L'AUTISMO E L'EDUCAZIONE
CORSO TEORICO DI BASE
Theo Peeters e Hilde Declerq
Direttori Opledings Centrum Autisme di Anversa (BE)
Primo modulo: Angsa Treviso : Treviso, 17-18-19 dicembre
1999
I.S.T. Mazzotti
, Inserito nel Piano di Aggiornamento Provinciale del Provveditorato agli Studi
di Treviso
Chiostri di Santa Corona, Sala
conferenze 22-23-24-25
Novembre 2000
Inserito nel Piano di Aggiornamento Provinciale
del Provveditorato agli studi
di Vicenza
Secondo modulo: Vicenza,
Aula Magna Scuola Infermieri
Ospedale San Bortolo 28-29-30
Maggio 2001
Angsa Treviso : 30-31
Maggio, 1 Giugno 2001 Ca' dei Carraresi
Patrocini della Regione
Veneto, dei Provveditorati di Treviso e Vicenza
Di Comuni e Provincie di Treviso e Vicenza.
La Teoria
dell'Iceberg, capire l'Autismo
Dott. Theo Peeters:
Cominciamo a
sensibilizzare le persone con l'autismo, presentando l'immagine dell'iceberg.
Spesso le persone che si trovano ad occuparsi di
bambini, ragazzi, adulti con autismo vedono quello che c'è in superficie ovvero
i problemi di comportamento e quello che poi ci viene
chiesto spesso dai professionisti, dagli operatori è: aiutateci con questi
problemi di comportamento, dateci delle ricette per questi problemi di
comportamento.
Quello che noi diciamo, è: la vostra richiesta è
comprensibile ma affrontare il problema del comportamento è qualcosa che sta
alla fine della comprensione di quello che è l'autismo.
Con un po’ di immaginazione
qui potete vedere un iceberg … vediamo la parte che emerge, ma come sapete la
più grande parte dell'iceberg è invisibile, nascosta sotto l'acqua. Quello che
noi vediamo della persona autistica sono gli aspetti sintomatici e osserviamo
per esempio: "ha dei movimenti stereotipati, si
picchia la testa da solo, ha dei comportamenti aggressivi"; questi sono
dei sintomi che stanno sulla parte superiore dell'iceberg, ma la loro natura
sta nella parte nascosta, la più grande dell'iceberg. Il nostro intervento non
sarà su questi sintomi, ma su quello che c'è sotto.
Come in un iceberg, la più grande
parte è quella invisibile che è nascosta, quindi quello che noi dobbiamo fare è
capire le cause ( davvero enormi ) di questi sintomi.
E una volta che riusciamo a
comprendere le cause del problema, allora possiamo fare un intervento basato
sulle cause e in questo modo lavoriamo sulla prevenzione. Può sembrare
semplice, ma in realtà questo procedimento richiede un grandissimo sforzo di immaginazione e una costante formazione, perché quello
che dobbiamo fare è cercare di metterci nei panni, nella testa della persona
colpita da autismo, nella persona che elabora le informazioni in modo diverso
da come facciamo noi e quindi capire questo modo diverso di elaborare le
informazioni mettendosi nella sua testa.
Naturalmente nel momento in cui riusciremo a comprendere l'autismo dall'interno
mettendoci nei panni della persona affetta da autismo, potremmo vedere quelli
che sono gli ostacoli che potrebbero renderle la vita così difficile, e quindi provocano problemi di comportamento così visibili e
cercheremo di eliminare questi ostacoli.
Ora se si guarda in modo superficiale a questo approccio senza capire la procedura, si può pensare
che sia l'applicazione di una tecnica in modo rigido, ma è esattamente il
contrario, i professionisti che lavorano con l'autismo, sono persone che devono
essere dotate di una profonda immaginazione e capacità di immedesimarsi nella
persona autistica.
Ora l'immagine dell'iceberg è veramente il punto di
partenza per comprendere la nostra filosofia di come affrontare l'autismo. Ora
data l'importanza che riveste questo punto di partenza, a titolo introduttivo
ci soffermiamo ancora su questo tema e ora Hilde parlerà di un bambino autistico italiano che ha
conosciuto ad uno stage di formazione pratica, del suo punto di vista, del suo
comportamento e delle cause che lo scatenavano. Successivamente
Theo parlerà di un adulto affetto da autismo, sempre analizzando i problemi di
comportamento e le cause.
Luca è un bambino autistico di 6 anni conosciuto
durante uno stage pratico in Italia. Prima spiego come si svolge lo stage
pratico.
I trainers sono 5, durante
lo stage ci sono 5 bambini, tra adolescenti e adulti, persone
con autismo, che saranno assieme ai formatori in uno spazio creato apposta, in
una classe, diciamo così artificiale.
Prima che inizi lo stage, che inizia di lunedì, al sabato e la domenica, i 5 operatori preparano gli
ambienti basandosi su un dossier di ognuno dei 5 soggetti autistici che
lavoreranno, compilato in parte dai genitori e dai professionisti con cui i
ragazzi lavorano, in modo tale che nella classe siano studiati degli spazi
individualizzati per ogni soggetto.
Ogni giorno viene affrontata
una diversa problematica relativa ai soggetti autistici presenti e che poi
viene sviluppata nel corso delle giornate di studio dai partecipanti del corso
di formazione. Nella prima giornata ci si occupa degli aiuti visivi,
soprattutto della comunicazione recettiva ed espressiva ,
poi delle attività domestiche, delle attività di tempo libero e delle
competenze sociali. Tutti i partecipanti sono invitati a prendere nota di tutti
i problemi di comportamento che possono osservare nelle persone con autismo
durante lo svolgimento del corso, e alla fine, venerdì
l'ultimo giorno viene scelto uno dei problemi di comportamento di particolare
interesse, osservati durante il corso.
Nel corso di formazione a cui fa riferimento, era
stato scelto dai partecipanti, il problema di comportamento di Luca, che
consisteva nel suo comportamento autoagressivo: si
picchiava da solo, e Luca di 6 anni era colpito oltre che da autismo anche da
ritardo mentale profondo. Non era verbale ma utilizzava una
solo parola: mamma.
Utilizzava la parola mamma ogni volta che voleva
comunicare qualcosa, se voleva dire ho fame diceva
"mamma", se voleva uscire diceva "mamma", mamma era un po’
una parola passe-partout per comunicare tutto. Luca aveva una particolarità,
gli piacevano le macchine, ma non le macchine quelle per giocare, voleva stare tutto il giorno a guardare le macchine, quelle
vere però.
Potete immaginarvi le difficoltà durante il corso di
formazione pratica, Hilde (il trainer) era
responsabile di Luca, doveva svolgere le attività con
Luca e nello stesso tempo illustrarle ai partecipanti per trovare il modo di
analizzarle e portare aiuto. Ma Luca voleva essere
fuori a guardare le macchine, continuamente. Quando è
stato chiesto a sua madre se aveva lo stesso tipo di problema con Luca a casa,
sua madre aveva risposto che Luca in casa non voleva mangiare, non voleva
dormire e non era mai tranquillo perché voleva continuamente stare in macchina
e l'unico modo che aveva sua madre per stare un po’ tranquilla, per non avere
una giornata infernale era mettere Luca in macchina, e una volta che era in
macchina si calmava, e diventava tranquillo. Quindi
potete immaginare le difficoltà, sia nella situazione professionale nel corso
di formazione, e soprattutto la situazione a casa perché a questo punto, Luca
mangiava in macchina, dormiva in macchina, non poteva fare niente perché vedeva
le macchine dappertutto.
Naturalmente anche quando si andava a fare una
passeggiata appena vedeva una macchina voleva aprirla per entrarci e
naturalmente le macchine sono dappertutto, quindi
potete immaginarvi la situazione. Ora quando si hanno problemi come quelli di
Luca che ha comportamenti di autoaggressività,
la prima domanda che bisogna porsi è questa: che cosa abbiamo già fatto per
migliorare la situazione?
E ora brevemente vi spiegherò che cosa avevano fatto i trainers per
migliorare la qualità di vita di Luca. Per prima cosa avevano cercato di
adattare lo spazio, bisogna dire che per un soggetto come Luca, il mondo è
veramente caotico, non riesce a trovare il significato che c'è dietro il caos,
e quindi il primo passo è quello di adattare lo spazio creando degli ambienti,
che in qualche modo si spieghino da soli. Ora noi
sappiamo che i soggetti colpiti da autismo pensano per immagini, quindi quello
che hanno fatto i trainers
era fare in modo che ogni spazio, fosse chiaro il tipo si attività legate a
quel particolare ambiente. Quindi per Luca era visualmente
chiaro che c'era uno spazio per il gioco dove poteva
giocare e uno spazio con un tavolo e una sedia dove avrebbe dovuto svolgere
delle attività stando seduto al tavolo.
La grande differenza era
che, nello spazio di tempo libero del gioco poteva anche comportarsi in modo
stereotipato come lui voleva, e nell'angolo del lavoro (ma non amiamo molto la
definizione lavoro per un bambino di 6 anni), nello spazio delle attività non
doveva avere comportamento come il buttarsi per terra o cose del genere.
Luca non comprendeva il linguaggio verbale, quindi
bisognava trovare un modo per comunicargli quello che avrebbe dovuto fare
durante la giornata, e dal momento che i soggetti colpiti da autismo sono dei pensatori visuali, bisognava trovare un aiuto visivo per
spiegargli quello che avrebbe dovuto fare. Luca non comprendeva il linguaggio
verbale, ma come risultava dalle le foto valutazioni
informali, non capiva neanche le foto, i disegni, le pittografie e così via.
Capiva gli oggetti, gli oggetti molto concreti , di
uso quotidiano.
Hilde per spiegargli che doveva
svolgere delle attività al tavolo di lavoro, prendeva la prima delle attività
che avrebbe dovuto svolgere, la portava a Luca che vedendo l'attività stessa la
portava al tavolo di lavoro. E quando aveva svolto i
compiti al tavolo delle attività, per fargli capire che era finito il momento
del lavoro e poteva tornare a quello del tempo libero gli mostrava un pallone,
perché nello spazio del tempo libero ce n'erano tanti. Gli faceva vedere un
bavaglio per spiegargli adesso si va a mangiare e il
pannolino per fargli capire quando si andava al bagno e lo zainetto per quando
doveva andare a casa. In questo modo Luca aveva la prevedibilità del tempo,
proprio a sua misura cognitiva.
Aveva anche preparato (stiamo parlando anche di
quello che aveva fatto prima dell'inizio del corso per prevenire eventuali
problemi di comportamento) delle attività molto semplici per lui, si trattava di attività con un inizio molto chiaro uno svolgimento e una
fine molto chiara, preparata pensate, in modo così visuale che Luca vedendole
capiva immediatamente quello che avrebbe dovuto fare.
Per esempio aveva preparato una scatola che aveva un
buco e di fianco dei cubi, e lui non doveva fare altro che mettere il cubo
dentro al buco, ed era chiaro per lui che quando lo
scomparto a sx. era vuoto era finita l'attività. Si
tratta di attività molto semplici, ma ovviamente
dobbiamo considerare che Luca era affetto anche da un ritardo mentale grave e
si trattava quindi di attività adattate al suo livello. Quello che era
importante era che queste attività potesse svolgerle correttamente, quindi potesse avere la sensazione del successo, di aver fatto
qualcosa di giusto (per quanto semplici fossero pensate e organizzate per il
suo livello di pensiero).
Ed è importante non
dimenticare l'aspetto emotivo legato alle emozioni
della persona con autismo, dandogli la prevedibilità del tempo, gli davamo
un senso di sicurezza per quello che avrebbe dovuto fare. Organizzando per lui
quelle attività che effettivamente era in grado di
fare, gli abbiamo dato un senso di riuscita, di essere riuscito a fare qualcosa
veramente da solo, quindi la sensazione di successo e vi prego di capire che
questo ha molto significato per questi bambini provati continuamente
dall'insuccesso e dalle frustrazioni.
Abbiamo parlato di quanto abbiamo curato la
preparazione dell'ambiente all'inizio del Corso pratico, ma nonostante tutta
questa prevenzione ,alla fine della settimana, venerdì
Luca era stato scelto per i suoi problemi di comportamento, quindi questi erano
particolarmente disturbanti per lui; non avevamo fatto abbastanza!
Come abbiamo detto, era
stato chiesto ai partecipanti allo stage di formazione pratica di prendere nota
di tutti i problemi di comportamento che potevano osservare, e la prima cosa
che poi viene chiesta ai partecipanti è: in quale situazione è stato osservato
il problema di comportamento. Erano state individuate 4 situazioni nelle quali
Luca si picchiava. 1° situazione nelle attività al tavolo, 2°
situazione durante il tempo libero, poi durante il pasto del giovedì, e poi
alla fina della giornata quando vedeva sua madre e la sua insegnante.
Ora anziché fissarci, soffermarsi sulla parte emersa dell'iceberg, quindi Luca
che si picchia, cerchiamo di capire quello che è nascosto, quello che c'è
dietro, guardando attraverso gli occhi di Luca, perché ricordiamoci che la più grande parte dell'iceberg è nascosta sott'acqua. Quello che
si vede è Luca che si picchia, ma quello che non si vede, la grande
parte sommersa, rappresenta l'autismo.
La triade sintomatologica dell'autismo: la difficoltà nella
comunicazione, nella interazione sociale e
nell'immaginazione nel gioco simbolico.
Ora prenderemo in analisi tutte le diverse
situazioni in cui si verificavano gli episodi di autoaggressività e cercheremo di capire il comportamento di
Luca.
La 1° situazione: Luca si picchiava durante le
attività da svolgere al tavolo. Come già spiegato erano
state preparate delle attività molto semplici con un inizio chiaro e una fine
chiara e uno svolgimento molto chiaro. Durante il corso anche i partecipanti
avevano preparato delle attività per lui. Ora i partecipanti avevano preparato
un'attività di questo tipo; si trattava di due scatole e in una di queste
scatole si trovavano dei cubi, l'attività consisteva nel metterli in un'altra
scatola, solo che l'altra scatola non era chiusa, era aperta e quindi succedeva
che Luca, dopo aver messo tutti i cubi alla sua sx
nella scatola alla sua dx ricominciava a farlo nella
direzione opposta. Sapete che Luca non comprendeva il linguaggio verbale, ma i
partecipanti che erano molto motivati ad aiutarlo e reagivano dicendo una
pappardella di cose incomprensibili. Luca naturalmente non capiva una parola di
quello che gli veniva detto, e non aveva neanche un
mezzo per far capire che non capiva, potete già vedere qui le grandi difficoltà
nella comunicazione espressiva e recettiva. E quando
poi ancora altri partecipanti, altre persone si avvicinavano a lui continuando
a dirgli cose che non capiva, ad un certo punto la sua reazione era quella di
cominciare a picchiarsi. E cosa succedeva? Succedeva
che quando cominciava a picchiarsi, allora venivano
interrotte le attività, veniva portato al tempo libero e poteva guardare le
macchine, la sua stereotipia preferita, l'attività in cui si sentiva a suo
agio. Quindi abbiamo chiuso la seconda scatola con un coperchio munito di
fessura grande come i cubi da inserire così Luca una volta infilati tutti i
cubi non li vedeva più e capiva che aveva finito.
E perché a guardare le
macchine? Nella 2° situazione che abbiamo detto, abbiamo visto che anche nel
tempo libero si picchiava, dobbiamo immaginarci la situazione: Luca bambino con
autismo, si trova in uno spazio con tantissimi giocattoli e con altri 4 bambini
autistici. C'erano dei palloni, delle bambole, una piccola cucina in miniatura;
ma dobbiamo pensare: quando si hanno dei problemi a livello di
immaginazione, che cosa ce ne facciamo di una bambola o di una cucina in
miniatura? Ma soprattutto c'erano dei cubi di duplo,
lo stesso duplo che veniva
usato nell'attività di lavoro strutturato, (solo che al tavolo lui sapeva che
cosa doveva fare, doveva mettere i duplo in un'altra
scatola), lì, nell'attività libera non capiva cosa farsene.
Ma aveva trovato una soluzione per giocare con il duplo, prendeva i cubi e li tirava in testa agli altri
bambini e ogni volta che lo faceva arrivava un
professionista a dirgli qualcosa verbalmente, e naturalmente Luca non capiva
una parola di quello che gli veniva detto dall'operatore, ma era un'attività
divertente per lui tirare colpire in testa gli altri bambini con il duplo…: ogni volta che colpiva qualcuno, dal bambino usciva
un suono divertente che a lui piaceva. Come il tiro a segno alle giostre.
Un altro aspetto di Luca era che non era
assolutamente un bambino chiuso in sé stesso, ripiegato in sé stesso, anzi era
un bambino che amava molto le coccole, accarezzato ecc. ecc.,
ma non aveva nessun mezzo, nessun modo per comunicare questo. Quindi, anche se
qualcuno gli tendeva le braccia, lui non reagiva (ricordare la disfunzione
nella comprensione delle regole sociali: un atteggiamento fisico per noi
corrisponde ad una intenzione, è una cosa astratta che
un autistico non vede).
La 3° situazione era il pasto del giovedì. I
partecipanti al Corso erano stati invitati a preparare una macedonia insieme ai
soggetti autistici presenti. Luca aveva partecipato alla preparazione della
macedonia e quando aveva finito di prepararla era il momento del pasto, ora i
soggetti autistici erano seduti a tavola e la macedonia era lì vicino bene
visibile, Luca molto pazientemente prima aveva mangiato la zuppa, e probabilmente
pensiamo che Luca dopo aver mangiato la zuppa, abbia
pensato bene "ora posso mangiare la mia macedonia", ma subito dopo
arriva una donna con un vassoio pieno di pasta, e pazientemente aveva mangiato
la pasta, aspettandosi dopo di mangiare la macedonia, ma una volta finita la
pasta ritorna la stessa signora di prima con un vassoio di carne, ma Luca a
questo punto aveva cominciato a picchiarsi, così immediatamente aveva avuto la
sua macedonia. Era il solo modo che Luca aveva per comunicarci che non era d'accordo
su quello che stava succedendo.
Durante la giornata di corso in cui si affronta il
tema della comunicazione era stato chiesto ai
partecipanti di prendere nota della comunicazione spontanea di Luca durante il
pasto. In seguito alle osservazioni, la conclusione dei partecipanti era che
Luca non avesse fame, perché non aveva chiesto niente. Si è individuato e
sviluppato un obiettivo di apprendimento per Luca:
chiedere qualcosa da mangiare porgendo un piatto a un'altra persona: nel
momento in cui Luca aveva imparato che porgendo il piatto riceveva qualcosa in
cambio, alla fine del pasto aveva mangiato una intera pagnotta, quindi aveva
fame e le conclusioni precedenti dei corsisti si sono dimostrate molto
inesatte!.
L'ultima situazione: Luca si picchiava ogni volta
che vedeva sua madre e la sua insegnante. Ora questo è legato allo stile
cognitivo della persona autistica, su cui tornerà più approfonditamente nel
pomeriggio "il pensiero in dettagli".
Quindi anziché soffermarsi sulla
parte visibile, "Luca si picchia quando vede sua madre con la sua
insegnante", dobbiamo capire cosa sta nella parte sommersa e questo è
legato al pensiero in dettagli.
Molte persone colpite da autismo pensano per così
dire in compartimenti visivi, e ogni dettaglio appartiene a un determinato contesto. Il che vuol dire :"la maestra, l'insegnante è legata al contesto
classe, appartiene alla classe, la mamma appartiene alla casa, quindi che cosa
significa vedere la madre e l'insegnante insieme nello stesso luogo. Questo per
Luca era molto difficile da capire, perché la sua insegnante era lì in quel contesto dello stage pratico? Forse voleva dire che lui
doveva tornare a scuola? E ogni volta che per lui la
situazione di dubbio diventava insostenibile ricominciava a picchiarsi.
Lo si portava fuori a vedere le
macchine e lui si calmava. E la stessa cosa con sua madre, quando lui vedeva sua madre secondo lui era ora di tornare a casa. Tuttavia
quando sua madre lo veniva a prendere voleva parlare con i formatori dello
stage e voleva un colloquio, faceva un sacco di domande, ci voleva del tempo e
quindi Luca doveva aspettare, ma aspettare quanto? Questo non lo capiva; presto
per lui la situazione diventava insostenibile, ricominciava a picchiarsi e a
quel punto sua madre lo prendeva e tornavano subito a casa. Quindi
di nuovo senza fermarsi sulla parte superficiale cerchiamo di capire le cause
partendo dalle difficoltà specifiche delle persone colpite da autismo, e
pensando a questo dobbiamo di nuovo pensare di riadattare i nostri sforzi, la
nostra preparazione per prevenire i sintomi, i problemi di comportamento.
Adesso abbiamo parlato di un bambino, ma parliamo
anche di un adulto affetto da autismo Herman.
Herman è una persona di 35 anni
con autismo associato a ritardo mentale medio grave e vive in un centro per
l'handicap che ha una buona fama; tuttavia il personale di questo centro non
aveva una formazione specifica sull'autismo e a un
certo punto il dott. Peeters era stato chiamato in
questo centro perché Herman manifestava una serie di
problemi di comportamento che lo rendevano sempre più ingestibile e i
responsabili del centro volevano intervenire prima di dover ricorrere a una
terapia con neurolettici e psicofarmaci.
Il primo passo da parte dei trainers
del dott. Peeters, era stato quello di osservare Herman nella situazione naturale; anche Herman
era quasi completamente non verbale. Ora facciamo riferimento alla triade sintomatologica, cosa vuol dire: naturalmente noi non
consideriamo l'autismo come un unico sintomo, ovvero l'essere ritirati in sé
stessi, ma l'autismo come una sindrome con una serie di sintomi. Quindi i tre gruppi essenziali nella definizione
della sindrome autistica sono problemi nell'ambito della comunicazione,
nell'interazione sociale e dell'immaginazione (triade sintomatologica
descritta da Lorna Wing,
psichiatra e genitore della National Autistic Society Inglese n.d.r.).
Come nel caso di Luca anche gli operatori che
lavoravano con Herman non partivano da questo punto
di vista e non lo conoscevano; era ovvio che si sarebbero avuti dei problemi di
comportamento. Ora durante la sua esposizione Hilde
farà di tanto in tanto riferimento a delle frasi dette da persone autistiche
eccezionalmente dotate, si tratta di un sottogruppo di persone con autismo che
hanno scritto libri, autobiografie, che fanno conferenze che comunicano tra di loro con Internet e si stanno organizzando in modo
sempre più complesso e che presto avranno una rappresentante di tipo politico
come è successo 50 anni fa con i sordi.
Se l'argomento vi interessa
in particolare modo potremo soffermarci su questo sottogruppo, ma per il
momento lo citiamo soltanto di tanto in tanto. Ora la prima parte della triade sintomatologica: la comunicazione. Una persona affetta da
autismo che si chiama Donna Williams (australiana ora vive in Inghilterra) ha
scritto in un passo dei suoi libri: "Quando avevo 5 anni potevo sopportare
il bla bla della gente solo
per 5 secondi", bisogna pensarla bene questa frase perché è un po’ una
frase chiave. Il dott. Peeters, di tanto in tanto,
quando cerca di capire e descrivere l'autismo, fa riferimento a delle
esperienze avute da lui stesso: naturalmente lui non ha i problemi di
comportamento di una persona affetta da autismo, ma ha per esempio dei problemi
nella comprensione di certe lingue, quando si trova in Italia capisce un po’ di italiano, ma non tutto, per es.: se voi gli parlate e
dite soltanto l'essenziale, allora probabilmente capisce, e se voi parlate con
molte parole con molto bla-bla a questo punto lui si
scoraggia e non cerca neanche più di capire quello che state dicendo, e se voi
individualmente parlate con lui, quindi siete voi e lui che parlate, allora
sicuramente farà degli sforzi per capire quello che state dicendo, ma in un
gruppo di persone, tante persone che cercano di parlare contemporaneamente non
farà neanche lo sforzo di cercare di capire quello che state dicendo, avrà
delle difficoltà a venirvi dietro.
Dovete pensare che le persone colpite da autismo
hanno questo stesso problema ma in modo molto più
estremo. Questo era il problema di Herman nel suo
centro, gli operatori del suo centro erano convinti che lui capisse molto del
linguaggio verbale, allora gli parlavano, gli parlavano, gli parlavano.
Hilde ci ha dato una
dimostrazione prima di quello che vuol dire non capire continuamente (ha
chiesto al dott. Peeters di continuare la sua
esposizione in fiammingo n.d.r.). Se lui andasse
avanti a parlare in fiammingo sicuramente voi all'inizio
come Herman sareste pazienti ma dopo un quarto d'ora
qualcuno di voi inizierebbe ad andarsene via, qualcun altro comincerebbe a
insultarlo o cose del genere e lui tornerebbe in Belgio dicendo "quelle
persone di Vicenza hanno molti problemi di comportamento".
Per gli operatori capire il problema di Herman significava accettare che spesso le persone colpite
da autismo fanno così tanti sforzi per cercare di
capire quello che noi diciamo e che facciamo, e nel momento in cui noi diciamo
una certa cosa in un contesto appropriato, allora danno l'impressione di capire
quello che abbiamo detto, (es: quando si tratta di capire una routine, un
qualcosa detto in un contesto che si ripete, qualcosa che si deve fare tutte le
volte in questo contesto) ma questo non vuol dire che c'è la comprensione di
tutte le parole.
Per es.: quando si conduceva Herman
in bagno e gli si diceva, ora Herman lavati la faccia
lui lo capiva; ma se era in un'altra stanza da bagno e gli si diceva Herman lavati, non lo poteva capire perché non era nel contesto conosciuto.
Si possono fare degli altri esempi di questo tipo.
Il dott. Peeters pensa che sia una cosa del tutto logica, per es. come lui ha già detto capisce un
po’ di italiano, ma se tutto il giorno gli parlate in italiano, ad un certo
punto non ce la fa più e la stessa cosa per Herman
che sottoposto a questo continuo sforzo, ad un certo punto esplodeva.
2° aspetto della triade sintomatologica, la comprensione sociale, l'interazione sociale.
Ora noi dobbiamo capire che non parliamo soltanto con le parole, ma parliamo
con gli occhi, con il corpo, con espressioni facciali, e le difficoltà di
comprensione nell'autismo, non si fermano alle parole, ma riguardano tutti
questi aspetti.
Per comprendere bene questo possiamo
riferirci a Gunilla Gerland
una persona autistica dotata, che ha pubblicato un libro che si intitola Una persona vera edito da PHOENIX.
Proprio in questo libro descrive il suo primo giorno
di scuola : "450 voci imprevedibili e tutte
quelle gambe e quelle braccia che si muovono contemporaneamente". Vedete,
capite, tante informazioni da assimilare e per le persone
autistiche, pensatori visuali, manca proprio la possibilità, il tempo
per permettersi di vedere il significato comunicativo, sociale di queste
espressioni.
Un'altra persona autistica dotata Temple Grandin, che vive nel
Colorado dove fa la veterinaria, dice: quando mi trovo insieme a tante persone,
cerco di capire quello che fanno e mi sento "come una antropologa
su Marte " (Titolo del libro di Oliver Saks che descrive le esperienze di autismo n.d.r.). Un'altra persona autistica dotata inglese Terese Joliffe, una persona
eccezionale che ha un dottorato in autismo, ad un certo punto nella sua
autobiografia, scrive: "tutte le volte che mi
trovo in una situazione sociale, vedo tante persone che si comportano in un
certo modo, allora cerco di analizzarle in modo scientifico, così prendo nota
di tutto quello che fanno, di tutti i dettagli diversi che sto vedendo e mi
ritiro in una stanza a pensarci su, e quando penso di aver capito, di essere
preparata, ritorno nella situazione. Ma soltanto per capire che lo studio non
mi ha aiutata molto perché la situazione è di nuovo
cambiata totalmente".
Quindi potete osservare questa attitudine
all'analisi scientifica , al bisogno di descrivere per immagini fisse, delle
persone autistiche e Mark Segar un'altra persona
autistica dotata ha scritto: "se dovessi riassumere in una frase l'idea
dell'autismo direi che le persone autistiche devono capire in modo scientifico,
quello che le altre persone fanno in modo intuitivo".
Quindi potete immaginare le difficoltà
di una persona colpita da autismo e ritardo mentale come Herman
nel dover capire la situazione di gruppo in cui si trovava a stare. Il dott. Peeters è convinto che bisogna pensare alla protezione
delle persone colpite da autismo nel gruppo improvvisato. Il direttore del
centro in cui si trovava Herman non aveva una
comprensione molto moderna dell'autismo, e quello che diceva il direttore di
questo centro era: la nostra filosofia è tutta nelle attività di gruppo, noi
dobbiamo spingere le persone ad essere sociali, se lasciamo Herman
fuori dal gruppo poi diventerà ancora più autistico di
quello che è già, e quindi mettiamolo nel gruppo con gli altri!
Ora provate a mettervi nei panni di Herman, provate a vedere l'autismo dall'interno, immaginate
Herman in queste situazioni di gruppo tutto il
giorno. Era chiaro che ad un certo punto non poteva
più funzionare. Ora Herman persona autistica non
verbale, non poteva avere i mezzi per dire "ora basta è
troppo, scusatemi ho bisogno di protezione" .L'unica cosa che
sapeva era che se cominciava a sbattere la testa contro il muro a picchiare gli
altri a picchiarsi da solo, allora veniva tolto dalla situazione che per lui
era insostenibile e veniva portato nella sua camera tranquilla. Ora possiamo
capire chiaramente: se noi vediamo l'autismo superficialmente chiamiamo questo
un problema di comportamento, ma se noi lo capiamo dal punto di vista di Herman, lo traduciamo come un tentativo disperato di
comunicarci le sue difficoltà. Questo per quanto riguarda l'interazione
sociale, che deve essere insegnata a piccoli passi e non imposta totalmente
.
3° aspetto che riguarda l'immaginazione. Ora affronteremo il tema
in modo più dettagliato perché nell'autismo c'è una specifica difficoltà
nell'andare al di là dell'informazione data. Ora memorizzate bene quello che sto dicendo perché è un tema
su cui ritorneremo spesso e faremo spesso riferimento. Le persone colpite da
autismo hanno un profilo molto disarmonico, nell'elaborazione delle
informazioni (funzione cerebrale n.d.r.). Hanno un
profilo disarmonico nel senso che hanno dei punti molto forti e dei punti molto
deboli.
I punti di forza sono costituiti dall'elaborazione
delle informazioni concrete e visibili nello spazio (oggetti reali, foto,
disegni), e le informazioni invece che costituiscono delle difficoltà per loro
sono informazioni che sono astratte, invisibili, temporali (linguaggio verbale,
discorsi metaforici, sentimenti, sensazioni).
Ora se voi capite questo aspetto,
come pensate che possa essere elaborata l'informazione del tempo? Il tempo è
invisibile, molto astratto e naturalmente temporale (passa e non torna). Non
dimenticate che anche noi abbiamo dovuto rendere il tempo visibile per
permetterci di organizzare meglio la nostra vita e il nostro tempo: abbiamo costruito
il calendario, l'orologio.
Se una persona non ha questa prevedibilità del tempo è portata a pensare che la sua vita sia dominata dalle
coincidenze. E una persona che non avrà nessuna prevedibilità del tempo sarà una persona che sarà dipendente dalle altre
persone. Quello che osserviamo nella pratica è che le persone con autismo non vengono aiutate a capire il tempo, a capire quello che
succederà. Spesso creano loro stessi una routine per avere una prevedibilità
del tempo, una routine alla quale possono attenersi molto rigidamente e avere
molta resistenza ai cambiamenti in modo di avere una certezza di quello che
fanno, visto che nessuno da loro i mezzi per comprendere. Da questo punto di
vista Herman era molto fortunato perché le attività,
la vita nel centro dove stava, erano organizzate come quelle di un monastero,
ogni giorno le stesse cose alle stesse ore. Ma se
qualche volta c'erano dei cambiamenti di questa routine, allora Herman perdeva quel piccolo potere di prevedibilità che
aveva nella sua vita e questo gli creava enormi difficoltà.
E soprattutto il sabato e la
domenica erano difficili per Herman perché tutto era
imprevedibile. Quindi, vedete noi possiamo dire Herman ha dei problemi di comportamento, ma quello che noi
dobbiamo capire è che è veramente un peccato che Herman
non sia seguito da persone che conoscono il suo problema. Quindi
diciamo: sì, lui ha dei problemi di comportamento, ma noi abbiamo dei problemi
di comprensione se non capiamo perché lui si comporta così.
Abbiamo parlato della triade e del legame con i problemi di
comportamento, ora cerchiamo di vedere altre difficoltà di Herman
nei vari momenti della giornata. Il momento più positivo
della giornata: c'erano le ore del pomeriggio in cui c'era una attività da
svolgere: veniva chiamato "Atelier occupazionale". Nelle tre ore di questo atelier, Herman aveva una
educatrice per lui solo, perché dato il suo ritardo mentale, il direttore aveva
voluto un rapporto uno-uno. E vedendo Herman e la sua
educatrice insieme, i Trainers avevano provato delle
sensazioni contrastanti: da una parte positivi,
dall'altra negativi. Positivi perché vedendoli insieme
era evidente, si capiva che si volevano molto bene. Herman
era contento che la sua educatrice fosse accanto a lui e l'educatrice voleva bene a Herman.
Quello che era triste, era che anche in queste 3 ore
Herman non aveva mai un momento in cui era veramente
indipendente. Herman era in grado di capire le
immagini, le fotografie, i disegni, ma non aveva nessun supporto visivo che potesse aiutarlo, e tra i due, Herman
e l'educatrice, si era venuta a creare una routine un po’ bizzarra. Herman era seduto a un tavolo e
alla sua sinistra c'era la sua educatrice che gli diceva qualcosa. Herman non capiva quello che gli si diceva, ma tutte le
volte lui riprendeva una certa attività, poi si fermava la guardava, aspettava
che lei dicesse qualche altra cosa, e quando lei parlava
di nuovo lui continuava a svolgere le attività. Continuava così per tutto il
tempo, lui si voltava, guardava l'educatrice, e quando questa parlava lui
ricominciava l'attività. Herman non faceva più
distinzione tra le parole, era diventato un'unica
cosa, una routine, aspettava queste parole che non capiva per fare il lavoro.
Ora se io penso all'idea che ho io di felicità, di
stare bene, sono convinto sia qualcosa legato anche all'essere indipendente, il
saper fare delle cose da solo, penso che sarei molto triste di
essere dipendente sempre da un'altra persona e per questo era triste
vedere che Herman, anche in quel momento che era il migliore
della giornata, non fosse mai del tutto indipendente, non potesse mai fare una
cosa da solo.
2° momento della giornata, quando gli operatori
cercavano di coinvolgerlo nell'ambito di una attività
domestica. Si davano a Herman consegne verbali come
"apparecchia la tavola". Apparecchiare la tavola ora può sembrare una
cosa molto semplice per noi, ma è una cosa molto difficile, più complessa di
quello che pensiamo. Ora, se qualcuno mi chiede di apparecchiare la tavola, io
sono una persona che ha molto linguaggio, anche molto linguaggio interiore, che
cosa significa, significa che ho all'interno una rete di concetti che mi
permette di capire come (immaginare) organizzare un'attività di questo tipo,
quali sono le diverse tappe che mi permettono di svolgere una
attività così complessa. E nel momento in cui mi viene
data la consegna: apparecchiare la tavola, io a livello inconscio mi pongo una
serie di domande es: di che pasto si tratta? è la
colazione? la cena? il
pranzo? per quante persone apparecchiare? se tutte le persone che di solito mangiano a questo posto ci
sono, che cosa bisognerà bere e così via.
Ma Herman, come tutte le
persone colpite da autismo anche quelle molto dotate aveva
anche carenze in questo linguaggio interno, difficoltà a creare uno scenario
mentale di quello che avrebbe dovuto fare e quindi per compensare questo
difetto, questa impossibilità di sviluppare uno scenario interno, l'aiuto
consiste nell'offrirgli uno scenario esterno, di fargli visualizzare, la
sequenza, le diverse tappe che compongono l'attività e a questo punto con il
supporto di uno scenario esterno, Herman sarà molto
motivato a svolgere l'attività. Ora per sviluppare un aiuto di questo tipo, di
uno scenario mentale esterno, naturalmente bisogna conoscere l'autismo, avere
una formazione specifica sul problema specifico e in mancanza di questa
formazione specifica, gli operatori del centro facevano
quello che potevano e si limitavano a dire a Herman
"apparecchia la tavola".
Ma nel momento in cui lo dicevano, nel contesto appropriato, nella sala da pranzo, allora Herman capiva che era qualcosa che riguardava i piatti, si
dirigeva verso i piatti, cominciava a metterne qualcuno, ma dopo 2 minuti non
riusciva a ricordarsi, a sapere quale era la tappa successiva e in qualche modo
era come se fosse paralizzato mentalmente nel proseguimento di questa attività
complessa e a questo punto quello che dicevano gli operatori era "Herman non è molto in forma, è stanco, non vuole
apparecchiare la tavola".
A questo punto Herman,
ancora una volta si trovava in una situazione di insuccesso.
Lui voleva apparecchiare la tavola, ma non sapeva come farlo. E quello che
dobbiamo pensare è: la maggior parte dei problemi di comportamento delle
persone con autismo sono legati a delle situazioni di
insuccesso, queste persone si sentono in una situazione di insuccesso. In
questo particolare frangente Herman iniziava ad avere
comportamenti autoaggressivi.
Ma il momento più difficile
durante la giornata era il momento del tempo libero non organizzato. Ora, in
questo centro che abbiamo detto aveva una buona fama, c'erano dalle 7 alle 8
ore ogni giorno di tempo libero non organizzato, anche se voi conoscete anche
poco l'autismo, potete capire da soli che cosa significa questa
enormità di tempo libero. Era proprio durante questo tempo libero che si verificava la maggior parte dei problemi di comportamento
di Herman che ricominciava a picchiarsi , a correre
per i corridoi, a strappare le cose dalle pareti, a gridare, ed era proprio
durante questo tempo libero che si verificavano i problemi di comportamento. Ma ora analizziamo il termine "tempo libero non
organizzato", molte persone autistiche a causa della loro mancanza di
linguaggio interno hanno una loro mancanza nell'organizzare le attività. Quando
invece, in una attività possono vedere, possono avere
uno scenario visuale che indica l'inizio di una attività e come svolgerla,
quando finisce l'attività, come si svolge la transizione da una attività
all'altra, allora questo gli permette di organizzare il loro lavoro, con le
loro attività, ma un aiuto di questo genere richiede una formazione specifica
da parte degli operatori che lo attuano.
