La ragazza presso l'acqua

Immagini di Afrodite come desiderio non mediato

 

Peter T. Koper

Department of English Language and Literature

Central Michigan University

 

 

                       Traduzione dall'inglese di Fabio Brotto

                                            brottof@libero.it

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L'analisi del desiderio mimetico operata da Girard presuppone l'esistenza di ciò che egli a volte chiama appetiti e altre volte istinto animale. Gli appetiti sono bisogni radicati nella biologia, la cui soddisfazione è necessaria alla sopravvivenza fisica. Il fatto che degli esseri umani occasionalmente patiscano la fame in circostanze nelle quali l'unico cibo di cui avrebbero disponibilità è un cibo che viola dei gusti culturalmente determinati è un punto a favore della tesi di Girard. Per definizione, noi non abbiamo alcuna esperienza di appetito non mediato: sperimentiamo i nostri appetiti come desideri. Il desiderio è ciò che accade agli appetiti e ai desideri quando vengono contaminati dall'imitazione o addirittura interamente soppiantati da essa" (Burkert, Walter, René Girard, e Jonathan Z. Smith, Violent Origins: Ritual Killing and Cultural Formation, a cura di Robert G. Hamerton-Kelly, Stanford: Stanford UP, 1987, p.122). L'imitazione incide su ogni cosa: da ciò che noi pensiamo sia commestibile, a ciò che riteniamo costituisca un pericolo, al motivo per cui pensiamo di essere tristi. Facciamo esperienza dei nostri appetiti secondo quanto le mediazioni della cultura cui apparteniamo hanno fatto ai nostri appetiti.

La spiegazione girardiana dei modi in cui l'interazione mimetica si intreccia con la rivalità, e quindi con quelle capacità di violenza che la cultura deve controllare, conferma l'importanza della letteratura. Sia la mitologia che i testi più tardi offrono dati sulle interazioni mimetiche e le loro conseguenze e stimolano studi delle passioni che si muovono all'interno della cultura contemporanea.

La concupiscenza è un appetito che si radica in un fenomeno biochimico. La sua centralità per la sopravvivenza è tale da generare attività che sono assai gradevoli e altamente selettive in termini genetici. In termini sociali, esse sono fortemente competitive, potenzialmente violente, e di conseguenza intensamente mediate. L'interpretazione girardiana del tabù dell'incesto descrive un aspetto di questa mediazione che è virtualmente universale. I tabù e i rituali estesi e vari associati all'espressione del sesso sono altre mediazioni. Un ampio insieme di rappresentazioni letterarie e artistiche di una ragazza presso l'acqua illustrano le connessioni tra appetito sessuale e desiderio sessuale.

In Esiodo questa ragazza è Afrodite, e per la prima volta tocca la terra sull'isola di Cipro. In Omero, essa è Calipso, la dea dell'isola Ogigia; sono le Sirene; o Nausicaa, la principessa feacia che Odisseo trova mentre sta giocando a palla sulla sabbia. Nausicaa è l'antenata letteraria delle giocatrici di volley californiane. È Edna Pontellier, la moglie creola del romanzo di Kate Chopin, il cui risveglio viene rappresentato come l'apprendere a nuotare nell'oceano, e la cui fuga dalle inibizioni della cultura creola è la nuotata verso il mare aperto. Le ragazze di Samoa quali Margaret Mead pensò di aver trovato su di un'isola tropicale sono varianti della stessa rappresentazione. Nelle pubblicità delle agenzie di viaggio vi è sole, sabbia, acqua e una graziosa ragazza. Di solito, essa cammina sul bordo dell'acqua con pochi panni addosso. A questo punto, dobbiamo tornare a Esiodo e Afrodite.

Nella Tempesta di Shakespeare, quando Ferdinando guadagna la spiaggia della magica isola di Prospero trova Miranda, una delle versioni affascinanti della ragazza: una ragazza giovane, dalla sessualità piena eppure casta, che è tanto colpita dal principe italiano quanto lui da lei. Essi condividono una preoccupazione che si rende visibile nelle prime parole che lei rivolge a suo padre circa il giovane. Miranda chiede a Prospero: "Che cos'è? Uno spirito? Dio mio, come guarda tutto in giro! Ha proprio un aspetto piacevole, credetemi, signore. A parte che è uno spirito" (2. 410-2  [trad. P.C. Ponzini, Garzanti, Milano1976.]). Ferdinando, che ha visto il mondo, risponde allo stesso modo. La ragazza gli piace, ma non è sicuro che sia reale. Egli stava seguendo la musica di Ariele, e quando la vede il suo primo pensiero è che sia "la dea cui la musica è araldo". Ma per sicurezza lo chiede a lei. "la mia prima domanda - che per ultima formulo - è se mai siate, o mirabile voi, ragazza o no"(1.2. 426-8). Prospero è contento. "Si son scambiati gli occhi a prima vista"(1.2. 442). I due giovani s'innamorano, e nessuno dei due, nell'universo della commedia, è uno spirito. Ma, mentre si osservano l'un l'altro, essi pongono la questione se la persona che essi desiderano sia reale. Questo accade in una commedia il cui argomento è la relazione - che secondo Girard è una parodia della relazione (René Girard, Shakespeare. Il teatro dell'invidia, trad. G. Luciani, Adelphi, Milano 1998, p.545-562) - tra la realtà e le immagini della realtà nell'arte.

