Sull'avvenire delle nostre scuole

(Visione di un oscurantista)

Fabio Brotto

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Se fosse data loro la possibilità, quasi tutti gli insegnanti italiani andrebbero immediatamente in pensione. Dei rimanenti, la maggior parte vorrebbe restare per fare altro - e oggi nella scuola ci sono molti che fanno altro - e non per insegnare. Questo è uno dei segnali, forse il massimo, del profondo disagio con cui la categoria sociale chiamata a riprodurre le forze intellettuali della nazione vive il suo presente. E' un presente misero dal punto di vista retributivo, perché tutti i paesi d'Europa compensano i loro docenti meglio di quanto faccia l'Italia: ma la questione essenziale non è questa. Infatti in tutto il mondo economicamente sviluppato istruzione e condizione degli insegnanti rappresentano comunque un problema. Negli Stati Uniti chi insegna resta nella scuola mediamente sette anni, poi passa ad altra attività. E' evidente a tutti come l'insegnamento sia oggi ingratissimo.

L'insegnante è un mediatore culturale. Attraverso la sua opera il sapere passa alle nuove generazioni. Ovvero, dovrebbe passare. Ma quale sapere? E a che cosa questo sapere è finalizzato? Vediamo: storicamente il possesso del sapere e del linguaggio ha sempre segnato lo status sociale degli individui, poiché sapere e linguaggio implicano anzitutto differenziazione. Parliamo qui della società borghese degli ultimi due secoli, quella che ha prodotto la civiltà occidentale in cui viviamo, la società dell'industria avanzata e del Mercato Unificato Mondiale (MUM), la società tecnotronica del presente, infine. In passato questa società si è data le sue scuole, che si sono costituite in forma gerarchica: da quelle miranti ad una rapida formazione della mano d'opera a quelle "superiori" destinate a riprodurre le professioni, il ceto intellettuale e la classe politica, aventi quindi come sbocco l'Università. In quelle scuole, anche se era pagato male, l'insegnante era gratificato dal ruolo di "vestale" che gli era riconosciuto. Ma le radicali trasformazioni socio-economiche degli ultimi decenni hanno sovvertito il quadro tradizionale, e soprattutto hanno posto in discussione la validità del sapere che le scuole, diciamo così, elitarie trasmettevano ai giovani che le frequentavano. Questo sapere era pensato come valido in sé, e questa validità appariva auto-evidente, non bisognosa di fondazione o dimostrazione. Mi sembra opportuno riportare qui un brano dei Taccuini 1950-1969 di Max Horkheimer [Marietti 1988, p.70].

I giovani, a loro volta, oggi non si trovano davanti, nella scuola, valori condivisi e riconosciuti come universalmente validi, e soprattutto non incontrano modelli antropologici che possano costituire un punto di riferimento sicuro. La scuola attuale sta, nell'insieme, sotto il segno della labilità.

La scuola superiore era legata all'alta cultura. Garantiva l'accesso all'alta cultura. E questa era il segno dell'appartenenza alla élite sociale. Lo studio liceale anche duro veniva percepito come sensato, come valente la sua pena, anche in quanto finalizzato alla promozione sociale, all'accesso alla sfera "alta" o alla sanzione del diritto dei figli di permanere nella stessa sfera dei genitori. L'alta cultura è oggi sostanzialmente finita. Altri sono i valori emergenti e riconosciuti. Se pensiamo all'universo giovanile e ai suoi codici di riconoscimento e di comportamento, noi vediamo una sub-cultura estesa all'intero pianeta: rock anglo-americano, libertà sessuale, antirazzismo, parità tra uomo e donna in tutto, accettazione del diverso per quanto estremo, odio per i "persecutori" sotto qualunque veste siano individuati. E questo si iscrive entro il quadro generale del MUM, che con i suddetti valori è perfettamente compatibile, ove non sussiste una chiara distinzione tra i mezzi e i fini, essendo il denaro via alla felicità in quanto posseduto e speso, ed esso stesso felicità in quanto attivamente prodotto.

Nel trattare delle condizioni in cui versa oggi la scuola superiore, noi dovremmo in teoria distinguere le discipline di studio più legate allo sviluppo delle società contemporanee "post-millenniali" da quelle che soffrono la radicale perdita di senso. Da un lato matematica, fisica, scienze inglese, ecc., dall'altro latino greco, filosofia, storia, ecc.. Si potrebbe infatti pensare che gli studenti riversino tutto l'impegno possibile nello studio di ciò che appaia loro "attuale". Non è in realtà così. E questo è un altro fenomeno su cui occorre puntare l'attenzione. Il fatto è che, da un lato, studiare appare faticoso ed ingrato in sé perché la sub-cultura giovanile è la sub-cultura dell'attimo presente. Il che in verità non riguarda solo il mondo dei giovani, ma in esso è più fortemente rilevabile. In Occidente, del resto, i modelli vincenti proposti dai mass media non passano per lo studio. E questo è un dato. Dall'altro appare evidente come i sistemi politico-economici occidentali non abbiano bisogno di incentivare una vasta diffusione non soltanto del vero sapere umanistico (che è sempre critico, destabilizzante, e anche destatore di angoscia, cosa su cui tornerò in un successivo scritto), ma neppure del vero sapere scientifico (che potrebbe interferire con la dialettica dei desideri su cui si fonda l'economia avanzata).