Pensate alla parola "tempo", come ho già
detto il tempo è qualcosa di invisibile di astratto,
di temporale e sono le informazioni più difficili da elaborare. La parola
" libero", pensateci un attimo, ci si aspetta che uno
faccia quello che vuole. Naturalmente siamo per la libertà delle persone
autistiche, ma la parola libertà ha un significato soltanto nel momento in cui
si conoscono le scelte possibili e nel caso specifico dell'autismo, libertà ha
un significato quando le scelte possibili sono visualizzate, potete capire che
soprattutto è durante questo tempo libero che Herman
ha bisogno di aiuti educativi e senza quelli va in
crisi!
Facciamo riferimento di nuovo all'immagine
dell'iceberg pensando che quello che ho voluto dire adesso sia molto chiaro. Che cosa si può fare per aiutare Herman?
Pensate che la terapia farmacologica sia una buona
soluzione?( NO) .Questa soluzione può essere solo
soluzione emergenza, nel momento in cui si ha a che fare con la persona
autistica in fortissima crisi e non si ha scelta, allora rimane l'unica
soluzione d'urgenza".
Avendo avuto esperienza in molti paesi del mondo, è
stato dimostrato (Division Teacch
North Carolina, NAS Inghilterrra)
che nei paesi dove è stato sviluppato un approccio educativo specifico per
l'autismo vengono utilizzati molto meno farmaci e
terapie di questo tipo. E nel caso di Herman, un
intervento che affronti direttamente i sintomi, quindi che si ponga in modo negativo agli aspetti sintomatologici,
come abbiamo visto, penso non sia ammissibile. A livello etico, sarebbe come
punire una persona per il fatto che ha un handicap e
per il fatto che non ha un linguaggio interno che lo aiuti a guidare le proprie
attività.
Ora per chiudere questa introduzione
prima di affrontare direttamente, specificatamente l'autismo, parliamo della dimensione della prevenzione dei problemi
di comportamento.
Più di 15 anni fa il ministro della pubblica
istruzione in Belgio, ha iniziato questo progetto che riguardava la formazione
di classi specializzate, per persone autistiche e ha dato l'incarico al dott. Peeters ed al suo Centro di formazione di svolgere una
serie di corsi di formazione per operatori specifici,
proprio per il problema dell'autismo, e nel momento in cui il dott. Peeters era stato coinvolto in questo progetto di
formazione, aveva deciso di cominciare pensando a queste 5 assi, a queste 5
dimensioni.
Anche se all'inizio erano state pensate come
dimensioni per la formazione, possono anche essere viste come i 5 punti per la
prevenzione dei problemi di comportamento .
La prima
dimensione come è logico: partire
da una buona conoscenza teorica dell'autismo. E' logico, se vogliamo occuparci
di un bambino cieco e non sappiamo niente di cosa sia la cecità, e gli effetti
della cecità nello sviluppo, sicuramente provocheremo
dei problemi di comportamento in questo bambino. Ora se avete
capito bene quello che abbiamo detto riguardo Luca ed Herman,
potete capire che molti dei loro problemi erano legati alla triade sintomatologica della sindrome autistica. E questo
pomeriggio affronteremo più dettagliatamente i problemi relativi
alle difficoltà di comunicazione e interazione sociale e immaginazione.
Quindi nel momento in cui degli operatori, e si parla anche do operatori molto
motivati ad aiutare i ragazzi, di operatori che hanno
molta buona volontà, si rivolgono a lui per chiedere come affrontare, come
riuscire a eliminare i problemi di comportamento delle persone con autismo,
allora lui domanda innanzitutto "che tipo di formazione avete voi
dell'autismo? che cosa sapete dell'autismo ? avete
adottato delle misure specifiche per il problema dell'autismo ? per prevenire i
sintomi ? vi siete basati sulla conoscenza teorica sull'autismo più avanzata a
livello internazionale ? perché se queste condizioni mancano è molto ipocrita
parlare di problemi di comportamento degli altri con autismo". Dovete
essere in grado di fornire loro l'intervento educativo individualizzato, dovete
essere dei professionisti nel vostro lavoro , solo
così potrete aiutare i vostri studenti.
La seconda
dimensione:
l'adattamento dell'ambiente, domani
affronteremo questo tema in modo dettagliato, adesso spieghiamo
il significato essenziale di questa dimensione, cosa vuol dire? Ora la frase
che spiega meglio il significato viene di nuovo da una persona autistica molto
dotata Terese Joliffe. A un certo punto scrive: "il più grande sforzo della
mia vita, è stato sempre quello di trovare un appiglio nel caos". Ora se
entrate in questa ottica se vedete la persona
autistica come immersa in un caos continuo, dominata dalle percezioni, da
informazioni che non è in grado di capire, potrete rendervi conto che in primo
luogo va aiutata a questo livello, le persone autistiche come noi sono alla
ricerca di un significato di quello che le circonda, ma i significati che noi
usiamo sono troppo astratti per essere comprensibili da loro, ora immaginatevi
di trovarvi in una cultura completamente diversa, dove non solo il linguaggio è
diverso, ma anche i costumi sociali, immaginatevi di trovarvi in questo
contesto e non c'è nessuno che vi aiuti, penso che sia ovvio che il vostro più
grande desiderio inizialmente è quello di uscire da questo caos e fornire una
prevedibilità del tempo e dello spazio è il primo passo per cercare di tirare
fuori dal caos la persona autistica. Questo è il fondamento di
ogni tipo di formazione sull'autismo. Nel momento in cui il soggetto
autistico non ha nessun tipo di prevedibilità del tempo e dello spazio, non può
capire nulla di quello che succede, di quello che deve fare e non ha di
conseguenza neanche una stabilità emotiva legata a questa sicurezza allora non
potrà imparare cose successive, bisogna cominciare da questo livello.
La terza e la
quarta dimensione le consideriamo insieme: fare delle valutazioni e utilizzare il risultato della valutazione per
sviluppare un programma educativo individualizzato. Perché
questo è legato alla prevenzione dei problemi di comportamento?
Ora, pensate a voi stessi: vi trovate in una
situazione in cui continuamente vi vengono chieste
cose troppo difficili per voi, penso che anche voi alla lunga svilupperete
problemi di comportamento; ma anche se vi si chiede sempre la stessa cosa
troppo facile, continuamente, anche in questo caso svilupperete un problema di
comportamento. Ricordo di quando ho iniziato a
interessarmi all'autismo nei miei primi contatti con le persone autistiche era
ostacolato dal fatto che aveva un mio problema: avevo un po' paura di queste
persone, paura perché? Perché sapevo che avevo a che fare con delle persone
molto vulnerabili, e sapevo che se avesse chiesto cose troppo difficili avrei
aumentato le loro difficoltà, e nonostante avessi una buona capacità intuitiva,
non avevo nessun mezzo che mi aiutasse a capire cos'è
che era troppo difficile, cos'è che invece era troppo facile per il soggetto
con cui stavo lavorando.
Ora, quando si lavora con l'autismo, le difficoltà
sono di una complessità tale che è importante all'inizio di un programma
educativo, partire con basi oggettive sulle capacità. E' basandosi sul
risultato di una valutazione oggettiva e standardizzata che si possono
sviluppare dei programmi educativi individualizzati per la comunicazione, le
attitudini nelle attività domestiche, per quelle del tempo libero, per quello
delle competenze sociali, e accademiche funzionali.
Basandosi su dato oggettivi
abbiamo molte più possibilità di riuscire ad avere dei successi. Ora noi qui
siamo invitati a parlare di educazione specifica
dell'autismo e quello che è importante in un'educazione specifica nell'autismo
è di riuscire a dare dei successi alle persone autistiche.
Questo fa pensare di nuovo alla persona di cui
abbiamo parlato prima, Gunilla Gerland,
che è stata invitata nelle Fiandre a tenere delle conferenze (ma presto verrà
anche in Italia a Lecco per una conferenza , giugno
2001 n.d.r), per i professionisti nelle Fiandre,
nelle quali ha detto: "è molto importante lavorare sulla indipendenza, ma
essere indipendenti senza avere alcuna auto-stima non serve a nulla. Quindi
dare al soggetto autistico la sensazione di valere, creargli le basi per avere
una sorta di autostima, è la cosa più importante
nell'approccio educativo dell'autismo. Quello che si osserva nella popolazione
delle persone autistiche molto dotate, i problema che
si incontra più spesso è la depressione e anche nei casi di autismo con ritardo
mentale c'è sicuramente una forte depressione anche se nascosta. Quindi ricordatevi che nell'educazione dell'autismo bisogna
lavorare sul creare, dare a queste persone del successo.
La 5°
dimensione
della prevenzione dei problemi di comportamento è l'utilizzo di strategie specifiche per
l'autismo. Di nuovo è una cosa del tutto logica,
se noi vogliamo lavorare su un bambino cieco non usiamo la strategia
d'apprendimento per i sordi. E si conosce bene l'autismo, si conosce
l'importanza di alcune strategie che noi utilizziamo
come per esempio la collaborazione tra
genitori e professionisti, ma ne parlerò successivamente in modo più
approfondito. Una delle strategie è l'utilizzo
di supporti visivi perché cercate di tenerlo sempre bene in mente le
persone con autismo sono dei pensatori visuali. Ad es.
Temple Grandin scritto un
libro intitolato: "Pensare in immagini " e un'altra persona autistica
dotata che conosco, nelle Fiandre ha spiegato: "la
mia prima comprensione è sempre attraverso le immagini, le immagini sono la mia
lingua madre e successivamente devo tradurre le immagini con le parole e questo
è un processo più difficile perché le parole sono la mia seconda lingua".
Ora parlerò ancora di qualche piccolo aneddoto. Come forse vi ha già detto, Hilde non è solo una professionista dell'autismo ma è anche
madre di Tomas che ha 14 anni ed è colpito da
autismo.
Un giorno Tomas si era
svegliato e quando si era alzato non aveva trovato in casa alcuno schema
giornaliero, uno schema che gli mostrasse cosa doveva
fare durante la giornata, appena sua madre si era alzata le ha chiesto
"mamma cosa faremo oggi?" E Hilde gli aveva
detto " adesso facciamo colazione poi faremo una passeggiata, poi faremo
questo, quello e così via" . Tomas capisce il
linguaggio verbale, non ha problemi, ma ha invece dei grandi problemi
nell'utilizzare le informazioni verbali per organizzarsi. Dopo 5 minuti di nuovo
ha chiesto " mamma cosa facciamo oggi?" e Hilde
di nuovo aveva detto "facciamo colazione ecc."
; però Tomas aveva continuato così: dopo 5 minuti
aveva chiesto " ma che cosa facciamo oggi?" ,
dopo altri 5 minuti "ma cosa facciamo oggi?" E alla decima volta Hilde gli ha detto " insomma Tomas
ti ho già spiegato 10 volte " e Tomas aveva
detto " come posso sapere se quello che facciamo non posso vederlo
!"Questo sottolinea l'importanza di questo aspetto.
Avevamo organizzato uno stage formazione pratica in
Svezia a cui partecipava un adolescente autistico molto dotato: Jonas e alla fine dello stage Jonas
era andato da loro e gli aveva detto" è veramente un peccato che la mia
insegnante non abbia partecipato al corso" , Theo
gli aveva chiesto perché e lui ha detto " mi dispiace perché durante
questa settimana di corso c'erano un sacco di immagini che potevano spiegare
quello che avrei dovuto fare e da domani dovrò tornare nella mia classe dove
non c'è neanche un'immagine che mi spieghi quello che devo fare". La
stessa persona di cui aveva parlato prima, Gunilla Gerland gli ha detto " in pratica il visuale,
l'immagine è l'anatomia del pensiero, quindi l'utilizzo di immagini
visuali è la dimensione molto importante per la prevenzione dei problemi di
comportamento". Oggi pomeriggio Hilde vi parlerà
più dettagliatamente dei problemi di comportamento. Si parlerà della
comunicazione e della interazione sociale.
(POMERIGGIO) Allora continuiamo parlando dei grandi malintesi, la storia dell'autismo.
E' importante situare questi malintesi nella storia dell'autismo. Prima leggerò
un frammento pubblicato in Olanda nel diciannovesimo secolo e la pubblicazione
si chiama TRUCHEN (che è il
nome di una ragazza) "LA FOLLE". Allora il frammento dice: fin dall'inizio questa piccola creatura si
distingueva per, ed è il minimo che si possa dire , il
comportarsi curioso e inquietante, apparentemente innato . Nessuno l'aveva mai
vista felice, e nessuno l'aveva vista occuparsi e giocare, era come chiusa in
un silenzio eterno, che non si poteva rompere, né con le parole della madre e
del padre e neanche con le punizioni del maestro di scuola che dopo aver
tentato a lungo con questa ragazza, aveva finito malcontento per toglierla
dalla classe. Non la toccava niente, niente valeva la pena per lei che si prestasse attenzione, tutto era vuoto, era contemplativa e
sognatrice e questo era il suo stato d'animo, la tristezza e la gioia
scomparivano di fronte alla sua indifferenza, il miglior mezzo per spiegarla
poteva essere un foglio di carta sul quale non c'era scritto niente, e un
foglio di carta sul quale non poteva essere accettata la scrittura.
Questa è chiaramente la descrizione di una ragazza
che noi definiamo autistica ;era richiusa in sé stessa
e quindi apparteneva ad un sottogruppo dell'autismo perché la maggior parte
delle persone autistiche che ho conosciuto nella mia esperienza, sono invece
molto interessate alle altre persone e non sono affatto chiuse in se stesse.
Questo frammento che abbiamo letto deriva da una
pubblicazione di un autore francese che ha raccolto una serie di testimonianze pre-scientifiche di persone probabilmente autistiche. Il
titolo del libro è " I racconti dell'autismo dietro i racconti delle
fate" .
E' già un primo malinteso, noi pensiamo all'autismo
come un fenomeno del ventesimo secolo, ma tutte le leggende, le storie di tutti
i continenti, di tutte le epoche fanno riferimento a volte a persone che adesso
noi possiamo considerare autistiche. Ma la prima persona che ha dato un nome ad
un certo tipo di comportamento è stato lo psichiatra Leo Kanner
nel 1943, con la prima pubblicazione scientifica dell'argomento. Leo Kanner aveva seguito un gruppo di bambini per una decina di anni, un gruppo che riteneva diversi dagli altri bambini
con diversi tipi di difficoltà e che considerava con qualcosa di molto
interessante e specifico. Dal momento che aveva individuato nel tratto
principale che caratterizzava il comportamento di questi bambini, l'essere
rinchiusi in sé stessi, il disinteressamento del mondo sociale, l' allontanamento dal mondo sociale, aveva denominato questo
comportamento come autismo, dal greco AUTOS, da
"sé stessi",denominando il
disturbo Autismo infantile.
E tutti attribuiscono una grande importanza al ruolo
che avrebbe avuto nella storia dell'autismo, tuttavia Kanner
aveva commesso degli errori , e uno dei suoi errori
più gravi è stato quello di adoperare la parola autismo per definire questo
tipo di disturbi.
Negli anni 40 tutti conoscevano la parola autismo
che era stata utilizzata molto da un altro psichiatra Bleuer,
nell'ambito degli studi sulla schizofrenia e l'autismo era uno degli aspetti sintomatici della schizofrenia negli
adulti, il più importante. E dal momento che conoscevano
il termine autismo in questo modo, molti hanno pensato che se Kanner parlava di autismo infantile si riferiva a una sorta
di schizofrenia infantile, questo è un
grave malinteso. Oltretutto la schizofrenia infantile non fa mai il suo esordio prima dei 6 anni, inoltre è una condizione
molto rara e ben distinta . Mentre le caratteristiche del disturbo autistico
hanno il loro esordio tra i 30-36 mesi ( negli Stati
Uniti si fa la valutazione di autismo a 18 mesi n.d.r. ), poi ci sono altri metodi di diagnosi
differenziale, ma non entrerò in dettagli. E
naturalmente Kanner come medico e psichiatra che
chiedeva attenzione per una nuova sindrome di cui stava capendo gli elementi,
si era posto delle domande sull'eziologia del disturbo.
Ora da questo punto di vista Kanner
si era limitato a fare delle ipotesi sull'eziologia, ma delle ipotesi non
dimostrate e soggettive che hanno poi portato a molti
altri malintesi. Per cominciare aveva pensato che l'autismo poteva
essere un fenomeno che riguardasse bambini appartenenti a classi sociali elevate,
perché si era accorto parlando con i genitori dei suoi piccoli pazienti che
erano tutte persone che appartenevano al grande libro delle persone importanti
d'America. Tutti gli studi epidemiologici moderni invece, hanno dimostrato che
l'autismo si riscontra in tutte le classi sociali. Ma l'idea di Kanner deriva da un fenomeno di autoselezione, che spiega anche altri errori compiuti in
altri paesi. Praticamente autoselezione
nel senso che: quali genitori potevano conoscere la presenza di un neuropsichiatra importante, che aveva già un'ottima
reputazione e quali genitori potevano permettersi di spendere molti soldi per
pagare questo psichiatra, quali genitori potevano permettersi di fare un
viaggio per portare il loro figlio da questo psichiatra, sicuramente i genitori
di classi sociali più elevate.
La neuropsichiatra Lorna Wing,(
N.A.S.) un nome importante nell'autismo ha fatto degli studi e ha constatato
che anche i genitori che in Gran Bretagna hanno fondato la 1° Associazione di
genitori, che hanno fondato la 1° scuola per l'autismo, erano tutti genitori
appartenenti a classi sociali elevate. Avrete sicuramente sentito parlare di un
programma di stato che si chiama TEACCH che viene attuato nella Carolina del Nord e creato da Eric SCHOPLER e collaboratori. Nella sua fase sperimentale, agli
inizi ,Schopler si era
trovato a lavorare con i primi genitori di ragazzi autistici che appartenevano
tutti mediamente a classi sociali elevate. Mentre ora che il programma Teacch da 20 anni è diventato programma di stato nella Carolina del Nord, la maggior parte dei genitori
coinvolti con i loro figli autistici nel programma appartengono a classi
sociali povere, il che potrebbe far pensare che tutto lo stato sia mediamente
povero o che gli autistici nascono solo da famiglie povere .
Un altro malinteso: che
siano i genitori, soprattutto la madre, la causa dell'autismo nei loro figli. Fino agli anni 60 gli
studi sulla relazione madre- bambino erano stati
compiuti tutti in una sola direzione, ovvero si studiava l'effetto che poteva
avere il comportamento della madre sul figlio e mai l'effetto che la presenza
di un figlio "eccezionale" potesse avere sul comportamento della
madre. E c'è un libro pubblicato in America che parla
proprio di questo che stiamo dicendo, che ha come titolo: L'effetto del bambino
autistico sulla famiglia. Adesso faccio riferimento, diciamo
così, della mia preistoria sull'autismo. Quando ho cominciato ad interessarmi di autismo: una trentina di anni fa nelle Fiandre, si
pensava questo :che le madri nevrotiche trasferissero in qualche modo la loro nevroticità al figlio causandone i disturbi, quindi era
come se la follia della madre passasse al figlio.
Ma proprio all'inizio della
mia carriera è avvenuta un'esperienza che ha determinato la direzione che ha preso
la mia carriera. Avevo deciso di passare alcuni giorni e alcune notti in una
famiglia con un ragazzo autistico per capire meglio questo aspetto
e la sua conclusione era stata fatta in breve tempo, quello che aveva capito
era che lui sarebbe diventato nevrotico per molto meno e questa sua
impressione/conclusione era stata rafforzata quando era passato a fare degli
studi in Gran Bretagna. Le madri con cui aveva avuto a
che fare quei tempi nelle Fiandre, erano completamente ormai disperate e quello
che si era chiesto lui era: per quanto tempo avrebbero potuto ancora reggere
quella situazione. Mentre le madri che poi aveva conosciuto a Londra ( dove già
la rete di servizi Teacch esisteva ) appartenenti
alle associazioni dei genitori erano madri di tutt'altro
tipo, erano ancora attive socialmente, avevano una vita sociale, andavano in
vacanza, al cinema ecc. e quello che si era chiesto era: da dove arriva questa
differenza? Dall'inizio aveva avuto l'impressione che ci fosse
una gran confusione tra causa - effetto.
Ora queste madri della G. Bretagna, erano madri che
vivevano già in una cultura dove l'autismo era visto come un disturbo dello
sviluppo e non come una malattia mentale, e queste madri inglesi non erano mai
state accusate, i loro figli erano iscritti in scuole specializzate per
l'autismo. A questo punto aveva deciso di fare uno studio di tipo
internazionale comparativo, per cercare di confrontare le esperienze, le
attitudini, le diversità delle madri che aveva visto nelle Fiandre e a Londra.
Aveva utilizzato 2 questionari.
Il primo di questi questionari, era uno strumento di
quelli già utilizzati da un neuropsichiatra
infantile, nei quali venivano misurati gli effetti
psicosomatici dell'avere un figlio handicappato in casa. Mentre il secondo
questionario era stato concepito e sviluppato da lui stesso ed era una ricerca
sugli effetti della sensazione di isolamento sociale,
e su questo questionario c'erano domande del tipo: voi pensate che il vostro
medico capisca i problemi di vostro figlio? Pensate che vostro figlio sia
inserito in un programma ben adattato per il suo disturbo? Pensate che gli
operatori che lavorano con vostro figlio tengano conto delle vostre priorità e
lo fanno? E più le risposte a queste domande erano negative più forte era la sensazione
di isolamento sociale delle madri che rispondevano. E
quando aveva messo a confronto i dati della ricerca relativi
al gruppo delle madri inglesi e di quelle delle Fiandre aveva
riscontrato una differenza drammatica. Le madri inglesi avevano molti meno
problemi di natura psicosomatica delle madri delle Fiandre e nelle mamme
inglesi era molto meno presente il sentimento di isolamento
sociale . Applicando la relazione statistica , era
risultato con altissima significatività la differenza tra i punteggi dei due
questionari.
Ora capite, nel passato si erano mescolati le cause
con gli effetti, e quello che risultava era che le
madri che avevano una problematica di questo tipo: la presenza di un figlio di
questo genere, in casa, non avevano neanche il vero supporto sociale, il
supporto di una rete sociale che intorno a loro potesse aiutarle (Oltre il
danno , la beffa ! Come purtroppo ancora oggi succede in Italia! n.d.r.). Il fatto che le madri siano state colpevolizzate è
visto sempre come la pagina più nera della storia della psicologia e della
medicina.
Ancora 2 malintesi: molte persone pensano che tutte
le persone autistiche siano dei Rain Man e siano
molto dotate, ma nella maggior parte dei casi, l'autismo è associato a un ritardo mentale più o meno grave.
Un altro malinteso, la persona affetta da autismo,
non può essere testata : ancora una volta faremo un
piccolo esperimento con voi, voi siete le persone affette da autismo, e io devo
valutarvi, siete pronti? Ora fate esattamente quello che vi chiedo : (il dott. Peeters dà una
consegna in Fiammingo ai corsisti che non capiscono)…. "non siete
testabili" (conclude il dott. Peeters
). Se nell'approccio con la persona autistica
utilizzate un modo di comunicare che non è al suo livello, che non è
comprensibile per lei, sicuramente non sarà testabile.
Ora aggiunge qualche altro malinteso,
brevemente………………
Abbiamo già parlato della differenza tra un sintomo
e una sindrome. L'essere ritirati in se stesso è un sintomo. Qualche volta si
parla di guarigione dall'autismo, quando noi consideriamo l'autismo in tutta la
complessità della sindrome, capiamo che non si può
guarire da un piccolo sintomo soltanto. Se voi considerate un bambino autistico
ritirato in se stesso e a un certo punto questo
bambino si interessa agli altri, al mondo sociale, e voi lo considerate
guarito, allora abbiamo due modi diversi di concepire il termine guarigione.
Attualmente non è così semplice, ora
parlerò di un piccolo aneddoto che illustra bene questo tema. Clara Park è la
madre di una figlia autistica, ora adulta, che ha pubblicato un libro ( L'assedio quando la figlia aveva otto
anni e Exiting Nirvana
adesso che la figlia ha quarant'anni ed è artista
affermata n.d.r.), ha fatto diverse pubblicazioni, ad
un certo punto parla della evoluzione di sua figlia Jessica, e in queste
pubblicazioni si vede come i sintomi cambiano nel corso dell'evoluzione ma non
i disturbi alla base dei sintomi. Dice che quando Jessica era piccola, era
veramente ritirata in se stessa, quando c'erano degli ospiti a casa, la
reazione di Jessica era di aprire la porta di casa d'ingresso, come per dire : voglio che escano fuori immediatamente. In questa fase
era molto ritirata in se stessa. Ora è adulta e ha un salario, lavora in una
libreria all'Università e vende anche dei quadri che fa, e sua madre dice,
adesso quando ci sono ospiti a casa Jessica è molto
contenta, è contenta quando c'è nuova gente. Solo che quando, adesso ci sono
degli ospiti a casa, Jessica abbraccia continuamente chiunque entri, e quindi
dobbiamo dirle " Jessica adesso sei una ragazza adulta, non puoi
abbracciare tutti, ma soltanto i familiari e gli amici intimi ", ma come
spiegarle quali sono gli amici, come c'è una differenza tra un amico che può
essere abbracciato e un altro che non deve essere abbracciato. Sua madre dice : se l'autismo vuol dire essere ritirati in se stessi,
allora Jessi non è più autistica, ma malgrado tutti i
progressi che ha fatto, la sua comprensione sociale resta a livello di un
bambino di 5 anni. Quindi vedete i sintomi cambiano, dall'essere
ritirati in se stessi a un forte interesse verso le persone tanto da
abbracciare tutti indistintamente, quindi 2 diversi sintomi che hanno la base
nel medesimo disturbo, un disturbo nella comprensione sociale.
Un altro malinteso: avrete spesso sentito parlare di
sindrome di Asperger. Nelle
classificazioni internazionali la sindrome di Asperger è considerata come un
disturbo generalizzato dello sviluppo come l'autismo ma è un'altra categoria
diagnostica. Schopler ha pubblicato un articolo non
molto tempo fa, nel quale dice che è pericoloso inserire nuove etichette
diagnostiche senza una forte evidenza chimica. Per il
momento non sappiamo se l'autismo di alto
funzionamento e sindrome di Asperger siano 2 cose diverse. Ci sono molti
articoli su questo tema, ma gli studi internazionali si contraddicono. Quindi per il momento la sola cosa che si può dire è che non
sappiamo. In futuro sapremo se la sindrome di Asperger è una sindrome con
tratti peculiari diversi dall'autismo, per il momento è
troppo presto, per dirlo. E pensiamo che in molti paesi il termine sindrome di
Asperger sia stato introdotto più per motivi sociali
che motivi scientifici, quindi vedete il concetto di autismo si è sviluppato,
si è evoluto nel tempo.
Ora che in molti paese si
capisce, si conosce l'autismo sempre meglio, molto meglio di quanto si facesse
prima, molti adolescenti che avevano avuto nell'infanzia diagnosi di deficit
dell'attenzione e iperselettività, si scopre in realtà
che hanno un deficit molto più diffuso che riguarda la comprensione sociale (
funzione cerebrale n.d.r.) in modo molto più sottile
e pervasivo. Ma naturalmente è sempre uno shock, per
i genitori di questi adolescenti in cui era stato
diagnosticato in seconda diagnosi, l'autismo nei loro figli. I genitori e gli
operatori erano alla ricerca di informazioni, di
chiarificazioni perché naturalmente era uno shock un cambiamento di diagnosi a
quell'età.
Nelle Fiandre le associazioni dei genitori e i
centri per autismo avevano voluto fortemente una nuova etichetta diagnostica
che designasse il disturbo dei loro figli, proprio
perché, autismo, in molte culture è una parola troppo pesante, un po' seccante
per i loro figli e si è alla ricerca di una diagnosi diversa . E pensando alla
letteratura internazionale su questo tema, la cosa più interessante si trova in
un libro di Donna Williams, che si intitola
"L'autismo dal di dentro". In questo libro Donna Williams fa la
differenza tra lei e suo marito, dicendo che lei è autistica e suo marito è
affetto da sindrome di Asperger e questo tipo di conclusione, non si sa se è
effettivamente vera o conviene generalizzarla ma è molto interessante. Ci sono
altri malintesi sull'autismo ma penso che quelli di cui abbiamo parlato siano i
principali.
Adesso è importante parlare del
legame tra la comprensione teorica e
l'intervento pratico sull'autismo, a grandi linee si tratta della
stessa traccia di un libro pubblicato in italiano scritto dal dott. Theo Peeters ( L'Autismo. Dalla comprensione teorica
all'intervento pratico; edito da Phoenix ) che ora ci racconta perché ha
scritto questo libro. Diverso tempo fa in un congresso internazionale si era
accorto della grande separazione, della grande
distanza che c'era tra i teorici dell'autismo e chi in pratica lavora con gli
autistici; quello che succedeva era che i teorici, gli scienziati presentavano
la loro teoria sull'autismo e chi ci lavorava in pratica diceva" si molto
interessante ma che cosa me ne faccio nella gestione pratica nel soggetto
autistico? Ed è un problema il fatto che spesso molti pensatori teorici
sull'autismo pubblicano degli articoli senza avere una conoscenza abbastanza
pratica del problema, e allo stesso modo c'era chi lavorava in pratica, gli
operatori che lavoravano con i soggetti autistici si trovavano a mettere in
pratica queste teorie, senza capire il perché, quale era il fondamento che
c'era dietro le strategie da utilizzare, ovvero degli operatori che non avevano
abbastanza fondamenti teorici Lui si era chiesto se fosse possibile che venisse scritto un libro in cui gli aspetti teorici più
importanti erano illustrati insieme alla conclusione, alla finalità della
teoria.
Nel libro sono sviluppati in
diversi capitoli questi diversi aspetti. 1° aspetto. la
comunità internazionale dice che l'autismo è un disturbo pervasivo
dello sviluppoma che cosa significa e quali aspetti
ha nella pratica?. 2° aspetto, una volta accettato la definizione dell'autismo
come un disturbo pervasivo dello sviluppo, qual è
l'aspetto più importante di questa definizione per la
mia gestione pratica per l'autismo, per la mia comprensione .Il punto
fondamentale da capire è la differenza nell'elaborazione delle informazioni, lo
stile cognitivo diverso a cui poi seguirà un intervento pratico
individualizzato e specifico. Ed ora, qual è l'effetto di questo stile
cognitivo diverso di questa elaborazione delle
informazioni ? Diverso in 3 aspetti della triade, quindi i 3 effetti nella
comunicazione, nella interazione sociale,
nell'immaginazione ?.
Naturalmente non aveva la presunzione di scrivere un
libro che esaurisse la complessità dell'autismo, non è
questo il caso. Ma aveva realizzato che se avesse
scritto un libro nel quale fossero chiari i legami tra gli aspetti teorici e le
conseguenze pratiche avrebbe aiutato gli operatori, ma soprattutto le famiglie
i genitori ad essere protetti contro tutte le varie terapie miracolose che
vengono presentate ogni anno sul mercato della speranza. Molti si nascondono
ancora dietro l'etichetta dell'enigma dell'autismo, ma quello che lui pensa e
che ora sappiamo abbastanza per l'autismo per poter pensare a
un aiuto. C'è una conoscenza internazionale sull'autismo, sulla quale non ci
sono più incertezze, ci sono delle pratiche educative che hanno portato ad una osservazione dell'efficacia evidente ( Teacch, con studi pubblicati scientificamente).
IPERSELETTIVITA' ,Ora Parla la dott.ssa Hilde
Declerq : " Ieri ho spiegato come il pensare in
dettagli si può ritrovare nella triade sintomatologica
dell'autismo. L'abbiamo visto nella comunicazione, nella interazione
sociale e ora vediamo nello sviluppo della immaginazione e del gioco. Vediamo(
diapositiva) questa immagine un bambino che ( come
tutti i genitori vorrebbero fosse il loro figlio) gioca ad es. con la sabbia: ha
dei giochi di tipo immaginativo; ma sfortunatamente i bambini colpiti da
autismo non giocano in questo modo. Ora non parleremo dello sviluppo del gioco
simbolico nel bambino normale e nel bambino autistico, ma ci fermeremo sul
pensiero in dettagli. Ora guardiamo insieme l'immagine (diapositiva) di questi
giochi, cercando di nuovo di metterci nella testa della
persona colpita da autismo che pensa in dettagli e che ha dei problemi nella
concettualizzazione, nell'immagine più in alto si vede la miniatura di un
treno, esattamente come un treno vero, un modellino, quindi tutti i dettagli
sono uguali, per un bambino autistico si tratta di un modello più piccolo ma
con tutti i dettagli che ha un treno normale.
Ora guardiamo invece l'immagine del treno fatto con
il duplo, proviamo a confrontarla con il treno che
abbiamo visto prima, quello più in alto e possiamo
renderci conto di quanto sia difficile per un bambino colpito da autismo
riconoscere un treno in questo gioco, si tratta di un treno che ha dettagli
completamente diversi da quello in alto che ha un materiale diverso, diversa
grandezza, completamente diverso, quindi possiamo capire che difficoltà che ha
un bambino autistico nel riconoscere un treno in questo gioco, ora guardate il
treno più in basso, un trenino di legno, un giocattolo pensato per bambini di 2
3 anni e un bambino di 2 anni è già in grado di giocare con questo gioco
immaginando che sia un treno. Ma per un bambino
autistico è veramente difficile vedere in questo gioco un treno. E guardate quello: quelli dovrebbero essere i passeggeri. Se confrontate i passeggeri che vedete qui, con i veri passeggeri
dei treni vedete che nessun dettaglio è lo stesso. Noi siamo veramente
dei surrealisti per un bambino autistico.
Quindi se ci chiediamo come mai i nostri bambini affetti da autismo non giochino con questi giochi, se
riusciamo a comprendere il loro pensare in dettagli, diventa abbastanza logico
capire il perché. Ancora, parlando di telefoni, tutti i telefoni di per se sono diversi, e già questa è una difficoltà per la
persona affetta da autismo, ma che cosa dire dei telefoni giocattolo? Tutti i
particolari che caratterizzano il telefono giocattolo, sono stati pensati
apposta per il bambino normale, colori brillanti, il materiale, ma tutti questi
particolari sono stati appunto pensati per il gioco del bambino normale,
presentano delle difficoltà ,dei problemi per il
bambino autistico, e che cosa può pensare di quello lì ( diap.)
un bambino autistico? è un telefono , è una macchina,
è un animale?
G. Gerland nel libro in
cui parla del suo autismo, racconta che ad un certo punto aveva chiesto ai suoi
genitori che le venisse regalato per Natale una
fisarmonica, G. racconta che una volta aperto il pacchetto è rimasta
tristissima e quasi disperata perché aveva avuto in regalo una piccola
fisarmonica di plastica, fisarmonica giocattolo e , scrive lei quello che si
aspettava era una fisarmonica vera, con una certa grandezza, con un certo
materiale, faceva un certo suono, mentre quello che aveva ricevuto era una piccola
cosa blu che non faceva il suono che lei si aspettava e non aveva tutte le
caratteristiche che si poteva logicamente aspettare .E aggiunge che lei voleva
la vera fisarmonica in questo caso e questo succede, succede che i bambini
autistici preferiscono l'oggetto vero piuttosto che il giocattolo.
C'è stato un momento in cui a Tomas
piaceva giocare con cacciaviti, bulloni e cose simili, così ad un certo punto
per Natale avevo pensato di comprargli questi
cacciaviti della Fisher Price, ma quando aveva aperto
il pacchetto e aveva visto questo kit giocattolo era rimasto molto contrariato,
lo aveva buttato per terra, non aveva voluto giocarci, perché quando si è
pensatori in dettaglio si vede troppo la differenza che c'è tra il vero e la
riproduzione in giocattolo, tutti i dettagli sono diversi, e penso che sia
normale che persone colpite da autismo amino ad es. ricordare degli orari del
treno, imparare a memoria le targhe delle macchine, delle successioni di cifre,
perché il mondo delle cifre è molto più prevedibile e reale dei giocattoli che
abbiamo visto prima.
Ora facciamo un piccolo riassunto sul pensiero in dettagli attraverso la triade sintomatologica per poi vedere le conseguenze pratiche.
Quando una persona colpita da autismo attribuisce molto significato a un dettaglio, la stessa persona tenderà ad attribuire un
certo dettaglio a un certo contesto. Abbiamo già detto che le persone colpite
da autismo hanno dei problemi ad attribuire il significato delle cose e proprio
nel tentativo di cercare di dare significato alle cose tendono ad attribuire
determinati dettagli a determinati contesti, e
l'immagine ( diapo.) che noi vediamo, per noi può
sembrare simpatica e divertente ma questo cavallo con in testa una corona di
fiori, può essere molto sconvolgente, per l'autistico, i fiori crescono dalla
terra , come possono le radici uscire dalla testa di un cavallo ?Non sono nel
contesto giusto. Abbiamo parlato ieri di Luca che aveva crisi di aggressività, quando durante lo stage pratico vedeva sua
madre e la sua insegnante, e questo succedeva, perchè
attribuiva la figura della madre al contesto casa, e la figura dell'insegnante
al contesto scuola, quindi cosa ci faceva la madre in quel contesto dello stage
pratico, che cosa significava la maestra in quel contesto che non era la
scuola, non era il suo contesto.
E dicendo questo, non diciamo che le madri e i padri
non debbano farsi vedere a scuola o in un altro contesto,
ma se noi cerchiamo, riusciamo a capire il pensiero della persona affetta da
autismo, poi possiamo arrivare a trovare il modo per rendere più accettabile il
fatto di farsi vedere in un altro contesto. Quello che è importante è capire lo
stile cognitivo diverso del bambino autistico, perché se non lo capiamo
possiamo pensare: Luca piange quando vede sua madre perché non vuole bene a sua
madre, ma non è così, dobbiamo spiegarci questo fenomeno capendo il suo stile
cognitivo diverso.