Gli innamorati sull'isola magica di Prospero sono creazioni della fantasia di Shakespeare, non più reali di Afrodite, la creazione del mito di Esiodo. Miranda, protetta dalla corruzione d'Italia, è natura perfezionata da una mediazione ideale di appetito e desiderio. Ma l'educazione che la perfeziona, bilanciando concupiscenza e castità, avviene su di un'isola deserta, e il suo maestro è un mago. Siccome enfatizza la differenza tra un mondo di nobili italiani intriganti e l'isola ove Prospero può controllare il male, la commedia suggerisce che l'ideale fantasticato non si realizzerà mai.

Le fantasie degli uomini circa le donne saranno in qualche modo differenti da quelle delle donne su se stesse e sulle altre donne, ma sono moltissime quelle che affrontano sacrifici per potersi esporre in bikini sulle spiagge. Che l'immagine di Afrodite sia potente è un dato. Come essa venga mediata, e come spinga degli individui in direzioni sane o insane, è l'argomento delle storie che la riguardano. Essa talvolta è una benedizione, talvolta una maledizione. Nausicaa e Miranda sono due versioni.

Il guardingo approccio di Odisseo a Nausicaa, mirante ad evitare qualsiasi sospetto di minaccia di violenza carnale, ci offre una risposta esemplare alla ragazza (Odissea 8.129 ss.). Odisseo è maturo, un uomo che da tempo ha realizzato la propria vita sessuale: dunque la presenza della ragazza nel poema di Omero risponde ad un'intenzione diversa rispetto a quella di Miranda nella Tempesta. Nausicaa è bellissima, ma la sua presenza e le possibilità che apre non alterano il percorso dell'eroe. È proprio questo il motivo per cui lui è l'eroe. I suoi desideri sono mediati dal senso dei doveri che storia e circostanze gli hanno imposto. Ha una moglie; è un re; ha un figlio; ha una casa. Quando gli si offre il matrimonio con la principessa, egli declina l'offerta (8.335-40). Gli studi omerici del ventesimo secolo hanno determinato come Omero preservi un codice etico legato alla cultura della Grecia arcaica (Knox). Vi sono molti modi di rispondere a giovani belle ragazze. La risposta di Odisseo offre una norma che universalizza una risposta etica al desiderio, una mediazione di cultura e biologia. Egli sostiene l'oikos.

Quella della Grecia arcaica era una cultura costiera, e la conoscenza dell'acqua conferiva un forte rilievo ad Afrodite. Essa è il principio dell'umido come sorgente di fertilità (H. J. Rose,  A Handbook of Greek Mythology, New York: Dutton, 1959, p.7), ed è connessa all'acqua non in quanto mare, ma in quanto umidità del sesso. Omero dice che essa è la figlia di Dione, una dea il cui nome è la forma femminile di Dios, che come "dio" diventa un riferimento a Zeus (Iliade 5.312; cfr. Rose, p. 53). Questo suggerisce una storia primitiva nella quale compariva come consorte di Zeus. In Esiodo essa ha una nuova origine (Teogonia 185 sgg., trad. G. Arrighetti, Rizzoli, Milano 1984). Crono castra suo padre Urano e scaglia i genitali recisi nel mare "e furono portati al largo, per molto tempo; attorno bianca la spuma dall’immortale membro sortì, e da essa una figlia nacque…". Lei prima giunse a Citera, poi a Cipro, dove toccò la terra. Il racconto in Esiodo è abbastanza dettagliato da avere complesse associazioni sessuali. Aphros è "schiuma" e Afrodite in greco significa "nata dalla schiuma". La radice greca del suo nome la lega al seme e alle secrezioni della vagina. Lei è l'umidità sessuale, ma nella versione patriarcale della Grecia arcaica è connessa alla mascolinità. Come prototipo della ragazza presso l'acqua, lei non è una sessualità indipendente, un principio matriarcale della fertilità come Eurinome nella storia della creazione pelasgia. E non coincide neppure con Eros, che in Esiodo è l'ente originario che è il principio della generazione (Teogonia 120 sgg.). Afrodite è un'immagine della sessualità sorgente dai genitali del maschio. Trovo che questa sia una accurata rappresentazione dell'esperienza maschile della femmina.

Gli epiteti di Afrodite sono Citerea, "di Citera"; Ciprogenia, "nata a Cipro"; Filomedea, amante dei genitali, perché è apparsa dai genitali, medea (Esiodo 196 sgg.). Il suo nome come verbo attivo è il rapporto sessuale dalla parte maschile, mentre come verbo passivo denomina il rapporto sessuale dalla parte femminile. Il potere che essa rappresenta è visibile nell'Inno omerico ad Afrodite  (a cura di G. Zanetto, Rizzoli, Milano 1996), che descrive la sua seduzione di Anchise, il padre di Enea. Questo racconto la presenta come colei che esercita un dominio quasi assoluto, perfino sugli altri dèi. Solo Atena, Artemide e Hestia ne sono esenti. Essa ha potere su Zeus, ma egli per rappresaglia la fa innamorare del mortale Anchise. In una storia analoga a quella di Paride, la dea si presenta ad Anchise mentre egli conduce le greggi al pascolo sul monte Ida. Anchise non sta presso l'acqua, ma è un maschio isolato. Quando "un terribile desiderio le prese il cuore," essa si recò al suo tempio a Pafo in Cipro, dove le tre Grazie la unsero e vestirono. Di là si dirige a Troia, affascinando durante il cammino leoni, lupi e orsi. Essi le fanno festa, e lei li lascia pieni di concupiscenza e disposti all'accoppiamento. Su Anchise sortisce lo stesso effetto. Sotto falso sembiante, essa "si fermò accanto a lui, con l’aspetto e la figura di una vergine indomita: non voleva che si spaventasse,vedendola con gli occhi” (81-3). È così bella che Anchise, come Odisseo e Ferdinando, chiede se sia reale. La dea mente, si atteggia con modestia, spiega che si trova lì perché è stata portata via da Ermes, e chiede di incontrare la famiglia di Anchise. La risposta di Anchise è uguale a quella di Ferdinando. Il suo ideale sessuale sta di fronte a lui, ed egli si esprime con franchezza:

