CRONICA QUARTA

Fabio Brotto

brottof@libero.it

bibliosofia.net

 

CONSIGLIO. Dopo cinque ore di lezione, il consiglio che mi potrei dare: riposa la mente, dedicati ad attività rilassanti, va' a caccia col tuo cane. Ma oggi non è giorno di caccia, e l'aria autunnale padana sciroccosa non è nemmeno favorevole alla lettura e allo studio. Ma, esauriti gli impegni domestici (lavare i piatti, accudire i figli), i libri mi risucchiano. Come potrei separare ciò che nella mia vita è lavoro da ciò che è libera occupazione dello spirito? Non studio perché qualcuno mi obbliga, ma perché non posso altrimenti, cercare la verità nella letteratura e nella filosofia - qualcosa di così inutile, di così fuori moda - è diventato per me una seconda natura. E' chiaro che quello che faccio a casa ricade sul mio modo di insegnare, nel modo in cui tento di aprire le menti di quelli che mi ascoltano. Se io leggo un romanzo, questa lettura non è mai puro svago, è studio, è ricerca: si sottrae ad ogni valorizzazione economica, il suo pregio è la sua libertà. Certo, la vita dell'insegnante è particolare, perché il tempo libero e quello occupato non sono facilmente scindibili. Non so però se ciò che io sperimento sia di tutti gli insegnanti: forse è più degli umanisti che degli scientifici. Quello che è certo è che mi sento e sono in dissonanza rispetto alla musica di fondo. L'apertura delle menti, l'operazione sacra che si può attuare nella scuola, è un concetto ignoto al Potere Pedagogico Sovrano. E i politici… parlano di ciò che non conoscono, come cattivi Samaritani.

Il consiglio è un dono dall'alto.

CONFUSIONE. La ministra dell'istruzione, Letizia Brichetto alias (ma perché?) Moratti: insegnanti, insegnate la cultura pratica, trasmettete princìpi, valori… Che confusione concettuale! Cosa intenderà mai, l'ineffabile signora, per cultura pratica? Dubito seriamente che ella parli un linguaggio kantiano. Temo, invece, che con pratico intenda significare vicino ai giovani, espressione vuota di contenuto e tipica del ministerial-populismo di sempre, che accarezza gli studenti con parole vane ma dal suono spirante bontà.

CROCIFISSO. Risorge la questione del crocifisso nelle aule scolastiche. Questione vana, ideologica, del tipo in cui gli Italiani sono soliti lanciarsi col fervore dei Guelfi e dei Ghibellini, e che consente di evitare di misurarsi sulle questioni reali (del genere: insegnanti mal pagati e poco considerati si impegneranno tanto quanto farebbero se fossero stimati e ben pagati? ecc.). Personalmente, la faccenda in quanto ideologica non mi interessa. Quando ero al liceo come studente, negli anni 1964-69, il crocifisso c'era, e i miei compagni erano quasi tutti più o meno agnostici o anticlericali, tranne uno o due. Non si riconoscevano in quell'affarino di plastica, né quello li interrogava in qualche modo. Insomma, l'esserci del crocifisso non determinava allora, come non determina oggi, alcuna reazione religiosa. Del resto, questi orribili crocifissi industriali, sgraziati, insignificanti dal punto di vista artistico, non sono fatti per la fede. Io poi, che in tempi lontani sarei stato iconoclasta, ed ora mi professo un cristiano aniconico, non li amo proprio. Penso che oggi siano branditi come segno di identità da chi, non avendone una autentica, e del Cristo tutto ignorando, vuole contrassegnare aule ecc…. Contra-segnare, cioè segnare contro, evidentemente. Giacché è difficile identificarsi senza passare attraverso la contrapposizione al diverso. In realtà, dal circolo identità-differenza non si può fuoriuscire umanamente: coloro che si oppongono al crocifisso sul muro in nome della tolleranza a loro volta si identificano nell'opposizione agli intolleranti, ecc.

CONGIUNTURA. Quella attuale è sfavorevole agli insegnanti. Insegno dal 1975, ma non ne ricordo una favorevole (forse con la Falcucci, ridatecela). Mi viene in mente che, nel 1977, un quarto di secolo fa, dall'aula insegnanti - come sempre misera e squallida - in cui mi trovavo un giorno, la collega di scienze, indicandomi le automobili nel parcheggio sottostante, mi disse: guarda come si vede dalle macchine che qui ci sono molti insegnanti. Voleva dire che la fascia bassa dei modelli e il loro stato e la loro età indicavano la loro appartenenza a persone di basso reddito. Guardo ora il parcheggio della mia scuola attuale: stessa impressione. Qualche auto decente di insegnanti mogli di professionisti, di qualche scapolo… Ma le automobili degli insegnanti-con-famiglia: che pietà. In un quarto di secolo non è cambiato nulla, il potere d'acquisto è rimasto lo stesso. In compenso sono cresciuti l'umiliazione, il disgusto, il senso di un'irreparabile sconfitta dei buoni.