Ad es. a casa di Hilde
quando dovevano arrivare degli operatori della scuola per lavorare con Tomas, Tomas appena li vedeva,
gli diceva: "No, andate via non potete
fermarvi" e li portava alla porta e cercava di allontanarli. Quello che
poi è stato fatto, è stato quello di dare a Tomas una
prevedibilità di quello che sarebbe successo, in questo caso, mostrandogli la
foto delle persone che sarebbero venute e cosa avrebbero fatto nel contesto casa ; ora accetta che ci siano ed è anche
contento. Abbiamo detto che un'immagine ( diapo del
cavallo con i fiori) come questa può essere molto sconvolgente per una persona
autistica. Altro es., c'era una donna autistica non
verbale con un ritardo mentale, durante uno stage pratico stava facendo un
percorso di motricità in palestra e si trattava di
portare delle biglie da una parte all'altra della palestra , solamente che
queste biglie dovevano essere messe su un grande cucchiaio e quando questa
persona, aveva visto il cucchiaio, aveva cominciato a piangere disperatamente,
fino a quando hanno dovuto toglierlo, perché per lei il cucchiaio apparteneva
al contesto cucina e non c'entrava niente con la palestra.
Succede in alcuni casi che fenomeni di questo tipo provochino reazioni disperate come in questo caso, ma per
altri casi un fenomeno di questo genere può essere qualche cosa di molto
ridicolo e divertente. Per es. a casa di Hilde fanno
degli scherzi autistici, nel senso che, per es. a volte Hilde
prende i piatti che sono in cucina e li mette nel bagno, Tomas
comincia a ridere e si diverte molto ,perché gli è
stato insegnato a sdrammatizzare. Questo del pupazzo di neve è un esempio che
illustra molto chiaramente quello che abbiamo detto fino ad ora. Qualche tempo
fa, i figli di Hilde, normali, avevano costruito un
pupazzo di neve, ma appena l'aveva visto Tomas ha preso il cappello e la sciarpa e messo sull'attaccapanni,
poi aveva preso la carota che era il naso e l'ha messa nel frigo e poi i due
pezzi di carbone per metterli nel caminetto. Quindi vedete come la persona
colpita da autismo che cerca di capire un mondo che è molto difficile, lo fa
inserendo certi dettagli in certi contesti.
Questo ha delle conseguenze enormi, nei libri
sull'autismo si parla spesso delle difficoltà di generalizzazione delle
acquisizioni, ma quello che non viene quasi mai spiegato è da dove deriva
questa difficoltà nella generalizzazione, e si comprende il pensare in dettagli
si può anche capire l'origine di questa difficoltà nella generalizzazione delle
acquisizioni, che certe cose acquisite vengono
associate dal bambino di un particolare dettaglio, dall'ambiente di dove l'ha
imparato. E quando parla di dettagli, un dettaglio può
essere un colore, un oggetto, un luogo, una persona. Vediamo alcuni casi es. un
bambino che mangia la zuppa solo quando è a casa e non quando è a scuola, un
altro che parla meglio, parla di più con il logopedista
che l'insegnante, addirittura conosce un bambino che parla solamente con il suo
neuropsichiatra, con nessun altro.
Non bisogna mai pensare che questi fenomeni siano
spiegabili in cattive intenzioni della volontà del bambino, si tratta, come
dicevo prima, associare certi dettagli a certi contesti.
Ora Hilde farà qualche es. del disturbo nella generalizzazione che si può riscontrare in molti ambiti
della vita quotidiana. Es.: il bambino ha imparato ad allacciarsi le scarpe, la
madre ad un certo punto gli compra delle scarpe nuove, improvvisamente il
bambino non è più in grado di allacciarsi le scarpe, ora se non si conosce
l'autismo si può dire: il bambino non vuole allacciarsi le scarpe, il bambino
resiste al cambiamento, è vero anche questo resiste al cambiamento, ma possiamo
interpretare facilmente questo fenomeno pensando, e rifacendoci al pensiero in
dettagli, quindi vedete da un paio di scarpe all'altro può cambiare il colore
degli spaghi, la forma e mille dettagli ed è comprensibile sulla
base di questo modo di pensare il suo comportamento.
Nell'ambito della vita quotidiana ci sono tantissimi
esempi possibili, prendiamo ad es. il caso del soggetto autistico che è in
grado di lavarsi le mani nel suo centro, ma non a casa, vedete
quanto diversi possano essere i rubinetti, ci possono essere particolari nella
forma del rubinetto, nel colore, mille cose. Possiamo parlare anche delle
difficoltà che hanno molti bambini/adulti nel cibo, nel mangiare, tuttavia
adesso non possiamo affrontare il problema sensoriale
che è molto importane e significativo, ma ritorniamo un attimo a pensare sul
pensiero in dettagli. Immaginatevi di essere una persona colpita da autismo e
voi avete idea di cosa vuol dire un'anatra, e dandovi quello (diapo) vi dico che state mangiando
un'anatra, vedete come è diversa quella vera, da quella che c'è nel piatto, se
siete una persona autistica dotata, vi viene chiesto di andare a comprarla,
cosa dovete comprare ( diapo)questo'
o quello?.
Ad es. Tomas quando era
piccolo non voleva mangiare il pesce, succedeva che lei gli faceva vedere
questo piatto (foto del cibo) e Tomas diceva: questo
non è pesce, per lui un pesce era quello (foto del pesce intero),la conseguenza era stata che successivamente lei ha dovuto
continuamente cucinargli il pesce soltanto intero, tutto questo con le altre
persone intorno che le dicevano: ecco bisogna sempre preparagli le cose in modo
speciale, è un bambino molto viziato. Ma noi dobbiamo
sempre cercare di comprendere le cose alla luce del pensiero diverso.
Riferiamoci di nuovo all'immagine dell'iceberg a quello che si vede, la parte
emersa è : Tomas non mangia
il pesce, Tomas non vuole mangiare il pesce, Tomas si rifiuta, ma quello che non si vede è la parte
sommersa, è lo stile cognitivo differente, è la causa del perché si rifiuta di
mangiare il pesce in un certo modo. Quindi che cosa
farò? Inizialmente cucino il pesce in intero per un po’ di tempo, perché il
lavoro con l'autismo richiede molto tempo. Nella fase successiva lo cucino e davanti a lui lo taglio in pezzi in modo da
fargli vedere che può essere visto in modo diverso e successivamente lo cucino
in questo modo anche se Tomas ha bisogno di una foto
del pesce, perché comunque non è mai sicuro che quello sia davvero pesce.
Quello che vogliamo farvi capire e che diciamo spesso è che ogni persona
colpita da autismo ha una sua sorta di manuale d'istruzioni. Quando aveva
inserito Tomas in una scuola specializzata,
inizialmente aveva parlato a lungo con gli insegnanti, continuava a spiegargli
tutto di Tomas, Tutte le particolarità di Tomas, fino a quando ad un certo punto l'assistente
speciale che era lì presente ha detto: Ma voi avete un figlio che ha bisogno di
un manuale d'istruzioni e subito la cosa l'aveva un po’ turbata, non era stata
contenta ma, ripensandoci Hilde trova
che l'espressione sia comunque appropriata perché ogni persona affetta da
autismo ha il suo modo di funzionare e quindi ha bisogno del suo manuale
d'istruzioni per essere compreso.
E spesso questo manuale di funzionamento
d'istruzioni è pieno di dettagli e sono i genitori, i fratelli e gli operatori
che hanno lavorato con il bambino fin dall'inizio, che possono
conoscere questi dettagli. Quello che è importante è riuscire a capire quale
dettaglio è importante e significativo per ogni
soggetto, perché spesso capire qual è questo dettaglio, ci dà la chiave per
riuscire poi a fare una successiva acquisizione per promuovere un'acquisizione.
Ad es. Hilde conosceva una
bambina che mangiava solo la banana Chiquita perché
aveva il bollino blu, sua madre sapeva che questo era un dettaglio importante,
ma voleva anche che mangiasse dell'altro, e così piano piano,
ha messo il bollino blu della Chiquita sulle mele,
sulle pere ecc.ecc. e adesso la bambina mangia tutta
la frutta, ha generalizzato l'acquisizione. E fin
dall'inizio abbiamo fatto molti esempi di persone colpite da autismo molto
dotate, ma è importante capire che lo stesso stile cognitivo, si riscontra
anche nelle persone affette da autismo con ritardo mentale e non verbali, lo
stesso stile cognitivo.
Ad es. un bambino autistico con ritardo mentale che
nel suo centro non mangiava le carote, eppure si sapeva che a lui piacevano
molto perché a casa ne mangiava molte, e gli operatori che lavoravano con
questo bambino, subito dopo aver sentito per caso una sua esposizione sull'iperselettività, si erano resi conto che le carote come erano tagliate lì al centro erano tagliate in piccoli
cubi mentre a casa erano tagliate a rondelle. A questo punto dobbiamo
chiederci, il bambino rifiuta di mangiare le carote? E' molto meglio
dire il bambino non ha capito che quelle sono carote perché le vede diverse.
Conosco un adolescente autistico non verbale :era in un momento di vacanza, avevano organizzato una
vacanza con il loro centro, ma avevano molti problemi con lui perché non poteva
andare in bagno, non andava in bagno, e allora hanno telefonato ai suoi
genitori e la prima cosa che avevano chiesto i genitori era stata " di
colore è l'asse del water?" e quello che era successo era che dove erano
loro in vacanza l'asse del water era bianca mentre a casa sua era nera ed era
abituato ad andare in bagno dove l'asse era nera. Quindi si può dire :"si rifiuta di andare in bagno" ma è meglio dire
" non ha capito che l'asse bianca ha la stessa funzione di quella
nera". Allora hanno preso dello scotch nero e hanno ricoperto l'asse di
nero e immediatamente il ragazzo è andato in bagno, ha capito.
Quindi quello che è importante è capire il dettaglio
rilevante e significativo per il soggetto e può essere
un'apertura per aiutarlo per migliorare la situazione, il passo successivo
sarebbe stato di togliere un po’ alla volta i pezzi di scotch nero, un po’ alla
volta fino a quando il ragazzo generalizza.
Negli operatori che lavorano con persone autistiche
più dotate ritrovano questo stile cognitivo in diverse
attitudini scolastiche, per es. molte persone colpite da autismo hanno delle
difficoltà nel momento in cui leggono un testo a cogliere l'essenziale di quel
testo, c'era una storia che Hilde raccontava sempre a
Tomas e che a lui piaceva tantissimo,( La storia del
pesciolino d'oro, diapo) la storia illustrata in
queste immagini gli piaceva molto.
Un giorno Hilde gli aveva
chiesto, ma di che cosa parla la storia e Tomas aveva
risposto, la storia parla di due diversi cieli e di due diverse acque e aveva
ragione perché se vedete il cielo è diverso nelle due immagini e anche l'acqua .
Quando aveva imparato le tabelline, a lui piacevano molto le tabelline,
ma non voleva imparare non imparava la moltiplicazione 1x4.
Di nuovo l'immagine dell'iceberg, quello che si vede è che si rifiuta di
rispondere alla domanda quanto fa 1x4 ? Aveva detto, si tratta di un filtro del caffè, ( vedeva
sulla confezione la scritta 1x4) quindi di nuovo dobbiamo capire lo stile cognitivo che è molto diverso.
Questo è un esercizio che doveva fare ((es. sotto),
dopo 2 secondi aveva già messo via questo esercizio nella sua cartella e lei
aveva avuto una discussione con lui, gli aveva detto" non hai svolto
quello che dovevi fare" e Tomas aveva
detto" ma si l'ho fatto". E
quando gli aveva detto " ma allora mostrami cosa hai fatto" mi ha
mostrato che aveva aggiunto un piccolo punto come dal primo esempio:
Esempio 12+
7=. . 15+4=. 30+1=.
E Tomas aveva fatto : 12+7=. . 15+4=. .
30+1=. .
Quindi questi sono esempi relativi ad un ragazzo -
bambino con intelligenza normale, ma ritroviamo lo stesso stile cognitivo in
bambini con età mentale più bassa e ora ritorneremo a degli esempi che erano stati fatti all'inizio dell'esposizione. Se vi ricordate vi ho parlato di un adolescente che tutte le
volte che voleva un panino, diceva "il parrucchiere", bisogna
conoscere il suo manuale d'istruzioni. Era successo che ad un certo punto la
madre di questo ragazzo gli stava dando un panino in mano e contemporaneamente aveva
detto a suo marito, sono stata dal parrucchiere e il
ragazzo aveva fatto un'associazione e da quel momento il panino era diventato
il parrucchiere.
E un altro caso riguardava un ragazzo autistico che
tutte le volte che era arrabbiato diceva " ho rotto la tazza" si
trattava di un ragazzo che durante una crisi di collera, di comportamento,
quindi era molto arrabbiato, aveva preso una tazza e l'ha buttata per terra
rompendola, suo padre l'aveva sgridato e aveva detto a sua madre " ha
rotto la tazza" e da quel momento tutte le volte che è arrabbiato ripete
questa frase," ha rotto la tazza".
Vi ho detto anche di una bambina che aveva molta
paura del colore rosso, e ad un certo punto la madre di questa bambina stava
insegnando ad andare in bagno da sola, ma aveva chiesto all'insegnante di
aiutarla, ma l'insegnante le ha detto che non era possibile perché tutte le
volte che la portava verso il bagno, subito la bambina cominciava a piangere e a urlare, e poi quando era andata a scuola e aveva visto il
bagno dove l'accompagnavano ha visto che c'era un particolare rosso e la madre
aveva detto è normale perché la bambina ha paura del colore rosso.
Adesso non dobbiamo cercare di pensare situazioni
troppo complicate per capire la paura del colore
rosso, in questo caso, perché anzi molto spesso questi fenomeni sono spiegabili
da situazioni molto - molto concrete, e la madre aveva detto che da piccola la
bambina si era tagliata un dito con un coltello che aveva il manico rosso e
anziché capire che era il coltello la cosa che faceva male, aveva associato il
dolore al colore rosso del manico, e adesso ha paura di tutti gli oggetti
rossi, è molto logico, e anche le persone colpite da autismo, anche le più
dotate, nonostante il loro alto livello d'intelligenza cercano continuamente di
trovare un loro significato in questo mondo così difficile.
Gunilla Gerland.
per es. racconta di un giorno in cui si trovava nella
sala della sua casa e aveva visto arrivare sua sorella, lei era molto contenta
dell'arrivo di sua sorella, tuttavia in quel momento c'era la finestra aperta
in modo tale che entrasse un raggio di sole visibile in casa, e alcuni giorni
dopo, si trovava da sola a casa e voleva che sua sorella ritornasse e allora ha
pensato, ma se io apro la finestra leggermente nello stesso modo in cui era
aperta prima facendo entrare il sole, se metto il giornale, le cose esattamente
come erano quella volta, probabilmente mia sorella tornerà, e G. G. aggiunge che tutti questi suoi pensieri erano
estremamente concreti, che non bisognava cercare spiegazioni complicate per
capire il suo comportamento ,era tutto legato a degli aspetti estremamente
concreti, e l'aspetto importante di questo pensiero in dettagli sta nel fatto
che ci può permettere ci capire molti comportamenti bizzarri, difficili da spiegare
dei ragazzi autistici.
Per es. Hilde ha parlato
di suo figlio che ha delle crisi quando è a casa in questi casi non bisogna
colpevolizzarsi pensando " c'è un errore, ho fatto qualche cosa di
sbagliato", bisogna pensare che i bambini legano non solo certe
acquisizioni, ma anche certe difficoltà, certe abitudini, certi modi di fare a un particolare contesto e questo deriva da un modo diverso
che hanno di pensare. Ad es. un giorno Tomas si era
chiuso il dito nella porta a scuola, e nel momento in cui il dito gli faceva
male, si vedeva che soffriva, allora la sua maestra gli ha detto, Tomas guarda che puoi piangere se ti fa tanto male e Tomas ha risposto " no, io piango solamente con mia
madre e qualche volta con mia sorella" . E' un
esempio particolare, ma dice molto sulla difficoltà di generalizzazione di ciò
che si è imparato. Più tardi parleremo
ancora dell'iperselettività e degli aiuti visivi,
nella quale il pensiero in dettagli ha un ruolo molto significativo.
PEETERS : Per quanto riguarda il
pensiero in dettagli, quello che abbiamo detto sono informazioni molto
specifiche sul tema per delle persone che si approcciano
per la prima volta al problema dell'autismo o che è la prima volta che
affrontano l'argomento in questo modo . Il dott. Peeters
ritiene che sia un tema così affascinante che comunque
apre delle prospettive d'interesse per molti di voi e quindi sia stato
importante parlarne. Continuando a ispirarsi a persone
colpite da autismo, molto dotate vuole citare nuovamente Van
Dalen, che spiega le conseguenze da un punto di vista
emotivo ed emozionale di questo modo di pensare. Ma le
parole di Van Dalen che ora
citerà un po’ a memoria, non bisogna considerarle soltanto legate a questo
pensare in dettaglio, non dovete pensare che le conseguenze emotive del
comportamento emotivo della persona colpita da autismo, sia legata solamente a
questo.
Adesso dirà solo alcuni punti e poi si fermerà: la 1° osservazione è che certe forme di
resistenza al cambiamento possono essere legate a questo fenomeno. Ora ricordatevi
quello che dice Van Dalen
sulla percezione del martello, scandita in percezione di un bastone di legno,
percezione di una forma cubica di metallo, mettere insieme i due particolari,
mettergli il nome martello, dire a che cosa serve. Ora
pensate come ricostruire il significato di un solo oggetto, richieda uno sforzo
enorme di risorse e di tempo. Ora se voi capite questo, capite anche che
cambiare l' ambiente in cui si trova la persona
autistica, vuol dire chiedergli di rifare di nuovo da capo tutti questi sforzi,
tutto questo impegno autentico, tutte queste difficoltà per ricostruire, ed è
comprensibile che ad un certo punto ci sia una resistenza a fare questo sforzo.
2° punto: la
percezione dello spazio, Van Dalen dice
dobbiamo stare attenti a pensare che questo valga per forza per tutti i casi di autismo, Van Dalen dice che per lui assimilare tutti i particolari ad
es. che compongono una stanza, significa lo stesso sforzo che fa una persona
normale nell'assimilare tutti i particolari che ci sono in una casa intera. Ed è per questo che lui ama molto trovarsi nei piccoli
spazi.
3° aspetto, la conseguenza nella
percezione del tempo. Van Dalen dice di
se che agli altri dà l'impressione di essere particolarmente lento, a volte
pensano addirittura che sia un po’ sordo, eppure dice " Quando sono
impegnato a mettere insieme tutti i particolari per cercare dei significati, mi
sembra di lavorare molto intensamente, molto velocemente e ciò nonostante do
l'impressione agli altri di essere molto lento, di
essere un po’ quasi sordo". Per es. Hilde
racconta di quando si chiede una cosa a Tomas e non
gli si dà il tempo, quando lo si pressa, gli si mette
fretta Tomas dice " lasciatemi il tempo di
pensare". E molte persone colpite da autismo, anche quelle dotate dicono
che noi non abbiamo abbastanza pazienza, che gli chiediamo
delle cose senza aver la pazienza di aspettare che riescano ad elaborare le
informazioni, pensare e costruire una risposta sono tutte cose per noi
automatiche, ma che per loro non sono affatto così.
Autismo ed
emozioni :
Abbiamo parlato di percezione del tempo, dello spazio, di resistenza al
cambiamento, ora parliamo dell'angoscia, dell'ansietà, dell'ansia. Il dott. Peeters usa questa immagine :
immaginatevi di essere in un luogo buio e improvvisamente compare un'ombra
davanti a voi, inizialmente proverete una grande angoscia, ma questa angoscia
sparirà nel momento in cui potrete attribuire all'ombra un significato, capire
che è l'ombra di una persona, di una casa, di un animale, di una cosa che conosciamo
ecc. ecc.
E Van Dalen
dice " quando mi trovo in un ambiente nuovo, che non ho ancora assimilato
in tutti i particolari, un ambiente che non è ancora familiare, è
quest'angoscia che mi fa soffrire, non mi è familiare, non capisco quello che
c'è intorno, è questa ansia che mi fa soffrire. Un
altro punto: il problema della scelta. Van Dalen dice " quando devo fare una scelta, questo è
molto più difficile per me, che per le altre persone così dette normali, perché
per ogni scelta devo scegliere molti più dettagli.
Comportamenti
ripetitivi.
Van Dalen dice" quando
sono impegnato a mettere insieme tutti i particolari e qualcuno mi interrompe, sono costretto a ricominciare da capo, non
posso riprendere dal punto in cui mi ero interrotto". Hilde
racconta di aver riscontrato questo aspetto anche in Tomas, sono situazioni che soprattutto i genitori possono
riscontrare, per es. dice che quando al mattino ha molta fretta e Tomas è sempre così lento nel prepararsi non può dirgli,
avanti muoviti, perché ottiene l'effetto opposto, nel momento in cui lo si
interrompe, Tomas ricomincerà tutto da capo, per es.
quando Tomas racconta una cosa e a un certo punto lo
si interrompe, non riesce a riprendere dal punto in cui è stato interrotto,
dovrà ricominciare da capo.
Altro aspetto:
le difficoltà nelle situazioni sociali, Van Dalen
dice: "è nelle situazioni sociali, le situazioni
di gruppo che vengo interrotto più spesso e che mi sento di conseguenza più
affaticato, più in difficoltà ".
La difficoltà
di distinguere causa - effetto. Adesso un es. che parla bene: Van Dalen dice" quando
entro in una casa vedo una pianta, chiedo che cos'è". E' una pianta secca
e mi chiedo che cosa significa, è qualcosa, è stato l'effetto di qualcosa, o è
l'inizio di qualcosa che sta per succedere, è la causa di qualcosa che deve
succedere. Questo es.. ci può far capire come è
nell'ottica delle difficoltà di una persona che si trova in un modo dove
praticamente tutto è possibile perché non ha certezze e cose scontate ( come
noi normodotati n.d.r.).
Vivere in un modo dove quasi tutto può essere possibile. Donna Williams in un suo
libro racconta che entra in una stanza, vede un gatto per terra e si domanda:
che cosa sto vedendo ora? Che cosa vedo, perché il gatto non si muove, ma è un vero gatto oppure è un gatto finto di legno? E'
incollato per terra? Forse dorme? Forse è morto? E continua a fare una lista di ipotesi, di possibilità, fino a quando capisce che
effettivamente è un gatto che dorme. Leggendo questo Theo Peeters
era veramente sorpreso, aveva chiesto ad un suo amico, a
un'altra persona autistica molto dotata" che cosa pensi di questo
passaggio, anche tu hai esperienze di questo tipo?" E l'altra persona con
autismo dice "sì, riconosco questo, però ho l'impressione che in qualche
modo Donna Williams si prenda gioco di se stessa parlando di questo, (sia
ironicamente consapevole dei suoi limiti n.d.r. ). E
incontrando questa altra persona dopo un po’ di tempo,
questa persona gli aveva raccontato un aneddoto simile, ma un po' più estremo.
Dunque, innanzitutto si tratta di una persona,
questa persona una donna che vive in un appartamento da sola, con molte
difficoltà ma indipendentemente, e una notte tornando verso casa aveva
attraversato un parco, e un certo punto, mentre camminava nel parco ha avuto
l'impressione che 50 metri più avanti ci fosse un uomo
e una donna che si stavano picchiando in un modo violento, la donna cade per
terra e l'uomo scappa lontano, allora lei si è precipitata verso la donna. Si è
chinata su di essa, ma la donna ha tirato fuori una
pistola e l'ha puntata verso di lei, e allora lei ha cominciato a pensare, ma
cos'è una pistola vera o una pistola finta? E ha cominciato a fare una lista di ipotesi, fino a quando ha concluso che poteva
allontanarsi tranquillamente perché la donna a terra stava bene, ma a quel
punto poteva essere morta 10 volte se le avessero sparato fraintendendo le sue
preoccupazioni.
Sempre a proposito di questo tema Hilde gli aveva raccontato un aneddoto su Tomas. Hilde aveva portato Tomas allo zoo a vedere gli animali, e ad un certo punto
dello zoo c'era una targhetta in una gabbia che diceva: panda rosso, e aveva
visto che tutti i bambini indicavano un punto in alto sull'albero: guarda,
guarda il panda rosso, e Tomas aveva guardato in
alto, ma ad un certo punto era contrariato, e disse a sua madre " ma lì
non c'è niente" e Hilde e suo marito si sono guardati e hanno cominciato a ridere perché hanno
capito, allora Tomas aveva detto" non voglio che
ridiate di me, perché la panda è la mia macchina preferita , è una Fiat, e
soprattutto rossa è il mio colore preferito e su quell'albero non c'era nessuna
Fiat Panda rossa." E potete capire da questi aneddoti cosa voglia dire comunque vivere in un mondo dove tutto è
possibile.
Van Dalen
parla dei disturbi nella difficoltà
della generalizzazione. Van
Dalen dice : quando mi viene
dato un consiglio, quel consiglio ha più validità quanto più sono le persone
che me lo danno in più contesti possibili, perché se una persona mi dà un
consiglio in un determinato contesto, penso che valga soltanto per la
situazione relativa a quel contesto. E questo fa pensare a
un aneddoto scritto da Donna Williams. Ad un certo punto era stata sgridata
perché era stata vista fare i graffiti sul muro del parlamento, e naturalmente
era stata ripresa, gli avevano detto che non poteva fare una cosa del genere
assolutamente, e lei ha detto : "va bene, ho
capito ", è uscita, si è allontanata ; ma appena si è trovata più lontana
ha continuato a fare la stessa cosa, i graffiti, di nuovo non è perché fosse
cattiva, cattiva di volontà, ma la regola che le era stata detta era che non
poteva fare questo al parlamento e non negli altri contesti.
Tomas ad esempio, un giorno si
trovava in cortile con gli altri bambini, stava strappando l'erba, la sua insegnante
gli ha detto :" Tomas
non puoi strappare l'erba così qui!" e Tomas si
è spostato di 10 metri e ha continuato a strappare l'erba, e di nuovo la
sorvegliante che non ne sapeva niente di autismo, ha parlato di un bambino
cattivo, ostinato e maleducato.
Pensate di nuovo all'immagine dell'iceberg, quello
che si vede è un bambino ostinato, maleducato, quello che non si vede è il modo
di pensare diverso, il modo di capire diverso.
E ora una citazione di Van Dalen che parla
dell'importanza di un ambiente adattato all'autismo, dice: in un ambiente
adattato alle mie esigenze, si sono tolti il maggior numero di dettagli
possibili, e questo mi permette di concentrarmi sull'essenziale, e solo in un
ambiente di questo tipo ho la possibilità di arrivare al significato reale il
più facilmente possibile. Questa è una conclusione molto importante per
l'approccio educativo.
Rispondiamo
adesso alle domande che ci avete posto : Una domanda era stata fatta
sull'aspetto prognostico, è una domanda giustificata, ma la risposta è molto
difficile. A livello educativo la parola autismo include troppi aspetti
diversi, l'autismo può essere associato a tutti i diversi livelli di intelligenza, nella letteratura non si parla tanto di
aspetti prognostici, si parla spesso dell'autismo quando è associato al ritardo
mentale, si parla di aspetti prognostici nell'autismo associato al ritardo
mentale. Ma l'evoluzione nell'autismo è soprattutto legata al livello di intelligenza associata al soggetto autistico. Un soggetto
autistico con ritardo mentale grave, nella sua evoluzione verso l'indipendenza
avrà comunque naturalmente molti minori effetti che la
persona colpita da autismo con un alto livello di intelligenza. Quello che
possiamo dire è che nella letteratura si parla di evoluzione
verso l'indipendenza nei casi di ritardo mentale senza autismo, ci sono diverse
evoluzioni, diverse aspettative prognostiche legate
ai diversi livelli di ritardo mentale .A seconda del ritardo mentale che sia
grave - moderato - leggero. E quello che si può dire sull'autismo è che fare
delle aspettative sulla evoluzione partendo solo dal
ritardo mentale associato, è ancora più difficile dal momento che insieme al
ritardo mentale c'è anche l'autismo e se non si conosce l'autismo non si può
calcolare l'evoluzione possibile .
Questo è normale, abbiamo i limiti da ritardo
mentale, e insieme ai limiti del ritardo mentale, abbiamo l'autismo, difficoltà
nella comunicazione, conseguenze nell'educazione che non potrà essere portata
avanti con i mezzi utilizzati normalmente come il linguaggio verbale. 2° aspetto sintomatologico, difficoltà
nell'interazione sociale, conseguenza: una difficoltà, un disturbo nella
capacità di apprendere intuitivamente le cose nelle situazioni di gruppo che va
oltre i limiti del ritardo mentale. 3° aspetto il disturbo a livello
d'immaginazione, Hilde ha parlato della
iperselettività. e
potete capire come questo fenomeno, come questo aspetto influenzi la capacità
di generalizzazione delle acquisizioni, e quindi costituisce un ulteriore
ostacolo verso l'indipendenza, oltre i limiti imposti dall'età mentale. Nei
testi pubblicati sull'autismo e sul ritardo mentale si parla di questo e ci
sono i dati che dicono di un 5% di persone affette da autismo che arrivano ad
un livello di indipendenza totale, ma in queste
pubblicazioni si parla della quantità di indipendenza, ma non della qualità
della vita affettiva di queste persone cosiddette indipendenti.
Il dott. Peeters conosce
molte persone dotate per es. Gunilla Gerland.; ad es.lei può fare
molte cose da sola: va in giro a fare conferenze, è stata di recente in Canada,
poi verrà in Italia, vive da sola in un appartamento,
quindi si può dire sì ha una vita indipendente.
Ma questo perché è circondata da persone che si interessano a lei .Sono persone che conoscono la sua
importanza nell'autismo, che si interessano di autismo
e che fanno le cose in modo adattato a lei. In realtà l'indipendenza, la
qualità della vita nell'indipendenza è data per la maggior parte dal
comportamento delle altre persone intorno, quindi dall'ambiente che le circonda
e per quanto riguarda l'idea di compiere degli studi a lungo termine
sull'effetto di particolari metodi, di diversi approcci, sull'effetto che hanno
sull'indipendenza , potrebbe essere un'idea, una
scelta, ma la realtà è che ci siano troppe variabili da tenere sotto controllo.
Per es. bisognerebbe mettere a confronto,considerare
non solo un gruppo di persone affette da autismo ma confrontarle con un gruppo
di persone con la stessa età mentale, e bisognerebbe aiutare un gruppo di
persone autistiche e confrontarle con un gruppo che non viene aiutato. Ma si può fare questo a livello etico? E
poi la selezione del gruppo sperimentale: tutte le persone sono cresciute in
una cultura simile? Hanno tutte avuto un passato simile rispetto al loro
percorso educativo? Sono state anche in classi specializzate? E poi ci sono tutte le variabili biologiche, qual è il
livello di formazione, dei professionisti, degli operatori che sono stati
intorno a queste persone.
Il livello di formazione e di informazione
che hanno avuto i genitori di questi soggetti devono essere gli stessi. Sono
tutti studi, che devono considerare tutte queste variabili, e quindi comportano
molte difficoltà, tuttavia non diciamo che non devono essere fatti, ma c'è un
altro aspetto da considerare, il concetto di autismo,
negli ultimi 40,50 anni è cambiato molto, nella concezione contemporanea, lo
spettro autistico si è ampliato tantissimo rispetto a prima e soprattutto
quando si parla dell'evoluzione della persona affetta da autismo è il suo
benessere che è importante, non tanto l'integrazione fine a se stessa . Voglio
dire non la quantità d'integrazione, il benessere della persona adulta colpita
da autismo dipende in gran parte dagli adattamenti che sono stati fatti per le
sue esigenze e dai mezzi politici( Servizi ) di cui ha potuto usufruire. E il
solo programma politico di stato che si conosce attualmente
è quello che c'è nella Carolina del Nord per il programma Teacch.
Quando il programma Teacch
è iniziato 30 anni fa, i dati statistici dicevano che 30 anni fa l' 85% dei soggetti autistici era al di fuori della
comunità, inserita in circuiti di tipo psichiatrico, ma di vecchio tipo. E a 30
anni di distanza, attualmente il 98% della popolazione
autistica della Carolina del Nord viene inserita nella comunità protetta in
modo adattato, ma inserita nella comunità. Naturalmente è difficile confrontare
i dati statistici alla distanza di 30 anni, forse non è soltanto il programma Teacch che ha fatto cambiare questi dati, ci sono stati dei
mutamenti di mentalità, dei mutamenti delle idee relative
all'autismo, ma ciò nonostante, queste cifre parlano enormemente.
Questa è una parte della risposta su come si può
pensare alla prognosi in caso di autismo, la prognosi
sta più a noi che alla gravità dei sintomi riscontrati nel bambino.
Le altre due domande erano una relativa all'ecoprassia e l'altra all'utilizzo delle immagini
nell'educazione, preferiamo anziché rispondere
direttamente integrare le risposte, nell'esposizione successiva. Ora
riprendiamo il tema del suo libro: "Autismo. Dalla comprensione teorica,
all'intervento pratico"ieri si è parlato dell'autismo, ma come di un
disturbo pervasivo dello sviluppo, il punto
successivo è stato : bisogna capire che le persone
colpite da autismo elaborano le informazioni in modo differente, quindi hanno
una cognizione differente, Hilde ha parlato di un
aspetto di cognizione differente molto importante: il pensare in dettaglio, ora
cerchiamo di completare l'informazione e chiede che le persone qui presenti non
abbiano troppa fretta di avere poi suggerimenti educativi pratici, bisogna
capire : una formazione completa sull'autismo dura 2 anni e naturalmente non è
possibile avere tutte le informazioni relative alla comprensione teorica e
all'intervento pratico in 4 giorni, e non c'è niente di più sbagliato che
pensare che dopo 2 giorni di corso si possa applicare letteralmente quello che
si è sentito durante lo stage. Ora l'importanza di questo corso teorico è di
sensibilizzare voi alla diversità dell'autismo tenendo presente sempre
l'immagine dell'iceberg e la necessità di pensare con la stessa testa delle
persone affette da autismo.
Continueremo dandovi dei suggerimenti di intervento pratico, di intervento educativo, più che
altro per illustrare per farvi capire meglio l'aspetto teorico, e ora un
aneddoto che illustra meglio la diversa elaborazione cognitiva delle
informazioni della persona autistica e le conseguenze
nell'intervento educativo.
L'aneddoto che racconta si trova nel libro di Hilde, ed è legato alla festa di Natale che nelle Fiandre è
molto importante. Inizialmente, tutte le volte che arrivava il giorno di
Natale, Tomas apriva il pacco con la
sorpresa e tutte le volte che vedeva la sorpresa, la buttava per terra
cominciava a gridare e faceva diventare il Natale una sorta di dramma
familiare, rovinando così la festa a tutti gli altri. Fino a quando Hilde si è detta " beh in effetti
la festa di Natale è una festa concepita per bambini normali, Tomas è un bambino speciale e quindi anche la festa di
Natale deve essere preparata e pensata in modo speciale". Vedete di nuovo
l'importanza di questo passaggio, se la cognizione è diversa, l'educazione,
l'intervento educativo sarà diverso. E così in questo modo Hilde
aveva proceduto: aveva preso un catalogo di giochi, aveva chiamato Tomas e insieme avevano scelto la
"sorpresa " che Babbo Natale gli avrebbe portato il giorno di Natale.
Una volta che la scelta del regalo era stata fatta rimanevano 2 problemi
importanti. 1° problema, un giocattolo visto in un catalogo non è uguale al
giocattolo vero. Così aveva portato Tomas in una
ludoteca dove aveva preso lo stesso giocattolo e aveva avuto la possibilità di
giocarci per alcuni giorni e osservare che effettivamente era lo stesso gioco
del catalogo. Tomas ha visto che la scelta andava
bene e che quello sarebbe stato il regalo. Vedete la sorpresa
era già diventata prevedibile. 2° domanda: quando arriva papà Natale con
il regalo. E se Hilde gli
avesse risposto a questa domanda solo verbalmente Tomas,
continuamente l'avrebbe chiesto: " ma quando arriva Babbo Natale, ma
quando arriva Babbo Natale?", l'informazione verbale è astratta e
temporale.
Quindi era stato necessario trasformare
l'informazione, in informazione concreta visibile nello spazio a livello
individualizzato e quello che aveva fatto Hilde era
di inventare ,di sviluppare un calendario
comprensibile per il livello di Tomas, il livello a
cui era anni fa quando successe questo fatto.
Ogni giorno che mancava alla festa di Natale era simboleggiato da un foglio bianco, un foglio per
ogni giorno mancante, mentre il giorno di Natale l'ultimo era simboleggiato da
un foglio rosso con il disegno del regalo che avrebbe avuto, ogni mattina
quando i svegliava Tomas, toglieva uno dei fogli
bianchi e così vedeva mano a mano che la festa di Natale si avvicinava. La
vigilia del giorno di Natale Hilde gli ha chiesto di
avvicinarsi a lei, e aveva mostrato a Tomas la carta
da pacco rossa, perché era il colore preferito di Tomas,
che avrebbe avvolto la sorpresa, e gli aveva anche fatto
vedere dove la sorpresa sarebbe stata " nascosta". La sorella , il fratello di Tomas hanno
detto" se glielo fai vedere hai rovinato la sorpresa". Ma invece Tomas era contentissimo
di sapere tutto prima, e così il giorno di Natale si era svegliato con un gran
sorriso, avrebbe trovato la sua sorpresa, sapeva anche dove la sua sorpresa era
nascosta, sapeva anche che cosa era la sorpresa, e quando ha aperto il
pacchetto ha trovato esattamente quello che si aspettava che fosse ed era
veramente contento, per la prima volta la festa di Natale era stata una festa
per tutta la famiglia, questa è la dimostrazione concreta di una verità
astratta sull'autismo.