“Se sei una mortale, e ti ha generato una donna, e sei figlia dell’illustre Otreo, come sostieni, se sei venuta qui per volontà di Ermes, il messaggero immortale, e dovrai essere per sempre mia moglie, allora nessun dio e nessun uomo mortale potrà fermarmi, prima che mi sia unito a te in amore, subito adesso: neppure se lo stesso arciere Apollo scoccasse frecce dolorose con il suo arco d’argento. Pur di salire sul tuo letto, donna simile alle dee, sono pronto poi a sprofondare nella casa di Ade  (145-54).                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                     

Anchise si innamora a prima vista e pensa al matrimonio. Ma anche sospetta che ciò che sta guardando sia troppo bello per essere vero, essendoci a questo punto una perfetta equivalenza tra l'essere non mortale e l'essere non reale. Il suo sospetto che la ragazza sia una dea è confermato quando dopo il loro congiungimento amoroso Afrodite si svela. Anchise è terrorizzato. Lei ha potere, e lui la prega di non renderlo impotente. La dea gli chiede soltanto di non vantarsi del loro incontro. La paura di lui e la rassicurazione di Afrodite sono un'affermazione del fatto che la sessualità come appetito è pericolosa. È una forza biologica che nella sua forma chimica soffoca l'individualità. Nella sua mediazione in forma di ragazza bellissima ma anche appetibile come sposa, una che si preoccupa delle famiglie idonee e di simili cose, è la manifestazione più intensa del desiderio individuale. Questo rappresenta nuovamente, nel testo arcaico, la conferma di qualcosa che ha una lunga storia. La cultura confina il potere della sessualità entro dei limiti, tra i quali i due più tipici sono la castità e il matrimonio.

Nell'Inno omerico Afrodite è una forza naturale, ed è qualcosa che è strettamente connesso alla ragazza presso l'acqua, ma anteriore ad essa. Direi che nell'Inno è la biologia, la forza reale ma impersonale del desiderio sessuale. Quando non sia mediata, essa è terrificante. Per essere attraente agli occhi di un uomo, deve mascherarsi. Questo è una sorta di paradigma. Quando assume le specie di una casta fanciulla frigia, Afrodite si muove entro la sfera dell'immaginario maschile e, anziché stupefacente e minacciosa, diviene attraente. Allora lei appare come una fonte di appagamento personale, ed Anchise agisce come un uomo che vede ciò che vuole.

Nella Teogonia Afrodite non è tanto una forza della natura quanto un comportamento. Esiodo dice che le sue prerogative riguardano “ciance di fanciulle e sorrisi e inganni e il dolce piacere e affetto e blandizie” (203 sgg.). A questo punto, lei è la dea di Nausicaa che gioca sulla spiaggia con le sue amiche e si preoccupa di ciò che la gente potrebbe pensare vedendola sul suo carro in compagnia di uno sconosciuto dallo strano aspetto. Ricercando le variabili culturali nella descrizione che della dea fornisce Esiodo, noterò un dettaglio della sua descrizione. È "dea veneranda e bella, e attorno l’erba sotto gli agili piedi nasceva”(194-95). Ritengo che l'enfasi posta sui piedi sia un dettaglio del concetto di bellezza arcaico, una parte dell'archetipo culturalmente relativa, come abbronzatura, pelle chiara, e grado di pinguedine. Afrodite in Esiodo assomiglia all'Afrodite travestita dell'Inno omerico. La ragazza e la dea esistono in una relazione mutevole e ambigua, e che rappresenta quel complesso intreccio di biologia e cultura che è connesso a tutte le immagini della ragazza. Afrodite in Esiodo manca di quella terribile serietà che manifesterà in relazione a Troia.

Nell'unico riferimento omerico al giudizio di Paride, Afrodite è la fonte dell'illusione che porta Paride a disonorare Atena ed Era quando esse si sottopongono al suo giudizio, e a favorire "quella che gli procurò la tormentosa lussuria" (Iliade XXIV, 28-30 - trad. G.Tonna, Garzanti, Milano 1974). Qui essa è come la ate che inganna Agamennone. Qui essa non è la patrona di fanciulle ciangottanti: essa è di nuovo una forza della natura che agisce sugli uomini. Fa scoppiare conflitti e scuote i regni.

