsweek

Magazine, New York: Newsweek Inc., April 6, 1998) 22.

19 Blank 27.

20 Katz 12.

21 Freedberg 24.

22 Labi 36.

 
 
[Relazione tenuta all' International Symposium Violence Reduction in Theory & Practice

Atlanta, giugno 1999]