Peeters ha incluso questo racconto
nel suo libro, un libro che è stato tradotto in più lingue, e in Danimarca
questo fatto raccontato da Hilde è
stato scelto come la storia di Natale che è stata pubblicata sui
giornali per Natale. Qualche mese dopo la pubblicazione Hilde
ha incontrato il presidente dell'associazione dei genitori in Danimarca , gli ha spiegato che dopo la comparsa di questo racconto,
gli operatori del centro dove era inserita sua figlia autistica di 35 anni,
avevano preparato la festa di Natale come avevano letto, che aveva fatto Hilde per Tomas. E aveva detto
con le lacrime agli occhi, che per la prima volta sua figlia era riuscita a
festeggiare questa festa come gli altri, e aveva aggiunto: "com'è possibile che abbiamo dovuto aspettare 35 anni per una
cosa così semplice" E 'questo che è importante capire, noi ci dilunghiamo
sulla teoria, ma le soluzioni spesso sono molto semplici quando si capisce bene
la teoria.
In molti casi l'autismo è combinato con il ritardo mentale, molte persone si chiedono, qual è il
legame tra autismo e ritardo mentale, e questo è molto interessante,
verbalmente avrete delle difficoltà a capire, ora lo spiegherò facendovi
visualizzare la cosa e sicuramente lo capirete.
Questo è il profilo ( PEP Profilo Psico Educativo di Schopler ) di un bambino di 7 anni, per questo c'è
quella riga orizzontale sul 7. Quella è motricità globale, motricità fine,
coordinazione occhio - mano, comunicazione, interazione sociale, comunicazione.
Nell'insieme delle valutazioni di questi diversi aspetti, il soggetto ha
ottenuto un risultato che sarebbe normale per un'età di sviluppo di 2 anni e
mezzo. Il che vuol dire che questo bambino si è sviluppato in
modo diverso di quello che ci si aspetta per un bambino di 7 anni.
Questo vuol dire, questo bambino ha un ritardo mentale, il che vuol dire "
progresso lento" ma una persona che ha soltanto ritardo mentale avrà un
profilo più o meno armonico, il che vuol dire: un bambino che ha un'età
cronologica di 7 anni, ma vive, pensa e fa le cose come se avesse 2 anni e
mezzo. Fa puzzle come un bambino di 2 anni e mezzo, parla come un bambino di 2
anni e mezzo, ha abilità nel gioco e in diverse abilità come se avesse 2 anni e
mezzo.
Ma vedete invece un altro bambino che ha un profilo
assai irregolare, nei tre ambiti relativi alla motricità, ha un profilo compreso tra i 4 e 5 anni, questo
è un punteggio più alto per quanto possa suggerire la sua età di sviluppo.
Nell'autismo questo fenomeno si chiama " isole di intelligenza".
E spesso le persone esagerano nel considerare queste isole di
intelligenza, vediamo in questo profilo che questi aspetti di motricità sono dei punti forti, anche se sono comunque
punteggi bassi rispetto alla sua età cronologica. In questa valutazione, era
stato valutato anche il livello d'astrazione del soggetto. Nei simboli che
usiamo nella vita quotidiana, abbiamo dei simboli molto concreti e dei simboli
molto astratti, se per es. voglio significare: si va a bere qualche cosa, posso
dirlo verbalmente in maniera molto astratta, quello, è un suono che non ha
nulla a che fare con quello che sto significando ( se io non conosco il
linguaggio verbale n.d.r.), posso mostrare
un'immagine ( bicchiere ), questo è già più completo come mezzo comunicativo,
ma l'immagine ha solo due dimensioni, e per certi soggetti anche l'immagine è
troppo astratta, e certi soggetti non possono
comprendere che l'oggetto concreto simbolizza il significato, e in alcuni casi,
anche capire il significato degli oggetti va insegnato esplicitamente. Quindi,
questo soggetto che ha uno sviluppo mentale di 2 anni e mezzo, nonostante abbia
quei punteggi tra i 4/5 anni nella motricità, a
livello di astrazione arriva forse ai 12 mesi, anche
meno di 12 mesi, a livello di comunicazione, nonostante l'età mentale sia di 2
anni e mezzo non essere in grado di comprendere le immagini, non era in grado
di mettere gli oggetti sulle loro forme corrispondenti, e quando gli si chiede
di far vedere un bicchiere, un piatto per significare di voler mangiare o bere,
non è in grado di farlo.
E a questo punto è chiaro, che anche a livello di interazione sociale, non è in grado di comprendere il
linguaggio degli occhi, non può capire il significato delle lacrime, non può
capire che le lacrime significano tristezza, ha difficoltà a capire che le
carezze indicano dire amore, affetto, e a livelli d'immaginazione non è in
grado di capire che una bambola può rappresentare una persona vera, il gioco
simbolico, è troppo difficile per lui.
Quindi vedete, questo è un caso di combinazione tra
ritardo mentale e autismo, se a livello di intervento
educativo si tenesse soltanto conto di questo livello, allora svilupperebbe un
intervento di un'età mentale di 2 anni e mezzo. Ma un intervento educativo che tenga conto soltanto del ritardo mentale, sarebbe del tutto
inappropriato nell'autismo, perché anche se il punteggio finale ci da un'età
mentale media di 2 anni e mezzo, le frasi comprensibili per un bambino di 2
anni e mezzo non sono comprensibili per la persona affetta da autismo di questo
profilo, quindi l'educazione deve tenere conto in primo luogo le difficoltà a
livello d'astrazione, e non è un caso che in questi tre punteggi abbiamo
ritrovato la triade sintomatologica dell'autismo.
Ed è in questo modo che il dott. Peeters
illustra l'autismo ai genitori di figli che non hanno ancora la diagnosi, spesso
i genitori arrivano al loro centro per capire tre cose: 1° la relazione
sociale, perché il loro bambino non vuole essere coccolato, oppure non vuole
essere ma per es. non guarda mai negli occhi, perché questa relazione che
normalmente è diversa è così bizzarra. La 2° domanda è " perché mio figlio
non parla, oppure se parla utilizza un linguaggio così inadeguato, usa parole
che non c'entrano" come nell'esempio di Hilde
perché doveva dire "uccelli quando vuole il formaggio ecc. ecc.
3° "quesito: perché mio figlio non
gioca con gli altri bambini? Quando è da solo tende a fare la cosa per tanto
tempo a ripetere gli stessi movimenti per molto tempo, non ha la creatività
degli altri bambini, perché non è possibile che giochi con gli altri
bambini" ,domande legate all'immaginazione, nelle
difficoltà del gioco, si possono riscontrare tutte le difficoltà dell'autismo.
Per giocare con gli altri bambini, bisogna capire le regole invisibili del
gioco, quindi l'immaginazione, poi c'è la reciprocità sociale che è difficile
per i bambini autistici. E quando si gioca con un
altro bambino, normalmente si fa appello al linguaggio verbale che è difficile
per le persone autistiche.
I giapponesi, quando chiedono come sta il figlio ad
una persona non gli chiedono come va? Ma come gioca?
E' una cosa affascinante perché effettivamente quando il bambino gioca bene,
vuol dire che sta bene, va tutto bene. Per tornare alla cognizione, quindi come
abbiamo già detto, sviluppare un programma educativo per un bambino di 2 ani e
mezzo, in questo caso sarebbe inappropriato, bisogna tenere conto del livello di astrazione nella reciprocità sociale, nello sviluppo
dell'astrazione , nello sviluppo simbolico.
All'inizio della carriera il dott. Peeters stava cercando di spiegare nel modo più chiaro
possibile le difficoltà dei bambini colpiti da autismo, e fortunatamente ha
letto gli articoli di Jerome Brunner,, lo psicologo dello sviluppo . Brunner
aveva pubblicato gli studi sullo sviluppo normale e ad una raccolta delle sue
esperienze più importanti aveva dato un titolo magnifico, la sua pubblicazione
e in inglese era…………………….. ovvero "Aldilà
dell'informazione letterale".
Questo titolo deriva dell'osservazione che i bambini
normali, sembrano nascere con una intuizione che li
porta all'astrazione, fin dalla nascita il bambino è orientato più verso il
linguaggio che gli altri suoni e con lo sviluppo essendo sottoposto al suono
del linguaggio, impara a parlare, apprende il linguaggio, lo capisce e questa
evoluzione che ha qualcosa di miracoloso è come dire un po’ banalizzata perché
a noi sembra essere del tutto normale. E anche per l'aspetto sociale, il
bambino fin dalla nascita si orienta più verso le persone che verso gli oggetti
e con lo sviluppo tende a iniziare il gioco, il gioco
simbolico che dimostra la sua comprensione sociale, una comprensione che
richiede di andare al di là della percezione letterale. E' proprio questa transizione, l'andare al di là
dell'informazione data che sembra essere disturbata nell'autismo. Senza
alcun bisogno di educazione specifica, i bambini
comprendono il valore simbolico degli oggetti, delle foto, dei disegni e così
via. Questo naturalmente, non avviene nei casi di autismo.
E quello che farò ora è cercare di spiegare, illustrare questa difficoltà ad
andare al di là dell'informazione data, della
percezione letterale nei tre ambiti: comunicazione, interazione sociale,
immaginazione.
La
comunicazione:
comincio con un frammento di cui ha già parlato Hilde,
e 2 studiose americane: Kate Quill
e Fracesca Happè, hanno
fatto una ricerca comparata sullo sviluppo della comunicazione di persone
colpite da autismo e normali della stessa età mentale, nel momento in cui il
bambino impara che questo si chiama bicchiere ( un bambino normale) avrà la
tendenza se non conosce il significato di parole come tazza o bottiglia a
chiamare bicchiere tutto quello che serve per bere, anche una bottiglia ecc.
ecc.. il che vuol dire che fin dall'inizio è orientato
ad andare verso l'astrazione, sa andare al di là dell'informazione data,
soprattutto la funzione del bere lo orienta verso il significato, ma il
soggetto autistico ha un'elaborazione delle informazioni molto più letterale, e
nel momento in cui impara che questo è il bicchiere, essendo dominato dalla
percezione letterale, tenderà a riservare il significato di "
bicchiere" a quel bicchiere soltanto, con quella forma e quel colore.
Vedete che questa base concettuale da cui partono ostacola la generalizzazione e il soggetto autistico
che si trovi poi di fronte a un bicchiere più piccolo o di un altro colore, non
trova logico che questi due oggetti così diversi siano designati della stessa
parola, e non stiamo dicendo che i soggetti autistici, non siano poi in grado
di apprendere a questa generalizzazione, a capire che anche altri oggetti come
questi sono dei bicchieri, quello che è importante capire è che questo non
avviene in modo intuitivo, automatico come per noi, ma questo tipo di
apprendimento richiede un sostegno esterno da parte nostra, un insegnamento
continuo.
Per lo sviluppo del linguaggio: stiamo parlando di
una tappa più difficile, imparare il nome di una serie di oggetti
che si possono vedere, toccare ,con una serie di caratteristiche percettive
definite ( sono facili da percepirsi e sempre le stese ) è una cosa ma pensare
di insegnare il nostro tipo di linguaggio metaforico è un'altra .
Le parole che utilizziamo sono spesso molto
relative, sono parole che noi chiamiamo relazionali, parole che cambiano a seconda del contesto in cui vengono dette, parole come
grande, piccolo ecc. ecc. Ora mettetevi nei panni della persona colpita da
autismo, che ha un orientamento letterale e apprende la differenza tra grande,
piccolo e ha l'abitudine di imparare le cose in modo troppo letterale, qui
vedete l'orologio il bicchiere, il bicchiere è grande o piccolo ( mettete i due
oggetti allineati )? Va bene è grande, ed ora il bicchiere è grande o piccolo (
mettete l'orologio davanti e il bicchiere in secondo piano, dietro )? Ma
mettetevi nei panni della persona autistica: avete appena detto che il bicchiere
è grande, poi dopo due secondi invece avete detto che il bicchiere è piccolo,
cosa può pensare la persona autistica :" queste
persone sono bugiarde, non posso fidarmi".
Hilde ha già spiegato la tendenza
delle persone autistiche ad essere iperrealistiche,
ci ha spiegato cosa significa. In effetti le persone
autistiche sono tutte realistiche, seguono sempre la loro logica ma in compenso
noi siamo veramente dei surrealisti , eppure noi normodotati
noi ci aspetteremo che la persona autistica utilizzi delle frasi intere, che
utilizzi queste frasi in modo creativo, e cominci ad usare le parole che ha
imparato facili e difficili in frase intera.
E se voi considerate le difficoltà nel designare gli
oggetti, nel capire le parole flessibili che hanno
diversi significati, addirittura nei verbi che sono una volta al passato, al
presente , al futuro e cambiano, come pensate che si possa fuggire da queste
difficoltà? Penso che se aveste queste difficoltà,
comincereste a ripetere quello che sentite in modo letterale, a ripetere perché
sarebbe molto più facile ripetere quello che sentite, che non cercare di
elaborare queste composizioni, queste creazioni, e noi questo lo chiamiamo Ecolalia, la ripetizione letterale di
parole e di frasi, ma che cosa è l'ecolalia? L'ecolalia è un linguaggio che
non è abbastanza analizzato verso un significato, si può sentire una frase,
tenerla a memoria e pi farla uscire ripeterla senza passare dall'analisi
concettuale, oppure senza passarci abbastanza, questa è l'ecolalia. Penso che
la cosa fondamentale nell'autismo sia: il rispetto, vero rispetto per tutti gli
sforzi che le persone autistiche fanno per stare con noi. E
quindi non considerare l'ecolalia come qualcosa di strano, inadeguato ecc. ecc.
e da eliminare, non è un aspetto psicopatologico ma
uno sforzo che fanno i soggetti autistici, nel tentativo di parlare con noi. E
non dobbiamo dimenticarci che anche i bambini normali presentano fenomeni di ecolalia tra i 18 e i 36 mesi, dopo i 36 mesi questi
fenomeni scompaiono nel bambino normale ma continuano a persistere nello
sviluppo del soggetto autistico anche dopo l'età mentale di 36 mesi.
Questo è legato ad un disturbo nell'analisi
concettuale, pensate a quello che ha detto Hilde
riguardo il dizionario con l'elenco dei concetti di
sposarsi, la libreria , di cui parlavamo, o del il concetto di imbrogliare;
potete capire le difficoltà legate al disturbo dell'analisi concettuale. E
l'ecolalia è un linguaggio tipico di una persona che ha buona capacità di articolazione, che ha una buona memoria, ma ha un talento
verso l'analisi concettuale non ancora ben sviluppato. Quindi
l'ecolalia è una strategia di
sopravvivenza, è una strategia che utilizziamo noi stessi, quando ci
troviamo per es. in un paese straniero e non posiamo capire, quello che sentiamo.
Es.: voi sapete che il fiammingo è una lingua difficile, e un pomeriggio siete
di fronte al dott. Peeters, siete ospiti da lui, e vi
dice in fiammingo questa cosa……………………………… e subito dopo vi da qualche cosa da
mangiare, il giorno dopo la stessa cosa e vi da qualcosa da mangiare, e per tre
settimane va avanti così, ogni volta vi ripete quella cosa e vi dà qualcosa da
mangiare, e dopo di che, dopo queste 3 settimane, ad un certo punto siete di
nuovo da lui, avete tantissima fame, ma lui non dice niente, che cosa gli direte? Gli direte la stessa frase che avete sentito per tre
settimane, e lui dirà "le persone di Vicenza, come sono ecolaliche, incredibile!". Per tre settimane , in fiammingo,vi aveva chiesto : "avete fame, volete
qualche cosa da mangiare?" E dopo tre settimane anziché dire " ho
fame, voglio mangiare qualcosa" voi avete chiesto a lui, " volete
qualcosa da mangiare , avete fame "( ripetendo in fiammingo ).
Pensate, l'inversione
pronominale, e fenomeni di questo tipo, fanno parte della stessa famiglia dei
disturbi ecolalici, perché se vi mettete nei panni di
una persona che pensa letteralmente, tutti quanti la chiamano tu, e come
fa una persona che si sente chiamare tu per tutto il tempo, immaginarsi
che invece lui deve chiamarsi io una cosa veramente surrealista. E' anche una questione di aspettative, la persona affetta da autismo ha delle
difficoltà a cogliere le aspettative dell'altra persone, perché questo richiede
uno sviluppo cognitivo complesso, e come abbiamo detto , se noi ci mettiamo dal
punto di vista della persona autistica, non parliamo più di bizzarrie del suo
comportamento, Se riusciamo ad entrare nella sua ottica, possiamo soltanto
avere un profondo rispetto di tutti gli sforzi che fa, e questa è una diversa,
ma nuova importante prospettiva per vedere l'autismo.
Continuiamo quello che stavo
dicendo prima della pausa. Parlando della cognizione diversa è stato detto che
uno dei problemi alla base è la difficoltà di andare al di là
dell'informazione letterale, abbiamo già visto questo aspetto in
dettaglio, lo vediamo anche nell'ecolalia. L'ecolalia è un linguaggio che non è
ancora abbastanza orientato verso un senso .
Voi sapete che nel cervello ci sono due emisferi e ognuno
dei due emisferi ha un compito specifico nell'elaborazione delle informazioni,
l'emisfero destro è chiamato l'emisfero della sintesi percettiva, e l'emisfero
sinistro è l'emisfero dell'analisi concettuale, e la capacità di andare al di là dell'informazione data, fa riferimento in gran
parte al funzionamento dell'emisfero sx , ma quello
che osserviamo è che nei casi di autismo, c'è un utilizzo esagerato delle
funzioni dell'emisfero dx, e nell'elaborazione delle
informazioni che andrebbero invece elaborate attraverso l'emisfero sx. Illustro questo: Citando un neurologo famoso Gazzaniga, che parla della differenza tra i due modi di
elaborare le informazioni dei due emisferi, dà un esempio molto semplice : immaginatevi una mela e un'arancia, per l'emisfero dx una mela e un'arancia si assomigliano perché sono tutte
e due rotonde, un'informazione che parla da sola, sintesi percettiva. Per
l'emisfero sx una mela e un'arancia si assomigliano perché sono tutti e
due frutti , e per arrivare alla conclusione che una mela e un'arancia sono dei
frutti, bisogna fare appello all'analisi concettuale, andare al di là della
percezione.
Ed è facilmente osservabile nei casi di autismo, un talento eccezionale nella capacità di
elaborare le informazioni attraverso la sintesi percettiva, quindi l'emisfero dx e non attraverso l'analisi concettuale. L'ecolalia, un
fenomeno che nell'autismo è comune si trova anche per es. nello sviluppo di
bambini affetti da ritardo mentale è tipicamente un linguaggio trattato in
questo modo, non elaborato verso un significato .
Leo Kanner nel 1943, nelle
prime pubblicazioni scientifiche sull'autismo ha pensato che la comprensione
dell'ecolalia differita potesse essere una chiave di interpretazione
per capire l'anima delle persone colpite da autismo ", ma sfortunatamente
questo suggerimento di Kanner., poi non è stato
ripreso, è stato trascurato per molti anni, ed è stato solamente nel periodo in
cui si è resa chiara l'importanza e l'evidenza della base biologica del
disturbo autistico, che si è ritornati a pensare ai fenomeni legati alla
elaborazione diversa dell'informazione e al cervello.
Dal libro di Theo Peeters:,
c'è un frammento di cui parla dell'ecolalia raccontato
da una persona autistica, lo leggiamo a pag. 77 (segue lettura) si tratta di Terese Joliffè una persona
autistica molto dotata che attualmente collabora con Simon Baron
Choen all'università di Cambridge. Questa è
letteratura obbligatoria per tutti gli studi di linguistica, comunicazione ecc.ecc. Adesso ci fermiamo ancora un po’ sull'ecolalia, in
particolare sull'ecolalia in differita, anche se sono molte più le cose su cui potrebbe parlare a proposito di questo tema, preferisce
affrontare altri diversi soggetti.
E uno dei suoi esempi preferiti da 20 anni a questa
parte sull'ecolalia differita, riguarda un ragazzo che ha conosciuto: tutte le
volte che voleva un pezzo di cioccolata diceva" la macchinetta non
funziona " e come ha già detto Hilde, per capire
queste cose, questi fenomeni bisogna capire il manuale di funzionamento di ogni persona, e il modo migliore è di solito di parlare
con la madre di questa persona, perché quello che ha detto .: la macchinetta
non funziona per intendere " voglio un pezzo di cioccolata", non ha a
che fare con disturbi di natura psicotica, ma soltanto una situazione concreta,
spiegabile facilmente dalla madre. L'aneddoto è questo: la madre di questo
bambino autistico era andata a prenderlo e l'aveva accompagnato in piscina, era
stato così bravo, si era comportato così bene, che la madre per premiarlo gli
aveva promesso un piccolo pezzo di cioccolata e uscendo dalla piscina si erano
diretti a un distributore automatico di cioccolato,
aveva messo dentro la moneta, ma al momento di ritirare la cioccolata, si era
accorta che la macchinetta non funzionava, e la madre guarda il figlio e dice:
" la macchinetta non funziona " ma mettiamoci nella testa del bambino
autistico che dietro il vetro della macchinetta vede la cioccolata, voleva la
cioccolata e non capiva cosa stava succedendo e cosa diceva la mamma, quindi ha
cominciato ad urlare, sua madre ha cominciato a dire sempre più forte" ma
la macchinetta non funziona, la macchinetta non funziona" . Sua madre ha
continuato in questo modo sempre più seccata, e alla fine ha gridato un'altra
volta "insomma la macchinetta non funziona" e in quel momento la
macchinetta ha funzionato di colpo e il cioccolato è sceso. Il bambino non era
stato in grado di cogliere il significato complesso di quello che era successo,
aveva fatto un'associazione tra i due dettagli, qualcuno che grida " la
macchinetta non funziona" e il pezzo di cioccolata ottenuto, da quel
momento ha pensato se avesse voluto di nuovo del
cioccolato avrebbe dovuto gridare " la macchinetta non funziona".
Vedete che dal punto di vista del bambino autistico,
la cosa è molto chiara, e logica, siamo noi che non siamo contenti, vogliamo
che comunichi in un altro modo, Un altro esempio riguarda una persona autistica
che era con la sua operatrice, la stava accompagnando,
erano in aperta campagna, ma ad un certo punto il ragazzo si è messo a
gridare" chiudi la porta, chiudi la porta" e l'educatrice era molto
sorpresa perché erano in campagna e non c'era nessuna porta da chiudere. Quando
l'educatrice ha riportato a casa il ragazzo ha
raccontato il fatto alla madre, e sua madre ha detto " probabilmente è
perché tu stavi tenendo per mano il ragazzo e invece lui voleva andare via, è
così !" e l'educatrice ha detto " Sì in effetti lo stavo tenendo per
mano, ma come lo sai?" e allora la madre ha raccontato, che suo figlio a
volte, è così angosciato, è così ansioso che vuole andare in camera per stare
tranquillo ,ma non è capace da solo di prendere questa decisione, allora la
madre lo accompagna alla camera dove poi lui ascolta la musica e quindi la
madre lo guida verso la camera, mette la sua musica preferita, lo lascia da
solo e poi prima di andare via gli dice " adesso chiudo la porta". E nella mente di questo ragazzo, chiudere la porta è
sinonimo di stare tranquillo, di stare in pace, di essere lasciato solo.
Vedete la differenza, comunica come può, anziché
comunicare come noi vogliamo, quindi se si capisce approfonditamente, se si è
in grado di capire, l'ecolalia in questo modo, è facile comprendere che non
possiamo dire" il ragazzo non vuole comunicare con noi " il ragazzo comunica
con noi come può e fa degli sforzi per comunicare come può. In questa sede non
parlerò dei problemi di comunicazione dei soggetti
verbali molto dotati, ma vi darò invece qualche esempio sullo sviluppo del
linguaggio per farvi capire quanto il linguaggio verbale è una cosa difficile
per la persona colpita da autismo e che se si vuole insegnare la comunicazione
alla persona autistica è importante avere molta pazienza.
Vediamo cosa succede nello sviluppo normale, come
lui dice spesso, si può considerare il linguaggio verbale come una piccola
isola che compare in un momento dello sviluppo in mezzo ad un oceano di
comunicazione non verbale, il bambino normale quando si ritrova a parlare, si
ritrova con 10 mesi circa di esperienze di
comunicazione non verbale, attraverso altri mezzi, quando ad un certo punto del
suo sviluppo trova la parola che apre tantissime possibilità ma che comunque
arriva nel contesto di una conoscenza, di esperienze, o della comunicazione non
verbale, se voi leggete la letteratura sulle prime fasi di sviluppo della
comunicazione del bambino affetto da autismo, potete notare che il deficit
nella comunicazione compare a livello della comunicazione prima del linguaggio,
anche ai livelli di comunicazione più semplici, e se avete a che fare con un
bambino che ha dei problemi massivi in tutto l'ambito
della comunicazione, non comincerete con il linguaggio che è la forma di
comunicazione più difficile, più astratto, più invisibile.
E' per questo che si è arrivati all'idea di iniziare
l'insegnamento della comunicazione attraverso mezzi più semplici del linguaggio
verbale, come l'utilizzo di disegni, di oggetti, e
quello che è importante è fargli scoprire il potere di quello che è la
comunicazione, perché di questo si tratta, far capire a che cosa serve la
comunicazione, prima del linguaggio verbale, e anche quando si tratta di
sviluppare un programma educativo, sulla comunicazione, anche in questo caso
dobbiamo rimetterci nei panni, nel cervello della persona autistica per cercare
di fare qualcosa, un lavoro che sia molto interessante per lui, non per noi.
Adesso un altro slogan da
fissarci bene in testa: " la comunicazione è quello che la comunicazione
fa" nel senso, se noi insegniamo ad una persona autistica una
comunicazione che non ha alcun effetto, perché mai dovrebbe fare degli sforzi
per imparare qualcosa che non gli fa ottenere nulla. Un aneddoto su una bambina
autistica non verbale, la madre di questa bambina cercava di capire quello che
a lei piacesse fare e cercando di capire cosa le piaceva
mangiare, sapeva che le piaceva molto lo yogurt, e tutte le volte le dava lo
yogurt come dessert, e per anni questa bambina ha mangiato yogurt per 3 -4 volte al giorno. Ad un certo punto, si è iniziata a
sviluppare una comunicazione non verbale, è stato insegnato a questa bambina a
fare delle scelte, guardando delle immagini, dei disegni, delle foto. Quando ha avuto la possibilità di comunicare quello che le piaceva
si erano messe davanti a lei delle foto dello yogurt e delle altre cose da
mangiare, la prima cosa che aveva fatto era stato prendere la foto dello yogurt
e gettarla via lontano, ma fino a quel momento aveva sempre dato l'impressione
,alla madre,che le piacesse lo yogurt, perché lo mangiava sempre
diligentemente, solo perché non sapeva rifiutare.
Questo è un esempio: La comunicazione è quello che
la comunicazione fa. Quando si sviluppa un programma di intervento
sulla comunicazione, il primo passo è capire qual è il livello di astrazione
del soggetto e sulla base del livello di astrazione capire quali sono i mezzi
non verbali che il soggetto può facilmente usare. Ora vorremmo soffermarci
ancora una volta sulla differenza tra informazioni che parlano da sole e
informazioni astratte. Si potrebbe anche dire che l'emisfero destro è
specializzato nelle informazioni che parlano da sole, e l'emisfero sx per le informazioni astratte.
Ad un certo punto è
stato condotto un esperimento su tre gruppi di bambini con età mentale di 5
anni, un gruppo di autistici, un gruppo di bambini "normali" e un
gruppo di bambini affetti da ritardo mentale senza
autismo. Nella logica di una situazione sperimentale, se si sottopongono i
soggetti che hanno tutti la stessa età mentale ad una
certa prova, dovrebbero ottenere tutti lo stesso punteggio, ma nel momento in
cui il gruppo dei soggetti autistici cade in una prova dove riescono
perfettamente sia i soggetti normali che quelli con ritardo mentale, a questo
punto si formula l'ipotesi che ci sia un qualcosa di specifico per l'autismo,
allora si ripete un'esperienza di questo tipo, quando si verifica lo stesso
risultato per un certo numero di prove, allora questa differenza in specifiche
prove del gruppo di autistici, rispetto agli altri gruppi diventa una verità
scientifica. L'esperimento di cui parliamo era legato
alla comprensione, all'utilizzo di certi gesti, linguaggio gestuale. Nei test
di comprensione di queste immagini:
le persone autistiche hanno
avuto gli stessi risultati dei due gruppi, mentre in questo test, con questi
gesti:
le persone colpite da autismo
hanno avuto enormi difficoltà, dove invece sono riusciti perfettamente sia il
gruppo dei normali, sia il gruppo con il solo ritardo mentale. Ora se mettete a
confronto le due diverse immagini nel 1° test sono i
gesti che parlano da soli. Quali sono i gesti che invece sono aperti, astratti,
quelli in cui bisogna andare al di là della
informazione data? Nel 2° test.
1° test sono i gesti che
parlano da soli : nella letteratura linguistica si chiamano gesti iconici, quì si fa appello alla sintesi percettiva, quando faccio
questo gesto spingo qualcuno, il significato sta nel gesto, e anche facendo
così non c'è bisogno di andare al di là dell'informazione data, non è una cosa
astratta, e anche quando indico. Per quanto riguarda l'indicare, ci sono casi di autismo di soggetti, che non sono in grado di farlo, ma
anche in questo caso, non dimenticatevi che l'età di sviluppo dei gruppi
studiati era di 5 anni, il significato sta proprio nel dito.
Ora guardate gli altri gesti (2° test ), mettendovi
nella testa della persona affetta da autismo pensatore letterale, non riuscirei
a spiegarmi questo gesto, non pensate che sia una cosa un po’ surrealista e
questo che cos'è ?( passare il palmo di una mano sopra qualcosa
) , potrebbe essere lo stesso movimento di pulire un tavolo, me sei
surrealista, fare così sulla testa di qualcuno, vuol dire consolarlo Vedete è
chiaro che per una persona autistica questo non è evidente. E questi esempi che
possono essere anche un po’ divertenti per noi ,ci
fanno anche capire qualcosa dell'interno delle persone autistiche, di quanto il
loro comportamento sia logico dal loro punto di vista, sia logico. Ma causa di questo quanto sia difficile per loro la convivenza con
dei surrealisti come noi.
Per quanto
riguarda la comprensione sociale, la difficoltà di andare al di là
della informazione data è purtroppo una disabilità grave. Comincio con
la definizione di comprensione sociale data da Jerom Brunner. che dice:"
L'interazione sociale, può essere vista come dei simboli astratti in moto perpetuo,
se voi pensate allo svolgimento di una giornata, dalla mattina alla sera, vi
rendete conto come facciamo continuamente riferimento a regole non scritte che
governano tutte le diverse interazioni sociali, regole che non sono scritte,
regole che sono invisibili e astratte, e ricordatevi anche la definizione di
autismo di Mark Segar. " le persone autistiche
devono apprendere in maniera scientifica quello che le alte persone apprendono
in maniera intuitiva.
Noi spieghiamo le nostre interazioni sociali in modo
scientifico? Non lo facciamo perché abbiamo così tanta intuizione sociale che
non pensiamo sia necessario e per questo il dott.
Simon Baron Choen ha
scritto un libro " Cecità mentale". In questo libro viene illustrata la difficoltà della persona affetta da
autismo nella lettura delle nostre espressioni facciali, delle nostre emozioni,
e delle relazioni che lui chiama, " Categoria della mente" si tratta
della stessa difficoltà di base, la difficoltà di andare al di là della
informazione data, al di là dell'informazione letterale, e tra parentesi, prima
di continuare, può essere interessante cercare di capire insieme che noi
abbiamo lo stesso problema quando noi osserviamo delle persone autistiche.
Non siamo in grado di capire le loro emozioni, le
loro idee, le loro intenzioni, e in questo senso possiamo vedere la cosa come
un problema di prospettiva, noi abbiamo una difficoltà nello sviluppo della
teoria della mente che ci permette di comprendere le idee, le intenzioni delle
persone con autismo. Però succede che noi "normodotati" siamo la maggioranza, noi siamo di più,
noi manipoliamo l'idea stessa della qualità della vita e quindi chi ha un altro
stile cognitivo è costretto a subire la nostra visione delle cose.
Tornando all'autismo, all'inizio del libro Simon Baron Choen pone una domanda al
lettore, dice " un pipistrello riesce a capire la distanza degli oggetti
utilizzando l'eco, il radar, siete in grado di capire come "sente "le
cose il pipistrello ? Cosa
pensate di questo? Lo considerate un handicap perché è un tipo di funzionamento
diverso dal nostro? E se io vi chiedessi di spiegare
come funziona la localizzazione degli oggetti da parte di un pipistrello, che
cosa rispondereste? Capire una cosa del genere lo possiamo fare ,ma in modo molto razionale, perché abbiamo avuto uno
sviluppo genetico troppo diverso per riuscire veramente a capire una cosa del
genere, con il cuore poterla, comprenderla dall'interno, possiamo capirla solo
in modo razionale. E la domanda successiva è: ci sono tra di
noi delle persone che hanno delle difficoltà nel leggere e capire le nostre
emozioni, le nostre idee, le nostre intenzioni, voi potete capire questo? Se
voi lavorate da poco con l'autismo, rispondereste: "sì
è chiaro, ho capito che ci sono persone che hanno queste difficoltà, ho letto
le classificazioni internazionali, so che c'è una differenza qualitativa della
comprensione delle espressioni sociali". E' una cosa che potrete capire ma
solo in modo razionale, non lo capirete dall'interno, perché la nostra esperienza
nel nostro sviluppo come specie ,è troppo diversa, è
qualitativamente diversa, noi siamo nati con troppa intuizione sociale per
capire questo.
Considerate una situazione sociale come questa, di
noi che siamo qui adesso, quindi la situazione sociale più semplice, più
stabile, più tranquilla che si possa immaginare, qui ci sono 100 persone che
fanno tutte più o meno la stessa cosa, la maggior parte delle persone guardano da quel lato verso di noi, poi ci sono delle
persone che guardano da un altra prospettiva ,verso di noi, ed è anche in un
certo senso eccezionale avere una situazione così stabile con tutte queste
persone, ma in questa situazione, ci sono tante regole sociali invisibili che
stiamo rispettando. E' così evidente, che sono le
persone ( i relatori ) su questo lato della sala che parlano e non siate voi a
farlo? Se voi conoscete le regole sociali, è normale, ma se voi volete fare
questo, dovete andare al di là dell'informazione
letterale, e poi, state guardando tutti nella stessa direzione, in questa
direzione, qualche volta c'è qualcuno che si alza, ma è una cosa abbastanza
eccezionale, tutti quanti avete delle facce simpatiche, attente, coinvolte, ma
perché nessuno di noi ad un certo punto si mette a cantare o a gridare per es.?
E la persona che sta
parlando, perché rimane qua tutto il tempo, perché non si muove tra il pubblico
tra una persona e l'altra e non si mette a 4 millimetri da una persona a
fissarla negli occhi continuando a parlare? Oppure
perché io non fisso sempre una stessa persona per 5 minuti? ecc.ecc. Vedete, come in questa situazione ci siano
così tante regole invisibili. Penso che per molti dei soggetti autistici che
voi conoscete, non sia così evidente una situazione sociale e il comportamento
da tenere in una situazione sociale come questa, adesso avete capito che nella
vita, nel gioco della vita, ci sono migliaia di regole invisibili, potete capire l'analogia semplice che ora vi viene
presentata.
Immaginatevi una partita di calcio, siete un
giocatore sul terreno di gioco e tutti quanti si aspettano che voi
partecipiate, solo che voi non conoscete nessuna regola del gioco. Quale sarà
la vostra reazione? ( qualcuno suggerisce : guardo
cosa fanno gli altri e intuisco )Ho già sentito una reazione che sarebbe già
molto intuitiva: guardo gli altri cerco di capire, ma questo richiede un certo
livello di intelligenza, perché vuol dire che sapete già che imitando le altre
persone, potete imparare qualche cosa, non è così evidente, non è concreto.
Altri suggerimenti: prendere il pallone e dargli un calcio, questo è in
meccanismo di difesa che si riscontra in molti casi di autismo,
ma per voi, la partecipazione al gioco a questo punto è esclusa. Avete deciso
che vi ritirate in voi stessi , giocate da soli .
Una reazione possibile, è anche essere sopraffatti
dall'agitazione della situazione incomprensibile, diciamo
che la reazione più primitiva a una situazione di questo tipo, sarebbe decidere
che è troppo difficile riuscire a cogliere le regole ; quindi di conseguenza
tirarsene fuori, cercare di non guardare, di non vedere cosa sta succedendo
intorno e quindi ritirarsi in un angolino. In questo genere di reazione,
possiamo assimilare il comportamento delle persone autistiche, che sono ritirate in se stesse. E' troppo difficile, per loro le
regole sono incomprensibili e oltretutto ogni tanto arriva qualcuno e vi spinge ,che vi pressa, affinché partecipiate a questo gioco che
non capite.
A questo punto, avete delle reazioni violente, ma rimanete
sul terreno di gioco, ma succede che ad un certo punto uno dei vostri compagni
di squadra, capisce che non può spingervi sempre, che bisogna un po’ adattarsi
a voi, e che per avere la vostra partecipazione occorre semplificare il gioco
del calcio. Allora, qualcuno mette un pallone davanti a voi, e qualcuno
accompagna la vostra gamba, per cui toccate con il
vostro piede la palla e tutti quanti intorno dicono: " Bravo, bravo!! che stai giocando con noi". Questo è assimilabile
all'altro sotto gruppo del comportamento autistico. "I bambini
passivi" , sono dei bambini che hanno vinto
l'angoscia più grande e non prendono tante iniziative sociali loro stessi, ma
che accettano di essere i patner passivi di una
situazione sociale semplificata.
Ora siete di nuovo sul terreno di gioco, è passato
un po’ di tempo e col passare del tempo, le persone sono sempre più attente, si
comportano in modo più adattato a voi, per cui siete
sempre più motivati, cominciate ad interessarvi, effettivamente vi sembra che
comunque le cose siano più facili di quanto sembrassero, a questo punto
diventate talmente motivati da interessarvi attivamente al gioco, e arrivate
alla conclusione che nel gioco ci siano 2 regole: 1° regola, bisogna correre
per tutto il tempo dietro ad un pallone, 2° regola: se possibile dare un calcio
al pallone.