Omero la chiama dea. Passeranno trecento anni prima che Euripide la identifichi esattamente in quei termini che usiamo noi ora. "…Le intemperanze folli per i mortali si chiamano tutte Afrodite: il nome stesso è un programma." (Troiane 989-990, trad. U. Albini, Garzanti, Milano 1993). Chi parla è Ecuba, la quale denuncia la pretesa di Elena che sia stata Afrodite a farla fuggire a Troia, ovvero che gli umani non abbiano alcuna individualità in relazione all'appetito sessuale che li rende responsabili di quello che essi desiderano. Le Troiane è del 415 a.C. Il punto viene chiarito da Euripide in modo più esplicito nella Elena del 412. Egli adotta una versione della storia in cui la Elena  che si trova a Troia è un inganno, un fantasma che Era sostituisce alla donna per punire Paride dell’offesa recatale nella gara di bellezza. Euripide non può essere più esplicito nella sua reazione al canone mitico che ha ereditato. La cosa che gli uomini inseguono, questa immagine di bellezza, questo volto che fa salpare le flotte, è sola la finzione della fantasia di qualcuno. Afrodite, Elena e la ragazza preso l’acqua si fondono, esse vengono esplicitamente identificate come rappresentazioni dell’appetito sessuale mediato dalle circostanze.

La ragazza sovente non è così fatale come si dà in molte delle sue versioni greche. Essa è in relazione con la guerra perché nella cultura eroica le donne desiderabili sono una delle cose per cui i guerrieri combattono. Questo non avviene all’interno delle culture industriali, tranne che in contesti criminali. I resti della cultura eroica producono fumettoni come i film di Indiana Jones e i loro affini. In una recente commedia cinematografica avventurosa, Six Days and Seven Nights, la ragazza si trova effettivamente su una spiaggia con Harrison Ford, vi sono dei cattivi e vi è un salvataggio. Rispecchiando la politica sessuale della cultura contemporanea, i due che formano la coppia altercano in continuazione e trovano difficoltà a sintonizzarsi. Anne Eche rappresenta la ragazza presso l’acqua postmoderna.

La mediazione di cui si tratta in Omero e Shakespeare è il matrimonio. Circe, le Sirene, Calipso sono pericolose perché minacciano di tenere Odisseo lontano da sua moglie. Nausicaa e Miranda rappresentano degli ideali perché, nonostante il loro potere, intendono usare la propria sessualità all’interno del matrimonio. Che il matrimonio sia una minaccia per il desiderio è un’altra prospettiva sulla mediazione, particolarmente di moda. Edna Pontellier, la moglie e madre del romanzo di Kate Chopin  The Awakening (Il risveglio, trad. C. Costa, Marsilio, Venezia 1993) è un prototipo di questa risposta.

Pubblicato nel 1899, è stato un idolo delle femministe americane che rifiutano di accettare le mediazioni del matrimonio. Il risveglio è particolarmente interessante per le immagini classiche di cui la Chopin si serve per sviluppare la sua critica dei ruoli a disposizione delle donne della sua classe. Kate Chopin aveva sposato un uomo d’affari di New Orleans, che morì quando lei aveva 31 anni, lasciandola con sei figli. Allora tornò alla sua casa di famiglia a St. Louis e mantenne i suoi figli scrivendo storie sulla cultura creola della Louisiana in cui aveva vissuto.

Edna Pontellier, il personaggio più importante creato dalla Chopin, è sposata con un uomo d’affari di successo, soddisfatto e del tutto convenzionale. Lei accetta la sua vita e tutto ciò che essa porta con sé, fino al momento in cui, in vacanza su di un’isola della costa, accetta di partecipare con il suo gruppetto ad una nuotata al chiaro di luna. In precedenza, le sue entrate nell’acqua avevano comportato “un certo incontrollabile terrore” (p. 52), ma quella notte “Fu presa da un senso di esultanza, come se le fosse stato concesso un qualche potere d’importanza vitale per il controllo del suo corpo e della sua anima” (ibid.). Edna si mette audacemente a nuotare verso il largo, fidando nella nuova forza che avverte, “Ma per lei l’insolita visione  della striscia d’acqua dietro  di sé assunse l’aspetto di una barriera, che senza un aiuto le sue forze non avrebbero mai potuto oltrepassare” (p. 53). Ritorna a riva, per la prima volta sfida il dominio di suo marito, e tira un’arancia, un frutto che è uno degli emblemi tradizionali di Afrodite, a Robert Lebrun, il giovane che le ha tenuto compagnia durante l’estate.

Questo significa un cambiamento nella suo modo di rispondere a lui, dall’attenzione casuale all’attrazione sessuale, fino al desiderio di vivere con lui. Ma lui è trattenuto dal codice d’onore del gentiluomo, fugge in Messico per evitare la tentazione, e durante la sua assenza Edna si fa sedurre da Arobin, un viveur locale. Quando lei lo bacia “Era il primo bacio, in vita sua, a cui Edna rispondeva con tutto il suo essere. Fu una torcia in fiamme che incendiò il suo desiderio”(p. 140). Edna non prova rimorso per il marito o i figli o angoscia per il suo status sociale.  In lei vi è rimpianto “perché non era stato il bacio dell’amore ad infiammarla…”(ibidem).