CONNESSIONE. Deve pur esserci tra lo sviluppo della coscienza generale di un popolo e la condizione del suo sistema scolastico. Tra quello che si dice il carattere nazionale e il modo in cui la classe politica opera sulla scuola. Gli Italiani non sono mai stati un popolo ordinato, e la scuola non è ordinata, il suo ordine è puramente apparente, è in realtà un proliferare caotico (di che cosa? Di ogni cosa). Gli Italiani sono un popolo che ama pensarsi come buono (e ciò maschera la loro fuga dalla responsabilità in tutti i campi), e dalla scuola italiana è stata espulsa la severità, sostituita da psicologismi e pseudopedagogie, con grave corresponsabilità di Destra e Sinistra. Gli Italiani sono un popolo facile all'entusiasmo e alla depressione, e nella scuola si sono succeduti ondate di riformismo entusiasta e abissi di infelicità e disimpegno. Gli Italiani sono un popolo amante delle scartoffie, e la scuola ne è stata riempita. Gli Italiani hanno un complesso di inferiorità nei confronti degli altri Europei, e cercano da secoli di "mettersi al passo con l'Europa", e la scuola italiana, una delle migliori del mondo, è stata destrutturata per copiare (sbagliando anche nella copiatura) la scuola degli altri. Potrei andare avanti, ma a che pro? Se è vera questa connessione, ce ne deve essere una ben più importante, se è vero che sono in crisi tutti i sistemi scolastici occidentali. Il capitalismo contemporaneo non ha una strategia di lungo periodo. Tutto è valutato in funzione del profitto immediato. Dieci anni sono una misura di tempo che eccede assolutamente, oggi, ogni prospettiva macroeconomica. Ma l'istruzione di una persona occupa almeno quindici anni. Per questo il capitalismo attuale non può concepire alcun grande investimento nei sistemi di istruzione, può concepire solo il contrario, cioè tagli nei bilanci, che fruttano risparmio immediato. Così è non solo in Italia ma ovunque, con generale accecamento. Ovviamente, vi sono luoghi che fanno eccezione. Ad esempio, quelli dove si progettano i nuovi armamenti per i campi di battaglia del 2020 e oltre…

CICCHE. La scuola fuma. E' vero, è ormai bruciato quasi tutto nella scuola italiana, metaforicamente parlando. Restano braci, qualcosa fumiga qua e là. Ma qui non parlo per metafore: gli allievi fumano come turchi, più le femmine dei maschi. Sono sempre più impressionato dal fumo delle allieve. Ogni mattina ne vedo decine con la sigaretta accesa già alle 7.45. Arrivano fumando. Offrono sigarette alle amiche, che si fanno una fumata prima di entrare nella scuola. Negli intervalli tra un'ora e l'altra si fiondano in bagno a fumare. Durante l'intervallo idem. Alla fine delle lezioni un'altra sigaretta prima di tornare a casa. Quante ne avranno fumate alla fine della giornata? Non c'è niente da fare, non ci sono corsi di educazione alla salute (ah, ah) che tengano. Spiegare il danno causato dalla sigaretta non serve a niente, non ha alcun effetto deterrente. Perché? Perché questo aumento del fumo giovanile e femminile?

Appartiene ad un vacuo illuminismo la convinzione che spiegando un concetto (ad esempio quello che il fumo fa male alla salute) si ottenga un mutamento nell'ethos. Questo è generato anzitutto da fatti non di natura intellettuale, ma di natura mimetica. I simboli intorno ai quali si polarizza la competizione mimetica sono imprevedibili razionalmente. Così come non si può spiegare con la pura ragione perché gli Italiani maschi siano tanto appassionati al calcio, mentre i Nordamericani e Brotto non lo sono affatto, per loro il calcio non vale una cicca. Forse si potrebbe puntare sull'idea che il fumo rende brutti. Poiché nell'attuale competizione mimetica la bellezza fisica è un elemento determinante, una massiccia campagna antifumo rivolta soprattutto alla parte femminile potrebbe enfatizzare la brutta pelle delle fumatrici, i brutti denti, la brutta voce, ecc..