Vedete queste 2 regole semplici: correre dietro un
pallone, tirargli un calcio, comportamenti di questo tipo, appartiengono
al sotto gruppo dell'autismo; bambini attivi ma bizzarri. Si tratta di soggetti
che sono attivamente interessati a stare con noi, sono motivati a partecipare a
delle nostre interazioni sociali, ma lo fanno a seguito di una comprensione
molto limitata delle situazioni sociali, e qui con dei comportamenti che
potremo definire:
Comportamenti-eco Un'imitazione letterale, fisica, senza sufficiente
analisi concettuale.
Qualcuno ha fatto una domanda sull'ecoprassia, ma l'ecoprassia, ha
dei connotati neurologici che sono un po’ differenti
da quelli riscontrabili nell'autismo, preferiamo parlare dei comportamenti eco.
Sul comportamento eco sarebbe molto interessante
leggere tutti il libro di Gunilla
Gerland " Una persona vera ", quando era
piccola, Gunilla nella sua autobiografia racconta che
si sentiva rifiutata da tutti, che non era accettata da nessuno e che faceva
molti sforzi per essere come gli altri, per cercare di essere una persona vera,
ma con tutti gli sforzi che faceva, non era comunque compresa. Fino a quando, è
arrivata alla conclusione che per essere accettata come una persona vera deve
parlare esattamente come le altre persone, deve comportarsi esattamente come le
altre persone.
La maggior parte dei soggetti autistici si bloccano
a questa fase e non riescono a superarla, alcuni riescono a passare ad una fase
successiva a superare questo momento, ma si tratta solo di eccezioni.
Molte persone autistiche dotate che il dott.Peeters conosce sono dei maestri nel mimetizzarsi: osservano in modo
scientifico quello che facciamo e ci imitano così perfettamente che noi
possiamo arrivare alla conclusione che capiscono effettivamente la situazione
sociale in cui si trovano inseriti, perché fanno esattamente come noi, ma non è
così.
Ed è soprattutto nella comprensione sociale che si riscontrano i più grandi problemi con l'autismo, perché è in
quell'ambito che il comportamento della persona autistica, richiede a noi di
fare appello alla nostra immaginazione, se sapete leggere l'inglese, c'è un
libro di Donna Williams " Nessuno in nessun posto "e in questo libro
D. W. parla della sua evoluzione uguale a quella che
ha avuto Gunilla Gerland. Il tentativo di farsi accettare dagli altri, di entrare nel mondo
sociale attraverso un'imitazione letterale di quello che le altre persone
facevano o dicevano.
Ora la 3° parte della triade.
L'immaginazione: parliamo più tardi delle
conseguenze educative. Ora analizziamo insieme la parola immaginazione, penso
che molti tra voi associno il termine immaginazione al concetto di creatività.
Associamo il termine immaginazione alla letteratura, alla pittura, alla scultura,
ma questo tipo di immaginazione è già di un gradino
più alto ; è quello delle persone che utilizzano l'immaginazione per una
riflessione sul mondo. Ma il senso e la funzione più primitiva
dell'immaginazione è l'attitudine umana, la capacità, la competenza, che
abbiamo noi di andare al di là dell'informazione data.
Sentiamo dei suoni così astratti ( linguaggio
verbale ) e capiamo il loro significato, vediamo dei comportamenti sociali così
astratti e andiamo al di là dell'informazione data,
dell'informazione letterale, capendo l'interazione sociale. Se noi vediamo
l'immaginazione sotto questo aspetto rudimentale,
possiamo interpretare l'autismo come un disturbo specifico in questa capacità.
Inizierò, questa parte sull'immaginazione,
impostandovi un'esperienza eccezionale, un esperimento più che altro, e spesso
quando si conducono esperimenti di questo tipo, hanno fatto meglio le persone
colpite da autismo di quelle normali: guardate queste due figure ( non
disponibili ) nell'esperimento veniva chiesto a tutti
i bambini di ritrovare nei disegni che poi seguivano il numero maggiore di
queste forme geometriche il più presto possibile, il più velocemente possibile;
provate a farlo anche voi, ora seguiranno delle immagini e voi cercate di
trovare queste due figure geometriche e nello stesso tempo di riflettere , su
quali sono le vostre difficoltà nel farlo e sappiate che in questo compito, le
persone autistiche hanno dei punteggi più alti, dei risultati migliori,
rispetto a quelle normali . Pronti………guardate ecc.
ecc. Ci avete messo troppo tempo, non possiamo farvi la diagnosi di autismo, qual è stata la vostra difficoltà? Se
funzioniamo tutti allo stesso modo è chiaro, vediamo
prima l'insieme, ci focalizziamo sul significato e questo ci impedisce, ci
ostacola nel trovare un piccolo dettaglio velocemente, mentre le persone
autistiche sono meno distratte dal significato, per trovare il particolare e
questo è utile nei punteggi di questo esperimento. Nella vita reale, non
sapersi orientare verso il significato ,a verso i
particolari come ha spiegato Hilde, rende le cose
molto più difficili che per noi.
Guardiamo insieme lo sviluppo del gioco, e la
difficoltà di andare al di là dell'informazione data,
non entriamo proprio in dettagli, le prime forme di gioco, sono forme che
definiamo di autostimolazione, di autostimolazione
percettiva, di esplorazione, e alcune forme di gioco, che si osservano nelle
persone autistiche, quando giocano da sole, sono legate a giochi di questa
natura, come se fossero bloccate.
Una forma successiva di gioco, la definiamo quella
di combinazione, il bambino ad un certo punto dello sviluppo comincia a
prendere degli elementi , a confrontarli, a cercare
differenze e somiglianze tra 2 cose, sono tipi di giochi che prefigurano poi la
capacità di fare incastri, puzzle e cose simili e il gioco osservabile nelle
persone autistiche può fare riferimento a questo genere a giochi di questa
natura, anche in fase in cui l'età cronologica è più avanzata.
Un'altra forma di gioco è quella funzionale, in questo
caso si utilizzano oggetti come del sapone, oppure un cucchiaio, per es. si fa
il gesto di dare da mangiare alla bambola, non è ancora gioco simbolico ma è la
direzione che sta andando il gioco, ed è nella fase successiva che si entra nel
gioco solitamente simbolico, ad es. una banana usata come la cornetta di un
telefono, quindi una grandissima capacità di astrazione,
qui vedete 2 tipi di gioco, uno dei due giochi è relativamente facile per la
persona colpita da autismo , l'altro è relativamente difficile.
Ritorniamo al nostro slogan, qual è il gioco che
parla da solo e qual è il gioco molto aperto, ecco penso dalle vostre reazioni
che abbiate capito tutti, il gioco sopra , l'incastro
per una persona colpita da autismo che abbia un'età mentale appropriata per
farlo, ma ci sono tantissimi casi è relativamente facile, è in grado di
svolgere quel gioco. Ma se invece considerate il gioco sotto, la marionetta,
non c'è niente che dica cosa bisogna farci, si può guardare per quanto tempo si
vuole, non da nessuna informazione su come giocarci,
per giocare con un gioco del genere, bisogna sapere andare al di là
dell'informazione data, e nel caso di persone autistiche molto dotate che
utilizzano un gioco di questo genere, nel loro gioco osserviamo dei comportamenti
eco, gli chiamiamo gioco eco.
Hilde ha filmato le immagini relative al gioco di suo figlio Tomas
nel corso degli anni, nel quale Tomas gioca anche con
delle bambole assieme a sua sorella, se non si conosce bene l'argomento si
guardano le immagini in modo superficiale si può pensare : Beh, è un bambino
molto creativo, gioca con le bambole ecc. ecc. ma Hilde commentando le immagini dice che Tomas
imita letteralmente tutto quello che fa sua sorella, senza aggiungere niente,
fa esattamente quello che fa lei con le bambole. E se
si guardano le immagini in modo non superficiale ma attentamente, si vedono dei
dettagli molto particolari che parlano da soli, perché quando Elisabeth la
sorella di Tomas gioca con le bambole, tratta le
bambole come se fosse una vera bambina, Tomas per es.
invece quando la deve portare a lavarsi la testa, come fa Elisabeth, la porta
tenendola per i piedi con la testa in basso, e dopo di che l'appende con una
pinza fuori ad asciugarsi per i piedi. Vuol dire che non ha capito bene il legame
tra una bambola e una bambina piccola, ma potete capire l'errore che è stato
fatto in passato nel vedere manifestazioni come per es. il bambino autistico
che prende le bambole e le sbatte contro il pavimento, interpretava es. un
simbolo di agressività nei
confronti della madre o cose del genere, potete capire l'errore sta nel fatto
d'interpretare nel modo altamente simbolico una carenza nelle capacità
simboliche.
E a questo punto conclude
il discorso sulla immaginazione, citando un aneddoto di Tomas,
il migliore sull'effetto eco del gioco. Tomas piaceva
molto giocare con sua sorella ,i giochi che faceva sua
sorella, erano spesso troppo difficili per lui ma era talmente motivato, che si
sforzava sempre di giocare con la sorella. Un giorno la sorella chiama Tomas e gli dice: " vieni andiamo a giocare con le
bambole, adesso la veranda sarà la casa delle bambole" e Tomas da buon iperrealista guarda la sorella e dice "
ma scusa la veranda è la veranda" la sorella dice " sì ma adesso è la
casa della bambola" . Elisabeth continua
dicendo" e adesso facciamo che la scatola da scarpe è il letto della
bambola" e Tomas " Elisabeth, la scatola
delle scarpe è la scatola delle scarpe", "sì si
ma adesso facciamo finta che sia il letto della bambola" Elisabeth
continua dicendo " poi mettiamo un giornale sulla scatola, sul letto, il
giornale è la coperta" e Tomas dice " il
giornale è il giornale, serve per leggere" Elisabeth dice " si, ma
adesso facciamo finta che sia la coperta" . Ma Tomas
non capiva ed era così motivato a giocare con lei ad un certo punto sparisce,
va in cucina, e torna con un grande mestolo, lo dà a
sua sorella e dice " Elisabeth guarda adesso il mestolo è il mestolo, e
facciamo finta che sia il mestolo ".
Terminiamo con il filmato che è stato fatto dall'associazione
dei genitori olandesi, non è un film in cui si spiega che cosa fare, è un film
descrittivo, domani vi faremo vedere dei films dove
si vedono gli aiuti che si possono dare agli autistici. Ma
questo è un film interessante dove si vedono bambini - adolescenti- adulti-
genitori, si vedono persone affette da autismo di diversi livelli
d'intelligenza.
Questo è Marco un bambino autistico che passa la
maggior parte della giornata a fare movimenti stereotipati, quelli che vedete,
qui la madre e i fratelli, ma Marco non è interessato a stare con loro, e la
madre vuole raccontargli una storia, ma Marco non è per niente interessato e
continua a fare questa stereotipia, Marco non parla, ha parlato, ma ad un certo
punto ha smesso di parlare, non è interessato a giocare con gli altri bambini,
ma è interessato all'acqua della fontana, all'inizio i genitori pensavano che fosse sordo, ma in realtà poi hanno scoperto
che ci sentiva bene come gli altri. Si tratta di un bambino veramente ritirato
in se stesso ed è affetto da autismo. Si parla di autismo
meno che di altri handicap perché l'autismo è un handicap che non si vede
immediatamente sul viso dei bambini e in passato si credeva che l'autismo fosse
causato in qualche modo dai genitori ( le teorie psicogenetiche
sono state definitivamente invalidate da anni dalla IACAPAP
Associazione mondiale di psichiatri infantili , prof. D. Choen , vicepresidente prof. Ernesto Caffo di telefono azzurro n.d.r. ) ma ora si sa che non è così, perché i genitori dei
bambini autistici all'inizio sono come tutti gli altri genitori, altrettanto
affettuosi. E' possibile trovare l'autismo ad ogni livello d'intelligenza .
VIDEO Vedete, l'interazione
sociale di un bambino normale con sua mamma. Vedete come è
molto diverso il bambino autistico; qui vedete Ric un
bambino molto ritirato in se stesso, con sua madre, qui vedete una bambina
autistica che prende un adulto per un braccio per farsi dare qualcosa, e
vedrete anche che questa bambina Karen, ha la
tendenza di annusare tutto e leccare tutto. E succede
spesso che un bambino autistico sia fissato su un solo affetto. Come questo bambino che si diverte unicamente facendo girare il suo
piccolo gioco, con la curiosità che un bambino normale ha 100 altre cose.
I genitori che stanno parlando, raccontano di questo bambino, suo figlio; fin
dall'inizio avevano visto che aveva qualcosa di diverso e quindi hanno pensato
che fosse sordo, non guarda mai negli occhi, si sta fissando su una piccola
cosa che c'è sul soffitto, questo bambino, può avere degli attacchi di panico
enormi, sua madre dice che quando gli si da un
giocattolo, un sonaglio, e può leccarlo suonarlo allora sta tranquillo, ma i
genitori dicono sarebbe impossibile che il loro figlio stia con degli altri
bambini, soprattutto se sono tanti.
Gli si dà la definizione di sindrome autistica con
la triade sintomatologica che abbiamo visto, disturbi
della comunicazione, dell'interazione sociale, dell'immaginazione, attività
ripetitive stereotipate, sintomi che si manifestano intorno al 3° anno di età. Questi sono 2 bambini colpiti da autismo che hanno
anche un ritardo mentale da lieve a grave, sono inseriti in un centro
specializzato per il ritardo mentale, ma sono diversi dai bambini che hanno
ritardo mentale senza autismo, e se non hanno nessun tipo di stimolazione
dall'esterno, questo bambino continua a battere le dita sulle superfici e
l'altro continua a buttare in giro degli oggetti per tutto il tempo, l'altro si
muove in giro, vaga da una parte all'altra in questo
modo e non fanno niente assieme agli altri bambini; questo è un bambino
autistico, con un più alto livello mentale, infatti lo vediamo in classe con
gli altri bambini normali, ma tuttavia è diverso, la sua insegnante è costretta
continuamente a richiedere la sua attenzione, e fare delle cose insieme al
gruppo degli altri bambini, resta molto difficile.
Questo è il padre di questo bambino che racconta che
suo figlio si dirige spesso verso il porto per guardare le barche e può andare
avanti a guardare barche per delle ore e quando torna a casa disegna le barche
che vede con tutti i dettagli; la mamma dice che quando lo porta a casa di amici, comincia a fare delle domande bizzarre, es. chiede
spesso tutti i dettagli tecnici sul funzionamento della lavatrice che hanno in
casa, cose che normalmente non interessano a un bambino normale, manifesta
sempre emozioni molto forti.
Dà la sensazione che sia sempre
nervoso agitato, e ha molte difficoltà ad esprimere queste emozioni e
infatti i genitori esprimono la loro difficoltà, la loro disperazione, la loro
preoccupazione è che non lo vedono mai felice, e hanno molte preoccupazioni per
il suo avvenire e qui c'è un bambino autistico di intelligenza normale che sta
spiegando in modo dettagliato, un percorso molto complesso per andare da un
paese all'altro dell'Olanda e spiega quali autostrade prendere, quali uscite
ecc. ecc. è in grado quindi di spiegare tutto questo
percorso così complesso, ma non è in grado di fare dei giochi semplici con gli
altri bambini.
Adesso si arrabbia e dice parole molto gravi -
brutte .Si dice che è sempre così con lui e quando la
maestra, qualcuno gli chiede, perché non gioca con gli altri
, risponde " perché mi picchiano" e quando gli viene chiesto
perché, comincia improvvisamente tutto ad un tratto a parlare di uno dei suoi
itinerari, di autostrade, di uscite, di percorsi, perché questo gli da un forte
senso di sicurezza, e dice non parliamo più di questo, e parla di nuovo dei
suoi itinerari, dice " è molto stupido parlare del fatto che mi
picchiano" e dirige costantemente la conversazione verso il suo soggetto
preferito.
Ecco una situazione che i genitori dei bambini
autistici conoscono bene, la mamma che va a fare le compere in un negozio con
il figlio autistico, ad un certo punto viene chiesto
al figlio se vuole una caramella, non la vuole, non capisce, comincia ad
agitarsi e tutti quanti si fermano a guardare la scena, dice " voglio
tornare a casa", vedete la difficoltà del bambino e vedete anche la
difficoltà della mamma. Qui ci sono i genitori di un bambino autistico che
raccontano di come sia sempre difficile ad es. salire su un autobus con il loro
figlio perché quando vede una signora con una borsa, tenta di aprire la borsa
per cercare una caramella, provocando reazioni di diverso tipo, e fa l'es. di
come sia diverso quando si ha a che fare con un
bambino down , tutti quanti sull'autobus capiscono che il bambino è down e ha
dei problemi e sono molto più comprensivi capiscono la situazione. Questi sono
ancora i genitori del bambino di prima che dicono di
quanto siano preoccupati per l'avvenire, perché il loro figlio è molto
vulnerabile e avrà sempre bisogno di essere protetto. Questo è G. e racconta
che vive in un centro, gli chiedono che cosa fa e lui risponde "
lavoro" che lavoro? che cosa fai durante le
giornate? E dice di nuovo "sto in questo centro" gli viene chiesto " che cosa hai fatto oggi? Era stato sempre in una scuola per bambini normali, ora è in
un centro per adolescenti con ritardo mentale. Disegna continuamente questi
disegni, ma nessuno capisce cosa vuole esprimere.
Qui, vedete degli adulti autistici con intelligenza
normale, vivono insieme in un ambiente protetto, questa persona sta imitando
qualcuno, molte persone pensano che sia un talento il suo, ma è una ossessione. E' stato chiesto a questa persona, come si
può vedere che tu sei affetto da autismo? Risponde:"
si capisce dal modo in cui comunico, penso, qualcuno pensa che io comunico
troppo poco, invece il mio problema è esattamente il contrario.
Quest'altra è una persona che è stata in ospedale
psichiatrico per diverso tempo e quando gli chiedono, come mai era
nell'ospedale psichiatrico, lui risponde "si pensava ,che
avessi un ritardo mentale ma non era vero". Dice che sa leggere e
scrivere, ma la maggior parte delle persone affette da autismo hanno un livello mentale più basso. Gli viene
chiesto " quanto tempo stai lì , e questo ragazzo risponde 2 settimane,
poi vedo la mamma il papà e poi torno. Vedete che si innervosisce
in presenza di altre persone, ha molte difficoltà nella promiscuità sociale, è
molto stressato quando ci sono intorno molte persone , come vedete fa dei
movimenti stereotipati, vedete che deve essere inserito in un ambiente molto
protetto. Questo è una sorta di riassunto finale dove si vedono tutte le
persone che avete già visto nel filmato. Le persone affette da autismo, hanno
bisogno di un aiuto che duri per tutto l'arco della vita.
Domande: i
disturbi del sonno si possono considerare problemi di comportamento sono la
punta dell'iceberg?
Risposte: bisogna dire che purtroppo sono tantissime
le cause che possono portare ai problemi del sonno, il fatto che un bambino non
dorma può essere collegato alla condizione fisica del bambino, ai disturbi che ha il bambino, a diverse condizioni, sono tantissime le
cause che possono portare a questo. Naturalmente questa cosa è assimilabile
all'immagine dell'iceberg, possiamo vedere i disturbi del sonno come la parte
emersa ma per fare questo dobbiamo assolutamente
riferirci alla storia personale del caso di cui si sta parlando perché quello
specifico individuo, quel soggetto particolare non dorme? E il domandarsi
quello che è successo ultimamente da quando è iniziato il disturbo, se è
cambiato qualcosa a scuola, e se lui può comunicare se è cambiato qualcosa a
scuola, quanto lo può comunicare, come lo può comunicare ,
quali sono tutti i piccoli dettagli che possono essere cambiati, che possono in
qualche modo averlo disturbato, che possono aver indotto questo disturbo in
questo specifico caso.
Può trattarsi di dettagli che per noi sono
irrilevanti, ad es. c'è stata una notte in cui Tomas
non dormiva, è stato sveglio, si agitava, allora Hilde
gli chiedeva," perché non dormi?", e Tomas rispondeva: " cosa c'è da mangiare domani",
e lei rispondeva "non lo so vedremo domani", e tuttavia continuava a
non addormentarsi e tutte le volte che Hilde entrava
in camera sua Tomas diceva " ma che cosa si
mangia domani?" ad un certo punto stanca , lo ha preso in braccio lo ha
portato fino allo scaffale della dispensa, ha preso il primo barattolo in cui
c'era una zuppa, Tomas l'ha guardato, l'ha messo
vicino al letto e ha detto " adesso posso dormire finalmente". Domani
parleremo degli aiuti visuali che sono molto importanti specialmente per quelle
persone con autismo che hanno anche loro un sacco di domande e di cui vogliono
la risposta, ma non sono in grado di porle, anche loro devono sapere che cosa
succederà domani, che cosa succederà tra poco, vogliono avere una prevedibilità
ma non hanno nessun mezzo per chiederla ed è fornendo un aiuto di tipo visivo
che si possono dare delle risposte a queste domande,
fornendo della prevedibilità del tempo. Può trattarsi più banalmente di un
bambino che è ammalato, che ha dei problemi fisici e non è in grado di dirlo e
spesso poi i bambini autistici non hanno bisogno di tante ore di sonno per
riposarsi.
Domande: come bisogna comportarsi quando si manifestano i comportamenti
eco come
quello di ripetere azioni e gesti fatti da altri. E' possibile che i
comportamenti eco diventino ossessivi ……. C'è una
differenza tra comportamenti eco e comportamenti ripetitivi stereotipati, un
comportamento stereotipato può essere per es. quello di fare continuamente
così, un comportamento eco è un comportamento complesso che è stato imitato da
un'altra persona, il ripetere letteralmente il gesto, il movimento fatto da
un'altra persona.
Quindi sono due gli aspetti, il
caso di persone autistiche che imitano le altre persone perché vogliono
sembrare persone come le altre, copiano - imitano sequenze complesse di
movimenti in modo anche corretto per fare come gli altri.
Tuttavia ci sono anche casi in cui l'imitazione di
un comportamento può evolversi in un comportamento ossessivo, ad es. in uno
stage pratico ho conosciuto un ragazzo autistico che imitava continuamente Elvis ed era lui stesso che iniziata l'imitazione non
riusciva a fermarsi, e questo tipo di comportamenti se non sono in qualche modo canalizzati rischiano poi di andare avanti
continuamente, e quando si dice canalizzare il comportamento, non significa
impedirlo, noi non possiamo impedirlo, non dobbiamo, non possiamo impedire ad
una persona autistica di essere autistica, ma l'insegnamento sta nel dirigere
quel particolare comportamento limitandolo ad un certo tempo, ad un certo
luogo, ad un certo spazio dove può fare quel comportamento. Per es. Tomas , quando guardava la tv e
vedeva Mister Bean , (è un personaggio veramente
stupido), ma la cosa interessante è che Tomas
guardando M. Bean dice alla sua mamma, " è molto
strano mamma, tutte le volte capisco cosa sta per fare M. Bean
e capisco quello che sta pensando", così Tomas
ha cominciato a imitare M. Bean, imitandolo
perfettamente, come un vero attore, ma anche in questa circostanza possiamo
vedere come le persone autistiche siano vulnerabili, perché se Tomas si trova circondato da persone che gli dicono di
imitare M. Bean, lui può andare avanti a farlo per
tutta la giornata senza fermarsi, quindi noi possiamo rispettare questa sua
capacità. possiamo far si che imiti M. Bean ma dobbiamo, ancora una volta, dirigerla soltanto in
uno spazio e in un tempo limitato. Infatti poi Hilde ha dovuto chiedere ai maestri, agli operatori,
educatori di scuola di Tomas, di permettere che imiti
M. Bean soltanto in un certo momento in un certo
luogo, vedete ancora una volta come sono vulnerabili. Per es. il caso di quel
ragazzo autistico che è in grado di imitare perfettamente Elvis,
all'inizio può sembrare una cosa così divertente ma è una cosa che è diventata
ossessiva perché, lo fa continuamente, anche per strada, in qualsiasi ambiente,
si mette a cercare una persona per fermarla e mettersi a fare l'imitazione di Elvis, cosa molto triste.
Oggi iniziamo parlando per qualche minuto di alcune conclusioni generali sulle basi teoriche che
abbiamo illustrato in questi due giorni, dopo di che parleremo della 2° dimensione, la prevenzione dei problemi
di comportamento, l'adattamento dell'ambiente, dopo di che affronteremo in
modo più dettagliato, ci concentreremo sul tema dell'adattamento dell'ambiente, che è un tema fondamentale, è un
argomento chiave e durante l'esposizione di questo argomento, vi invitiamo a
fare domande, appena c'è qualcosa che non sia del tutto chiaro, perché è un po’
il punto chiave per riprendere questa importante dimensione, quindi anche se le
immagini che vedete non vi sono chiare e quello che sta dicendo non vi è
chiaro, intervenite subito, immediatamente. Hilde
parlerà dell'adattamento dell'ambiente, non solo di una classe specializzata
dove è inserito un bambino autistico, ma anche dell'adattamento che si può fare
in casa.
Quello che dirà sarà illustrato dalle diapositive e
poi avremo molti documenti e video, ma iniziamo adesso parlando delle
conclusioni sulla comprensione teorica di quello che abbiamo esposto in questi
2 giorni, vi ricordate, abbiamo iniziato parlando di autismo
come di un disturbo pervasivo dello sviluppo, e se
avete capito bene questo concetto, avete capito anche, che non si può guarire
dall'autismo, perché la persona colpita autismo avrà bisogno di un'assistenza
specifica per tutto l'arco della vita. Naturalmente il grado di protezione
necessaria per ogni soggetto autistico, dipende da molti fattori, ha parlato
anche di persone colpite da autismo come Gunilla G.
che vivono una vita pressochè
indipendente ma anche questi soggetti hanno bisogno di un certo tipo di
ambiente intorno. Ma la maggior parte dei soggetti autistici avranno
bisogno di strutture molto più protette, di luoghi di lavoro protetti e di
luoghi di vita protetti.
Come voi sapete, se una società prevede questo tipo
di strutture dipende dalle decisioni politiche, su questo tema, ci sarebbe molto da dire ma dobbiamo fermarci. Abbiamo anche
parlato delle diversità, nella elaborazione delle
informazioni e per spiegarne meglio il significato, abbiamo fatto l'es. della
festa di Natale, preparata specificatamente per una persona che ha un modo
diverso di elaborare le informazioni. Quello di cui andrà a parlare Hilde adesso è questo: nel momento
in cui la persona colpita da autismo si trova immersa nel caos, un caos in cui
non si riesce vedere quello che noi vediamo, cioè il significato, questo
significato, dobbiamo mostrarglielo noi , semplificandolo, presentandolo in un
altro modo, come abbiamo già detto, le persone autistiche hanno delle
difficoltà con le informazioni astratte, invisibili e temporali, per cui
cerchiamo di tradurre queste informazioni concrete - visibili - spaziali.
Cercate di ricordare questo, mentre Hilde parlerà, che la chiave del successo nell'autismo, sta
nel trasformare le informazioni astratte in informazioni concrete, farle
diventare da invisibili a visibili, da temporali a spaziali .
Le informazioni che noi normalmente elaboriamo con l'emisfero sx con un'analisi concettuale
dobbiamo presentarle in modo che possano essere invece elaborate attraverso una
sintesi percettiva, e quindi , l'emisfero dx., e
questa era un po’ la teoria, ma adesso Hilde vi
mostrerà tutto questo in modo concreto e visibile.
Poi abbiamo palato della triade nell'autismo , poiché illustra bene il problema della differenza di
elaborazione delle informazioni, abbiamo visto l'effetto eco nella
comunicazione, nell'interazione sociale e nell'immaginazione. Ora, quando si
comprendono le difficoltà della comunicazione a livello teorico, qual è la
conseguenza immediata di una tale comprensione? Per 1° cosa,
bisogna capire se la comunicazione è diversa allora anche l'educazione sarà
diversa, perché l'educazione è essenzialmente comunicazione.
Allora diciamo che una maestra vuole che un suo
alunno faccia dei progressi ma l'allievo non riesce a fare i progressi che
l'insegnante si attende , se l'insegnante non riesce a
comunicargli quello che si attende da lui. Quindi l'insegnante può comunicare
questo in modo verbale o non verbale si tratta comunque
sempre di comunicazione, ed è per questo aspetto che definiamo l'educazione
specializzata nell'autismo a una comunicazione aumentativa, e il termine
comunicazione aumentativa, deriva dal mondo della linguistica dove il
significato è molto conosciuto. Inizialmente, anche quando si lavorava con
soggetti non verbali si metteva sempre l'accento sulla
parola, ma dopo l'influenza che hanno avuto alcuni linguisti famosi, è
risultato chiaro che la cosa importante della comunicazione non è la parola, ma
l'intenzione comunicativa.
Un bambino può avere il potere di comunicare, la
possibilità di comunicare, anche senza usare la parola, ma utilizzando un
linguaggio più concreto, utilizzando delle immagini ecc. ecc. Quindi, questo non vuol dire lasciar perdere la parola, ma
significa supportare la parola con mezzi di comunicazione più concreti, più
visuali, per aiutare, per supportare la parola, quindi comunicazione
aumentativa, un concetto pieno di speranza.
Anche nell'autismo si è visto un cambiamento di
mentalità simile, in passato, si riteneva che i bambini affetti
da autismo fossero ineducabili, ed era lo stesso periodo in cui ci si aspettava
che i bambini autistici, si adattassero a un'educazione che non teneva conto
delle loro esigenze. Ora che si è compreso la particolare modalità
della elaborazione delle informazioni della persona autistica, si è sviluppata
un'educazione, un modo di educare, basato su questo, con l'aiuto dei supporti
visivi e in questo modo si è visto che le persone affette d'autismo possono
imparare. Una conseguenza importante della comprensione teorica della
comunicazione, è la comprensione sociale; la difficoltà della persona
autistica, a causa della sua cecità mentale, a causa di un suo mancato sviluppo
della teoria della mente, a causa della sua difficoltà di mettersi in prospettiva di mettersi nello sguardo di qualcun 'altro ,
di capire gli altri.
Una'altra conseguenza molto
importante è legata al concetto di integrazione, noi
siamo sicuramente convinti del valore dell'integrazione, ma qualche volta
dobbiamo anche guardare a un altro aspetto, quello della protezione perché
l'integrazione deve essere il punto di arrivo di una educazione che parte
specializzata in autismo e adesso lo spieghiamo: noi sappiamo che nella
comunicazione possiamo vedere, trovare diverse forme di comunicazione, diversi
anche livelli di comunicazione e come vi ho detto a livello più astratto sta il
linguaggio parlato, è una forma di comunicazione che noi normodotati
utilizziamo, che è adatta a noi, ma, adesso sappiamo che è la forma di
comunicazione più astratta, più invisibile, più temporale .
Dall'altro estremo troviamo dei livelli di
comunicazione completamente diversi, abbiamo soggetti ,bambini,
adolescenti, adulti che sono a un livello pre -
comunicativo. Ad es. Luca e Herman di cui abbiamo parlato
il primo giorno, non avevano che i loro problemi di comportamento per
comunicare, e questo era un livello pre -
comunicativo; non erano ancora entrati in un mondo simbolico, e in mezzo ai due
estremi, tra i due estremi, tra la forma pre -
comunicativa e la parola, ci sono diversi livelli, il livello di comunicazione
degli oggetti, il livello delle immagini, e poi vedremo.
E ora per tornare all'interazione sociale, anche
nell'interazione sociale, abbiamo dei livelli, delle forme molto diverse, la
forma, l'interazione sociale che è normale per noi è la reciprocità sociale, il
che vuol dire che se ci troviamo in una situazione di gruppo, siamo in grado di
capire le intenzioni, le idee, le emozioni di persone diverse all'interno del
gruppo, contemporaneamente e senza particolari problemi.
Questo ci deriva dal fatto che abbiamo una
formidabile intuizione sociale, e all'altro ,
all'estremo opposto, abbiamo dei bambini, degli adolescenti, degli adulti che
sono ancora a livello pre - sociale e i bambini, che
in passato venivano definiti ritirati in se stessi, sono in effetti quei
bambini che sono ancora a livello pre - sociale, che
non sono ancora arrivati a livello della comprensione pre
- sociale. E non penso di dire eresie, se dico che,
prendere un bambino di questo genere a livello pre -
sociale e metterlo immediatamente in una situazione di gruppo improvvisato,
vuol dire metterlo in mezzo a qualcosa di difficile e insostenibile.
Soprattutto nell'interazione sociale è importante cercare di fare dei progressi
attraverso piccole tappe, e anche nel caso di bambini che, sembrano avere più
attitudini a stare con gli altri, bisogna che apprendano, piano piano, la prossimità sociale. Il primo passo, può essere una attività fatta in parallelo, c'è la persona autistica
che sta svolgendo la sua attività e di fianco a lui l'altra persona che sta
svolgendo la stessa attività. Non è ancora una interazione
sociale, perché i due non interagiscono, ma è un inizio di prossimità sociale,
anche camminare con un gruppo di persone è un es. di attività in parallelo, non
è una interazione sociale, ma sono delle persone che fanno la stessa cosa con
una certa prossimità sociale.
Una regola sociale che sembra molto semplice è : fare le cose rispettando i turni, e pensate ai soggetti autistici
con cui avete a che fare, che conoscete, potete capire che anche questa regola
per loro sia molto difficile da capire, e se non sono ancora in grado di capire
questa regola semplice, capite come è difficile un inserimento dove ci sono
molte più regole sociali complesse, soprattutto nelle situazioni in cui ci si
aspetta molta reciprocità sociale, quindi vediamo l'integrazione capendo però
le esigenze della persona colpita da autismo, non voglio che sia interpretato
male questo, siamo per l'integrazione, ma ancora di più per la protezione della
persona autistica.
Ora, per es. in Italia, quando io mi trovo in Italia
e vedo per es. in un ristorante una famiglia con un ragazzo autistico, rimango
tutte le volte geloso, invidioso di questa situazione
che c'è in Italia, per cui, viene comunque accettato, si capisce che è una
società permissiva da questo punto di vista, la società dove l'integrazione ha
fatto degli importanti passi, è una situazione molto vantaggiosa anche per le
persone normali.
Però ci sono anche delle cose negative che vedo in
Italia e mi scuso, se mi permetto di parlare dell'Italia, quello che
soprattutto dispiace è che si è persa la nozione di specializzazione, di educazioni specializzate, cosa che invece è molto più
presente da noi, quindi voi avete degli aspetti vantaggiosi e svantaggiosi come
abbiamo anche noi, e quello che penso è che bisognerebbe mettere insieme i
vantaggi, ma il punto di partenza rimane comunque una educazione nella quale il
bambino autistico deve essere protetto, da tutto ciò che è difficile e
insostenibile per lui e partendo da questo punto si comincia a lavorare
sull'integrazione più aperta e più completa.
Un concetto che trovo molto interessante quando si
parla di integrazione è il concetto di integrazione in
senso opposto. Vuol dire, si comincia a lavorare in modo specializzato con la
persona affetta da autismo e si invitano i bambini
normali a trovarsi nella situazione pensata per la persona autistica, ora senza
soffermarsi sulla situazione italiana faccio degli esempi d'integrazione che ho
potuto vedere in diversi paesi e spiegherò i punti, le situazioni che
dovrebbero essere migliorate.
Molto spesso mi trovo di fronte a situazione nelle
quali viene detto " noi accettiamo la persona
autistica , la diversità" mentre in realtà, poi nelle situazioni in cui si
trova la persona autistica, con tantissimi problemi di comportamento che lo
rendono ingestibile, allora a quel punto si ferma l'accettazione.
Quindi si accetta ufficialmente la persona
autistica, ma quando comincia ad avere troppi problemi di comportamento, allora
non la si accetta più, questa è una cosa molto
ipocrita, perché è come se filosoficamente si dicesse " Accettiamo i
ragazzi che sono diversi, ma solo quando sono come noi" . Questa può
essere una questione generale, ma è veramente fondamentale, ci sono quì delle persone formate ,
specializzate in autismo? Per es. un bambino autistico iscritto ad un corso di
scuola normale, si trova ogni anno con una insegnante
diversa, pensiamo forse che ogni insegnante che cambia abbia seguito un corso
di formazione sull'autismo, perché ha un bambino in classe? Probabilmente no! E spero che capiate che, quello che dico non è per
colpevolizzare i professionisti, ma per difendere i professionisti e il loro
ruolo. E poi, in Italia quando si accetta la persona autistica in qualche
scuola o centro, gli si propone una educazione
specifica che prepari in modo realistico il suo avvenire ?
Perché i soggetti chiave,
gli argomenti chiave che vanno insegnati alla persona affetta da autismo sono
questi: la comunicazione, ma un
corso di comunicazione per un bambino autistico è del tutto diverso dal
normale, l'insegnamento della lingua del bambino normale, quindi l'insegnante
avrà l'energia, il tempo per sviluppare un programma di questo tipo? E il problema chiave, centrale, della persona affetta da
autismo è la comprensione sociale,
le attitudini sociali, e forse le attitudini sociali sono quì
un programma, un punto fondamentale dell'educazione della scuola normale? Poi
il terzo aspetto fondamentale: lo
sviluppo dell'autonomia e anche questo non credo
che sia nel vostro programma di stato delle scuole normali, però non bisogna
neanche aspettarsi che tutto questo lavoro sia fatto soltanto dai genitori, e
la maggior parte delle persone adulte che sono fuori dalle scuole avrà comunque
bisogno di istruzione, di educazione in attività domestiche, ma quì gli operatori che accettano tanto la diversità sono
formati in autismo ?. E anche attitudini del tempo
libero, come impegnare il tempo libero, sono cose che vanno insegnate, sono
argomenti chiave e non credo che anche questo sia integrato nella normale
scuola o nei centri per adulti.