La Chopin utilizza in modo consapevole la relazione di Edna all’acqua. A terra non vi è nulla che le dia coscienza della sua sessualità, né la compagnia di uomini giovani e belli, né il rimanere incinta ad opera del suo legittimo marito. L’acqua da cui sorse l’Afrodite di Esiodo è la fonte del suo risveglio, e ciò che si trova sulla terraferma è una barriera che si oppone al suo appetito non appena lei ne è divenuta cosciente. L’appetito, in cui lei trova soddisfazione, la porta ad uscire dalla sua casa, ad offrirsi a Robert Labrun e ad accettare il sesso che ha a disposizione in Arobin. Facendo questo, accetta uno scapestrato la cui promiscuità è l’emblema dell’appetito. Il suo congiungimento con lui è un emblema del modo in cui il suo stesso appetito è alla radice una forza biologica impersonale che può trovare soddisfazione in qualsiasi maschio. Ma lei non vuole soltanto l’appetito, ma anche “il bacio dell’amore”. Per averlo, è pronta ad abbandonare il matrimonio convenzionale. Edna entra nella sua piccola casa aspettandosi di vedere Labrun in attesa di lei, immaginando nessuna “felicità maggiore al mondo” del possesso del suo amato. Ma lui è nuovamente partito. Il suo biglietto recita “Ti amo. Addio – perché ti amo”(p. 184). Si genera spontaneamente l’associazione di Venere che sorge dalla schiuma del mare ad Edna che scende alla spiaggia, dove si libera dei suoi vestiti e nuota verso il mare aperto incontro alla propria morte.          Nell’impossibilità di trovare in Louisiana una mediazione soddisfacente per lei, Afrodite ritorna alla natura. La presenza nell’eredità genetica maschile della sessualità da cui sorge Afrodite significa che i concorsi di bellezza non passano di moda, che la presenza di Ursula Andress sulla spiaggia dell’isola del dott. No sarà seguita da Baywatch in TV, e che le foto di belle donne faranno vendere le merci. Le immagini di Afrodite operano ancora nelle loro varie conseguenze, sofisticate o meno, e in commistioni a volte stupefacenti. Il fatto che la ragazza presso l’acqua di Kate Chopin commetta un suicidio aggiunge un nuovo elemento alla sua storia. Edna trova il suo appetito sessuale sulla spiaggia, e può disporre del sesso impersonale tramite un mezzo convenzionale, l’adulterio. Ciò che ella ancora non ha è quello che invece Ferdinando e Miranda hanno, un amore monogamo pienamente individualizzato e desiderante. Le cose che stanno dietro di lei, il suo matrimonio e i suoi bambini, sono le barriere che la tagliano fuori dal particolare uso cui vuole indirizzare il suo appetito. La ragazza presso l’acqua nel Risveglio non è una proiezione mitica. Essa è il veicolo di una versione primitiva della critica mossa dal femminismo alla rigidità delle istituzioni che delimitano il desiderio nella cultura occidentale.

Il romanzo della Chopin ci mostra un uso attento della finzione letteraria per l’analisi antropologica. Ed è particolarmente interessante il manifestarsi della ragazza presso l’acqua al centro della moderna antropologia culturale, in cui è presentata non come fantasia o espediente letterario ma sotto la maschera di fatto scientifico, come nell’opera di Margaret Mead. Per esaminare la sua ri-creazione della ragazza presso l’acqua io utilizzerò il lavoro di Derek Freeman, che trovo persuasivo. Le ragazze della Mead hanno la loro origine ultima nel Discorso sull’origine dell’ineguaglianza di Rousseau e in altri pensatori moderni, i quali si trovano ad essere posti più lontano dalla natura di quanto vorrebbero ad opera delle forze della vita urbana industriale, e sostengono come una teoria politica la credenza che una biologia incorrotta dalla cultura adempia il desiderio. Di conseguenza deve esservi, da qualche parte nella natura, un luogo dove la scarsità o non esista o sia almeno condivisa, dove la proprietà non esista, e dove l’isola di Prospero sia una realtà.

I mari del Sud potevano offrire un dove per questa speranza. Essi attrassero una serie di esploratori, osservatori, missionari ed artisti (Freeman, Margaret Mead and the Heretic: the Making and Unmaking of an Anthropological Myth, New York, Viking-Penguin, 1996, p. 327, n. 5). Nelle loro relazioni sulla vita a Samoa, sia prima che dopo l’integrale conversione degli isolani al cristianesimo avvenuta poco dopo il 1840,  molti di questi visitatori occidentali dimostrarono realismo e competenza. Dal canto suo, Margaret Mead nella sua percezione e comprensione dei Samoani non colse la realtà, e i suoi errori sono un’illustrazione di quanto sia difficile avere una chiara visione in materia di Afrodite.

La Mead giunse a Samoa all’età di 23 anni, subito dopo aver terminato il suo lavoro di dottorato alla Columbia sotto la guida di Franz Boas. Quando la Mead aveva incontrato Boas alla Barnard da studentessa universitaria, si era resa conto di aver trovato la propria missione nella vita. Si era inserita nel suo programma alla Columbia e aveva svolto una dissertazione su aspetti della cultura polinesiana, usando la letteratura e le collezioni di cui poteva disporre a New York. Boas e la sua assistente Ruth Benedict erano rimasti impressionati da questa studentessa brillante ed energica. A sua volta, lei aveva subito il fascino di Boas e della Benedict, e Boas aveva concepito un piano per lei(Heretic, p.327 n.5). Egli intendeva sfidare l’approccio al comportamento fondato sulla teoria dell’ereditarietà con “uno studio dell’adolescenza in una cultura marcatamente differente da quelle dell’Europa Occidentale e degli Stati Uniti” (Heretic, p. 59-60). Se lo studio avesse dimostrato che il tumulto interiore che in Occidente viene associato all’adolescenza non è universale, Boas avrebbe avuto in mano l’evidenza che il comportamento è determinato culturalmente. Egli aveva voluto che il lavoro sul campo fosse svolto dalla Mead, e le aveva raccomandato di operare con una tribù indiana d’America. La Mead, che aveva in mente la Polinesia, resistette, concedendo solo di focalizzare il lavoro su delle ragazze adolescenti, e stabilendosi a Samoa perché le navi di linea facevano sosta ogni tre settimane a Pago-Pago sull’isola di Tutuila. Boas l’aveva aiutata a procurarsi un fondo di ricerca dal National Research Council, e lei era partita per Samoa nell’agosto del 1925.