CRISI. Esprimerò qui un parere fortemente maschilista. Alla domanda "donde la crisi della scuola" risponderò: dall'abnorme e costantemente crescente femminilità del corpo docente. Il corpo docente è un corpo femminile. Alle elementari solo maestre, alle medie pochi professori, alle superiori una maggioranza di professoresse. La femminilizzazione della scuola è una valanga inarrestabile in tutti i paesi avanzati, in Italia più che altrove, ma per l'insipienza dei governanti ciò non costituisce un problema, anzi. Ciò perché pensano che una massa di donne sia meno sindacalizzata e meno forte di una massa di maschi. Il fenomeno è determinato dalla scarsa appetibilità del ruolo sociale del docente, anche, e dello stipendio collegato, ovviamente. A sua volta determina la debolezza degli insegnanti come ceto, con la relativa incapacità di far sentire il proprio peso dal punto di vista contrattuale. Qui qualsiasi ottimismo è insensato.

Guardiamoli, i pochi insegnanti maschi: almeno cinquantenni, mal vestiti, brutti, sovente barbuti post-sinistri, visione del mondo precaria e vacillante, pensiero debolissimo, senso di sconfitta, debolezza congenita. I trecento di Leonida ci sono, ma purtroppo sparpagliati, senza comunicazione tra loro, combattono isolatamente, non hanno voce, moriranno senza gloria. La crisi della scuola è, in assoluto, la crisi del principio maschile.

CONTRATTO. Gli insegnanti sono una categoria composta da individui-individualisti (per lo più donne) con scarsa coscienza delle problematiche economico sindacali che li riguardano. Ci sono colleghi che non hanno nemmeno la più pallida idea di che cosa sia un contratto - per non dire del contratto integrativo d'istituto. Si lamentano dei pochi soldi, fanno nulla perché aumentino. C'è però un certo numero di trafficoni, di imboscati, di vagheggiatori di ogni forma di abbandono della cattedra, gente pronta a fiutare qualsiasi possibilità di arraffare qualche centesimo con attività varie (non in classe). E' singolare che l'aziendalizzazione della scuola sia stata promossa dalla Sinistra (che ha inventato i presidi manager - che ridere! - , il contratto d'istituto, le RSU, ecc.). Insisto sempre sul concetto: la differenza tra la Destra e la Sinistra italiane, in rebus scholasticis, è insostanziale, se si lasciano da parte le fumisterie ideologiche. Vorrei che qualcuno mi indicasse una differenza reale: io non la vedo. Agli effetti pratici un D'Onofrio vale un Lombardi, un Berlinguer vale una Brichetto (alias Moratti).

Contratto vuol dire anzitutto soldi. Un istituto privato che pagasse tremila euro i suoi insegnanti. Quale dei colleghi che attaccano ideologicamente la scuola privata resisterebbe ad un'offerta di lavoro tanto retribuito se gli fosse personalmente rivolta?

CONTENZIOSO. Termine giuridico che si circonfonde di un'aura che dirigenti ed insegnanti venerano e temono. In nome dell' evitare il contenzioso nella scuola italiana odierna si effettuano incredibili operazioni magico-burocratiche: insufficienze sono trasformate per incanto in sufficienze, i quattro diventano sei nello scrutinio finale, vi sono allievi che passano di anno in anno felici con la loro zavorra di debiti scolastici, vi sono addirittura punteggi che levitano miracolosamente dopo lo scrutinio, avviene alla maturità che candidati ammessi, diciamo, con sei punti, ne ricevano una trentina nel colloquio perché possano lucrare il minimo necessario per la licenza, ecc. ecc.. La famiglia (quella benestante) farà ricorso! Oddio, che paura! Come possiamo osare bocciarlo… Ma quel quattro in matematica sarà davvero un quattro? Il poveretto non è stato sempre bene durante l'anno scolastico. A gennaio, ad esempio, ha avuto il raffreddore, che ha inciso pesantemente sulla sua capacità di impegnarsi nello studio, non è stata colpa sua. Professoressa, suvvia, proponga il sei, così poi col voto di consiglio lo portiamo a sette, e magari potrà avere una borsa di studio, ché il reddito dichiarato è basso, mica è figlio di un insegnante, e la famiglia sarà contenta. Avremo più iscrizioni…

La pavidità essendo universalmente diffusa, non appartiene agli insegnanti più che ai dirigenti. In un mondo di deboli, il forte impone la sua legge. E, incredibile, se un consiglio di classe è composto da colleghi decisi, può perfino bocciare! Incredibile ma vero. Sì, può perfino bocciare. Anche oggi.

 29 settembre 2002

 

 

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