CRONICA TERZA

Fabio Brotto

brottof@libero.it

bibliosofia.net

 

BENVENUTO, anno scolastico 2002-2003! Tu ce ne farai vedere, ne siamo certi, delle BELLE. Auguri!

 BUROCRATE. Tale sarebbe il destino del docente, secondo molti: diventarlo, anzi esserlo già. Il potere della burocrazia in Italia è stato ed è immenso, grazie alle caratteristiche di sopravvivenza e adattabilità agli ordinamenti politici che questa entità possiede. C'è una burocrazia ministeriale camaleontica, c'è una burocrazia pedagogica, ecc. C'è burocrazia nelle Presidenze e nelle attive Vicepresidenze, anzi diciamolo meglio: negli Uffici dei Dirigenti Scolastici e nei sotto-uffici dei solerti Vicari, cioè di quei colleghi che si sono meravigliosamente adattati alla soppressione di quel poco di democrazia scolastica che rimaneva (soppressione effettuata dalla Sinistra con l'abolizione dell'elettività dei collaboratori). Camaleontismo e tartufismo dilagano, ragazzi, e qual mai capacità di reale educazione alla libertà e alla democrazia (reale, non cigiellina) ci dovrebbe mai essere nel corpo docente umiliato, piegato, e bastonato nella sua parte migliore, e per il resto composto da una galassia di cani sciolti e di lobby che curano i propri interessi dietro il paravento degli ultimi ritrovati delle para-pedagogie? L'eterea Moratti si è presentata come nemica del Burocratismo: avete visto qualcosa? Negli ultimi anni il numero di circolari interne nella mia scuola è cresciuto, e l'ultimo anno (Moratti regnante) non è stato diverso dai precedenti. Evidentemente qui si manifesta il genio nazionale, l'anima profonda dell'italiota, che rimane sempre uguale nel mutare delle condizioni storico-politiche. Non vedrò la fine della burocrazia nella scuola. Vedrò - sto vedendo - la fine della scuola pubblica. Di quella privata non parlo, perché una vera scuola privata (cui non sono pregiudizialmente ostile, in verità: chiedete agli insegnanti nemici del privato cosa farebbero se questo offrisse loro una cattedra a duemilacinquecento euro al mese, e ne riparleremo) in Italia oggi non esiste.

 

BRUTTO. Categoria non amata dal Pensiero (Pensiero? Ma quale Pensiero? Diciamo meglio: dal Potere) Psicopedagogico Dominante e dalla PC (Political Correctness) , come del resto quella del Buono, in quanto sottraentesi alla misurabilità. Ha molto a che fare con lo Spirito, che il potere scolastico aborre. Questa categoria del brutto è però molto presente nel linguaggio comune, anche se purtroppo a livelli sempre più bassi (ad esempio nella figura di un mollusco bivalve nero, sì che di una professoressa non graziosa l'allievo può predicare: la professoressa Tizia è una cozza). Corrispettivo nel campo estetico di ciò che nel mondo del linguaggio morale è rappresentato dall'anellide, l'umile lombrico: il verme.

Il brutto s'incarna talora in individui che, pur non essendone la manifestazione piena, impossibile nel mondo mondano, si avvicinano molto al tipo ideale. Ciò ho potuto constatare de visu in qualche ispettore ministeriale.

Sovente alla bruttezza fisica corrisponde la depravazione morale: interi gruppi di insegnanti, privi di difese immunitarie, e dominati dal mimetismo (studiate Girard, ragazzi!), appaiono orrendi nel corpo e nel vestire. Un fenomeno in qualche modo analogo è manifesto anche tra gli allievi, in cui i processi di mutazione della specie umana sono coglibili in molti segni: capelli di colori finora sconosciuti alla specie di appartenenza (verde, rosso carminio, blu, ecc.), insensibilità a sostanze nocive, continua inalazione di fumi (non senza l'esempio degli insegnanti tabagisti), ecc..

Come brutto voto temuto un tempo, e legato a ciò che appariva come il potere degli insegnanti (generatore di pratiche abominevoli, quali le esecrande lezioni private, onde un docente giungeva a lucrare quasi quanto un idraulico!). La sparizione degli esami di settembre e la tendenza a dar sempre minor peso alla valutazione tecnica degli insegnanti ha fatto gradualmente venir meno la differenza tra bello e brutto anche nei voti, in modo che giammai la quantità possa trapassare in qualità.

L'insegnante reazionario, disperando ormai di tutto, preferirà avere allievi/e belli/e piuttosto che brutti/e, non potendo desiderare l'impossibile (diligenti, intelligenti, preparati).

 

BARCA. Navigazione e naufragio (Blumenberg): come immagine dell'iter scholasticum e della sua fine. La barca va (finché non affonda). "Lasciala andare", dice il parlamentare medio. "O voi che siete in piccioletta barca", pochi insegnanti-insegnanti nella scuola in tempesta. La scuola imbarca progetti, scaricano sulla scuola responsabilità di ogni tipo. Falle si aprono nel sistema scolastico. Fallimenti scolastici, zavorra. La scuola è in alto mare, i Dirigenti cabotano. Tra le secche della mancanza di fondi, gli scogli della demotivazione, la Cariddi della sperimentazione. Imbarcati in un'eterna discussione. Barcamenandosi da un anno scolastico all'altro, come studenti durante l'autogestione.