Quindi, capite da soli: integrazione sì, ma a certe
condizioni, ora se si vuole promuovere un'integrazione ottimale,
questa sarà la forma d'integrazione più cara, più costosa che esiste, vuol dire
questo: programmi adattati all'autismo, tutte le persone che hanno a che fare
con la persona autistica sono formate nell'autismo, e probabilmente quello che
pensiamo è che non tutte le società sono pronte a un investimenti di energie di
questo tipo e questo è un importante spunto di riflessione, noi siamo per
l'integrazione ma molto di più per l'integrazione in senso opposto. Sono le politiche sociali, gli investimenti
statali a determinare l'integrazione, l'amore non basta!
Queste sono delle conclusioni importanti relative
alla comprensione sociale. In terzo luogo abbiamo parlato dei problemi
dell'immaginazione; alcune conclusioni: ricordate ancora quell'immagine in cui
si vedeva un gioco con l'incastro e una marionetta? Attenzione, non è una
ricetta, non vuol dire che tutti i bambini autistici debbano fare degli
incastri a scuola e basta, era soltanto per farvi capire l'importanza di
proporre delle attività che parlino da loro stesse, che parlino da sole, che si
spieghino da sole, per avere la possibilità che la persona autistica abbia dei
soggetti, che riesca a fare le cose da solo, e il
primo giorno, forse un po’ velocemente ho detto che il vero obiettivo di una educazione specializzata nell'autismo, è dare
alla persona autistica la possibilità
di avere dei successi. Quindi bisognerà proporgli delle attività
nelle quali possa riuscire, per le quali possa
sentirsi competente, attraverso le quali, possa raggiungere un buon livello di
autostima. Ma, quelle persone che non conoscono bene
l'autismo tendono a proporre sempre attività molto aperte, attività che vanno
bene per il nostro concetto di creatività, ma che non sono affatto adeguate a
livello della persona colpita da autismo.
Altre 2 conclusioni, riguardano quello che aveva detto Hilde sul pensare in
dettagli e sulle difficoltà sulla concettualizzazione. Se noi abbiamo capito,
che si corre il rischio che la persona affetta da autismo colleghi, associ una
certa acquisizione, una certa cosa imparata ,a una
persona, a un locale a un determinato contesto dove l'ha imparata la prima
volta,( a un altro dettaglio), dobbiamo essere noi a sviluppare un programma
per la generalizzazione delle acquisizioni.
Per es. : quando il bambino
autistico impara qualcosa a scuola, siamo soltanto all'inizio
dell'apprendimento, la vera acquisizione starà nel fatto che, questa cosa
imparata la dovrà saper fare anche negli altri contesti, con altre persone, in
altri luoghi e quindi saremo all'inizio di un lavoro che prevede un programma
di generalizzazione attiva che permetterà poi al bambino di fare la stessa
cosa, soprattutto a casa nel contesto familiare. La conclusione è che la collaborazione tra professionisti e
genitori, non è soltanto una questione di gentilezza, ma la conclusione
logica di un'educazione che tenga conto dell'importanza di questi fattori,
un'altra conclusione importante, una constatazione importante, la preparazione
alla vita adulta deve cominciare molto prima di quanto si faccia
adesso, c'è troppa separazione tra il periodo scolastico e il periodo della
vita adulta, sembra trattarsi di due momenti diversi.
La preparazione alla vita adulta, dovrà iniziare
verso gli 11 - 12 anni, cominciando a chiedersi concretamente quali saranno i
luoghi, quali saranno le strutture, quali saranno gli spazi che ospiteranno il
soggetto da grande e cominciando piano piano a
portarcelo, cominciare a osservare questi luoghi,
cominciare a far si che il bambino stesso si famigliarizzi,
in modo tale da non aver problemi di generalizzazione ancora una volta. Per
questo bisogna creare residenze e occasioni di lavoro per le persone adulte con
autismo.
ADATTAMENTO
DELL'AMBIENTE
Qui abbiamo un documentario in italiano si chiama
" la classe teacch" in questo documento
vedrete delle spiegazioni concrete di base sull'adattamento dello spazio,
dell'ambiente, dopo che avrete visto il video Hilde
spiegherà di nuovo questi concetti ma in modo molto
più approfondito. Segue video…….
Hilde: Adesso che avete visto
questo documento, devo dire che a me non piace molto il termine " la
classe teacch , e non piace
neanche un termine come la casa teacch, neanche
parlare di metodo teacch, un vocabolo di questo
genere. Teacch è un programma di stato che è in atto
dagli anni 60 ,nella Caroline
del Nord, è una continuità di servizi specifici per l'autismo, per tutti i
soggetti autistici, ed infatti, guardando queste immagini, non sono mai troppo
convinta, perché, anche se uso strategie di questo tipo a casa, e se Tomas usufruisce di strategie di questo tipo anche a
scuola, non vorrei mai essere chiamata la mamma teacch.
Ma quello che conta è questo: è che il bambino è autistico, ha diritto di essere autistico ed è nostro compito cercare di adattare
l'ambiente in modo da far si che possa migliorare il più possibile. Quello che
farò adesso, sarà illustrarvi delle strategie educative, che ho iniziato a casa
mia, una decina di anni fa, e che poi sono le stesse
che in effetti vengono poi svolte a scuola, si tratta degli stessi principi,
delle stesse strategie e che riguardano e devono essere individualizzate per
ogni cosa. Ed è per questo che torniamo all'immagine dell'iceberg, ora quello
che vedrete poi, è che parlerò delle difficoltà familiare
che c'erano un decina di anni fa a casa mia, e successivamente parlerò di tutti
gli aiuti che ho pensato, di tutto quello che ho fatto di come adesso Tomas si senta felice, sia una persona che si sente bene e
si sviluppa, non come gli altri bambini, ma comunque si sviluppa facendo del
suo meglio, avendo noi fatto il meglio per lui. Tutti i professionisti ,i genitori che sono qua, conoscono il loro piccolo Tomas e i consigli e le strategie che ora vi indicherò
spero che possano essere utili per tutti i "Tomas"
di questo mondo .
Quello che si vedeva 10 anni fa, era un bambino, Tomas, che aveva circa 4 anni, e quello era il momento più
difficile per la famiglia, era il mio 4° figlio e quello che è sicuro è che
nessuna famiglia nasce con la competenza innata nell'autismo, l'unica cosa di
cui ero sicura è che, erano tutti disperati a causa di
un bambino molto particolare e diverso dagli altri. Quando dico particolare,
intendo parlare di un bambino che era sano fisicamente, il suo handicap era
nascosto .Quello che era successo era che l'ambiente
intorno aveva fatto molto in fretta a giudicare la situazione, e inizialmente avevano detto :" ecco, il 4° figlio ed è un bambino
trascurato, visto che è così maleducato e si comporta così male, allora ho
lasciato il lavoro, perché nessuna baby sitter, nessuna
persona era in grado di gestire il figlio, e appena ho lasciato il lavoro per
stare a casa con Tomas, tutti avevano detto "
ecco, il figlio viene viziato, si sta a casa per lui, invece bisognerebbe
spingerlo, bisognerebbe dargli le botte in modo che non sia così viziato e
maleducato. Quindi la parte emersa dell'iceberg, quello che si vedeva era il
suo comportamento: gridare, urlare per tutto il tempo, avere comportamenti di auotoagressività, si tirava da
solo i capelli, si faceva male agli occhi e si picchiava, questo era il
comportamento di Tomas. E la massa
, nascosta sotto acqua, la triade dell'autismo era invisibile, quello
che dal punto di vista della comunicazione era veramente bizzarro, quello che
non veniva capito, Tomas sapeva cantare il Requiem di
Mozart il latino, e tuttavia non era in grado di dire mamma, papà , chiamare i
fratelli e le sorelle non era in grado di chiedere un piccolo biscotto, e la
reazione degli altri era, ecco lui sa parlare, però non vuole !! E per quanto
riguarda la comprensione sociale, lui non capiva nulla delle espressioni
comunicative non verbali, ad es. ricordo una giornata terribile, in cui ad un
certo punto ho deciso di chiudermi in camera con Tomas,
in modo che gli altri figli riuscissero a fare i
compiti, potessero fare qualcosa, ero così disperata, mi sono messa a piangere,
e nel momento in cui ho cominciato a piangere, ad un certo punto Tomas si è avvicinato a me, si è seduto sulle mie
ginocchia, allora ho pensato che volesse consolarmi, commossa mi sono messa a
piangere ancora di più, ma Tomas ha cominciato a
picchiettarmi vicino agli occhi, non perché fosse sadico, ma gli piaceva vedere
le lacrime che scendevano, la luce dell'acqua che scendeva dagli occhi. A quel
tempo andava all'asilo con bambini normali, ma non giocava con gli altri
bambini, stava sempre da solo, l'unica cosa che faceva con gli altri bambini è quello di cui ho già parlato, parlando di Luca; Si
avvicinava ad un bambino, gli infilava un dito nella pancia, nello stomaco, il
bambino emetteva un suono e per lui era un gioco molto interessante, era un po’
come un pupazzo della Fisher-Price
Non aveva nessun tipo di contatto oculare e quando
si trovava nel cortile, e c'era anche sua sorella che a quel tempo aveva 5
anni, per lui era come se lei non esistesse, non la guardava, non la
considerava e sua sorella Elisabeth stava sempre di fianco a lui per
proteggerlo. L'unica cosa che faceva a scuola, nel cortile c'erano 2 maestre e
lui chiamava queste maestre, la prima la chiamava la " mano " e la
seconda la chiamava " spaghetti" e questo perché? Perché la prima
maestra una volta gli aveva detto "dammi la mano" per accompagnarlo a
fare una passeggiata e da quel momento lui l'aveva chiamata " la
mano" e l'altra un giorno l'aveva visto con la
bocca un po’ sporca di rosso, gli aveva chiesto " ma hai mangiato degli
spaghetti?"
Nelle Fiandre, ci sono delle scuole specializzate
per i diversi handicap, io volevo inserire a tutti i costi Tomas
in una scuola normale, e alla scuola normale era stato accettato ma era stato
subito conosciuto come un bambino difficile e impossibile da educare, e non
volevo assolutamente sentire parlare di autismo, la
parola autismo cercavo di tenerla lontano dalla mia casa e in realtà io sapevo
che si trattava di autismo, perché avevo letto dei libri, dentro di me lo
sapevo e tuttavia non volevo sentirne parlare.
E' stato solo negli anni successivi che mi sono
impegnata per trovare , il nome l'effettiva etichetta
diagnostica da dare a mio figlio ,quando ho capito che soltanto con una precisa
etichetta diagnostica, si poteva fare un intervento specializzato per il suo
problema. Dunque lui in effetti era più o meno
accettato a scuola, ma questo derivava probabilmente dal fatto che il direttore
della scuola sapeva che io avevo altri 3 figli iscritti in quella scuola, e che
se non avesse accettato Tomas, avrei ritirato dalla
scuola anche gli altri 3 figli. Che cosa faceva a
scuola? Il suo comportamento a scuola era quello di scappare dalla classe e
mettersi ad aprire tutte le porte delle aule, ad accendere e spegnere le luci
continuamente.
Cercare dei rubinetti, perché gli piaceva vedere
l'acqua che scendeva dai rubinetti, se trovava del cibo in giro, lo spargeva
dappertutto, e se trovava delle bottiglie cercava di romperle. E quando la sua
maestra non ce la faceva più, gli dava un microfono e lui quando poteva leccare
questo microfono si metteva tranquillo, e la maestra era molto gentile con lui,
ma aveva molti altri bambini e doveva stare dietro alla classe, l'unico modo
che aveva per far si che si potesse stare in classe
con la porta chiusa, era dargli questo microfono che lui si metteva a leccare e
stava tranquillo. Vi siete immaginati la situazione con lui in classe, provate
adesso a pensare com'è la situazione con lui in casa, anche a casa, si metteva ad aprire e chiudere le porte, soprattutto a far
scorrere l'acqua dai rubinetti, si metteva a mangiare di tutto, anche le
piante, beveva detersivi, detergenti. Tutto quello
che trovava in giro, se lo metteva in bocca, e se io gli dicevo qualcosa,
cominciava a picchiarsi da solo, soprattutto negli occhi, non mangiava come gli
altri bambini e non dormiva.
Quindi potete immaginare che questo bambino era veramente, letteralmente immerso in un caos, in una
grande confusione, e questo può far pensare a quello che ha detto Joliffe, persona autistica dotata, che ha scritto " la
maggior parte della mia vita l'ho passata nel tentativo di trovare un principio
dietro il caos" , ora noi sappiamo che le persone affetta dall'autismo,
sono dei pensatori visuali, e anziché partire da questo ,per dire sono diversi
da noi, possiamo considerare questo un loro punto di forza e proporgli un aiuto
che parta da questa base : dargli un aiuto visuale.
Si può immaginare, che voi, quando si deve
organizzare una conferenza come questa e voi dobbiate
partecipare, vi poniate un sacco di domande : in
quale luogo si svolgerà la conferenza? Quale sarà l'argomento della conferenza,
quanto tempo durerà, per quanti giorni? Ogni giorno per quanto tempo? Quando ci saranno le pause? Un sacco di domande, e penso che
anche voi ne abbiate avuto bisogno. E' grazie
all'aiuto visuale che siete riusciti a venire qua,
fuori abbiamo visto un cartello che diceva: sala della conferenza, e poi un
cartello che diceva: corso Autismo, e quindi è stato grazie agli aiuti visivi
che siete riusciti ad arrivare qua in modo indipendente. E pensate anche per
es. al traffico, se non ci fossero le indicazioni dei segnali stradali, se non
ci fossero le linee per terra, se non ci fossero i cartelli che dicono i nomi
delle vie, avreste molti problemi a gestire tutto questo, avete bisogno di aiuti visuali.
E le persone affette da autismo, si pongono le
stesse domande che ci poniamo noi e tuttavia spesso non sono in grado di
porcele, quello che ci chiedono davanti ad un'attività è :
che cosa, quando, con chi, per quanto tempo, in che modo e perché? Quello che
noi dobbiamo fare è rispondere a queste domande in modo
visuale. Ora cerchiamo di rispondere alla prima domanda: DOVE? la risposta a questa prima domanda, è far capire dove si
svolgerà una certa attività, dove si svolgerà una certa cosa, si può dire che
rispondendo a questo quesito stiamo parlando di adattamento dello spazio,
abbiamo visto che le persone affette da autismo, fanno delle associazioni molto
concrete e ancora una volta possiamo sfruttare questo punto di forza
utilizzando delle informazioni che gli permettano di collegare, di associare
una certa attività, ad un certo spazio.
Per es. nella struttura di una classe o di un luogo di accoglienza per le persone autistiche è importante
visualizzare la presenza di uno spazio per le attività di lavoro e solo per
quelle, di uno spazio per le attività del tempo libero, di uno spazio dove si
mangia , di uno spazio dove il bambino può occuparsi anche solo in modo stereotipato.
Questo schema che a titolo esemplificativo non è che, per darvi un'idea,
possiamo vedere nella parte in basso lo spazio dedicato al lavoro dove ci sono,
i diversi tavoli di lavoro, tavolo di lavoro è un termine che non mi piace
molto, soprattutto nel caso di bambini piccoli, ma comunque
di uno spazio dove ci sono presenti i diversi tavoli di una classe per 5
bambini autistici.
In alto c'è lo spazio dove si mangia, naturalmente,
nella situazione familiare questo è molto più semplice perché la cucina è già
una stanza delimitata ma per vivere in una grande sala
bisogna proprio creare uno spazio delimitato dove si svolge il pasto, questo
invece è lo spazio delle attività di tempo libero, diviso in due parti, c'è una
parte di attività motorie, li c'è un tappeto elastico grande, quelli sono
invece dei piccoli tavoli per un tempo libero organizzato dove i ragazzi
ascoltano la musica ecc.ecc
Vedete che i 5 spazi per le attività di lavoro dei
ragazzi sono separati, ora non sono separati perché si vuole dividerli, si
vuole separare le persone, ma semplicemente perché come in una classe ci sono
tante persone che ascoltano una sola, una classe normale, tanti alunni
ascoltano una sola persona, un apprendimento classico si svolge in questo modo,
la persona autistica ha difficoltà a capire delle istruzioni generali rivolte a
tutti, ha bisogno di uno spazio separato dove riceve le sue istruzioni su
quello che deve fare e dove ha la possibilità di concentrarsi
.
Vedete, sono fatti in un modo che non siano distratti dalle altre persone, vedete che per ogni
tavolo di lavoro c'è di fianco uno scaffale, ogni ragazzo ha il suo scaffale e
in ogni scaffale ci sono le attività individualizzate per quel ragazzo, perché
ognuno ha le sue attività. E si tiene conto delle diverse esigenze individuali di ogni soggetto, es.: Luca il bambino, vedete quello spazio
lì, si tratta di un soggetto molto iperattivo e ha
bisogno di particolare protezione per essere veramente concentrato e allora si
è creato uno spazio più protetto, più chiuso, schermato, mentre Paul e Mas per es. sono due soggetti che amano il contatto
sociale, sono messi uno di fronte all'altro e in mezzo alla stanza, anche in
questa situazione riescono a concentrarsi, e vedete anche gli schemi
giornalieri che sono questi presentati nelle linee generali, sono
individualizzati per ogni soggetto, ogni soggetto ha il suo schema giornaliero
in cui vede le diverse attività che andrà a fare, quindi l'obiettivo di questo
adattamento dello spazio è la risposta alla domanda " dove devo svolgere
un qualche cosa" la risposta sta nell'associare una determinata attività,
un determinato comportamento a un determinato spazio.
Per es. un soggetto autistico che ama molto saltare
sugli elastici, in una organizzazione di questo tipo,
ha la risposta alla domanda " dove posso farlo?" A un angolo dove c'è
un elastico posso saltare, può saltare lì, ma non nell'altro spazio in quello
dove dovrà svolgere attività di lavoro.
Adesso passerò agli aiuti visivi, all'organizzazione
degli spazi in casa, vi raccomando di capire quelli
che sono i consigli e le strategie, quelle che possono darvi l'idea in certi
casi, ma ricordandosi che non bisogna considerarli ricette da prendere così
come sono, perché ogni persona autistica ha la sua personalità, il suo carattere
diverso, non ci sono due persone autistiche che sono esattamente l'una uguale
all'altra.
Come ho già detto, anche se
non volevo sentire parlare di autismo, sentire la parola autismo, avevo letto
dei libri su questo argomento e avevo voluto iniziare fin dall'inizio con delle
strategie educative proprio per l'autismo, la 1° domanda che mi sono posta, era
"Come faccio a insegnare a Tomas a giocare"
perché quando si è madre di 4 figli e si è potuto osservare gli altri 3 figli e
si vede uno dei figli che non gioca, fa veramente male al cuore. Come ho già detto, il suo unico comportamento all'inizio era di
aprire - chiudere porte, accendere- spegnere luci, di mettersi tutto in bocca,
ed era chiaro che il 1° passaggio sarebbe stato quello di adattare l'ambiente
per evitare certe situazioni.
Quando lui si metteva le cose in bocca, gli dicevo
di no, Tomas non capiva, cominciava a picchiarsi ad
un certo punto mi si sono poste 2 possibilità, continuare a dirgli di no e
continuare a vederlo picchiarsi, oppure cercare di adattare le cose, quindi dal
momento che aveva cominciato, appunto, si metteva in bocca oppure si rompeva
tutti gli oggetti come soprammobili o cose simili, il 1° passo era stato quello
di togliere tutto quello che era superfluo dall'ambiente circostante e metterlo
in alto da qualche parte, quindi ho eliminato gli oggetti :
è risultato che avevo una casa molto vuota. Per quanto riguardava i giochi
degli altri figli, anche lì li rompeva, li metteva in bocca, li danneggiava,
allora li ho messi tutti in un armadio e sull'armadio
ho messo delle etichette in cui si diceva, cosa c'era dentro, se c'erano i
puzzle o pupazzi o altre cose. La 3° cosa che abbiamo fatto,
può sembrare un po’ bizzarra: abbiamo tolto tutte le porte che c'erano in casa,
anche perché Tomas, l'unica cosa che sapeva fare, era
andare in bicicletta e così poteva andare con la bicicletta in casa senza
porte. Attualmente l'unica porta che abbiamo è quella
del bagno e dell'ingresso, qui voglio ancora sottolineare la differenza tra un
adattamento a casa e uno a scuola, quando si fa una strutturazione di questo
tipo in una classe per persone colpite da autismo, si lavora proprio per le
esigenze specifiche dell'autismo, ma naturalmente ,a casa, non può essere del
tutto logico, mettere tutti i giochi nell'armadio, perché un bambino li prende
e li lascia in giro, perché ci sono anche gli altri fratelli.
Quindi quello che avevo fatto, era stato : togliere tutti gli oggetti superflui, tutto quello che
non serviva, dopo di che avevo questo tavolo, che non voglio chiamare tavolo
delle attività della classe teacch, ma un tavolo dove
volevo che Tomas si sedesse quando gli insegnavo
qualcosa, vedete questo, si trattava di questo tavolo, dove lui stava seduto,
avendo di fronte solo il muro, questo perché a quel tempo era un bambino molto iperattivo e non era in grado di concentrarsi, perché era
distratto da tutte le cose che vedeva, e soltanto in questo modo riusciva a
concentrarsi su qualcosa, ma non bisogna pensare che sia una cosa così
immediata a fare, pensare un tavolo di questo tipo, e far si che il soggetto
stia lì seduto a imparare, ci sono volute molte settimane, soltanto per
imparare a stare seduto.
Quando lo mettevo seduto sulla sedia, dopo un
secondo era già per terra, vedete che questa sedia aveva dei braccioli molto
alti, in modo tale che lui potesse sentire comunque la
limitazione di essere seduto, di dover stare seduto, e penso che sia
fondamentale quando si lavora con l'autismo capire che bisogna lavorare anche
sulle motivazioni dei soggetti, siccome non c'era nessun modo per insegnare a Tomas che doveva stare seduto, ma siccome a lui piacevano
molto le luci, le piccole luci, avevo circondato il tavolo di piccole lampadine
illuminate.
A Tomas piacevano molto le
biglie e allora il fratello di Tomas gli ha costruito
una pista per le biglie e per spingere Tomas a stare
al tavolo delle attività, ho cominciato a far vedere a Tomas
questo gioco che vedete qui, a fargli sentire i rumore
delle biglie, per spingerlo pian piano a stare seduto al tavolo con questo
gioco. Si trattava già di un gioco adattato all'autismo, perché lui aveva una
scatola con delle biglie, metteva le biglie lì sopra e poteva vedere le biglie
che scorrevano, gli piaceva tantissimo guardare il movimento delle biglie, gli
piaceva molto anche il suono, ed era chiaro per lui che quando aveva spostato
tutte le biglie di sopra e nella scatola, il gioco era terminato.
E' in questo modo che gli ho insegnato a star
seduto, prima con una sola biglia che lui faceva scorrere e poi si alzava, poi
con due, poi con tre e gradualmente aumentando i numero
delle biglie. Dovete anche capire la differenza che a questo punto c'era nel
nostro modo di approcciarsi
perché all'inizio quando la casa era piena di giocattoli, di cose, era un
continuo dirgli ,NO, non mettere in bocca, non fare questo, naturalmente gli si
impediva di fare qualsiasi qualcosa. Ora aveva una attività
che poteva fare e quando la faceva tutti gli dicevano: Bravo!! E questo aveva
significato un momento di grande benessere, di grande
felicità nella vita familiare, a questo punto c'erano tutti e 5 i familiari,
intorno al tavolo che guardavano Tomas e dicevano
BRAVO. Tomas sorrideva e loro lo vedevano sorridere,
lo vedevano contento, felice, mia madre aveva detto
:" ma perché siete così contenti, cosa si fa adesso si insegna ai bambini
a giocare ?, lo sanno fare da soli! E' meglio insegnargli le altre cose!".
Ma aveva capito che era importante e questo ci fa
capire anche l'importanza che hanno le emozioni,
perché in quel momento si sta facendo un lavoro importante, proprio in realtà,
sulle emozioni di Tomas. Emozioni nel senso che,
quando un bambino autistico, comincia ad avere un successo in qualcosa,
comincia a fare qualcosa con successo, comincia a nascere e svilupparsi una
buona stima di se stesso, Ad esempio conosco una famiglia dove c'è una figlia
autistica che ama moltissimo strappare i fogli di carta, le riviste; anziché
avere la casa piena di fogli di carta e cercare di impedire del
tutto la cosa, è stato destinato un divano e di fianco a questo divano
c'è una pila di giornali, carte e su questo divano lei può mettersi a
strapparle. C'era anche una famiglia dove una figlia autistica, tirava sempre
calci dappertutto, tirava sempre calci a tutto quello che vedeva e anche in
questo caso si è canalizzato il comportamento, si è trovato questo vecchio
divano e piano piano le si è
fatto capire che può tirare i calci a questo divano, e in questa famiglia
adesso c'è questo divano che viene preso a calci. E' stato comunicato a lei
questo messaggio " Puoi farlo ma solo qui" E' un po’ difficile
rientrare nel tema delle comunicazioni ; normalmente
teniamo dei corsi specifici sulla comunicazione, che durano 4 - 5 giorni
soltanto su quello, ma cercherò brevemente di dire qualcosa.
Spesso le persone pensano che se la persona
autistica conosce qualche parola, alcune parole, ed è in grado di dire diverse
frasi , utilizzando degli altri tipi di comunicazione,
es. delle carte di comunicazione, possa perdere la facoltà della parola.
Spesso le persone pensano anche che nel momento in
cui si utilizzano carte di comunicazione per quei soggetti che non sono in
grado di parlare, allora gli si impedirà lo sviluppo
della parola, che non parleranno mai. Ma quello che corrisponde alla nostra
esperienza è che nel momento in cui il bambino è in grado di usare le parole,
la presenza di una carta di comunicazione, quindi un supporto visivo, aumenta
la probabilità che il soggetto riesca poi a ritrovare
le parole che poi vuole usare.
In realtà, le persone autistiche, non sono, sotto questo aspetto così diverse da noi perché ad es. io quando
mi trovo a dover lavorare all'estero, ho sempre delle parole di lingua
straniera che devo riuscire a ricordarmi, per es. durante uno stage pratico in
Finlandia, ero responsabile di una bambina che voleva sempre avere una
particolare caramella, delle caramelle che avevano sulla carta il disegno di un
gatto, e la parola in finlandese che significava questa caramella era: kissakarki, ora vedete quello che è successo, io avevo
delle difficoltà a ricordarmi questa parola" kissakarki,
io ho la facoltà di parlare, ma ciò nonostante, l'aiuto visivo, aumenta la
probabilità che io riesca poi a utilizzare la parola che devo utilizzare.
Non bisogna pensare che tutti questi aiuti visivi sostituivano il linguaggio verbale, io continuavo a parlare
a Tomas, c'erano degli scambi ,ma quando la
comunicazione era fatta soltanto in modo verbale, allora cominciavano a nascere
delle difficoltà, da qui la necessità di supportare con gli aiuti visivi il
linguaggio verbale. Come ho già detto, il
comportamento di Tomas era migliorato, sottolineo di
nuovo l'importanza di far nascere l'autostima nella persona autistica, aveva
cominciato a sviluppare anche il linguaggio e in questa fase era molto
divertente anche vedere che tutte le volte che faceva un 'attività e riceveva
applausi e le persone gli dicevano "BRAVO" Tomas
diceva:" lui l'ha fatto da solo. Tutto da solo, Tomas
Declerq!". Ed è per
questo che poi sono passata a fare un tavolo per le attività, ma in camera sua.
C'erano comunque sempre dei
momenti molto difficili, ad es. alle 4, quando gli altri figli tornavano da
scuola ogni figlio voleva raccontare quello che era successo a scuola, ma con Tomas era impossibile perché richiedeva sempre troppa
attenzione, e così io avevo continuamente questo sentimento, questa
consapevolezza, di non riuscire ad avere abbastanza tempo da dedicare agli
altri figli. E quindi succedeva questo: ad es. la
sorella di Tomas mi chiedeva attenzione e intanto Tomas, mi tirava da una parte e diventava difficile, così
alle 4 quando rientravano gli altri figli da scuola, avevo preparato delle
attività molto semplici, a questo tavolo in camera di Tomas.
Succedeva che lui andava a svolgere questa attività
mentre gli altri mi raccontavano .Così anziché esserci la solita battaglia, lui
poi arrivava dicendo, "lui l'ha fatto da solo, Tomas
l'ha fatto da solo, quello che doveva fare," e tutti erano più contenti.
Adesso mentre vi racconto questo non dovete pensare
che a casa mia sia il paradiso, e quando Tomas è in
grado di occuparsi da solo per 10 minuti in camera sua è già tantissimo. Qui ho
un esempio molto semplice, i fratelli di Tomas
avevano il Nintendo gioco del computer e Tomas voleva continuamente giocarci anche lui, voleva
guardarlo ecc. e quello che hanno fatto i fratelli è
stato semplicemente di metterlo in un armadio e quando l'armadio era chiuso,
significava che non poteva giocarsi, e quando l'armadio era lasciato aperto,
allora lui poteva vederlo e significava che poteva giocare. Una bambina che
conosco, che non è verbale vuole guardare la televisione
tutto il giorno.
Con lei ci si è comportati in questo modo: sua madre
ha messo un drappo sulla televisione, che la copra, il che significa per la
bambina che in quel momento non si può guardarla, quando toglie il drappo la si può vedere, questo significa per lei chiaramente e visualmente che può guardare la televisione. quindi anziché essere sempre negativi ed impedire del tutto
di fare le cose, si può avere dei mezzi, dei modi visivi per farci capire
meglio dalle persone autistiche.
Ho utilizzato la stessa strategia per la sessualità,
Tomas ha 14 anni, si masturba, e quando si masturba,
gli è stato insegnato che deve farlo soltanto in bagno e in camera sua e non in
pubblico, di nuovo una canalizzazione del comportamento, vedete come utilizzare il fatto che i soggetti autistici facciano delle
associazioni molto concrete, come usufruire di questo spunto per aiutarli.
Ma le madri dei bambini autistici, vengono comunque e sempre criticate, perché adesso, dopo questo
lavoro che io ho fatto per 10 anni su mio figlio, e che ha portato, a far si
che ora mio figlio mi abbracci, e si faccia coccolare, mi sento dire dagli
altri " ma guarda, un ragazzo di 14 anni che si fa abbracciare da sua madre,
per farsi coccolare, ma insomma non è possibile" e questo fa capire le
difficoltà della famiglia, di una madre, oltre la sopravvivenza con un figlio
autistico, ma c'è anche il problema della sopravvivenza con l'ambiente intorno,
con le critiche continue dell'ambiente che lo circonda.
Temple Grandin,
una persona autistica molto dotata, di cui abbiamo parlato, descrive certi
suoni, come qualcosa di così doloroso da essere paragonabile a quando il
trapano del dentista tocca un nervo. Ho già detto
della particolare sensibilità olfattiva di Tomas
anche qui dipende da soggetto a soggetto, ci sono soggetti che hanno una
sensibilità tale a certi odori che devono proprio scappare via, che stanno male quando sentono un particolare odore, e cambia da
soggetto a soggetto.
Un altro es. di questo aspetto
sensoriale così trascurato: ci sono delle persone autistiche, che hanno delle
difficoltà a indossare certi vestiti e spesso la cosa viene interpretata in
modo sbagliato, si pensa, perché è un vestito nuovo, perché resiste al
cambiamento, ma dobbiamo pensare per es. al tessuto del vestito. Parlando di
vestiti, si diceva, bisogna pensare proprio al tessuto, alla sensazione proprio
del tatto, con la superficie del vestito. Per es. Tomas
è terrorizzato da tutti i vestiti che hanno le cerniere metalliche,
semplicemente, per il fatto che non sopporta il
contatto con il metallo , gli dà molto fastidio, lo disturba molto, avere un
contatto con le cerniere o superfici di questo tipo, anche Gunilla
Gerland, nella sua autobiografia, racconta una cosa
simile, quando descrive, come era disturbata da tutti i gioielli da tutte le
cose come i gioielli, per es. G. G. nel suo libro dice
che quando toccava un oggetto in metallo, sentiva un dolore che la raggiungeva
fino alla colonna vertebrale.
Ci sono anche casi di soggetti autistici, che non
dormono, che tendono a togliersi sempre le coperte di dosso, anche questo è
interpretabile alla luce, della conoscenza sull'aspetto sensoriale, problemi di
tipo sensoriale. Sono sempre delle conoscenze che possono far luce su diversi
comportamenti di questo tipo, per es. anch'io non sopporto la lana sulla pelle,
allo stesso modo bisogna considerare le difficoltà, il fastidio
il disturbo che provoca il contatto con queste diverse superfici dei
vestiti, capendo che è un diritto della persona autistica, non sopportare di
toccare determinate superfici, determinati tessuti, per es. io quando
accarezzo, coccolo Tomas, la prima cosa che faccio,
mi tolgo tutti gli anelli, tutte le cose di metallo, non metto mai vestiti con
cerniere, bottoni in metallo, perché so che è una cosa che a lui disturba
molto. E' un adattamento, che si svolge in entrambe le direzioni, non è perché Tomas non sopporta in alcun modo le cerniere, che io non
metto mai, neanche pantaloni con la cerniera. Nel momento in cui sono a stretto
contatto con lui e lo coccolo, scelgo di portare vestiti che non hanno cerniere
perché ci tengo a poterlo coccolare, ci sarebbero molte altre cose da dire,
sull'aspetto sensoriale, ma non abbiamo tempo.
Bisogna dire, che questa sorta di rigidità che
naturalmente è un peccato che ci sia, comunque può
essere sfruttata anche un po’ con varie strategie di sopravvivenza. Ad es. Tomas è molto interessato a tutti gli aspetti tecnici della
tv , cosa che a me non interessa minimamente, mentre
suo padre è abbastanza interessato, può parlare con suo padre di queste cose,
in questo modo, quando Tomas, chiede a me di guardare
la tv, io posso dirgli, queste cose della tv riguardano il papà, e in questo
modo sono riuscita ad attribuire a far si che lui possa stare con suo padre,
possa stare insieme e che io abbia dei momenti liberi. Per es. ci sono delle
cose che a Tomas, non piacciono assolutamente, ma una
delle cose che detesta di più è andare nei negozi di vestiti per scegliere dei
vestiti, e ho sfruttato questa sua particolare repulsione, perché ci sono dei
momenti in cui la sorella di Tomas, Elisabeth, vuole
stare con me, da sola con me, vuole un po’ di attenzione,
così decidiamo di uscire insieme. Ma appena pronte per uscire, Tomas subito chiede, "dove state andando, cosa state facendo?" Io gli dico," stiamo andando
a scegliere dei vestiti in un negozio", subito Tomas
dice " va bene, allora andate, andate voi".
Theo ha già raccontato di un mattino che Tomas non aveva trovato nessuno schema delle attività che
avrebbe dovuto svolgere, allora ha chiesto a me,"
mamma, cosa facciamo oggi?" io ho risposto ma lui continuava a
dimenticarselo, alla fine mi ha detto" mamma, come faccio a sapere quello
che devo fare se non posso vederlo?" Di nuovo potete vedere l'importanza
dell'aspetto visuale, ma di nuovo dobbiamo cercare di adattare quello che
vediamo, dal punto di vista degli aiuti visivi, ad ogni individuo
singolarmente.
Penso che noi usiamo spesso degli
aiuti visuali, anche se non li chiamiamo aiuti visuali e non ce ne
rendiamo conto. Per es. se faccio così, guardando l'orologio, penso che voi
capiate, sto chiedendo " devo smettere?" Dare degli
aiuti visuali, è molto importante anche nel caso di soggetti verbali che
comprendono il linguaggio, sentono una parola, la capiscono, sanno di che cosa
si tratta, ma dopo 5 minuti l'hanno dimenticata. Comunque,
bisogna stare attenti a non dire mai troppo in fretta, "il soggetto
capisce tutto il linguaggio verbale".
Mi sono trovata in una famiglia con una bambina
autistica, e la madre di questa bambina aveva detto
che non utilizzava aiuti visivi perché sua figlia capiva tutto. Era il momento
del pranzo e la madre di questa bambina aveva detto, "adesso ti farò
vedere di come mia figlia è in grado di capire tutto il linguaggio", si
era diretta verso la sala dove c'era la figlia tenendo in mano il piatto le
aveva detto "vieni, andiamo a mangiare" e la figlia si è diretta
verso la cucina, a questo punto dobbiamo chiederci: "che
cosa ha capito? Ha capito la consegna verbale? Ha capito che c'era il piatto e
quindi bisognava mangiare? Ha capito entrambe le cose, oppure magari ha sentito
soltanto l'odore del cibo?" Bisogna avere una valutazione oggettiva per
capire, quando il soggetto è in grado di capire tutto il linguaggio verbale,
nel momento in cui non si utilizzano degli schemi per dare una prevedibilità
delle attività che si andranno a fare nel tempo, la persona autistica che già di per se è un po’ rigida, se non ha questa prevedibilità
tenderà a diventare ancora più rigida.
Poiché abbiamo parlato delle difficoltà della
persona autistica di trovare un significato, di arrivare al significato delle
cose ricordiamo che se non gli si da la prevedibilità
delle azioni, delle attività che si andranno a svolgere, di quello che
succederà, le persone Autistiche tenderanno a trovare loro un significato nelle
attività che si svolgono nel tempo. Pensate per es. a quello che racconta Gunilla Gerland quando dice che , secondo lei, se metteva il giornale sul tavolo in un
certo modo e apriva la finestra in un certo modo, allora poteva arrivare sua
sorella, non so se vi ricordate, e si trattava in questo caso, del significato
che aveva attribuito alla cosa Gunilla Gerland in particolare, ma quello che stiamo dicendo, è che
se non gli si dà, non li si aiuta a trovare il significato, cercheranno loro
stessi di trovare un significato e imparano un loro significato.