Giunta a Samoa, la Mead passò sei settimane a Pago-Pago per studiare la lingua, quindi iniziò a cercare un luogo in cui sviluppare la sua ricerca. Si stabilì sull’isola di Tau, una delle tre isole di Manua, dove visse dal novembre 1925 all’aprile del 1926 con la famiglia americana che si occupava del dispensario locale (Heretic, p. 69 sgg.). La Mead studiò il fenomeno della sessualità adolescenziale a Tau con l’intento di determinare “la forza relativa della pubertà biologica e dei modelli culturali’ nello Sturm und Drang che nell’Occidente industrializzato si associa all’adolescenza” (Heretic, p. 60). La studiosa identificò un gruppo di ragazze e intraprese il suo lavoro, basandosi quasi esclusivamente su colloqui con una schiera di circa venticinque informatrici, di età compresa tra i quattordici e i vent’anni. I suoi colloqui furono interrotti da un tifone che colpì le isole il 1 gennaio 1926 e causò danni così gravi che le informatrici furono indisponibili per settimane. Nel febbraio del 1926 la Mead si unì ad una spedizione del Bishop Museum  rivolta verso un altro villaggio di Tau e le due altre isole di Manua. Questo viaggio, insieme con i contrattempi legati al tifone, comportò che la sua ricerca sulla sessualità delle ragazze samoane occupasse solamente cinque settimane di lavoro. Nelle sue conversazioni, la Mead parlò con ragazze adolescenti nel retrostanza della casa di una famiglia americana a Tau in una lingua che conosceva a malapena. Ella aveva un’esperienza della vita politica e religiosa samoana sostanzialmente nulla, ed aveva discusso le tecniche di ricerca sul campo con Boas per mezz’ora  prima della sua partenza dagli Stati Uniti (Heretic, p. 284). Tornò in America e pubblicò Coming of Age in Samoa nel 1928.

Ciò che la Mead voleva scoprire “era l’effetto della civilizzazione su di un essere umano in sviluppo nell’età della pubertà” (ivi, p. 6). Ella si era recata a Samoa per individuare “il caso negativo” che avrebbe confermato la visione di Boas secondo cui i turbamenti sessuali dell’adolescenza non sono una caratteristica della vita umana universalmente presente. La Mead pensò di aver trovato la conferma. Secondo la sua relazione, le ragazze su questa isola tropicale godevano la sessualità in un modo libero dai conflitti caratteristici delle altre culture. “La familiarità con il sesso, e il riconoscimento della necessità di una tecnica con cui il sesso possa essere trattato come un’arte, hanno prodotto uno schema di relazioni personali in cui non vi sono immagini di nevrosi, non v’è frigidità, non v’è impotenza, eccetto che come temporaneo risultato di una grave malattia, e la capacità di avere soltanto un rapporto per notte è ritenuta prova di senilità” (ivi, p. 151). Il sistema di relazioni che produce questa realtà impressionante viene trattato dalla Mead in otto capitoli. La sua relazione descrive famiglie estese e relazioni sociali che liberano i bambini dal conflitto in quanto li liberano da legami intensi coi loro genitori e da relazioni competitive con gli altri giovani. L’iniziazione sessuale avveniva precocemente, e la promiscuità era la norma, al punto che “l’amore romantico come è inteso nella nostra civiltà, legato inestricabilmente ad idee di monogamia, esclusività e fedeltà indefettibile, non esiste a Samoa” (ivi, p. 105). La Mead era assolutamente convinta di aver trovato una società libera dalla mimesi rivalitaria, specialmente da quella che si genera entro le famiglie e per il prevalere della competizione.

Quel che la Mead scoprì quando andò a Samoa non era essenzialmente altro che una  proiezione dell’Afrodite greca da parte della sua stessa cultura di appartenenza, ma la studiosa presenta l’archetipo di Esiodo come etnografia. Il primo paragrafo del primo capitolo importante descrive il mattino di “Un giorno a Samoa”. “Quando il primo albore comincia a diffondersi tra i tetti marrone chiaro e le snelle palme si ergono contro un mare baluginante senza colore, gli amanti scivolano a casa dai loro convegni segreti sotto le palme o nell’ombra delle canoe spiaggiate, affinché la luce possa trovare ciascun dormiente nel luogo che gli si conviene” (ivi, p. 14). Le giovani ragazze che durante la notte sono state presso il margine dell’acqua trattano il rapporto sessuale come un fenomeno naturale, una parte della natura che non necessita di mediazione alcuna. “La ragazza samoana che fa spallucce alla straordinaria tecnica di qualche Casanova è più vicina al riconoscimento del sesso come forza impersonale priva di qualsiasi fondatezza intrinseca, di quanto non lo sia la ragazza americana tenuta nella bambagia che si innamora del primo uomo che la bacia” (ivi, p.222). Naturalmente, questo sarebbe vero se fosse vero.