V'è poi da considerare che la classe politica cerca il consenso. Lo cerca là dove è più facile ottenerlo. Quindi dai primi anni sessanta in qua la scuola è stata resa sempre più facile. Bisognava scolarizzare l'intero paese. L'obiettivo nella Terra dei Non Lettori è stato ottenuto con fatica. Ora manca l'ultimo trattino di strada: tutti a scuola fino ai diciott'anni. L'impostazione è stata demagogico-pedagogistico-tecnica. Volontà di ottenere il consenso, idea "pedagogica" del saper insegnare come mero possesso da parte del docente di un adeguato apparato tecnico, a prescindere dal che cosa venga insegnato. Di qui l'enfasi attuale sul dubbio concetto di misurazione, la cui origine tecnica sta in questo: tutto è ridotto a pondus, numerus, mensura, poiché l'oggettività è ciò cui ogni valutazione deve mirare. Essa, l'oggettività, è l'idolum tribus del Potere Pedagogico Sovrano. Ma ciò che per gli umani è più importante è proprio ciò che sfugge alla misurazione e alla ragione analitica: l'umano è anzitutto soggettività. L'impianto pedagogico del PPS è invece teso - verrebbe da dire furiosamente teso, e ancora sarebbe poco - alla quantificazione e alla reificazione. Non gli interessano la bellezza e la bontà, e men che meno la libertà, ma il peso e la misura.

Ci si potrà chiedere allora se il PPS sia di destra o di sinistra. Chiederselo è tanto sensato quanto chiedersi se il MUM sia di destra o di sinistra nell'Italia di oggi, escludendo i centri sociali ed i rautiani. Per quel che so, anche gli insegnanti che militano in Rifondazione comunista sono per lo più inseriti senza residui critici nella logica del PPS, e non soltanto non si oppongono alla metastasi che pervade la scuola, ma sovente sono agenti attivi di contagio.

Sorpresa! In scuole superiori americane adolescenti irrompono armati e uccidono: là, tra computer e psicologi.

Sorpresa! Una coppia di adolescenti italiani uccide la madre e il fratello della ragazza. Cosa dirà lo psicopedagogista?

Sorpresa! Un giovane universitario italiano premedita il matricidio e lo esegue a colpi di martello. Simula il furto dell'auto e delle chiavi di casa per riversare la colpa su inesistenti ladri. E' assolto per aver agito in condizioni di incapacità di intendere e volere. Si sposerà, avrà figli… E' stato misurato, non hanno trovato niente di cui debba rispondere. Nel momento fatale non era libero, ora è stato liberato.

Sorpresa! Nella famiglia Karamazov viene ucciso il padre: c'è il responsabile. Misurare la tenebra! La ragione analitica si converte in pura follia.

Dunque: quando non vi è più un modello antropologico socialmente condiviso, quando i saperi, frantumati nella realtà esterna alla scuola, dovrebbero nell'esame di stato confluire unificandosi in improbabili "mappe concettuali" e "tesine pluri-inter-transdisciplinari", dove si collocherà l'insegnante che non voglia essere un mero burocrate-vigilante-assistente, né possa o voglia andare in pensione, né desideri uscire dalla sua realtà di participio presente per svolgere più gratificanti mansioni?

Un'illusione: l'uomo è forte. Non più una scuola, ma scuole. Mercato e tecnocrazia non sono onnipotenti. Vi saranno qua e là scuole, sacche di resistenza, dove ancora l'estetico e l'etico avranno maggior valore rispetto all'economico e al burocratico. E dove la necessità vitale dei giovani di avere, per poter crescere, un rapporto con adulti che siano culturalmente maturi e soggetti dal pensiero autonomo trovi risposta… Poiché a pensare si impara mimeticamente, tramite lo scambio con coloro che pensano.

Ma a chi interessa il pensiero? Il Popolo dei Telefonini è anzitutto un popolo di teledipendenti. Dipende dalla televisione soprattutto in questo: essa è la fonte dei valori. Il valore supremo è ovviamente il denaro, non però in quanto faticosamente guadagnato, ma in quanto donato dalla Fortuna, la dea degli Italiani. Associata al denaro è la bellezza - massime femminile - concepita come seduttività. E "stare bene" è sentito come equivalente ad essere in grado di godere del piacere, e il piacere è in primis quello sessuale, che non può essere negato ad alcuno, dall'adolescente al vecchietto nella casa di riposo. La potenza mimetica degli Universi Immaginari Massmediatici è tale che ogni battaglia culturale di tipo tradizionale è perduta in partenza.

E tuttavia il PPS sa che la società ha bisogno di ideali fondativi (miti), i quali hanno anzitutto la funzione di legittimare le istituzioni, e che il MUM e lo UIM non sono in grado di produrli, se non in una forma estremamente aleatoria. Non si crede nella democrazia, non si accoglie lo straniero in pace, e soprattutto non ci si astiene dalla violenza perché così suggeriscono MUM e UIM, anzi questi spingono alla soddisfazione immediata dei desideri che essi stessi inducono, generando una marea di risentimento, che può sempre sfociare in violenza. Inoltre lo UIM non può sussistere senza rappresentazione della violenza, perché esso necessita di ciò che è spettacolare, e il primo spettacolo è lo scontro violento, il conflitto, la distruzione: si provi ad eliminare dalla filmografia ogni rappresentazione della violenza. Di qui il vasto spazio che - paradossalmente - la Chiesa e il Papa ottengono all'interno dello stesso mondo massmediatico italiano. E il PPS vuole che la scuola sia il luogo in cui i giovani si preparano ad entrare nel mondo del MUM e dello UIM essendo vaccinati proprio contro ciò che costituisce il fondamento di quel mondo. Assurdo. Così la scuola viene ad essere un campo di battaglia, povero ma cruciale. E l'avvenire è chiarissimo: Kulturvernichtung.

 

Aprile 2001