Senza che ce ne rendiamo conto, la nostra vita è
piena di routine, per es. il bambino si trova spesso in una situazione in cui
mangia spesso appena ha visto il meteo alla tv, allora potrà mettere in
relazione le due cose, tutte le volte che c'è il meteo in tv, dopo si mangia, e
anche quella volta, in cui la routine si interrompe perchè arriva un ospite proprio in quel momento, la madre
dovrà essere lì a fare da mangiare perché si è imposta questa routine. Il
significato, l'utilità dell'aiuto visivo, sta nella possibilità di dirgli,
" adesso non mangiamo" di fargli visualizzare che adesso, non è il
momento del pasto, ma è il momento per qualcosa d'altro, quindi si utilizzano i
loro punti di forza, quindi la loro particolare
attitudine visiva per aiutarli e per aiutarci. Dobbiamo farlo con un linguaggio
che siano in grado di capire, quindi un linguaggio di
tipo visivo.
Ora vi mostrerò, che, anche nel linguaggio degli
oggetti ci sono dei dialetti, ora cercate di pensare a quello che è stato detto
sulla iperselettività ,
questi sono 2 diversi spazzolini, di diverse grandezze, ma di uguale colore.
Ora pensate alla categorizzazione, tutti i dettagli
sono diversi, con questo, non sto dicendo che tutti i soggetti autistici hanno
delle difficoltà a categorizzare gli spazzolini, ma è
una cosa che va tenuta in conto, e molte volte si rimane sorpresi, quando si ha
a che fare con persone con autismo; ad es. Tomas, era
in grado di capire una fotografia, ma non era in grado di sapere che tutti
questi potevano essere chiamati spazzolini, come il suo spazzolino da denti
rosso, la stessa cosa, lo stesso problema con il dentifricio, prima nella immagine c'era anche il dentifricio di Tomas e rispetto a questi dentifrici, hanno tutti i
dettagli diversi, grandezze diverse, colori diversi.
Volevo dire ancora, che un compito come questo,
imparare a categorizzare gli elementi e a sviluppare
l'abilità, la competenza di categorizzazione è un
qualcosa che dovrebbe essere fatto dagli operatori, dai professionisti
dell'educazione, non dai genitori.
Anche nella scelta degli oggetti, bisogna stare
molto attenti, mi ricordo di una ragazza autistica che ho conosciuto, si
trattava di una ragazza che viveva in una comunità e in uno stage pratico, a
cui partecipava, le veniva dato come oggetto un cubo
ma lei sembrava non capisse il significato di questo cubo, di questo gioco con
cui poteva giocare, non sembrava interessarsi affatto a questo cubo. Naturalmente, quando si lavora con l'autismo, bisogna cercare
sempre di migliorare le cose, cercare di adattare meglio il lavoro che si sta
facendo, continuamente.
Ad un certo punto ho fatto caso che, tutte le volte
che le davo questo oggetto, per portarla a giocare,
avevo i capelli raccolti con la coda di cavallo e un fermaglio nero e tutte le
volte che si incontravano per andare alla classe, la ragazzina prendeva il
fermaglio nero, Mi sono resa conto che per questa bambina il fermaglio nero era
diventato l'oggetto che significava " adesso si va in classe con Hilde" . E così ho chiesto poi agli operatori che
lavoravano nella comunità in cui era inserita di provare ad usare un fermaglio
nero come quello, per spiegarle che era il momento di andare nella classe dello
stage pratico, e gli operatori si erano subito accorti che funzionava
perfettamente, perché per lei l'oggetto ,per quanto
fosse bizzarro un fermaglio per capelli, aveva adesso un vero significato
significava qualcosa " andare nella classe dove c'era Hilde".
Quindi quello
che voglio dire è che è importante che l'oggetto sia compreso sia un oggetto significativo, comprensibile da parte del soggetto, questo
non è comportamentismo , dare un oggetto con un significato che lui sia in
grado di comprendere. Un piatto per spiegare quando era il momento del pasto,
il piatto della prima immagine significava un pasto freddo e un piatto come la
seconda immagine significava un pasto caldo, all'inizio dovevo utilizzare sempre
lo stesso piatto, si trattava di un piatto diviso in scompartimenti, in pratica
Tomas non sopportava, per es. quando c'era della
salsa che andava a toccare le patate, oppure della verdura che andava a
sovrapporsi e copriva la carne, e questa è una cosa
che ho sentito dire da molti operatori che lavorano con l'autismo, la necessità
di quando mangiano, di tenere separati tutti gli ingredienti, tutte le cose nel
piatto.
Spesso le persone colpite da autismo pensano in
compartimenti e così probabilmente anche mangiano in compartimenti. Adesso
parliamo ancora dei problemi relativi alla
categorizzazione, riferendoci soprattutto ai casi di soggetti autistici con
deficit mentale grave, qui stiamo vedendo ancora un problema di
categorizzazione, ora pensiamo a soggetti autistici che non guardano quello che
hanno in mano, che hanno diversi oggetti e non li guardano. A questo punto,
potete capire da soli, che il materiale al tatto di un piatto di porcellana è
diverso di quello di un piatto di plastica, e in
questo caso, il materiale di cui è fatto il piatto diventa l'elemento chiave.
Si può assistere spesso a episodi di questo tipo: un
adulto autistico inserito in un centro ha il suo educatore, e tutte le volte
che bisogna mangiare, il messaggio viene dato con un piatto. Gli si mostra un
piatto per fargli capire che deve andare a mangiare; un giorno l'educatore non
c'è è ammalato e viene sostituito da un'altra persona
che gli dà un piatto, ma l'adulto autistico non vuole andare a mangiare. Non si
può capire a questo punto, se non si conosce bene l'autismo si può interpretare
come un'estrema dipendenza dal suo educatore, non voler fare le cose se non ha
sempre il suo educatore, ma può darsi invece che il nuovo educatore non si sia reso conto e gli ha dato un piatto diverso, magari non
un piatto in porcellana ma un piatto di plastica e che come questa differenza
sia un aspetto chiave per la comprensione del significato, questa è la stessa
cosa che dicevo prima, sono diversi stili cognitivi.
Così Tomas anziché stare
tutto il giorno a chiedere," cosa succede domani?
cosa faccio domani?" aveva un calendario nel
quale poteva vedere quello che sarebbe successo il giorno dopo.
Ora non dobbiamo pensare che, una volta che si ha
uno schema della giornata, sono spariti tutti i problemi,
Ogni volta che deve comprare un vestito nuovo a Tomas, devo cercare di capire qual è il vestito adatto a
lui, un vestito di cui sia in grado di sopportare il
materiale, il contatto con il materiale del vestito, deve essere del colore che
gli piace , deve essere un vestito che lui sia in grado di mettere, di tenere
su, e ogni volta preparare Tomas a questa cosa,
l'acquisto di un nuovo vestito. Perché tutte le volte
era un dramma familiare, perché lui diceva " no, vuoi uccidermi forse? Un
altro vestito?" Per cui la prima cosa è stata,
fargli guardare e basta, il nuovo acquisto, e normalmente fin da quando lo vede
dice che non lo metterà mai, successivamente gli infilo questo nuovo vestito, e
glielo faccio tenere su per 1 minuto, utilizzando un contaminuti
da cucina, quando sente il suono del contaminuti, che
è finito il minuto se lo toglie, il giorno dopo saranno 2 minuti, poi 3 minuti,
poi 4 minuti e così via .
Alla fine di questa cosa che ha tenuto il vestito
per un minuto di più, viene applaudito e viene
ricompensato. Quando arriva a tenere il vestito nuovo per 5 minuti, allora gli viene annunciata un'attività che gli piace molto, per es.
andare in piscina, ma la condizione è che porti il nuovo vestito, per andare
alla piscina, vedete lì c'è scritto, in questo caso GIACCA, sullo schema e lì
di fianco ricompensa. Quando è stato un successo andare in piscina, quindi
l'attività preferita con il nuovo vestito, si passa poi la volta successiva ad
associare il nuovo vestito a un'altra attività, "
andare a scuola" ma bisogna avvertire in questo caso prima l'educatrice,
di fargli tenere la giacca nuova, se no Tomas è
capace di buttarla fuori dal finestrino dell'autobus, appena l'autobus si
allontana e quindi bisognerebbe ricominciare tutto da capo e quando l'autobus
arriva i maestri sono stati avvertiti, tutti si avvicinano a Tomas dicendogli " Ah, ma che bella giacca nuova che
hai, ma che bravo che sei a tenerla!!".
E quindi superate anche le difficoltà legate
all'aspetto sensoriale, quello comunque che rimane è
che la persona, vedete come rimane autistica, una persona autistica che ha
delle difficoltà che rimangono, non è facile lavorare con Tomas,
finiamo con questa curiosa immagine, questo è il water che c'è nel nostro bagno
tutto blu e potete vedere che l'asse è di un colore giallo; una volta quando si
era rotta l'asse blu del water e avevamo dovuto andare a comprarla ,è andato a
comprarla mio marito, portandosi dietro Tomas e a un
certo punto ho visto arrivare mio marito a casa con questa asse gialla, ho detto
" ma dove l'hai comprata?" e lui " senti se riesci a fare
qualcosa di meglio con Tomas dietro, allora pensaci
tu, perché ha cercato di fare la cacca su tutte le assi del water che ha visto
nel negozio. Eppure era stato molto utile, perché inizialmente Tomas, faceva sempre la pipì fuori e quando è stata montata
questa asse gialla, nonostante il gabinetto fosse blu,
aveva invece incominciato a farla dentro il water e quando gli abbiamo detto
" come mai sei diventato così bravo e fai la pipì come i bambini
grandi?" lui mi ha risposto " è perché adesso ho capito dove devo
farla, devo farla nel blu! Vedete il contrasto tra i due colori" gli indicava chiaramente, visivamente dove la doveva fare.
Adesso Tomas è diventato
un bambino molto flessibile, ma tuttavia ha ancora bisogno di una
prevedibilità. Dal momento che le persone autistiche sono rigide, spesso gli
operatori, i professionisti hanno paura di utilizzare uno schema perchè pensano che in questo mondo diventino ancora più
rigide, legate alla rigidità dello schema, in realtà non è assolutamente questo
che succede perché l'utilità, l'obiettivo di questi schemi è proprio l'opposto,
è di renderli più flessibili. Spesso si dice che le persone autistiche siano
molto resistenti ai cambiamenti, questo può essere vero in alcuni casi, ma se
gli si dà una prevedibilità del cambiamento che sta per avvenire, è probabile
che invece lo accettino in un altro modo .
Ci sono comunque dei
momenti di tale complessità nella vita di una famiglia con quattro figli, che
spiegati verbalmente sarebbero ugualmente incomprensibili, è difficile
comunicare verbalmente in modo comprensibile ad es. che Tomas
non deve entrare ed uscire continuamente dalle camere dei fratelli quando
stanno studiando o riposando, ma facendo riferimento allo schema Tomas ha capito, e in questo modo non deve più sentirsi
ripetere tutte le volte che entra in camera, tu non puoi entrare, tu non hai il
permesso.
( Attenzione
tutta la parte relativa agli aiuti visivi è stata
ridotta in quanto la sig. Hilde pubblicherà a breve un libro sulle sue
esperienze ).
Dott. Theo Peeters: Risposte ad alcune domande.
Questa mattina cercheremo di fare un po’ di
compromessi perché abbiamo dei video molto interessanti da farvi vedere, abbiamo ancora una parte del programma di formazione e poi
abbiamo molte domande a cui rispondere. Cominciamo con le domande, mi scuserete
se a volte sarò molto breve, molto sintetico nel rispondere a tutte.
1° Domanda: la
severità della compromissione del funzionamento della
persona autistica è correlata alle variabili di altri
handicap associati o anche nella sindrome stessa si individuano livelli e
graduazioni delle lesioni?
Risposta: risponderò a questa domanda in modo
generale, anche se poi dovrò parlare di cose che vanno un po’ al di là della questione stessa. La domanda è legata
all'origine delle ideologie sull'autismo, a livello internazionale, anche se in
molti casi non si può, non si ha la conoscenza precisa di qual è lo specifico
deficit di natura biologica alla causa, all'origine dell'autismo, è tuttavia
accettato universalmente che, non ci sono fattori nell'ambiente ( genitori),
che non ci sono fattori di natura psicologica, psicodinamica,
che possono causare l'autismo, ma che l'autismo, ha un'origine, così come è stato riconosciuto internazionalmente di natura
biologica.
Si è cercato,
negli anni passati di individuare un piccolo centro, una piccola zona nel
cervello dove si situi l'autismo, voi sapete che certe parti hanno funzioni più
importanti di altre, nella gestione specifica di certi comportamenti, se voi
ora guardate a livello educativo - psicologico, la complessità dell'autismo,
tanti problemi diversi con la comunicazione, tanti problemi di diverse
graduazioni nella comprensione sociale, un'immaginazione che è così diversa e
tanti altri fattori oltre questo; pensare di trovare
per tutte queste funzioni un centro unico, specifico nel cervello, è un'idea un
po’ insostenibile, ma sarebbe anche molto ingenuo pensare che tutti questi
fattori possono essere causati da un fattore psicologico dell'ambiente. La
biologia dell'autismo è così complessa, che i neurobiologi
che si occupano di autismo, da un po’ di anni a questa
parte parlano di sindromi autistiche e si trovano sempre più sottogruppi biologici
nell'autismo, ma anche a livello educativo, si stanno trovando di volta in
volta nuovi sottogruppi, e penso che quello che si può fare d'importante in
questo secolo sarebbe di associare di riuscire a correlare i sottogruppi
biologici con i sottogruppi educativi, per capire a quale sottogruppo biologico
corrisponde il sottogruppo educativo e quindi le conseguenze della biologia e
l'approccio educativo. Ora per darvi degli elementi di neurobiologia
dell'autismo, farò riferimento alle teorie sviluppate e a quello che è stato
indagato negli ultimi anni dai neurobiologi
dell'autismo, nel tentativo di legare la conoscenza di certe strutture neuro bilogiche del cervello a quella di determinati
comportamenti e anche se parleremo in modo molto poco
dettagliato esemplificando su questo tema, questo può essere comunque utile lo
stesso per capire quelli che sono i grandi temi che attraversano l'autismo,
quello che bisognerebbe fare, quello che si può fare.
Voi sapete che nel nostro cervello portiamo
l'evoluzione di milioni di anni, se vedete questa
immagine, il tronco encefalico e il cervelletto sono le parti filogeneticamente più antiche, ora una parte del cervello
che sta nascosta dentro il logo temporale, si chiama sistema limbico, praticamente il cervello dei mammiferi in genere,
mentre la parte superiore che vedete è la neocorteccia che è tipicamente umana,
con i diversi lobi, l'emisfero dx e l'emisfero sx ecc. ecc. In tutti questi livelli di sistemi cerebrali,
ci sono diverse parti deputate a diversi modi di elaborare le informazioni, in
questi giorni abbiamo messo l'accento sulla differenza
nell'autismo del modo di elaborare le informazioni, ora il tronco encefalico e
il cervelletto hanno un compito molto importante, come stazione di relè, il che
vuol dire che elaborano le informazioni a un primo livello, fa da filtro per le
informazioni importanti, le informazioni significative che vengono mandate
nelle parti superiori della corteccia le informazioni che non lo sono e che non
vengono poi mandate alla neocorteccia.
Possiamo vederlo come il primo trattamento, l'elaborazioni delle prime sensazioni e dell'inizio delle
percezioni; ora cosa si vede nell'autismo, se voi parlate con i genitori delle
persone autistiche, se conoscete la letteratura sullo sviluppo precoce del
bambino autistico, vedrete che già a questo livello ci sono dei problemi, nelle
discussioni accademiche degli ultimi anni alcuni ricercatori statunitensi,
hanno sostenuto che in questa fase, il livello sottocorticale delle
informazioni, l'elaborazione delle informazioni, sia un tratto essenziale,
molto significativo e importante nell'autismo, altri neurobiologi
hanno detto che questo si può riscontrare in alcuni casi di soggetti autistici,
ma non in tutti e quindi la discussione è ancora in corso. Nelle testimonianze
dei genitori, si vede spesso che, entro i primi tre anni di vita c'è spesso
l'idea, la sensazione che il bambino sia sordo, o che sia cieco addirittura, o
che abbia problemi di questa natura, anche se biologicamente sembra essere
perfettamente sano, e ora che abbiamo la possibilità di leggere le testimonianza delle persone affette da autismo molto
dotate, quello che riscontriamo è che dicono, che nei primi anni della loro
vita erano dominati dalle percezioni sensoriali senza poterle elaborare e
questo punto di vista è molto importante perché noi parliamo di comunicazione,
interazione sociale ecc. ecc. e invece, ci dicono le
persone autistiche dotate le loro testimonianze nella prima fase dello sviluppo
il problema da superare è l'essere dominati da percezioni sensoriali, e anche a
livello di neuro anatomia sono state riscontrate delle differenze, delle
particolarità nei sistemi sottocorticali delle persone autistiche, ma non in
tutte, Sono dati in qualche modo contraddittori, di conseguenza non definitivi
per una teoria, tuttavia è molto importante, non si può, d'altro canto in una
teoria sulla neurobiologia dell'autismo ignorare
questa parte, ignorare la presenza di evidenti problemi a livello dei sistemi
sottocorticali dell'elaborazione delle informazioni. Ora saliamo di livello filogenetico nel cervello, parliamo del sistema limbico, il sistema limbico è
profondamente nascosto nel mezzo del cervello, ma il sistema limbico nei mammiferi è responsabile, delle intenzioni
comunicative dei primi fenomeni di attaccamento, del
gioco precoce, il sistema limbico ha anche un ruolo
fondamentale nello sviluppo della memoria, delle emozioni ecc.
Adesso trascuriamo questa parte, ma quando parliamo di intenzioni comunicative, attaccamento sociale, e gioco
precoce, non vi fa venire in mente la triade dell'autismo? Gli altri mammiferi
naturalmente, non parlano, ma comunque c'è una
comunicazione non verbale tra di loro, che viene toccata, noi abbiamo visto che
anche nell'autismo, la comunicazione non verbale sembra essere toccata anche
molto di più a volte di quella verbale. Parlando della comunicazione abbiamo
detto che il punto fondamentale, il problema fondamentale, il disturbo
fondamentale nell'autismo è l'intenzione comunicativa, molti soggetti autistici,
non sanno a che cosa serva comunicare. Secondo
aspetto: il primo attaccamento sociale, adesso ho dimenticato un lucido molto
interessante in albergo, che rappresentava uno scimpanzè
che guardava il suo bambino - il figlio, ed era molto interessante vedere a
quale livello di tenerezza, di affetto si guardavano i
due, ma nelle primissime fasi di attaccamento precoce, spesso le testimonianze
dei genitori, non parlano di alcuna devianza, di alcun comportamento deviante
ma quello che si riscontra poi nel successivo sviluppo dell'autismo, la
differenza appunto è data dalla difficoltà caratteristica dell'autismo, nel
riconoscere il linguaggio degli occhi, della mimica del viso, nel riconoscere
il linguaggio delle mani, il linguaggio del corpo , non certo dal comportamento
della madre. Ora vediamo il gioco precoce, nei piccoli mammiferi in tutti i
tipi di piccoli mammiferi, si assiste a dei giochi, anche molto complessi,
molto composti, proviamo a vederli in confronto ai primi giochi dei bambini
affetti da autismo, che sono molto stereotipati, ripetitivi, sono molto
diversi, tutti questi dati insieme ci devono suggerire per forza l'ipotesi che
ci siano dei profondi disturbi a questo livello, a
livello del sistema limbico. Ora, a livello di indicazioni scientifiche: abbiamo detto che è molto
difficile indagare una indagine sul sistema limbico
per come è strutturato, e tuttavia gli studi che sono stati portati a
compimento, hanno dimostrato delle anomalie a livello dell'ippocampo e
dell'amigdala, che sono strutture del sistema limbico.
Ora arriviamo, alla parte del cervello che è tipicamente
umana, che è quella parte del cervello che ci ha permesso di sviluppare
dei sistemi comunicativi, dei sistemi di interazione sociale nei quali è
possibile scambiare delle informazioni a livello astratto e invisibile e
vediamo che è nella difficoltà di processare queste informazioni che vediamo i
grandi disturbi, i grandi problemi nell'autismo. Abbiamo già parlato della
tendenza dei soggetti autistici ad elaborare con l'emisfero dx
informazioni che normalmente sarebbero trattate dall'emisfero sx ; e poi sono state trovate
diverse anomalie in molti casi a livello del lobo temporale, negli ultimi anni
si è parlato di grandi disturbi nel corretto funzionamento del lobo frontale e pre frontale. Ora se voi considerate tutti questi dati che
io vi ho detto adesso, e li mettete in relazione con quello che io ho detto da
un punto di vista educativo nelle giornate precedenti, vedete come è impossibile trascurare in una ipotesi, in una teoria
sull'autismo, il profondo legame che c'è tra l'aspetto educativo, psicologico e
i dati che ci vengono dalla neurobiologia a livello
del funzionamento dei sistemi sottocorticali limbico
e neocorticale.
Ora, se la teoria dice che i soggetti autistici
hanno delle difficoltà a questi tre livelli del funzionamento del cervello,
come possono funzionare insieme questi tre livelli? Ora vedete, questa è una
domanda difficile a cui è difficile rispondere : come
funzionano correttamente e normalmente insieme queste tre parti? Questo ci fa
capire quali sono le difficoltà a cui si va incontro per avere una teoria
esaustiva biologica sull'autismo, ora a livello di sintesi generale, a livello
internazionale non ci sono più molte persone che hanno dei dubbi sull'eziologia
biologica dell'autismo, ma il grande problema resta,
qual è la specificità biologica dell'autismo, poiché molti disordini di natura neurologicacome per es. l'autismo, si riscontrano in altre
sindromi neurologiche, quindi sono tutti problemi che vanno risolti.
2° Domanda . Autismo e animali
Che rapporto ci può essere tra
il ragazzo autistico e l'animale, cane, gatto ecc. oppure che ruolo può avere nella
riabilitazione?
Non c'è una risposta a questa domanda qui si parla
di cani, gatti, ma si può aggiungere delfini ecc. Certe persone autistiche,
amano certi animali, altre persone autistiche hanno paura terribilmente degli
animali. Se certe persone colpite d'autismo, amano stare con certi animali
tanto meglio, ma non dovete certo veder questo come
una terapia, è sempre bello che le persone autistiche facciano delle cose
piacevoli e può essere piacevole per loro, andare a cavallo, stare con gli
animali, nuotare con i delfini, ma tutto questo, non ha niente a che vedere con
terapie, guarigioni e cose simili. E' come per i bambini normali, certi bambini
normali amano i cani i gatti ecc. altri non li amano, ora questa super
valutazione dell'importanza di un rapporto con l'animale, deriva dal fatto che
in passato, si era ritenuto che il problema
nell'autismo fosse un problema di relazione e che quindi sviluppando una
relazione con un animale , una buona relazione, potessero esserci dei risultati
interessanti. Si ma , anche nel momento in cui il
soggetto autistico ama un animale, non dobbiamo dimenticare il problema dello
sviluppo della teoria della mente, alla comprensione ; posso dirvi per quello
che è nella mia esperienza : bambini si siedono sul gatto come fosse un
pupazzo, bambini che prendono il gatto e lo buttano in giro come un oggetto,
non trascuriamo anche questo aspetto. Parlando poi di bambini che non hanno il
senso del pericolo, succede di vedere soggetti che tentano di aprire la bocca
di un cavallo o di un cane, perché non sanno che cosa può succedere se fanno
così dobbiamo stare attenti anche a questi aspetti.
3° Domanda: Quando è la persona con autismo che non vuole il messaggio visivo
perché ha acquisito il compito, va bene assecondarlo?
Domanda interessante, non dobbiamo dimenticarci che
noi parliamo di aiuti visuali, e se ad un certo punto,
non c'è più bisogno di aiuto, si continuerà a far fare le cose in modo
indipendente, quando si vede un soggetto autistico, che ha delle difficoltà,
dei problemi nuovamente , naturalmente la prima cosa da chiederci è se abbiamo
comunicato quello che deve fare, in modo adeguato con aiuti visivi adeguati, la
domanda è interessante perché purtroppo succede che molte persone, la maggior
parte delle persone che ci sente parlare di aiuti visivi, inizia ad applicarli
in modo troppo rigido, ora quando si vedono dei comportamenti eco, nella
persona affetta da autismo, si vedono anche dei comportamenti eco in certi
operatori, in certi genitori, e questo è ovvio perché nel momento in cui ci si
trova di fronte a un problema troppo grande si tenderà a copiare in qualche
modo delle soluzioni senza integrare immediatamente il tutto in modo corretto.
Ripeto che tutte queste strategie, per la diversa elaborazione delle
informazioni specifiche delle persone autistiche non sono così bizzarre, perché
le utilizziamo anche noi, faremo un es. qualcuno mi chiede di risolvere un
problema di astronomia, ma io non so niente di
astronomia, in che modo potrei cominciare? Comincerò certamente partendo da un
piccolo dettaglio, probabilmente da un dettaglio, non importante, non
rilevante, ed è la stesa strategia di cui ha parlato Hilde
dell'autismo di capire una situazione complessa come la comunicazione,
l'interazione sociale, inizialmente lo si fa partendo
da dettagli che magari sono irrilevanti, questo è il pensiero in dettagli. Ora
torniamo al problema di astronomia, nel momento in cui
non riesco a risolverlo, che non so nulla di astronomia ma ho un vicino che
conosce un po’ meglio l'astronomia, copierò quello che sta facendo il vicino in
modo del tutto letterale, quindi ho dei problemi eco, nel trattamento delle
informazioni, come ho già detto le persone affette da autismo hanno delle
difficoltà nella teoria della mente, quindi nel comprendere le nostre emozioni,
anche noi abbiamo lo stesso problema identico, quando cerchiamo di capire le
persone autistiche. Vedete, anche appunto in questo caso quello che noi vediamo
è la superficie, vediamo un problema di comportamento, non riusciamo a capire
le intenzioni, le idee, non riusciamo a capire i sentimenti inizialmente della
persona affetta da autismo, e dal loro punto di vista, noi abbiamo una grande difficoltà nel capire gli altri, nel capire le
intenzioni, nel capire le idee loro, ma siccome noi siamo nella maggioranza e
in maggioranza siamo noi che abbiamo ragione.
4° Domanda: all'inizio di un'programma educativo, quante resistenze e quanto tempo ha impiegato
per canalizzare le stereotipie e le attività? Il tempo impiegato per canalizzare una
stereotipia dipende: dalla natura della stereotipia, e soprattutto dipende dal
soggetto, nel senso che, se è una persona adulta autistica di 30 anni che ha
questa stereotipia appunto, magari da 20anni ci vorrà
tantissimo tempo per riuscire a modificare il comportamento, che ha da 20 anni,
mentre un bambino di 5 anni nell'immediato sarà molto più semplice lavorarci.
Ma per lavorare su un comportamento stereotipato, su una stereotipia, è
necessario farlo in modo coerente, perché se c'è il caso di un operatore che di
tanto in tanto, quando il bambino fa la stereotipia gli dice NO, un altro che
gli dice sempre di No, un altro che invece lo permette, non vale neanche, non
si otterrà nessun risultato .
Ma ora non dobbiamo sottovalutare l'importanza degli
aiuti visivi poiché nel momento in cui il bambino è meno stressato, sicuramente
avrà anche meno stereotipie, ora come avete già capito, l'individuo autistico
inserito in un ambiente strutturato per lui, in cui ci sono diverse attività
che è in grado di fare in modo indipendente, avrà i
suoi momenti di stereotipie che saranno molto ridotte, soprattutto in queste
condizioni strutturate, che non nel tempo così detto " libero" .
Ora tornando al funzionamento del cervello, possiamo
dire che il soggetto che ha molte stereotipie è in qualche modo dominato da
delle pulsioni, che non può controllare che derivano da strutture sotto
corticali, ma quello che noi diciamo è molto logico
nel senso che nel momento in cui si trova in una situazione di dover svolgere
un'attività a lui accessibile concentrerà la sua attenzione sull'attività che
sta facendo, a questo punto sarà la corteccia a prendere, diciamo così, il
sopravvento e a dirigere il suo comportamento, in questo modo sarà meno vittima
dei riflessi, delle pulsioni di natura sotto corticale, è una cosa molto
logica, questo è un lavoro a lungo termine, per questo difendiamo la continuità
di un approccio educativo nell'autismo. Bisogna dire che certi comportamenti
stereotipati, comunque resistono, rimangono anche in
età adulta, anche nelle persone autistiche dotate, ma quello che imparano le
persone affette da autismo molto dotate, adulte è controllarsi e lasciarsi
andare alle loro stereotipie ma non in pubblico.
5° Domanda: le amicizie del bambino autistico, della famiglia, visite di altri bambini ecc. cosa si può chiedere all'altro
bambino, all'altra famiglia, è utile la presenza di altri bambini nello
sviluppo del bambino autistico?
E' una risposta difficile, la domanda è abbastanza
individualizzata, dipende da soggetto a soggetto, il bambino molto ripiegato in
se stesso che non sopporta la prossimità sociale avrà delle difficoltà ad
accettare la presenza della prossimità sociale di altri
bambini, il soggetto che invece ha meno difficoltà nella prossimità sociale,
allora sicuramente avrà dei vantaggi dei giovamenti della presenza di altri
bambini, si potranno formare anche dei rapporti di amicizia e questo sempre
tenendo conto che il bambino autistico rimane deviante e si comporterà in modo
diverso dagli altri bambini. Un es. della vita quotidiana di Tomas; Hilde quando è a casa
invita i compagni di scuola di Tomas, che sono
autistici anche loro e Tomas sa che sono autistici,
si mette a giocare con loro, e dopo essere stato con loro chiede alla
madre" ma sono stato troppo autistico ?" e lei risponde " No ti
sei comportato bene, però hai fatto delle cose un po’ bizzarre" e allora
gli fa degli esempi: per es. hai voluto assolutamente mangiare le creps prima, poi volevi mangiare una salsa che però l'avresti presa soltanto se il coperchio fosse stato di un
certo colore, messo in una certa posizione ecc. E quando Hilde
ha detto" questa qui è una cosa un po’ bizzarra, un po’ autistica", Tomas ha risposto" ma no era l'altro, era Davide che
era autistico, perché per lui non aveva alcuna importanza che il coperchio
fosse di un colore o di un altro".
Ora, quello che si vede poi in casa sua, quando
arrivano questi compagni di Tomas per giocare, è che:
uno è davanti alla tv in sala, l'altro è da solo in camera che fa una cosa,
l'altro sta in un'altra stanza, e con tutto questo passano
un pomeriggio molto piacevole insieme, anche se effettivamente sono rimasti da
soli, perché hanno delle difficoltà a coordinare l'attività e ciò nonostante
sono molto contenti di passare il pomeriggio in questo modo. Ma
quello che osserva nel gioco spontaneo di Tomas, e
negli altri bambini autistici è che tentano ognuno di prendere il sopravvento
sull'altro, per es. Tomas dice: " adesso mi
metto a leggere un libro e tu vai sul letto", ma devo dire che c'è una
certa amicizia tra i bambini.
Adesso abbiamo parlato di amicizia
tra bambini autistici, ma naturalmente il bambino autistico può trarre molti
vantaggi dall'amicizia, dalla frequentazione dalla prossimità della presenza
del bambino normale, per es. Tomas ha imparato molto
grazie alla presenza della sorella, dei fratelli e no potrebbe immaginate la
sua vita familiare con Tomas senza i fratelli. Per
quanto riguarda il gioco è possibile farlo con un bambino normale, nel momento
in cui il bambino normale si mette allo stesso livello di Tomas,
questo è difficile perché a livello dello sviluppo dell'immaginazione del
gioco, Tomas avrà un livello di 2 anni, 2 anni e
mezzo, pur sapendo leggere e scrivere ecc. e infatti,
quello che succede, quello che si vede è che Tomas è
i grado di giocare con suo cugino che ha 3 anni e li si vede giocare insieme, è
un po’ strano perché uno è alto così, e l'altro è alto così e giocano insieme. Ma il contatto vero con il bambino normale della sua età,
con un coetaneo, con una persona normale di 14 anni non fa che evidenziare la
differenza tra i due e la rottura viene molto molto
presto. L'unica cosa è che è bambino normale capisca l'autismo ed sia in grado di adattarsi all'autismo, in questo caso
sarebbe magnifico, sarebbe fantastico, per es. quando a casa loro, venivano dei
bambini che si mettevano a giocare con le bambole o facendo giochi simbolici, Tomas era molto disturbato era molto agitato perché era
come se vedesse il mondo rovesciato, infatti vedevano dei bambini che
prendevano un bambolotto dicendo" questa è la bambina, quest'altra è la
casa della bambina " ecc. E lui era molto contrariato, ma anche gli altri
bambini erano molto contrariati perché lui non sapeva giocare con loro e gli
dicevano di non giocare, invece sua sorella che lo conosceva, conosceva i suoi
problemi era in grado di adattarsi al suo modo di pensare ed era molto bello
vederli giocare insieme, per es. quando lei giocava con la sua piccola cucina
in miniatura, Tomas contemporaneamente giocava con
una vera pentola con un vero cucchiaio, poi lei andava in cucina e portava a Tomas un vero panino e le cose per prepararlo a lui giocava
a fare davvero il panino. Inizialmente la sorella giocava con la plastilina , con il pongo, diceva che faceva le forme delle carote,
delle patate con il risultato che poi Tomas la
mangiava, perché gli avevano detto "facciamo finta che sono patate e
carote e le mangiamo". Ma in seguito quando
giocavano a cucina, ha cominciato a portare a Tomas
delle vere carote, delle vere patate che potesse mangiare davvero e tutto si è
risolto. E con tutte le difficoltà che ha portato la
prossimità sociale con altri bambini, comunque gli ha fatto bene , quello che
succede adesso è che quando arrivano per es. degli amici di sua sorella dei
bambini in casa e si mettono a giocare con le bambole, e con la piccola cucina Tomas li vede, va a cercare sua mamma e dice " ma,
sono veramente strane quelle bambine, pensano davvero la bambola sia una
bambina e che la finta cucina sia una vera cucina!"
6° Domanda: Mi convince l'idea che un bambino autistico, abbia bisogno di
un'educazione specifica relativa alle sue modalità
diverse di pensare, di stare con gli altri ecc. ma secondo me è importante
anche il ruolo di un angelo custode il ruolo di aiuto di angelo custode che i
compagni in una classe normale possono avere .
A questa domanda , rispondo
con un'altra domanda, " questo angelo custode, questo compagno del bambino
autistico, conosce veramente l'autismo? E' formato nell'autismo? e questa è una domanda chiave " non è che un suo ruolo
sia il ruolo di sorvegliare la calma, di stare a vedere di sorvegliare gli
eventuali problemi di comportamento ?" .E' capace questa persona di
passare quello che ha studiato ( nozioni scolastiche ), che sono cose
completamente assurde per l'autismo, lontane a un modo
di approcciarsi specifico e adatto per l'autismo? Ora
come ho già detto rispondendo prima ad altre domande è
importante la presenza appunto di una protezione da parte di un'altra persona,
ma quello che è importante, è : un rapporto di questo tipo, prepara
realisticamente all'età adulta, all'avvenire?Cosa succede quando non ci sarà
più l'angelo custode ? Questo bambino tornerà nell'isolamento sociale.
7° Domanda: la comunicazione facilitata è una strategia che voi approvate? La
comunicazione facilitata, può essere considerata un aiuto visivo più specifico,
più appropriato del linguaggio verbale?
Questa è una domanda un po’ difficile, perché
sicuramente scontenterò qualcuno con la mia risposta. Per prima cosa , se voi ci avete seguiti bene, se avete capito quello che
vi abbiamo detto, avete capito che noi lavoriamo per facilitare la
comunicazione, per cui facilitando la comunicazione, utilizziamo diverse
strategie, utilizzando oggetti, gesti , immagini foto ecc. il nostro punto di
partenza per sviluppare un programma di aiuto nella comunicazione è partire da
una valutazione oggettiva del livello di astrazione, di capacità di astrazione
del soggetto, ora cerchiamo di mettere nel suo contesto il fenomeno della
comunicazione facilitata. Diversi anni fa , una
neurologa australiana, che si occupava di soggetti colpiti da paralisi
cerebrale, aveva trovato il modo di aiutare le persone colpite da paralisi
cerebrale per risolvere i problemi di natura neuromotoria,
guidando il movimento già iniziato da queste persone per muoversi
correttamente, e messe, queste persone adulte
colpite da paralisi cerebrale, di fronte a una tastiera con delle lettere e
utilizzando questo sostegno, questo guidare la mano dopo il 1° movimento, era
che queste persone erano in grado di esprimere delle idee che prima non erano
in grado di fare scrivendo con la penna o parlando. Questo oggi ci appare del
tutto logico, perché nel momento in cui si è colpiti da una paralisi cerebrale,
quindi un problema di movimenti motori, questo non ha niente a che vedere con i
disturbi a livello simbolico che sono comunque stati
già acquisiti nello sviluppo normale.
Ma quasi per caso, qualcuno ha cominciato a usare la stessa metodica per le persone colpite d'autismo
con ritardo mentale molto grave e improvvisamente queste persone, erano
diventate in grado di parlare del loro futuro, delle loro intenzioni ecc. e
generalmente, quando ci si trova di fronte a un fenomeno di questo genere così
improvviso, così inaspettato si può reagire in 2 modi, si può reagire come
hanno fatto gli inglesi: " Ah! Bene! è
interessante, proviamo a vedere davvero se funziona, se è vero e fare uno
studio scientifico che lo dimostri o meno ( dallo studio dell'Associazione
Pediatri Americani e della National Autistic Society inglese è emerso che solo il 6 % ha
dimostrato di ricevere benefici ma di questi 6 solo 1 % scrive senza il facilitatore che condiziona e invalida pesantemente tutte
le verifiche n.d.r.) ma anziché dire AH BENE si
potrebbe invece dire HELP! non è possibile, tutto
questo è assolutamente improbabile! Ora confrontandoci con la storia
dell'autismo, considerare vero, significativo questo
fenomeno, significherebbe: per prima cosa, annullare 50 anni di ricerca
sull'autismo, e la mia attitudine sarebbe stata quella di dire : " Beh, ma
bisogna avere comunque la mente aperta, ci sono così tanti elementi
nell'autismo che non sono stati compresi, che bisogna avere la mente aperta e
cercare di capire davvero il significato di questo fenomeno.