 

BENE. Anch'esso, come il brutto e il buono, è una categoria oggi poco amata nella scuola. Sfugge alla misurabilità, non è oggettivabile. Presente nella forma dello star bene (con sé e con gli altri) in progetti di assistenza psicologica agli studenti. Purtroppo lo studio è spesso avvertito come qualcosa che fa star male (e produce affaticamento). Anche i contenuti della filosofia e della letteratura sembrano fatti apposta per far star male le anime sensibili: gli autori degli ultimi due secoli pare non stessero, per lo più, bene con se stessi e con gli altri, dimodoché leggendo le loro opere non si è spinti a vedere la vita in rosa, forse per questo molti (eufemismo) studenti leggono poco. Per i Dirigenti, il Bene è rappresentato dalle iscrizioni ai loro propri istituti, quando esse sono stabili o, meglio ancora, crescenti. L'istituto è come un sistema economico, che non sta bene se non è in crescita (quantitativa, naturalmente): perciò una scuola sana è quella che produce un numero crescente di iscritti. Questa è verità del mondo in cui viviamo, o, direbbe P.Berger, rientra per noi nell'orizzonte di plausibilità. Quindi per i Dirigenti è bene che gli insegnanti non boccino alcuno, in modo che si possano salvare le classi. Ma anche per gli insegnanti è bene non bocciare, perché rischiano altrimenti, in caso di contrazione del numero delle classi, di rimanere senza posto. Ciò conduce alla perdita di ogni rigore (del quale i Ministri parlano mentre lo rendono impossibile: vedi la possibilità di bocciatura solo ogni due anni prevista dal progetto di Riforma Scolastica), e allo sprofondamento nell'insensatezza. Nella mia opinione, sarebbe bene che gli studenti fossero sé stessi, cioè studiassero, e tendessero non alla mera sufficienza (cosa che peraltro non sempre si dà) ma ad un buon profitto. E tuttavia, potendo ormai le scuole private valutare come lor piace, senza controllo, e non potendo - concorrenza, ohibò! - le scuole pubbliche restare indietro, si sta già assistendo alla mirabile crescita delle valutazioni. Così usciranno con ottimi voti studenti che commettono errori di ortografia (in italiano), e che in definitiva, certificati come sono di conoscenze, competenze e capacità, computer-patentati e "parlanti due lingue europee", non sanno una mazza.

Ma il saggio sa. Sa che lo sguardo dell'uomo coglie solo una piccola parte del reale, e che solo Allah vede tutto. Così può essere che la situazione attuale della scuola, che a me appare disastrosa e dominata dal Maligno, rientri nell'ordine universale della provvidenza divina, e cioè sia, in definitiva, Bene.

 

BRAVO. Qualità attribuita dai docenti a qualche allievo, dalle famiglie a qualche insegnante. E' riconosciuta in base a criteri molto diversi, soggetti a mutazione nel corso del tempo, prova che il divenire non è una fede infondata dell'Occidente, come pensa Severino, ma una realtà. Per le famiglie l'insegnante bravo è in genere quello che promuove i figli con voti alti, che non li stressa con troppi compiti. Per il Ministero e per gli Organi l'insegnante bravo è quello che si dà molto da fare sul piano organizzativo-burocratico, che fa incetta di attestati di partecipazione a corsi di aggiornamento (metodologici), che crede in ciò che scende dall'alto (non in senso religioso) e che applica direttive e indicazioni, fa proprio il linguaggio dominante, elabora griglie, monìtora, testa (somministra test, la testa può anche non averla), implementa, e soprattutto progetta, progetta, progetta… L'elemento culturale con la bravura ha poco a che fare.

 

BALLE. Entità linguistica evocata spessissimo anche nelle forme analoghe ed equivalenti che qui non nomino. Spesso ne viene deprecata la rottura, l'infrangimento, in contesti fortemente mimetici, in cui lo scatenamento della violenza solo verbale appare una conferma della tesi gansiana sull'origine del linguaggio. La mera espressione "balle!" con l'oscillare verso "palle!" appare dotata di carattere performativo. Il primitivo carattere maschilista delle espressioni appartenenti alla galassia "balle-palle" è oggi totalmente trasceso, e le donne ne fanno largo uso. Il segno si è staccato totalmente dal referente originario. La pallosità è un carattere riconosciuto dagli studenti alla stragrande maggioranza delle lezioni loro impartite, nonché ai testi che vengon loro fatti leggere. Balle, di contro, e sovente enormi, ruotano intorno alla scuola e agli insegnanti, spesso come veri e propri miti tecnicizzati (Jesi), aventi per lo più il fine di tenere basse le retribuzioni. Una è quella che la pallosità stessa sia dovuta ai metodi di insegnamento, che non sarebbero atti a risvegliare quel meraviglioso entusiasmo per cui lo studente potrebbe godere come un matto nel risolvere equazioni o nel tradurre un brano di Cicerone. Un'altra è quella che i governi delle nazioni sviluppate intendano creare dei sistemi di istruzione validi per il futuro che si auspica (tecnologico, di consumi crescenti, ecc.). In realtà l'istruzione è avvertita come un peso da ridurre il più possibile, soprattutto se pubblica, ma ciò ha un fondamento nella natura stessa degli stati, che, come aveva ben capito N.Chiaromonte, sono sempre e soltanto organizzazioni del potere, che non è astratto, ma è il potere di una casta, di una classe, di un gruppo, in tutte le forme di stato, in quello capitalista come in quello socialista. E la casta al potere pensa anzitutto che il Bene sia il mantenimento del proprio potere: hic et nunc. Il futuro non interessa, se non è immediato. Ciò che non è spendibile nell'immediato vale nulla. E' per questo che tutti i paesi investono nell'istruzione cifre ridicole in confronto a quelle collocate nel settore della difesa. E' anche per questo che tutto ciò che ha sapore di cultura critica non piace al Potere Pedagogico Dominante, nemico di ogni pensiero autonomo, di ogni trascendenza.

29 agosto 2002

 

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