In verità, una ragazza samoana convinta che il sesso non abbia alcuna relazione con la sua identità come essere umano, o con i suoi rapporti con gli altri esseri umani, sarebbe davvero più vicina a credere che esso non abbia alcuna “fondatezza intrinseca” di quanto lo sia una ragazza americana convinta del contrario. L’affermazione della Mead è tautologica, ma offre anche un’importante apertura sul modo in cui procede il suo pensiero. La fondatezza è il significato conferito dalla cultura alle forze della natura. L’Afrodite di Coming of Age in Samoa è sempre al margine dell’acqua, e non attraversa mai la spiaggia per assumere su di sé una parte di quell’edificio culturale che la Mead trova problematico. Una parte di esso è rappresentata dal modo differenziato di guardare al sesso che sta dietro l’amore romantico occidentale e la totalità delle sue immagini. Le ragazze samoane di Margaret Mead non sono Miranda, ma sono ugualmente irreali. In quanto effettivamente avessero dei rapporti sessuali coinvolgenti soltanto una forza impersonale, costituirebbero incarnazioni del mito di Esiodo.

Ma nessuna di loro li aveva. Il discorso della Mead è semplicemente scorretto, sostanzialmente su tutti i punti su cui avanza delle tesi. La studiosa descrisse soltanto quattro ragazze che in qualche modo erano devianti, e attribuì questo all’intensità dei loro contatti con missionari cristiani (ivi, p. 15). La Mead ignorò semplicemente il ruolo pervasivo del cristianesimo nella cultura che stava osservando. Le informazioni fornite da studi precedenti, che la Mead avrebbe potuto consultare, l’informazione che essa stessa si procurò, e gli studi successivi di Freeman ed altri, dimostrano che la cultura samoana contiene in sé gli stessi elementi di competizione, disperazione, violenza e gerarchia che sono presenti nelle altre culture. Essa contiene anche mediazioni complesse del comportamento sessuale. La castità tra le donne era fortemente valorizzata, e i legami familiari erano, di fatto, stretti ed intensi. Freeman è riuscito ad individuare una delle donne che avevano svolto il ruolo di informatrici della Mead. Questa donna, Faapuaa Faamu, ha rilasciato una dichiarazione giurata nella quale afferma che lei ed altre ragazze semplicemente mentirono alla Mead, inventando storie stravaganti per schermirsi dalle domande inquisitorie dell’antropologa (The Fateful Hoaxing of Margaret Mead: A Historical Analysis of Her Samoan Research, Boulder: Westview, 1999, 7-15). La ragazza presso l’acqua di Tau, dedita al libero amore, non è mai esistita. Non era altro che l’ennesima versione di un sogno, il sogno di un appetito libero dall’inibizione, presentato questa volta non come racconto popolare o come un dipinto o come una divinità, ma in veste di scoperta scientifica.

La Mead  era giovane, e non adeguatamente preparata per il lavoro che si accingeva a compiere. Per poter acquisire un’informazione accurata l’antropologa avrebbe dovuto disporre di molto più tempo, di migliori capacità linguistiche, e di una residenza in più villaggi samoani. Quando lei dice nella sua introduzione che “uno studente preparato può padroneggiare in pochi mesi la struttura fondamentale di una società primitiva” (p. 8), lascia intendere che sta anticipando queste obiezioni e tentando di confutarle. Il suo errore riflette anche il suo desiderio di compiacere il suo mentore Boas e la sua amica Benedict. Lei voleva illustrare il ruolo fondamentale giocato nella vita dell’individuo dall’ambiente sociale in cui ciascuno è nato e cresciuto (p. 4).

Freeman chiude il suo studio della Mead citando l’idea di Daniel Koshland secondo cui il dibattito su natura ed educazione è virtualmente concluso. “Non è mai natura o educazione, ma sempre natura ed educazione”(cit. in Hoaxing, p. 217 [corsivo dell’autore]). Questo è un giudizio di un autore che scrive su Science, che conferma i dati che Girard accumula dalla letteratura e la mia tesi che l’onnipresenza di immagini di ragazze presso la linea di confine tra l’acqua e la terra derivi dall’impossibilità di separare appetito e desiderio.

Anziché liberare l’Occidente da un preconcetto, la Mead portò con sé a Samoa un insieme di preconcetti particolarmente persistenti. Suppongo che, ad un qualche livello, la sua stessa sessualità sia un fattore del suo fraintendimento di Samoa, al pari dell’ambizione professionale, degli sforzi dell’antropologia di sfuggire al darwinismo sociale, e del programma anti-occidentale di alcuni intellettuali eredi dei toni di Marx o Rousseau.  Quando si recò a Tau, la Mead non vide le cose come erano realmente là. Studiosa brillante, audace e di molte letture qual era, lei aveva  viaggiato fino ad “una regione che fin dai tempi di Bougainville venne rappresentata nelle fantasie di Europei e Americani come un luogo di soddisfazione preternaturale e di delizia sensuale” (Heretic, p. 283). Il suo desiderio di schierarsi dalla parte della cultura nel dibattito su natura ed educazione le fece prendere un abbaglio.