La questione la questione
chiave per me, è che le persone, queste persone con autismo sono guidate,
condizionate da un facilitatore: allora chi è che
comunica? Considerando, soprattutto alla luce del fatto che le persone colpite
da autismo, siano così vulnerabili, sono così indifese, avevo pensato di fare
uno studio per validare la CF , ma nel momento in cui si fa qualcosa con le persone con
autismo, si comincia ad utilizzarle per
dimostrare un certo fenomeno, e queste cosa ha una validità scientifica, etica?
Se guardiamo nella storia dell'autismo, vediamo che
15 anni fa in Danimarca si era verificato un fenomeno
simile, non utilizzando un computer, ma c'era una grande tastiera con delle
lettere, e si guidava la persona per il dito a schiacciare certe lettere e
anche 15 anni fa in Danimarca, anche in questo modo le persone autistiche,
avevano scritto delle cose che non ci si aspettava che scrivessero. In
Danimarca, dopo i primi risultati entusiasmanti erano stati lasciati da parte tutti gli altri tipi di approcci, tutto quello che
riguarda la ricerca scientifica ed educativa sull'autismo e si era iniziato a
fare dovunque questa comunicazione facilitata, fino a quando, era stato
proposto uno studio scientifico ( a causa di un processo penale ), il risultato
di questo studio, era che era il facilitatore che
comunicava e non il facilitato, e da quel momento infatti in Danimarca non è
mai più stata considerata la comunicazione facilitata.
In Australia il fenomeno della comunicazione
facilitata, era giunto poi negli Stati Uniti attraverso il Prof.
Bicklen, e in quello stesso periodo avevo assistito a un grande congresso delle associazioni dei
genitori dei bambini autistici Nord Americani in cui si parlava soltanto di
comunicazione facilitata, così si era aperto un centro dopo l'altro, e sono
cominciate a succedere delle cose un po’ strane, avevano cominciato a
verificarsi sempre più spesso casi sia in Australia, e sia negli Stati Uniti,
in cui la persona autistica guidata dal facilitatore
accusava uno dei genitori di abusi sessuali, e quello che era successo, è che
poi erano stati messi sotto processo e accusati questi genitori delle persone
autistiche, con la conseguenza che le persone autistiche, erano state tolte
dall'affidamento dei familiari per essere istituzionalizzate e proprio a causa
di questi motivi quasi legali si è posto la necessità, l'esigenza negli Stati
Uniti di avere una sicurezza della validità scientifica di queste accuse e
quindi della comunicazione facilitata. Allora si era chiesto l'aiuto di un
importante professionista della comunicazione elettronica che lavorava in un
centro di studi sulla comunicazione nel quale c'erano tutti i tipi di mezzi
possibili ( con strumenti di rilevamento di neuro feedbak
n.d.r.) per poter comunicare anche senza muovere la
bocca , senza muovere un dito ecc. e ha pensato, ha
sviluppato una forma, un modo di controllo, (dei controlli di tipo visivo e uditivo),
per es. : si metteva la persona autistica con il suo facilitatore
in una situazione sperimentale, entrambi, facilitato e facilitatore,
avevano una cuffia e li si metteva davanti al computer, loro ricevevano delle
domande, per es. nelle cuffie, e cosa succedeva. Succedeva che quando il facilitatore e il facilitato, ricevevano la stessa domanda,
allora il facilitato, la persona autistica rispondeva correttamente, ma quello
che non sapevano era che a volte, il facilitatore
riceveva una domanda diversa da quella che riceveva una persona autistica nella
cuffia, e quello che si vedeva, era che la persona autistica scriveva
rispondendo alla domanda che era stata fatta al facilitatore,
confermando così che quest'ultimo influenza pesantemente lo scritto.
Poi si sono moltiplicate, le situazioni sperimentali
per confermare questo e se qualcuno di voi vuole leggere un libro veramente
approfondito sulla comunicazione facilitata, legga" La passione di
credere" dell'autore Americano Daniel……..
Perché è questo che è successo: dal momento in cui,
non si può parlare di guarigione per l'autismo, la comunicazione facilitata
risponde alle esigenze di miracolo, alla volontà di credere, cose sono state
tolte, appunto, dal non poter più credere ad una guarigione,
Penso che questo sia stato un fenomeno veramente
drammatico per chi ne è stato coinvolto; per es. io
conosco un padre di un bambino autistico che conosce tutta la letteratura
internazionale sull'autismo, conosce bene l'autismo e ha deciso di iniziare la
C. F. con suo figlio, perché non si sa mai! Posso , immaginare che anch'io se avessi un figlio affetto da
autismo, non so che cosa avrei fatto, ma qui il grande problema è il commercio della speranza, nel mercato della
scienza, delle scienze umane, e ho visto un documentario sulla C.F. in cui
alla fine veniva data la parola ad un farmacista, che era padre di un ragazzo
autistico, che attraverso la C.F. l'aveva accusato di abuso sessuale e in
seguito a questo il padre era stato messo in prigione e poi successivamente
liberato perché accertato che era innocente.
Ho incontrato dopo un po' questa persona e lui mi
dice sconsolato " io sono un farmacista , devo
vendere delle medicine ai miei clienti, ma non posso vendere una medicina che
non sia stata testata per almeno 5 o 6 anni attraverso tantissimi controlli ,
mentre invece sul mercato delle scienze umane, si può mettere quello che si
vuole".
Ora consideriamo veramente il fattore, il fatto che
le persone autistiche siano così vulnerabili e questo ci fa rendere conto di quanto
sia così importante dare la validità scientifica a quello che si fa, che si
pone sul mercato, volevo aggiungere una cosa che molti in Italia non sanno: i
centri della C.F., per es,
quello australiano di Rose Mary Crossley, adesso sono
stati chiusi, non hanno più sovvenzioni, e negli USA, la federazione degli
psicologi a livello internazionale ha condannato ufficialmente il fenomeno
della c.f. e tutti i centri di c. f. che erano stati aperti, sono stati chiusi uno dopo l'altro,
succede poi che a distanza di 5 anni quando un fenomeno ha perduto importanza
in un paese, passi ad un altro paese. E' del tutto comprensibile che certi
genitori vogliano provarlo, penso che in qualche modo questi genitori avranno
una grossa delusione, e diranno come è stato detto in
passato, "vedete i professionisti e gli operatori in autismo sono delle
specie di criminali".
E per concludere, io sono
aperto a tutte le ipotesi a tutti i fenomeni che in qualche modo ci aiutino a
comprendere scientificamente l'autismo, sono quindi favorevole ad una ricerca
approfondita sul fenomeno della c.f. ma sono del
tutto contrario a mettere dei metodi che non sono validati,
che non hanno validità scientifica sul mercato delle scienze umane, a spese
delle persone con autismo.
Continuiamo con il programma del corso, perché ci
sono troppe domande e non posiamo rispondere a tutte, e poi non riusciamo a
fare la parte del programma se rispondessimo a tutte.
Theo Peeters : Valutazioni.
Ad un certo punto dopo avervi mostrato l'iceberg vi
abbiamo parlato di 4 - 5 dimensioni della prevenzione dei problemi di comportamento. Per prima cosa la comprensione teorica e
di questo ne abbiamo parlato, 2° aspetto: la
strutturazione, l'adattamento dello spazio, e abbiamo parlato anche di questo
il 5° aspetto era l'utilizzo di strategie specifiche e di questo Hilde ne ha parlato ieri, quello di cui non abbiamo parlato
è l'asse della valutazione legata ai programmi educativi individualizzati,
quando si parla di un approccio alle persone affette da autismo , si parla di
un approccio di sviluppo mentale, ma quando si parla di adolescenti - adulti,
si parla invece di approccio funzionale. Legati a questi 2 tipi di approccio, nell'autismo sono ben conosciuti 2 strumenti
di valutazione, per il primo l'approccio di sviluppo mentale, lo strumento di
valutazione che si conosce, che viene utilizzato, si chiama P.E.P.
Profilo psico- educativo di E.Schopler.
Ora vi spiegherò questo approccio di sviluppo mentale:
è un approccio che ha un significato importante nella storia dell'autismo, nel
passato l'approccio era soprattutto di tipo psico-
patologico, l'autismo era visto come una malattia mentale, una psicosi e si
metteva l'accento soprattutto nelle differenze tra quello che differenziava la
persona autistica, dalla persona normale.
Questo aveva delle importanti conseguenze a livello
sociale etico, perché tutte le persone normali, hanno paura di quello che è
troppo diverso ,e sottolineando, accentuando le
differenze dalle persone normali, in qualche modo si allontanavano dal mondo le
persone autistiche. Ora con l'approccio di sviluppo mentale è diverso, ora il
punto, la base di riferimento in una scala come quella del P.E.P.
è lo sviluppo normale, ora vi mostro il profilo ( grafico ), ora senza capire
tutti i dettagli, lo spiego in generale, è un po’ come
il profilo che avevo illustrato nei giorni scorsi, ora lì adesso si vedono
delle cifre che rappresentano 12 mesi- 24 mesi ecc. fino all'età di 7 anni, ora
si valuta il bambino per es. nell'area dell'imitazione, ora vedete il punto nero,
di fianco alle cifre 5 il che vuol dire che in questo test il bambino è
riuscito in 5 compiti d'imitazione, dal momento che è un test standardizzato è
stato testato su bambini normali, quindi quello che si vede è che ha avuto una
performance che sarebbe normale per un bambino di 16 mesi.
Vedete nella coordinazione occhio - mano ha 12
compiti in cui è riuscito, il che corrisponde alla performance che si attende
nella media di un bambino di 4 anni , vedete i punti
neri rappresentano i livelli di acquisizione , vedete che in ogni ambito in cui
è stato valutato, il bambino sembra avere un livello diverso, il che vuol dire,
come abbiamo detto che, il soggetto in questione ha le aree di sviluppo che
funzionano in modo diverso e avrà bisogno di un programma individualizzato, un
programma che consideri questo e che parta a un livello di 16 mesi, per quanto
riguarda l'imitazione, un programma per un bambino di circa 2 anni per la
percezione, un programma invece di motricità globale
a partire dai 5 anni nella coordinazione occhio - mano , un programma per un
bambino di 4 anni e mezzo. Ora vedete l'età media di sviluppo
mentale di questo bambino è di 2 anni. (Attenzione non è un test di Q.I.
! n.d.r.)
Normalmente quando si vede un risultato di questo
tipo, si può pensare : allora questo bambino ha
bisogno di un programma educativo, adatto ad un bambino di 2 anni, ma vedete
che il profilo di questo soggetto è un profilo tipico per l'autismo, molto
disarmonico. Se ci si serve di un programma che tiene conto
di un profilo disarmonico, si diminuisce di molto la presenza dei problemi di
comportamento perché non si proporrà al soggetto delle cose troppo difficili da
fare e troppo facili. Un piccolo riassunto di cosa è il P.E.P. : è una scala di sviluppo,
come vi ho già detto, l'etichetta diagnostica, l'etichetta di autismo è
importante, ma la parola autismo, non ci da molti suggerimenti sulla parte
educativa, per avere un programma educativo individualizzato, un buon programma
individualizzato, bisogna partire da una valutazione, e il P.E.P.
è una scala di sviluppo che da delle indicazioni per un programma educativo tra
i livelli di 1 a 7 anni e si usa per bambini con età cronologica fino ai 12
anni. Quindi all'inizio: da 1 a 7 anni è riferito l'età di sviluppo mentale,
allora in questa scala di sviluppo ci sono 16 attività di imitazione,
imitazione verbale e motoria, ora, quello che è importante capire in questo
test è che la maggior parte dei test, come ad es. il test per quoziente
intellettivo hanno soltanto 2 possibili punteggi per un compito: riuscito - non
riuscito, ora in questo strumento di valutazione c'è un terzo punteggio
possibile, e questo 3° punteggio è l'abilità emergente; do un es.
nell'imitazione , si domanda ad un bambino di togliere il cappuccio ad una penna
e lo fa, poi gli si chiede di fare il contrario e lo fa, dopo di che la volta
successiva gli si chiede di mettere dentro piccoli oggetti in una fessura e fa
con difficoltà e si vedono delle forti difficoltà.
Allora si identifica che in
questo "Item" ha un'emergenza, ha capito la
base di questo esercizio, ma ha lo stesso delle difficoltà, ha capito la base a
livello molto semplice. Vuol dire che in un compito del genere possiamo avere
delle basi realistiche su cui lavorare e tener conto di queste abilità emergenti,
può significare , tener conto, insistere in una certa
direzione ma senza spingere troppo a livello d'imitazione, alla fine della
valutazione, avremo un certo livello di acquisizioni nell'abilità d'imitazioni
e un certo livello di abilità emergenti.
Ed è questo livello di emergenze
che si utilizza per lo sviluppo di un nuovo programma educativo, ispirandosi
allo sviluppo normale, ma tenendo conto delle caratteristiche dell'autismo, si
valuta l'imitazione, poi si valuta la percezione uditiva e visuale; ci sono 16
"Item" di motricità
fine , quindi come il bambino utilizza le mani e le dita; 16 " Item" di motricità globale,
quindi in che modo viene utilizzato il corpo intero; 15 " Item" nella coordinazione occhio - mano, e qui si
valuta la capacità di utilizzare queste abilità nella costruzione di puzzle
incastri; 26 -27 "Item"
di performance cognitive, in questo testo si intende la comprensione verbale e
uno sviluppo concettuale e immaginativo semplice, e nel primo caso, si tratta
di compiti in cui bisogna dare una risposta non verbale, e le 27 attività di
cognizione verbale. Ora, una volta, che abbiamo il
risultato di questa valutazione il problema non è più: che cosa faccio per
questo bambino? ma in che modo faccio una selezione? Ci è stato chiesto di dare delle informazioni sugli stessi
corsi che noi facciamo, proprio sugli strumenti di valutazione: Dopo la pausa
parlerò anche di un altro strumento l'AAPEP a livello
ideale, per parlare del PEP e dell'AAPEP ci sono i corsi di una settimana di formazione con
una combinazione di teoria e pratica in cui viene illustrato l'utilizzo degli
strumenti di valutazione, utilizzando gli strumenti stessi, il materiale del PEP e dell'AAPEP e insieme ai
partecipanti viene utilizzato, verrà visto un dossier di un soggetto autistico
che sarà valutato, e studiando insieme le priorità dei genitori indicate nel
dossier per lo sviluppo del programma educativo. Dopo di che viene
mostrato nella pratica in che modo vengono ricevuti i genitori prima del test,
per capire insieme a loro, quali devono essere le priorità del programma
educativo, dopo di che viene valutato il soggetto e i partecipanti al corso,
sono invitati anche loro a prendere nota dei punteggi per ogni Item, e dopo la valutazione si confronta, insieme si valuta
quali sono i punteggi e si vede il profilo che ne risulta.
Nel pomeriggio gli operatori incontrano i genitori
per illustrare il risultato del test di valutazione e i partecipanti osservano
ma in un'altra stanza attraverso un circuito televisivo; insieme ai partecipanti
viene sviluppato una sintesi scritta, un riassunto
scritto della valutazione fornendo già delle indicazioni ai genitori, e insieme
ai partecipanti, tenendo conto delle priorità dei genitori, tenendo conto dei
risultati ottenuti nel test di valutazione viene sviluppato insieme ai
partecipanti, un programma educativo individualizzato per quel soggetto che è
stato valutato e dopo poco tempo vengono invitati di nuovo i genitori e il
bambino e hanno veramente lavorato con il programma educativo assegnato ma non
è l'ideale, allora ricominciamo a riadattarlo.
Questo è un corso , questo
è il contenuto del corso sull'uso della PEP dopo la
pausa parleremo dell'altro strumento di valutazione l'AAPEP.
Adesso diamo le informazioni sull'AAPEP, rispondiamo
ancora a delle domande e per concludere vedremo un
documento video.
Ora l'AAPEP è l'approccio
funzionale: questo approccio funzionale, lo collego
sempre nella mia mente ad un incontro che ho avuto durante uno stage nella Caroline del Nord, ad un certo punto stavo parlando con
un'insegnante molto brava, era molto esperta, molto competente in autismo,
aveva sempre avuto a che fare con bambini autistici, improvvisamente si era
trovata a dover lavorare con degli adolescenti autistici, e questo aveva detto,
ha cambiato totalmente la sua vita professionale aveva detto " Quando
lavoravo con i bambini io facevo di tutto facevo tutto quello che mi era
possibile fare, perchè avevo il lusso di poter
pensare: se dimentico di insegnare qualcosa, c'è la possibilità che dopo di me
ci sarà un altro insegnante che insegna e dopo un altro ancora , ma ora che ho
a che fare con questi adolescenti sarò l'ultima insegnante, dopo di me , ci
sarà soltanto il mondo degli adulti, dove ci si aspetterà dai ragazzi che seguo
che siano maggiormente autonomi, maggiormente indipendenti. Lei dice che ha
visto i bambini autistici applicare subito quello
che gli viene spiegato esplicitamente, nell'età
adulta, non faranno nulla se non gli sarà stato spiegato quello che devono fare
esplicitamente , quindi, pensate quale responsabilità, quello che mostra il PEP l'approccio per lo sviluppo mentale è " dove, come
cominciare" a un certo punto bisogna anche sapere " dove andare"
e questo è l'approccio funzionale, se vi ricordate le scale di valutazione , se
per es. parliamo di imitazione nel PEP vedremo una
certa emergenza in una particolare abilità, allora lavoreremo su quella
emergenza, fino a quando diventerà acquisizione, dopo di che troveremo un'altra
emergenza in un altro ambito e allora cercheremo di far diventare quella
abilità in emergenza, in una nuova acquisizione e così via.
Ma sviluppando soltanto questo tipo di approccio non saremo sicuri di sviluppare le abilità che
sono importanti e utili per l'età adulta, perché ad un certo punto, bisogna fare
delle scelte, bisogna ad un certo punto capire, questo, questo e quest'altro
sono necessari per l'età adulta e per le altre cose, per l'insegnamento dei
lussi vedremo più tardi.
Si parla di 30 anni fa in Caroline
del Nord c'era stato un congresso, a cui avevano partecipato tutti i direttori
dei vari centri con persone con handicap gli operatori
dell'autismo, avevano chiesto a questi direttori di questi centri che erano i
più esperti sul comportamento di adulti con handicap: "se noi dobbiamo
preparare la vita adulta a queste persone autistiche, quali sono le cose che
sono importanti da sviluppare?" E i punti che sono emersi in questa
riunione hanno portato allo sviluppo dell'AAPEP,
perché quello che hanno risposto questi direttori dei centri erano le abilità
che sono richieste e che sono presenti nella valutazione dell'AAPEP non c'è niente di spettacolare, perché tutte queste
abilità questi ambiti sono del tutto logici.
Se io per es. chiedo ai genitori ,
quali sono i punti che bisognerà sviluppare per il benessere dei loro figli
nell'età adulta, troverò sicuramente le stesse abilità dell'AAPEP
e anche se lo chiedo a un operatore , un professionista, quali sono le abilità
da sviluppare su cui lavorare perché il ragazzo sia più indipendente possibile
nell'età adulta ritroveremo le stesse abilità, potrei anche chiedere a voi,
quali sono le abilità che vanno sviluppate, su cui lavorare con le persone
autistiche per prepararle alla vita adulta, sicuramente saranno le stesse
presenti nell'AAPEP.
Qualcuno di voi vuole provare? Che
cosa bisogna sviluppare? Su cosa bisogna lavorare?
Risposte :
"L'autonomia" Si, questa è la prima
abilità su cui si lavora all'AAPEP, autonomia e
attitudini domestiche.
"Competenze e attitudini sociali",
l'ambito più difficile , ma su cui, bisogna lavorare
molto e questo è il secondo punto, quindi è esattamente quello che c'è nell'AAPEP: competenza di lavoro, perché il benessere della
persona affetta da autismo nell'età adulta, sarà legata , anche a livello di
indipendenza che ha acquisito nella capacità di lavorare e quindi legate alle
attitudini di lavoro, sarà anche molto importante il comportamento di lavoro,
per quanto riguarda la sessualità, fa parte sempre delle competenze sociali, ma
è un ambito a parte, nel senso che, come abbiamo visto, per es. nella
masturbazione, è importante che ci siano delle regole, o l'insegnamento di
regole, di canalizzazione come abbiamo visto, e nel sesso con un patner, bisogna anche pensare al fenomeno di proteggere da
certe situazioni le persone autistiche che è vulnerabile.
Ma il grande problema è che
, la sessualità, il comportamento sessuale è un grande tabù ed è una cosa molto
difficile da gestire anche per noi, ora pensate alla persona autistica che ha
delle difficoltà nella comprensione delle situazioni sociali di base, quelle
che per noi sono facilmente gestibili, si troverà di fronte ad una ulteriore,
grandissima difficoltà in questo caso.
L'ultima settimana di giugno, se vi
interessa a Lecco ( Angsa Lombardia ) c'è un
corso sulle persone autistiche molto dotate in cui parlerà Gunilla
Gerland, una delle persone autistiche dotate che
abbiamo citato spesso durante la nostra esposizione, e parlerà lei stessa di
questo. Ora altri ambiti dell'AAPEP
quindi la comunicazione che rimane il punto, sempre il punto chiave e anche le
attitudini per il tempo libero. Anche in un
centro specializzato, tutto perfettamente organizzato, ci son
sempre delle ore, in cui non ci sono attività, e ci si aspetta che la persona
occupi il tempo libero, faccia delle cose di sua iniziativa, ma anche questo va
insegnato. Ora, questi sono i principi dell'AAPEP,
nell'AAPEP viene valutato un
adolescente per vedere quale è il suo livello di abilità in queste diverse
competenze, quindi quale sia il suo grado di preparazione in competenze, che
gli saranno necessarie per la vita adulta, nei diversi ambiti: comunicazione,
competenze sociali, competenze di lavoro, comportamento nel lavoro, attitudini
del tempo libero e autonomia. Si fa di nuovo una valutazione per ogni abilità e
si inseriscono i punteggi in una scala che preveda
come nel caso del PEP risultati acquisiti e
emergenti, ma nell'AAPEP è più complicato perché ci
sono 3 scale, l'osservazione diretta, il test, poi c'è un'intervista a casa, o
al centro dove la persona vive, e un'intervista agli operatori della scuola o
al centro di lavoro dove si trova il soggetto e in ognuno di questi 3 contesti
si valutano le competenze per ogni abilità.
E come abbiamo già detto nel PEP,
alla fine di questa valutazione , avendo i risultati,
non ci si chiederà più, che cosa devo fare, ma , quali cose devo selezionare,
perché ci sono veramente tante cose da fare, penso che l'utilizzazione di
questi strumenti di valutazione sia molto importante anche per la persona
autistica, ma anche per i genitori che possono avere una buona relazione, sulle
competenze, sulle abilità del loro figlio, perché spesso i genitori si
lamentano giustamente di quello che viene detto loro, dagli operatori dei loro
figli, gli viene detto, si ha fatto bene, si è comportato bene senza che in
realtà gli venga detto nulla di preciso su quello che sanno o non sanno fare, e
per i professionisti è un grande vantaggio, perché avranno degli strumenti di
lavoro alla fine, perché si tratta della stessa preoccupazione, così come i
genitori sono preoccupati del fatto di voler aiutare il proprio figlio e non
sanno come, anche i professionisti hanno comunque la stessa esigenza, vogliono
aiutare il soggetto e non sanno in che modo poterlo fare, questa era
un'introduzione, una sintesi, un riassunto di quello che è l'AAPEP ma ci sono dei corsi di formazione specifica per l'AAPEP e durano una settimana e seguono lo stesso principio
di quello che ho detto sul PeP. Ancora 1/4 d'ora di
risposte alle domande e poi 1/4 d'ora di immagini
video.
Domanda: cosa pensate della maggior incidenza dell'autismo sui maschi?
Prima una risposta simpatica, poi una risposta
scientifica, Lorna Wing
qualche tempo fa mi ha detto, " se voi analizzate la triade, è normale che
siano soprattutto gli uomini a soffrirne, perché gli uomini non hanno talento
per la comunicazione, non hanno intuizioni sociali, e fanno cose talmente
ripetitive e talmente stereotipate come guardare partite di calcio….
Risposta scientifica: abbiamo già detto che l'autismo
è un disordine dello sviluppo ed è normale in tutti i disturbi dello sviluppo
che la popolazione sia costituita più da maschi che da femmine , perché in effetti le femmine sono il sesso forte, perché
hanno un cromosoma extra che le difende dalle vulnerabilità di diversi fattori.
Domanda: Esiste oppure è ipotizzabile un training di tolleranza della
frustrazione per le persone autistiche o è solo ipotizzabile, l'adattamento
dell'ambiente, e delle situazioni al soggetto autistico?
Non è soltanto l'adattamento dell'ambiente che fa
alzare il livello di tolleranza, è tutto l'approccio educativo insieme, il
programma individualizzato, la visualizzazione, pensate al caos, se siete tutto il tempo nel caos, penso che la vostra
tolleranza alla frustrazione sia molto molto bassa, e
ad un certo punto, la piantate di fare sforzi e lasciate perdere tutto, ma
quando si ha il caso di un soggetto che si trova per una parte della giornata
in situazione protetta e adattata e per un'altra invece no, vedremo invece che è
come se avesse delle nuove energie che sostengono i suoi sforzi e quindi sia in
grado di sopportare meglio le frustrazioni anche quando è nel caos , ma un
training per insegnare alle persone autistiche a sopportare la frustrazione,
vorrebbe dire, metterle apposta in una situazione difficile metterle
volutamente in qualcosa di molto difficile e del resto quello che si fa è
cercare di proteggere queste persone dalle situazioni che siano difficili, che
siano intollerabili.
Domanda :negli es. citati, si cerca quasi sempre di prevenire le richieste dei
soggetti autistici, è utile un percorso che aiuti a esplicitare chiaramente i
propri bisogni cercando di non anticipare le richieste?
Qui gioca un ruolo molto importante lo sviluppo
della comunicazione, quando dico che mettiamo tutto l'accento sulla
prevenzione, non vuol dire che riusciamo ad evitare che ci siano frustrazioni.
Anche in un ambiente molto protetto, il soggetto si
troverà a dover imparare delle cose, e ogni apprendimento comporterà delle
difficoltà , semplicemente cerchiamo di insegnargli le
cose di fargliele imparare a piccoli passi, a piccole dosi, in modo che la
frustrazione non sia immediata, non ci sia subito una situazione di
frustrazione, perché qualche volta i servizi che seguono i ragazzi autistici,
sono un po’ troppo assistenziali, quasi impediscono lo sviluppo della
comunicazione.
Racconto spesso una storiella per spiegare questo:
c'era un bambino che aveva 6 anni, non era autistico ,
ma non parlava, e i medici l'avevano visto e avevano detto ai genitori, ma no ,
non dovete preoccuparvi, pensate che anche Heistein
non parlava a 6 anni.
A un certo punto, una
mattina, durante la colazione, questo bambino di 6 anni, guarda sua madre e
dice " Mamma, la marmellata non è in tavola" allora sua madre
sconvolta l'ha guardato e ha detto " Come, tu sapevi parlare per tutto
questo tempo, perché non me l'hai detto prima? " e lui ha risposto "
Fino a questo momento andava tutto bene!" E nell'autismo a volte è un po’
la stessa cosa, il servizio è perfetto, c'è sempre cibo pronto in tavola, è
tutto a posto, in modo tale che la persona non debba
mai fare degli sforzi per ottenere quello che vuole , e nello sviluppo della
comunicazione, nell'insegnamento della comunicazione bisogna mettere la persona
autistica nella condizione di trovarsi in una situazione protetta in cui non si
trovi di fronte a difficoltà insormontabili, ma in cui capisca che può
comunicare qualche cosa e che può ottenere qualche cosa attraverso la
comunicazione , questo significa il mettere l'accento sulla prevenzione dei
problemi di comportamento, significa far si che il soggetto non sia frustrato
per tutto il tempo, che non sia continuamente di fronte a insuccessi, e su
questa base, di questa stabilità, sicurezza, si sviluppa il programma educativo
individualizzato che porrà l'accento di volta in volta sulla comunicazione ecc.
Domanda: E' vero che
si può cercare di far focalizzare l'attenzione di un ragazzo sull'elemento
piuttosto che in un altro,es. foto con più elementi,
si può aiutare il ragazzo a riconoscerne uno, oppure la sua attenzione va
comunque all'elemento che lui sceglie?
Questa è una domanda che dovrebbe essere integrata
nell'ambito di un corso sulla comunicazione. Come abbiamo
detto, è evidente che può capitare che la persona autistica trovi troppi
dettagli in una foto.
Un ricordo di un'esperienza nella mia carriera: ad
un certo punto ho insegnato a un adolescente autistica
a chiedere quelli che erano i suoi bisogni, le sue esigenze primarie con delle
foto e lei lo faceva. Tre settimane dopo, quando sono andato
nella scuola dove c'era questa persona che era una ragazza, la sua insegnante
aveva detto " Ah! Si ho fatto le foto ma le ho buttate
via perché non funzionavano , allora io le ho chiesto, "ha ancora
qualcuna di queste foto?" Allora me le ha fatte vedere, ma do solo
l'esempio, quello più significativo, nella foto che doveva rappresentare che
lei che andare a lavarsi i denti : c'era la foto della ragazza da capo a piedi,
con un armadio dietro e aveva in mano un piccolo spazzolino da denti .Forse
ogni bambino normale avrebbe capito che in quella foto l'elemento più
importante era lo spazzolino da denti, ma non per questa ragazza che aveva così
tante difficoltà a cogliere l'essenziale; questa foto era piena di informazioni superflue, inutili, che la distraevano.
Per lei , serviva la foto
soltanto dello spazzolino da denti, senza tutte quelle altre cose.
Hilde vi ha già parlato di
questo, la necessità di individuare i simboli più adatti da utilizzare. Ci sono
ancora tante domande , ma non possiamo rispondere a
tutte. Ora vi mostrerò un video, delle immagini di un centro per adulti.
All'inizio vedrete Danny, un adulto autistico che
aveva molti problemi di comportamento, in uno spazio in cui si trova con altre
persone handicappate, dopo di che lo vedrete alla
sera, e poi 5 anni dopo, 5 anni nei quali si è fatto un programma educativo
individualizzato e si sono fatti molti sforzi per lui.Vedrete
da soli la differenza, farò dei commenti guardando le immagini: questo è Danny , ha questo comportamento,
perché non sopporta che ci siano delle persone intorno a lui, e faceva questo
che vedete ( stare sul pavimento con una trottola in mano ) per tutto il giorno.Gli operatori del centro dicevano che non si poteva fargli
fare altro, perché altrimenti avrebbe avuto dei
problemi di comportamento.Ora le immagini di 5 anni
dopo….. questo è il direttore del centro , no
,scherzo! E' Danny!!
Nella valigetta che tiene ha tutti gli schemi
necessari per la giornata, questo è un aiuto visivo, per ogni mezza giornata
che passa , colora un foglio, ed è in questo modo che
poi si prepara al momento in cui si sarà il sabato e la domenica, e non dovrà
lavorare lì, questo è il suo lato più autistico ( tenere la testa delle persone
e baciare in fronte), il suo modo preferito di dire buongiorno alle persone.
Vedete che sono passati 5 anni e fa delle attività
molto varie, e lì vediamo qualcuno che è molto verbale, ma con dei
comportamenti molto disorganizzati ,vedete uno schema
della giornata con parole scritte , dove si dirige che vedete che poi le
utilizzerà.
Questo è il tempo libero, in cui gioca al computer e
utilizzerà un contaminuti e quando sente il suono del
contaminuti sa che è finito il tempo libero e
ritornerà al lavoro, qui vedete un altro schema, per un'altra persona, questo a
livello di appunti, e il suo livello di sviluppo è
quello di segnare diverse attività, scatole, e fa un suo schema della giornata,
proprio con gli oggetti, con le scatole.
Queste sono griglie di valutazione, queste sono
immagini che possono spaventare qualcuno, ma non si è mai fatto male. (Il
soggetto sta segando con un traforo).
Vedete cosa è successo adesso ?
Tempo libero finito!! Ora si continua a lavorare! In quel periodo lì, gli stava
insegnando a utilizzare il telefono, ma era difficile
per lui, e per aiutarlo gli era stato annunciato ( visivamente)che alle 10
sarebbe suonato il telefono, in questo modo lui sarà pronto ad affrontare
questa difficoltà, sembra una sorta di teatro dell'assurdo visto così.
Questo è il tempo libero di Danny,
può scegliere, è libero di fare quello che vuole fare, ma sceglie di lavorare,
poi ha sentito di nuovo il suono del contaminuti e
adesso è andato a preparare il caffè, ha un piccolo manuale con le tappe
scritte, ogni tappa dell'attività globale: preparare
il caffè .Poi vedete una donna , questa è una trainer,
dopo ci sarà un'altra persona autistica ospite del centro, che quando vede
questa donna che normalmente non è lì , comincerà , avrà una reazione, ecco
vedete: e quando questa donna chiede a questo ragazzo " ma perché ridi' Cosa c'è da ridere?" Lui risponde " perché
sei qui".
Vi ricordate che Hilde ha
parlato del pensare in comportamenti, vedete è un po’ la caratteristica
dell'autismo che qui si vede. Adesso il telefono è suonato, ed è Fritt, l'altra persona autistica che telefona a Danny dicendogli " sto arrivando" questo è Fritt, è il Rain man della
situazione qui, è divertito dalla presenza di questa persona che normalmente
non è lì, Fritt, è uno che impara l'inglese nel tempo
libero.
Poi vedrete, successivamente,
ci sono delle persone svedesi, che vengono a visitare questo centro, dopo di
che , quando entrano nel centro per visitarlo, Fritt
farà loro da interprete, questo è il momento della merenda, i professionisti
che lavorano in questo centro, dicono che per i ragazzi autistici , preparare
questo momento, è il momento della gratificazione, perché tutte queste persone
che avevano avuto tutte quelle difficoltà in passato, ora si possono ritrovare
insieme, prendere insieme un caffè, stare insieme, una cosa che non avevamo mai
potuto pensare fino a 5 anni prima, finiamo qui con le immagini.
Per terminare, volevo ancora raccontarvi un piccolo
aneddoto ,questo video mi ha fatto pensare a delle
parole che ho sentito dire da una madre che vive in Francia, ma è Finlandese,
che ha adottato 2 bambini autistici, che ora sono degli adulti, e questa madre
ha detto: " lo sviluppo, l'evoluzione dei miei figli è stato molto diverso
da quello di un bambino normale", ha detto " per un bambino normale,
qual è la sua motivazione quando va a scuola, quando fa delle cose difficili? I
bambini sono motivati ad andare a una scuola , in
comunità perché hanno una motivazione puramente sociale, e sono contenti della
mamma che gli dice che hanno fatto bene i compiti ecc. ecc. ma
per i miei figli, è stato esattamente il contrario, la motivazione sociale non
li motivava perché l'aspetto sociale era troppo difficile, ma ad un certo punto
hanno avuto un'esperienza, una sensazione, un sentimento di successo facendo
una certa cosa, un certo compito, una certa attività e questo li ha aiutati a
sviluppare una buona autostima e questo li ha aiutati ad aprirsi poi al mondo
sociale".
E' la stessa cosa con questi adulti: quando erano
circondati da tutte le persone che non conoscevano l'autismo, senza avere un
approccio specifico, avevano una serie di problemi di comportamento molto
difficili da gestire.
Ma poi ad un certo punto hanno avuto il sentimento di essere competenti in qualcosa e nel momento in cui hanno
fatto delle attività, delle cose che erano in grado di fare sono cambiati, ora
sono molto aperti alle attività sociali, alla parte sociale.
Questa è solo un'introduzione , adesso
comincia il vostro lavoro, e anche a nome di Hilde e
dell'interprete, vi ringraziamo per il vostro eccellente comportamento, siete
rimasti seduti per tutto il tempo, non avete avuto problemi di comportamento .
Grazie.
Corso
Teorico di Base sulle caratteristiche cognitive dell'Autismo
Programma
generale: L'evoluzione del
concetto di autismo dopo Leo Kanner
(e i grandi malintesi sull'autismo) I problemi
di comportamento: sintomi versus cause. La teoria
dell'iceberg.
Prima giornata
1. capire l'autismo:
·
Autismo come disordine invasivo dello sviluppo .
·
La triade dell'autismo: comunicazione, comprensione
sociale, immaginazione.
·
Comprensione e conseguenze educative. Il comportamento "echo"
in autismo. Ecolalia, ecoprassia, eco-immaginazione. Autismo:
Cognizione ed emozione
Seconda giornata
2. adattare l'ambiente .
·
L'autismo. Dalla comprensione teorica all'intervento
educativo.
·
L'adattamento dell'ambiente. A casa e
negli ambiti di lavoro.
·
Collaborazione fra genitori e operatori professionisti.
·
L'autismo
come problema specifico dello sviluppo del simbolismo. Comprensione
e conseguenze educative per la comunicazione e l'educazione.
Terza giornata
3. valutare i risultati dei programmi educativi
·
.Valutazione. Approccio allo sviluppo. Valutazione dei bambini e dei loro programmi educativi individuali.
·
Approccio funzionale. Valutazione degli adolescenti e degli
adulti e dei loro programmi educativi .
·
La preparazione alla vita adulta in tre fasi. Le valutazioni informali e le valutazioni pratiche. Utilizzare strategie educative specifiche per
l'autismo .
Atti
del corso preparati dai genitori di
Autismo
Triveneto onlus
0444/341827 fax 0444/277701, via Ancona 11 Creazzo VI
e-mail autismotriveneto@libero.it
in
collaborazione con
Angsa Vicenza ,
Via G.Mazzini 113 Rosà
Angsa Treviso, Via Botteniga , Treviso e-mail angsatreviso@libero.it
COFHAGRA
onlus - Centro per l'Autismo La
Stella , via Torricelle, 8 VR
Il Bucaneve onlus
, Marostica VI
Autismo Friuli Venezia
Giulia , via Trevisit 27
33084 Cordenons PN