Per mostrare che un particolare codice comportamentale della classe media americana è solo una costruzione culturale, Margaret Mead si reca presso una cultura priva di quella costruzione, ma non conclude che a Samoa si utilizzano differenti accorgimenti per mediare il potere della sessualità di generare conflitti. Lei conclude invece che a Samoa non esiste alcun conflitto. La portata del suo errore è ingigantita dall’enorme influenza che le affermazioni della Mead hanno esercitato nel ventesimo secolo. Il nucleo concettuale di  Coming of Age in Samoa è costituito da una versione della sessualità liberata da mediazioni culturali, le quali a loro volta sono pregiudizialmente assunte come fonti dell’inibizione sessuale. È paradossale che questa Afrodite venga offerta alla scienza come prova che le sue differenti visioni sono connesse alla cultura, mentre ciò che viene rappresentato è il sogno di una sessualità spogliata della cultura. Una presunta scienziata ha invertito la sua visione e, mentre credeva di osservare il mondo, guardava all’interno della propria mente. Euripide, Shakespeare e la Chopin sono migliori scienziati.

Occuparsi delle versioni della ragazza presso l’acqua offerte dal mito antico, dal folklore delle culture tradizionali e dalle rappresentazioni artistiche altamente coscienti di autori moderni sofisticati è di gran lunga più facile e meno significativo che capire perché una siffatta proiezione psicologica sia stata assunta come elemento di fatto da buona parte delle persone colte in Occidente per metà del Novecento. Eric Gans fornisce una spiegazione della Mead che supporta la mia analisi. In risposta al lavoro di Freeman, egli rileva, “Quel che ha reso Coming of Age in Samoa lo studio etnografico più ampiamente letto che mai sia stato scritto è il fatto che la Mead offre al lettore comune la garanzia della scienza accademica che esiste una terra in cui la sessualità adolescenziale, e più specificamente la sessualità adolescenziale femminile, è senza conflitto” (Eric Gans,  Is Anthropology Empirical?” Chronicles of Love and Resentment 164 http://www.anthropoetics.ucla.edu/views/vw164.htm ).  Qualsiasi cultura dipende dalla propria popolazione di donne giovani, poiché questa è il luogo della sua capacità riproduttiva e quindi della sua sopravvivenza. Le donne giovani sono “un oggetto privilegiato di desiderio, difeso come tale, contro i maschi non legittimati, mediante restrizioni sia esterne che interne”. Le restrizioni sono i controlli, i tabù e le inibizioni che complicano la sessualità una volta che Afrodite è venuta sulla terraferma. Esse sono universali: sono le mediazioni del desiderio. Sono universali perché limitano la violenza, mirano al sostentamento e alla difesa dei bambini, e stabilizzano l’uso delle risorse. Samoa ne aveva molte.

Lo straordinario successo di Margaret Mead riflette il fatto che lei fa di Samoa il correlativo oggettivo di un sogno erotico: una sessualità giovanile femminile che si offre incessantemente al desiderio maschile senza mai farsi catturare entro l’infernale dialettica del desiderio, per non parlare dei pericoli del concepimento. Questa è l’innocenza che quattro generazioni di lettori hanno trovato nella descrizione dell’adolescenza samoana fatta dalla Mead.

Che la ragazza presso l’acqua  assuma la forma di un fatto scientifico, il quale ha autorità nella cultura moderna, piuttosto che la persona di una dea, in cui non crediamo più, testimonia  della forza degli appetiti che si celano dietro i nostri desideri, e del potere dei media che danno forma a quei desideri.

Su mito, fantasia, libri e film osceni la sappiamo lunga: non si pensa che riflettano la realtà. Ma si pensa che la scienza lo faccia. Gans osserva che le ragazze della Mead sono popolari per lo stesso motivo per cui lo è la pornografia. Margaret Mead offre un mondo  di “desiderio senza conflitto”. L’opera di Girard ha dimostrato che una cosa del genere non esiste, e gli sforzi di fondare il pacifismo nella sua rivelazione del meccanismo del capro espiatorio falsificano la sua dimostrazione che la violenza non finisce. Essa, invece, cambia le proprie maschere. Lo stesso è vero per i conflitti associati con gli sforzi della cultura di inibire le possibilità di espressione sessuale distruttive. Queste non finiscono, e gli sforzi di trattare la sessualità come un appetito a prescindere dai bisogni delle persone e delle società vanno rapidamente incontro ad ogni sorta di problemi: dall’AIDS alla solitudine.

Afrodite è sulla riva. Le immagini insite nella mente maschile di cui essa è una personificazione non sono realtà oggettive, ma i valori radicati nelle varie versioni della ragazza sono idee reali, e tutte le idee specifiche secondo le quali una comunità cerca di vivere hanno conseguenze oggettive. La sua immagine è un indice della salute  di una cultura o di un individuo. Grandi aziende ci invitano ad imitare l’uso che esse ne fanno. Sia i maschi che le femmine, in pubblico e in privato, debbono resistere agli errori fisici, etici e politici e ai travestimenti delle emozioni che cercano di potenziarsi con l’energia delle nostre risposte alla ragazza. Allo stesso modo, noi dobbiamo individuare, descrivere e difendere quei modelli di lei e quelle risposte a lei che promuovono la felicità umana: sia che quei modelli siano nuovi, sia che siano antichi.

 

Intervento al convegno Passions in Economy, Politics, and the Media. In Discussion with Christian Theology  - Università di Innsbruck, 19 giugno 2003

 Testo originale:  http://theol.uibk.ac.at/cover/events/innsbruck2003_Koper_Paper.doc

 

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